VI
"[...] –no che non è un appuntamento! Ce devo parlà di lavoro con questo e ne approfitt– lo so che 'o posso fà pure in ufficio, ma a me me va de magnà na pizza e– sei un cafone Matté, t'o posso di? Se vabbè ridi su sto cazzo, te saluto!"
Il cellulare lanciato per aria ricade sul cuscino affianco a me con un piccolo tonfo e, appena una sequela di «ding!» inizia a illuminarlo, sono molto tentato di dargli una spinta per terra per fracassarlo definitivamente.
Ma come cazzo m'è venuto in mente di chiedere consiglio proprio a quel coglione che passa il suo tempo a percularm–
«ding!»
"Statte zitto!!!" urlo nel silenzio della camera da letto recuperando questo maledetto mezzo del demonio che continua a vibrare.
«Matteo 😈: io sarò pure cafone, ma tu sei un sottone allucinante!!»
«Matteo 😈: e ammettilo che la battuta sul mangiare la pizza di SimoBale era bella...»
«Matteo 😈: comunque oh... se te cachi sotto e non lo inviti più avvisa che je scrivo io😎»
Mi passo una mano in faccia sconfortato e riaffondo il viso tra le coperte. Non se po fa sta vita.
«ding!»
Vabbè, oggi forse a questo lo faccio fuori.
Il telefono di nuovo tra le dita così stretto che tra poco esplode mentre lo sblocco e-
«Simone 🏹: messaggio vocale»
Cosa?!
È francamente imbarazzante la rapidità con cui pigio il tasto di riproduzione.
«Uhm... buongiorno Manuel... so che può sembrare una domanda strana, ma- ma magari tu sai perché Matteo mi scrive alle 10 di sabato per dirmi che, se non ho impegni con te stasera, potrei pure uscire con lui? Forse ho capito male io... avevamo organizzato qualcosa e non lo ricordo?»
E, alla fine di questo audio, due cose appaiono subito chiare.
La prima è che la voce di Simone Balestra la mattina dovrebbe essere preceduta da un avvertimento gigantesco perché - dio santo - ho avuto un'erezione già al «buongiorno».
La seconda è che oggi devo assolutamente fare fuori Matteo.
In ogni caso, sono entrambe informazioni a cui penserò dopo perché adesso l'unico problema vero è capire come rispondere senza rendermi più ridicolo di quanto già mi ci senta.
«Ciao Simò!» schiarisco la gola ancora intorpidita dal sonno «nun c'avevamo gnente organizzato, stai tranquillo... 'O sai com'è Matteo, no? t'avrà voluto fa 'no scherzo dei suoi... lascialo sta»
E, conclusa la registrazione, infilo il cellulare addirittura sotto i cuscini manco fosse una bomba che cerco goffamente di non farmi esplodere addosso.
Se mai arriverà una risposta da parte sua non mi interessa saperlo.
Cioè... forse un po' di curiosità ce l'ho.
Ma giusto un minimo.
Nulla di ch-
«ding!»
Il cuscino vola subito dall'altro lato della stanza.
«Matteo 😈: non ringraziarmi 😇»
"Ma vaffanculo..." borbotto "Io te devo rompe la faccia altro che ringraz-"
«Simone 🏹: chiamata in entrata»
Il senso di vuoto allo stomaco è così improvviso che sono costretto a portarci una mano sopra per placarlo.
"Pronto?"
"...Manu"
Perfetto, ho già perso il controllo sui movimenti della mia bocca che ora si estende in un sorriso da totale ebete.
"Ciao Simò..."
"Hai la voce impastata... Ti ho svegliato?"
"No... ero- sono ancora a letto-"
"Anche io" ridacchia e in un attimo immagini di lui assonnato e steso fra le lenzuola iniziano senza volerlo a riprodursi nella mente.
"Manu"
"Mh?"
"...quindi?"
Quindi cosa?
"Quindi cosa Simò?"
"Posso dire sì a Matteo?"
Col cazzo.
"Uhm... s- no, cioè non devi chiederlo a me! Puoi fare quello che vuoi..."
