Capitolo 27 - Es
Sistemandosi la cravatta Eddie entrò in ascensore a passi svelti premendo il bottone che l'avrebbe condotto al suo piano. I suoi lineamenti erano tesi in un'espressione corrucciata, quasi non si rese conto dell'uomo che torreggiava nell'angolo. Fu quando colse un movimento alle proprie spalle che si soffermò a riflettere concedendo un'occhiata inquisitoria e indagatrice all'altra figura. Poteva avere all'incirca trent'anni, i capelli accuratamente pettinati e un completo elegante e ordinario, tuttavia qualcosa nella postura tradiva un senso di disagio. Con la coda dell'occhio percepì un'inquietante immobilità nelle sue spalle fasciate dalla giacca.
"Buonasera" proruppe incrociando lo sguardo di Eddie che finì per voltarsi un po' troppo risultando invasivo. Fece un cenno con il capo e tornò a guardare avanti. Lo scampanellio dell'ascensore e le porte che si aprirono distolsero il ragazzo dall'imbarazzo; uscì percorrendo il corridoio ma per una fortuita coincidenza anche l'altro era sceso a quel piano. Si manteneva a debita distanza, almeno dieci passi indietro tuttavia la sua presenza turbava il giovane che arrivato alla camera numero 77 non si fermò come da programma e continuò fino alla 78. Estrasse la chiave e una volta aperto si tuffò nella sua stanza chiudendosi la porta alle spalle. C'era qualcosa di altamente ambiguo nell'aria e temeva che la cosa si estendesse al di là di quel corridoio. Cominciò a misurare la stanza a grandi passi digitando qualcosa sul cellulare.
"Lexi" scrisse ma non sapeva come proseguire. Sollevò lo sguardo dallo schermo perlustrando la stanza, immobile nella sua quiete rinascimentale, solamente una lampada a illuminarla. Nel trovare le parole giuste la destinataria del messaggio ebbe il tempo di rispondere.
"Eddie" e poi ancora "Perché scrivi così? Mi metti ansia". Eddie si morse il labbro. "Qualcosa non quadra" tagliò corto per poi voltarsi in direzione della porta. Udì un suono attutito e di scatto spense l'abat-jour lasciando che il buio riprendesse il suo spazio. Gli occhi spalancati come quelli di un gatto, intercettarono un'ombra dallo spiraglio di luce sul pavimento che proveniva dal corridoio. Qualcuno si era piazzato davanti alla sua stanza. Non ebbe più dubbi. Ripose il cellulare nella tasca interna, lui non aveva tempo e Lexi non aveva bisogno di puntualizzazioni. Sapeva che quel messaggio sarebbe bastato, era troppo sveglia per non capire. Aldilà di qualunque messinscena, di ogni scemenza, Lexi Wolfe era intelligente e forse lo era più di tutti, perché lo teneva nascosto venendo caldamente sottovalutata da chiunque. Ma non da lui. Eddie aveva colto quel barlume sotto la maschera anni fa ed è come per i numeri angelici, non appena sei riuscito a coglierli una volta non potrai fare a meno di vederli costantemente.
Spalancò la finestra del balcone, la notte era rumorosa a San Francisco e il vento più freddo del previsto. Le luci dei palazzi sembravano sprazzi di giallo sfocato su una tela nera, i contorni segnati dal vespro erano stati ormai inghiottiti dal buio. Le auto dai suoni ovattati per la distanza si udivano fino a lì; la porta finestra della camera alla sua destra adesso era chiusa e non era neppure quello il problema principale.
Le due terrazze distavano l'una dall'altra almeno quattro metri.
