Costellazioni.
"Come quando stringi le stelle nei pugni, ma le nascondi nelle tasche. Là, dove tu le senti tutte, addosso, dentro, ma nessuno lo vede da fuori. Nessuno pensa che ci sia un cielo stellato dentro di te."
~Fabrizio Caramagna
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Manuel è nervoso.
Simone lo vede nel modo in cui picchia il piede sul terreno senza fermarsi e nelle dita che scorrono sulla ringhiera a cui è appoggiato con i gomiti, avanti e indietro senza sosta.
Sono sullo zodiaco.* Il cielo è limpido, decorato da tanti puntini brillanti. La città sotto di loro è illuminata, una distesa di luce equamente sparsa, un mare travolto da un manto nero che riesce a splendere lo stesso.
Li ha trascinati Manuel lì. Insistendo su quanto sia importante per lui guardare le stelle da lassù durante la notte di San Lorenzo, ha ideato un intero discorso di persuasione da imboccare a Simone, per convincerlo a seguirlo e ad ignorare l'invito dei loro amici. Simone, seppur stranito da una proposta talmente intima, ha accettato; non che sia difficile per lui seguire Manuel dovunque lui voglia, comunque.
Ce l'ha nel sangue, il desiderio di seguire Manuel per sempre.
Così, ora contemplano il vuoto sotto di loro, su una terrazza altrettanto vuota di vita.
Il vento non tira quella sera. È Agosto, l'aria profuma d'estate. Roma infuria sotto di loro, il caos è palpabile perfino a quella distanza. È confortevole però, per entrambi. Il contrasto tra il disordine della città e l'ordine di quel luogo, assomigliando ai loro stessi sentimenti e al tumulto delle loro emozioni, gli ricorda che sono vivi, che stanno bene.
Il caldo persiste, ma non è incandescente. Accarezza la pelle nuda di Simone come fosse la mano amorevole di una mamma, concedendo alla serata un clima piacevole, colmo di gradevolezza.
Eppure, Manuel sta sudando. Simone lo nota dando un'occhiata alla sua nuca, curva insieme a tutto il resto del corpo. Ogni tanto sfrega anche tra loro i palmi delle mani, e lo fa mordendosi insistentemente un labbro.
Sono tutti sintomi di agitazione, Simone lo sa bene.
Quello che non sa, e che neanche riesce a spiegarsi, è il motivo di tale stato d'animo, che sembra pendere sulla testa di Manuel come l'ascia di un boia.
Stanno bene da mesi. Da quando Simone ha avuto quel maledetto incidente, non c'è mai stato un momento in cui non sono stati bene. Manuel ha speso tutto il suo tempo libero accanto a lui: lo ha supportato, lo ha trasportato avanti e indietro con la sua moto, lo ha persino accompagnato dalla psicologa.
Gli ha dimostrato affetto con migliaia di piccoli e all'apparenza insignificanti gesti, che Simone tiene tutti gelosamente custoditi nel cuore.
Sono rimasti amici. È stata una decisione accordata in maniera taciturna, la scelta migliore per tagliare quel groviglio di nodi che si è formato nel filo che li unisce. Simone lo ama ancora, certo, forse lo amerà sempre.
Ma non importa.
Perché pur di restare al suo fianco, è disposto a farsi spezzare il cuore altre mille volte.
Fa fatica a ricordare un momento in cui ci sia stato imbarazzo o tensione tra loro in quei mesi. Neanche il silenzio è riuscito a costruire muri troppo alti da scalare, o a scavare tra loro pozze così profonde da far paura.
Eppure, Manuel è nervoso.
Lo è ora, mentre osserva una Roma da sogno e respira in maniera irregolare. Lo è su quel terrazzo, sotto il suo sguardo attento, mentre prova ad ignorare la sua presenza. E Simone è frustrato, da morire, perché non riesce a spiegarsi questo suo assurdo comportamento.
Al che, solleva un sopracciglio.
"È tutto apposto?"
Simone rompe la quiete di quel luogo così, con una domanda sincera e preoccupata.
Manuel, nel sentirla, trasale visibilmente. Si volta di scatto verso di lui, gli occhi grandi e il cuore prepotente sotto il petto, anche se Simone quello non può sentirlo. Intreccia le dita, e ruota un po' il corpo in modo tale da poterlo guardare meglio.
Poi, passato qualche istante di smarrimento, annuisce.
"Si Simò, è tutto apposto." farfuglia quasi irritato, in maniera fin troppo poco convincente.
Simone assottiglia gli occhi, ma sceglie di non ribattere. Si limita ad osservarlo mentre infila una mano nella tasca dei pantaloncini, tirandone fuori un pacchetto di Winston Blue e un accendino.