"Beh se la metti così..." c'è un secondo di silenzio nel quale penso persino che sia caduta la linea e "è che vedi..." riprende a parlare "non vorrei farlo rimanere male, ma..."
"Ma?"
"Ma a me sarebbe piaciuto uscire con te."
Ah.
Per poco non mi cade il cellulare dalle mani tanto è il tremolio che le prende.
"Con me?"
"Mh-mh."
Ma come fa? Come cazzo fa ad essere così tranquillo mentre mi mette sottosopra il cervello??
"Uhm-" di nuovo la voce che si incrina tradendomi "e allora usciamo noi due" riesco a concludere più convinto.
"Si?"
"Si."
"Bene... e come vuoi che mi metta?"
Un attacco di tosse improvviso mi costringe ad allontanarmi dal telefono.
"In che-" riprendo fiato con difficoltà "in che senso?"
"Come mi devo mettere Manuel... l'outfit, no?"
Ah, l'outfit.
"Uhm... nulla- nulla di particolare, come te vesti di solito andrà benissimo."
"Okay... e mi passi a prendere tu? Ho la moto rotta, ma posso raggiungerti in taxi se v-"
"No, no che taxi" lo interrompo subito "vengo io così me fai pure vedé sta moto che magari azzecco il problema e la aggiusto..."
"Ah..." il tono ora curioso "te ne intendi di moto?"
"Avoja... so appassionato da sempre."
"Vediamo allora se Paperella la tratterai meglio di come tratti me..."
"Io te tratto benis- Paperella?!"
"Beh è il suo nome..."
"E prima il pesce Fulmine, mo a moto Paperella..." rido incredulo "certo che sei strano tu..."
"Però così non vale! Me lo ripeti di continuo, ma poi pretendi che non mi offenda..." e mi scioglie il cuore il modo lamentoso in cui lo dice perciò "te posso vedé?" chiedo prima di riuscire a fermarmi.
"Ve- vedere? Ma quando?"
"Ora Simò. Dar telefono."
"Ah, uhm- si... un attimo."
"Che è? T'ho colto in un brutto momento?"
"No, solo che- eccomi!"
Un «ding!» mi stona e stacco subito il cellulare dall'orecchio.
E' ancora assonnato il volto angelico che sorride sul display e un sospiro sfugge al mio controllo mentre osservo i ricci, solitamente ordinati e costretti dal gel, che vanno un po' ovunque sul cuscino.
"Manuel" il cellulare riprende a gracchiare ridestandomi "ci sei?"
"Uh? Si- si, ma" mi mordo le labbra così da non sorridere come un coglione "intendevo vederti in videochiamata Simò..."
"Ah. Io- io non avevo capit- ti chiamo?"
"No dai..." l'indice premuto sullo schermo per salvare la foto ancora aperta "in qualche modo ti ho comunque visto no?"
"Si però..."
"Però?"
"Io non ho visto te"
"Vuoi- vuoi vedermi ora?" e la mano libera sta già cercando di sistemare alla meglio i capelli arruffati.
"Io voglio vederti sempre Manuel."
Ed è impossibile che il battito accelerato del mio cuore non lo senta anche lui dall'altro capo del telefono.
"Ti- ti accontento subito" farfuglio prima di scattarmi anche io una foto sperando che il colorito purpureo sulle guance non si noti troppo.
"Arrivata?" chiedo con finta nonchalance.
"Ah-a."
Ecco.
Io nella mia testa gli scrivo versi che manco Dante a Beatrice e questo è già assai che me concede un'onomatop-
"Sei bellissimo."
"Uh?"
"Sei bellissimo Manu. Non sarò il primo che te lo dice e non ti farà nessun effetto ma-"
"Simò" e adesso mi sciolgo in un sorriso a 32 denti.
"Si?"
"Mi fa tantissimo effetto invece. Grazie."
"Ahem... prego."
Dovrebbe essere imbarazzante il silenzio che cala tra di noi, invece lo trovo solo molto piacevole, quasi domestico, e un brivido mi percorre dalla testa ai piedi per il pensiero appena fatto.