"Merda" bofonchiò lasciando cadere lo sguardo nel vuoto. Si allontanò dalla balaustra sbuffando e, sempre dalle tasche interne della giacca, cacciò il pacchetto di sigarette. La presenza sulle labbra gli fu di conforto, il fumo non aveva neppure il tempo di comporsi che veniva spezzato dal vento, dissolto nell'aria che assumeva l'odore di nicotina. Il baluginio della brace all'estremità, nella notte, appariva come una debole lucciola nell'oscurità di quel palazzo. Dopo appena due tiri la spense, posizionandola sull'orecchio e si issò in piedi sulla ringhiera di marmo. Per un attimo vacillò e strabuzzò gli occhi guardando il vuoto. Improvvisamente fu come se quella brezza leggera cercasse di avvinghiarsi a lui per risucchiarlo verso il basso, decine di metri più in basso. Ma che stava facendo? Si chiese. Il rischio consisteva in centimetri eppure continuava a rimanere immobile su quella stupida balaustra. Il suo respiro si tranquillizzò e per un istante la reale percezione del pericolo svanì come se fosse coperta dall'ombra scura gettata da una nube di passaggio. Si sentiva impacciato e allo stesso tempo perplesso, per il fatto che si trovava sospeso in aria alla mercé della morte e per l'altra, più scabrosa e insensata inquietudine: l'assenza di paura. Come può l'assenza di un'emozione scaturire un'emozione? Paradossalmente il terrore provato in quel frangente vicino si era dissolto inspiegabilmente. Si era ridotto ad un sonnambulo che fissava il vuoto di un grattacielo e poi, la nube era passata. Scendi subito, gli diceva il suo super io. Va' avanti, gli sussurrava dagli antri più reconditi il suo es. Scelse l'es e fu quel preciso istante che dettò il disgregamento del suo mondo.
Che cosa succede quando l'es prevale?
Si mosse a passettini fino al cornicione che funse da gradino d'appoggio. Le dita si appigliavano con forza al muro, le nocche sbiancarono. Si muoveva lateralmente, con il profilo destro quasi appoggiato all'intonaco. Furono i quattro metri più lunghi della sua vita; a metà strada per di più abbassò ancora lo sguardo e il fondo illuminato del cortile, non gli fu per nulla di conforto. Rimase tuttavia calmo e proseguì ancora a piccoli passi. Con un balzo atterrò infine nel balcone della camera numero 77, i capelli arruffati dal vento, il completo stropicciato, ma era vivo e doveva scassinare una porta, per cui il vestiario passava in secondo piano.
Avvicinò il viso al vetro e non vide altro che nero. Riuscì ad entrare nemmeno un minuto dopo, rovinando tuttavia la sua tessera della biblioteca e lo fece senza emettere un suono. Come fatto d'ombre si intrufolò nella stanza a passi felpati evitando anche solo di accendere una luce per non destare sospetti. La suite era molto più grande della sua e la camera matrimoniale nel quale era piombato aveva un letto a baldacchino in stile barocco, con tanto di colonnine ridondanti di elementi decorativi. Si guardò attorno illuminando appena la stanza con la torcia del cellulare.
"Se fossi un imprenditore dagli scabrosi segreti dove li nasconderei?" il suo sguardo si soffermò sulla borsa di un pc. "E perché proprio nel mio computer?" si rispose da solo cominciando a macchinare con il portatile. Indovinò la password che era la data di nascita della Cost enterprises e scartabellò nella sua email. La luce bianca dello schermo gli illuminò i tratti contriti, si morse il labbro facendo scorrere intere pagine velocemente. Eddie non era un mago dell'informatica eppure il suo lavoro richiedeva certe conoscenze di cui non poteva fare a meno se avesse voluto una vita più semplificata, per cui aveva imparato qualche trucchetto di spionaggio. Da Sacramento era riuscito a monitorare molta della corrispondenza dei Cost, i loro spostamenti, i loro programmi. Ma c'era ancora qualcosa che mancava al suo quadro, qualcosa che non poteva ottenere da lontano ed ora, con il bavero della giacca macchiato di intonaco, se l'era venuto a prendere.
"Interessante, davvero interessante" commentò tra sé. "Oh guarda questa non la sapevo, bene...molto bene" la sua voce roca apparve calda e seducente mentre parlava da solo fotografando intere schermate con documenti compromettenti. Era appena entrato in una miniera d'oro. "Idiota" mormorò controllando che le foto fossero venute nitide.
La luce si accese di colpo e l'uomo dell'ascensore apparve alle sue spalle cogliendolo in flagrante. Eddie mollò il computer e in piedi di fronte a lui sollevò le mani in segno di resa.