Manuel si porta una sigaretta tra le labbra, e armeggia un po' con la fiamma prima di accenderla. Simone studia il suo profilo, scolpito nella notte, ornato da tratti spigolosi che sanno ammorbidirsi solo con un sorriso. Osserva la sua chioma, ammassata, disordinata, immobile per l'assenza di brezza, e non vorrebbe far altro se non affondarci le dita dentro.
Ha le farfalle nello stomaco, e neanche lo sa.
Forse, è perché ci ha fatto l'abitudine ormai. Forse tale abitudine lo porta a ignorarle, a non accorgersene.
Forse, è perché quando è con Manuel le farfalle sono naturali.
"Vuoi fa' n'tiro?"
È Manuel a distoglierlo dalla sua stessa mente, a riportarlo indietro da quel vortice di pensieri scomposti. Simone lo fissa un attimo; poi annuisce, e con fare estremamente audace gli sfila la sigaretta dalla bocca.
Stanno zitti, ancora e ancora. Si scambiano la sigaretta, di tanto in tanto, rendendolo l'unico punto di contatto tra loro. Il fumo vola in alto, ma Simone guarda in basso. Non riesce a cercare le stelle, non ha il coraggio di guardarle cadere.
Tale pensiero, poi, gli ispira persino terrore.
Chissà quanti modi l'universo conosce per distruggere un uomo, se anche una stella può cadere.
"Simò."
È un eco lontano che lo richiama, che lo fa voltare con lo sguardo sgranato e le labbra leggermente schiuse.
"Mh?"
"Guarda il cielo."
Simone lo fa. Simone lo fa nonostante la paura di vederlo spegnersi, d'essere testimone della sua caduta. Lo fa superando i suoi limiti, i suoi timori, qualsiasi cosa abbia minuziosamente predisposto nella sua vita, come fa sempre quando è con Manuel. Perché è Manuel che gli mostra il mondo, che accende le stelle, che le ha tenute tra le mani mentre lo accarezzava in quella notte di Marzo.
Perché è Manuel che rende tutto reale.
E così Simone guarda il cielo, trapassandolo con gli occhi.
Manuel, invece, guarda lui. Bruciano sulle guance di Simone le sue iridi, incendiano la pelle facendola rabbrividire sotto il loro tocco dolce. I suoi occhi sono persistenti, ma Simone non desiste, non si volta.
Continua a guardare il cielo.
E, ad un certo punto, anche Manuel lo fa.
Lo guarda con lui.
Lo guardano insieme.
Fin quando, almeno, al blu profondo del cielo si mischiano i contorni del dito di Manuel, che ne impediscono a Simone la visione completa. Quest'ultimo aggrotta le sopracciglia, confuso; eppure, non dice nulla.
Semplicemente, segue con lo sguardo la traiettoria indicata da Manuel. La strada giusta, forse, la via di casa.
Si fida, ciecamente.
Anche se ha paura di vedere una stella cadere.
Anche se, un po', ha paura di cadere anche lui.
"Se guardi bene, la' ce sta l'orsa minore," spiega con voce tremante. "e alla fine la stella polare, che è quella che brilla de più la' n'mezzo. Le vedi?"
Simone scuote la testa.
"Ma n'dò?"
"La'." insiste Manuel, guadagnandosi un'occhiata da parte di Simone. "Aspé—segui r'dito mio, te la disegno."
Così dicendo, Manuel si mette a tracciare il cielo con l'indice. Disegna le stelle, le colora, le rende forme. Simone non può far altro che stare a guardare; sorride un pochino, mentre si rende testimone di tale magia.
"Mo' l'hai vista?"
Simone annuisce.
Ha mille perché in testa. Si chiede perché Manuel lo abbia isolato, quella sera. Si chiede perché si sia improvvisato esperto degli astri, e perché non continui a far altro che tremare tremare tremare, anche se fa così caldo che sembra di stare in un vulcano.
Nonostante ciò, però, continua a non chiedere.
Lascia che sia Manuel a prendere le redini del silenzio in mano, a scegliere cosa dire. E cosa no.
Anche se vorrebbe tanto sapere.
Anche se vorrebbe tanto conoscerlo.
"Ecco, mo' n'vece guarda de la'," ordina, ruotando il dito leggermente verso destra. "la ce sta l'orsa maggiore, e poi ce sta la costellazione der drago, che è la mia preferita. So' belle, vero?"
"Si, so belle Manuel. Le stelle so' belle."
Manuel apre la bocca per dire qualcosa, ma esita. Il suo volto è intriso di emozioni: tensione, nervosismo, timore. C'è anche qualcos'altro, poi, che Simone non riesce a decifrare. È un mistero dell'universo, forse, quello che accade alla materia se incontra un buco nero.