"Lo sapevo" si lasciò sfuggire l'uomo assottigliando gli occhi compiaciuto. "Non muoverti ragazzo." dalla tasca interna del suo completo tirò fuori una pistola che puntò con nonchalance su di lui.
"E chi si muove" rispose imperturbabile. Tra le mani stringeva ancora il cellulare che si affrettò a bloccare.
"Sei un sottoposto di Lucius Cost"
"Si" rispose la guardia avvicinandosi a mo' di predatore.
"Non era una domanda" Eddie emise un verso di scherno distogliendo lo sguardo. "Come facevate a sapere di me?"
"I nostri informatici hanno rilevato movimenti sospetti nei loro software. Hai lasciato delle tracce ragazzo."
Annuì tra sé ripromettendosi di essere meno approssimativo e più discreto la prossima volta che avrebbe frugato tra i dati personali di qualche 'pesce grande' come quell'imprenditore sessantenne con i calcoli renali.
"Touché"
E non appena pronunciò quella parola fece scattare l'accendino che aveva silenziosamente recuperato dalla tasca mirando all'interruttore. Fortunatamente tirò a segno il colpo e la luce si spense gettando nel buio la stanza, ma nell'istante stesso del lancio un colpo d'arma da fuoco riverberò tra quelle quattro mura.
Approfittò di quell'attimo per sfuggire alle grinfie della guardia ed uscire. Ciononostante, una volta messo piede nel corridoio dal lungo tappeto rosso e le pareti sull'ocra fu acciuffato per la collottola e gettato a terra.
"Sei in gamba, ti offrirei un posto al servizio di Cost se non stessi cercando di danneggiarlo."
"È solo lavoro" tagliò corto Eddie. Steso per terra, il trentenne dalla posa militare gli stava addosso stringendo con foga i faldoni della giacca.
"Già... diciamo tutti così" Si beccò un calcio, voleva liberarsi di quel peso dal corpo. Non era però così bravo nella lotta corpo a corpo e si beccò un pugno dritto in viso e poi un altro e un altro ancora. Teneva la guancia appoggiata al tappeto, in quell'istante un ambiguo pensiero gli riempì la mente. 'Era questo dolore che aveva provato Lexi?' Corrugò la fronte fissando il fondo del corridoio.
[...]
"C'è qualcosa che non quadra?" guardò prima il telefono e poi la sala con le sopracciglia corrugate.
"Qualche problema?" domandò Ian scuotendo una mano per attirare la sua attenzione.
"No" tagliò corto squadrando il ragazzo dai capelli castani. Ripose il cellulare nel decoltè - in modo alquanto ambiguo - e dedicò un sorriso caloroso a chi aveva davanti.
"Dove eravamo?"
"Dicevo, dov'è andato il tuo amico?" Lexi fece per aprir bocca e parlare ma improvvisamente si bloccò fissando il ragazzo percependo una nuova sfumatura dietro il suo sorriso cordiale. Assottigliò lo sguardo per poi rispondergli: "In bagno forse"
C'è qualcosa che non quadra. Quelle lettere ancora gli risuonavano nella mente scampanellando un allarme.
"Sai stavo pensando che a fine serata potremmo andare da me... farci un drink come si deve...che ne pensi?" le sue dita risalirono lungo la sua pelle, dal gomito fino alla spalla, le scostò i capelli con estrema sensualità, là dove i segni lasciati da Eddie si intravedevano nonostante il fondotinta. Ian li stava fissando, ma la sua proposta aleggiava indisturbata tra di loro.
"Mmh è un'ottima idea, perchè non ci andiamo adesso? Sono stanca di questo gala barboso." Lo sguardo dell'altro tentennò e per un attimo si andò a posare sull'ingresso del salone.
"Va bene" acconsentì offrendole il braccio. Lexi fece per accettarlo quando il suo sguardo fu deviato ad un punto imprecisato alle sue spalle, un'espressione terrificata prese possesso del suo volto
"Oh mio Dio ha una pistola!"
21/05/2022
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