Oppure, è così chiaro da passare inosservato.
Come il cielo.
"Le costellazioni pure," dice Manuel alla fine, scrollando le spalle. "le costellazioni so belle da trovare. So tipo quadri nel cielo—ognuna rappresenta na qualche immagine, qualcosa. È affascinante secondo me."
Simone socchiude gli occhi, un po' sorride. È incantato, rapito, completamente perso nella voce di Manuel, capace di farlo nuotare nel cielo tenendolo con i piedi saldo a terra. Pensa che non ci sia creatura più bella al mondo, se non Manuel Ferro che parla di stelle.
Se non Manuel ferro che gliele fa toccare.
"Suppongo." risponde Simone, incapace di dire altro.
Lo fa giusto per non lasciare Manuel lì impalato, ad elemosinare una risposta. Con la testa, però, è altrove.
Con la testa, è nella nebbia più totale.
Manuel si passa la lingua sul labbro superiore, gettando a terra la cicca della sigaretta e schiacciandola con una scarpa. Si volta per un istante ad ascoltare Roma, poi alza lo sguardo di nuovo.
Gli angoli della sua bocca si incurvano.
"Lo sai come so' nate le costellazioni?"
Simone non lo sa, perciò scuote la testa.
Il sorriso di Manuel si allarga.
"Le hanno inventate gli antichi," prosegue, e sembra più calmo, più sereno. Simone si domanda cosa sia cambiato in lui, perché il suo stato d'animo sia mutato così repentinamente.
Perché non può saperlo, che è che è stato proprio il suo sorriso accennato a rasserenarlo. "non me chiede perché, che non so n'insegnante de storia e non o' so. Però so che lo hanno fatto guardando il cielo, forse mentre non c'avevano niente da fa, o forse perché pure loro trovavano le stelle belle e le studiavano ogni notte per capire cosa fossero.
Comunque, r'punto non è questo. R'punto è che le costellazioni non esistono, so roba inventata. So linee nel cielo che ha immaginato l'uomo per passa r'tempo, stelle vicine che ricordavano agli antichi la realtà.
Ma non esistono, Simò. È l'uomo che ha dato forma alle stelle."
I cuori di entrambi battono allo stesso ritmo, involontariamente sincronizzati. Sono veloci, corrono, torturano sterno e polmoni che faticano a respirare. Simone viene trafitto da un presagio
che gli mette in subbuglio il petto, che logora le pareti della sua razionalità.
Non vuole sperare, non può permetterselo.
Eppure.
"È...bello." sussurra soltanto, guardandolo negli occhi.
Aspetta una risposta, una soluzione a tutti i suoi problemi. Manuel ci mette un po' a rimettere in ordine i suoi sentimenti, a ricostruirli in modo tale da renderli presentabili.
Alla fine, però, ce la fa.
Ritrova il discorso che aveva programmato nella sua mente, lo ripassa, si convince ad esporlo.
E poi, parla.
"Io ho sempre sbagliato tutto nella vita Simò," sospira. "ho sempre pensato che i sentimenti fossero come le costellazioni. Che li potessimo sforma' a nostro piacimento, disegnarli come ci pare, provarli quando vogliamo. Però misa che me sbagliavo Simò.
La verità è che negli ultimi mesi me so visto tutte le mie costellazioni accendersi e spegnersi senza tregua, proprio davanti ai miei occhi, senza che io potessi fa' nulla. Le ho viste cambia forma, le ho viste dipingersi di colori diverse, le ho viste persino oscurarsi.
E c'ho provato a cambiare le costellazioni, Simò, a cambia sentimenti. Ho pure provato a trasforma tutto in rabbia, o a smette de guarda r'cielo.
Però non ha funzionato."
Simone sente la tempesta nel suo stomaco, ed è così gradevole da farlo tremare. Legge negli occhi di Manuel tutte le costellazioni, intere, tracciare appositamente per lui.
Per un istante, fatica persino a credere alle stelle.
"E—quindi? Che vuol dire?" riesce a biascicare, piano.
Manuel si avvicina un po', poggia una mano sulla sua. Ne accarezza il dorso con movimenti circolare, lenti, teneri.
Simone, intanto, brucia ad ogni cerchio, ad ogni tocco nuovo.
Stai stravolgendo tutte le mie costellazioni.
"Vuol di' che me so reso conto che le costellazioni nostre non le tracciamo noi, proprio come quelle del cielo," risponde con tono gentile. " che un giorno arriva qualcuno che c'ha na matita speciale, ed è capace di cambiarle mentre noi siamo impotenti. Ed è stato spaventoso per me rendermi conto de sta cosa, Simò. Perché a na certa qualcuno è arrivato, ha trasformato tutto.
Perché a na certa, tutte le mie costellazioni hanno preso la forma del tuo viso."
Il mondo diventa carta, si accartoccia su se stesso. Simone è in trappola, sente di non riuscire a respirare, sente di doversi aggrappare all'unico appiglio reale che gli rimane.
Manuel.
Così, lo fa. Si sporge in avanti, lascia che le loro labbra siano sospese nell'aria a centimetri di distanza. Respira il fiato di Manuel, che gli coccola i polmoni, che lo fa sentire bene. Neanche si prende il tempo di elaborare tutte quelle parole, non serve.
Il cuore ha capito.
Il cuore ha capito già molto tempo fa.
"Spiegamelo," ordina. "spiegami come."
Manuel gli porta una mano sulla guancia, guardandolo con occhi grandi dal basso.
L'altra mano, però, resta ferma sulla sua.
"Come quando n'artista stravolge un quadro. Tu, però, m'hai stravolto la vita."
Simone incatena i loro sguardi, li incatena a quel filo che li unisce, che ormai di nodi non ne vede da un bel po'. Fa toccare i loro nasi, gli porta una mano tra i capelli, sospira sulle sue labbra.
Ma non azzera ancora le distanze.
"Ed è una cosa bella?"
È una richiesta di certezza. È una domanda fatta per assicurarsi di aver capito bene, di non aver fatto errori come le ultime volte. È una domanda accompagnata dal cuore, che, ancora una volta, sta mettendo nelle mani di Manuel, nella speranza che stavolta lo accarezzi piuttosto che stringerlo troppo forte.
A questo proposito, fa un altro passo, lo tiene fermo.
Non vuole che scappi, non di nuovo.
"È bella quanto le stelle."
A Simone non serve altro. Improvvisamente, inizia a sentire il doppio dell'amore, incondizionatamente. Sta provando anche l'amore di Manuel, lo stanno condividendo.
Insieme.
Si fionda sulle sue labbra.
Anche se non lo ha programmato, anche se ha paura di cadere. Non gli importa, perché è con Manuel. Non gli importa perché sono vivi, perché ha voglia di farlo da una vita. Non importa perché ora è travolto dalle onde, dal vento, dall'afa di tutti i deserti e dal gelo di tutte le antartidi.
Non gli importa perché le loro labbra sono incastri perfetti, e si muovono come due ballerini che danzano insieme da una vita. Perché sono state fatte per stare insieme, proprio come le loro mani che sono intrecciate, e come le dita di Simone che navigano tra i ricci di Manuel.
Sono state fatte insieme, sono stati fatti insieme.
Come le stelle, forse, che non possono creare tutte quelle immagini senza farlo di propria iniziativa.
Forse, anche loro sono state fatte insieme.
Passano secondi, ore, notti di stelle cadenti.
Simone si stacca per riprendere fiato, fa scontrare le loro fronti delicatamente.
Hanno gli occhi chiusi, entrambi, ma si guardano con l'anima.
E guardandosi, sorridono.
"Simò'."
"Mh?"
Simone tiene le palpebre abbassate, lo sguardo nel buio. Manuel, invece, le alza.
Lo sente nelle ossa, che deve guardarlo.
"Io—"
Non fa in tempo.
Simone lo blocca con l'indice, posandolo delicatamente sulla sua bocca. Con un verso lieve gli fa cenno di stare zitto, comunicandogli col corpo che non vuole sentirlo, che non serve.
"Va bene così." dice.
Ma Manuel scuote la testa.
"Ma io voglio dirtelo." insiste, petulante.
A quel punto, Simone apre gli occhi, sorridendo.
"Me lo hai già detto." lo rassicura.
Manuel però nega di nuovo, poco convinto, e arriccia il naso in segno di disapprovazione.
"E non te lo vuoi sentì di dopo tutto quello che t'ho fatto passa'?" domanda.
Simone alza un po' il collo, gli lascia un bacio sulla fronte. Poi, fa scendere la mano dietro la sua nuca, e sorride radioso.
"Non serve," ribadisce dolcemente. "sta scritto nelle stelle."
***
*Spazio autrice*
Qui per dirvi che sta roba manco l'ho riletta, quindi se trovate errori di qualsiasi genere siate clementi che domani correggo.
In più, il prompt è preso da twitter, quindi crediti alla ragazza che ha avuto l'idea.
Come sempre, vi voglio bene, grazie per aver letto.🤍
*per chi non lo sapesse, o non lo avesse capito, lo zodiaco è una terrazza con vista su Roma.
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