"Manu?"
"Mh?"
"Passi tu da me allora?"
"Si. A casa di Giulio, no?"
"No!, oggi sarò tutto il giorno a casa mia a seguire i lavori di ristrutturazione... ti ho appena girato l'indirizzo su whatsapp okay? C'è pure Paperella in garage che ti aspetta" ghigna mentre un ennesimo «ding!» arriva in contemporanea.
"Non vedo l'ora di vederla allora..."
"Solo lei?"
"Non mi viene in mente nient'altro" ribatto con tono scherzoso.
"A volte dimentico che tu fai così..." mormora.
"Così come? Quale altra offesa si cela dietro quest'affermazione vaga? Famme sentì!"
"Nessuna offesa!" ride divertito "così è nel senso che manco morto la esprimi un'emozione a parole."
Puntello i gomiti sul letto sentendomi improvvisamente più agitato "è un problema Simò?"
"Per niente! Tanto parlo io, tanto poco lo fai tu..." la voce è dolcissima ora "verrebbe quasi da dire che ci completiamo, mh?"
Che. Ci. Completiamo.
"Uhm... si- forse. Ma me pare un po' eccessivo, no? E comunque mo ti devo lasciare, c'ho da fa... cose" finisco frettoloso e, mentre ancora sta rispondendomi, butto giù la chiamata.
In un secondo sono fuori dal letto e, manco volessi prendere più distanze possibili dalla conversazione appena avuta, mi precipito in doccia per - spero - schiarirmi le idee.
**
Bene. Una scelta sicuramente intelligente sarebbe stata quella di chiedere a Simone di farsi trovare già sotto casa sua visto che ora che sono qui non so come cazzo contattarlo.
Sul citofono del palazzo manca il cognome e al cellulare non risponde proprio.
Io manco ce volevo più venire stasera, però poi Chicca ha tanto insistito.
Lei e quei suoi modi amorevoli e altamente persuasivi che mi fregano sempre:
«Vacce o te castro»
«Ma-»
«Manuel non è aperta a discussione sta cosa, io te faccio male si nun vai.»
Quale sorella acquisita non parlerebbe così ad un fratello in difficoltà?
In realtà lo so anche io che se questo non si palesa non è che me la posso prendere... dopo il modo barbaro in cui gli ho chiuso la telefonata è già tanto se non s'affaccia solo per darmi un pugno sul naso.
E' che quel «ci completiamo» mi ha mandato troppo in crisi. Ma come gli è venuto? Ho ancora il cuore a mille solo a ripensarc-
"Giovanotto!"
Che spavento! "U-Uhm?"
Una signora bassina e paffutella mi sta squadrando sospettosa "Avita trasij o cosa?"
"Cosa?"
"Eh statt buon..." manco il tempo di capire che dice che mi ha già spostato di lato e "dovete entrare? Non è che siete un malintenzionato?" domanda.
"No che malint- io sto cercando un ragazzo."
"E ten nu nom stu guaglione?"
"Simone Bal-"
"Uh! Simone mio!" gli occhi le brillano improvvisamente "e lo potevi dire subito. Sei un suo amico?"
"Una specie..."
"Ah... aggia capit!" il sorriso larghissimo sul volto "vieni caro tras!" mi prende per un braccio e mi trascina nel portone appena aperto.
"Scusi eh!" la fermo in mezzo all'andito del palazzo prima che imbocchi le scale "nun pe farme i ca... voli miei, ma dove mi sta portando?"
"Ma fuoss scem? 'A ritt che cercavi Simone?"
"S-si"
"Beh è da iss che stiamo andando! Ha preso casa nell'interno affianco al mio..."
"Ah."
"Eh... mo già che ci sei portami sta busta p'ffavor" e con nonchalance assoluta mi smolla quello che presumo sia un sacco di mattoni fra le mani.
"A che piano dobbiamo andare?"
"Al primo... ecco. Siamo arrivati."
Meno male dio santo. Qualche gradino in più e mi sarebbero cadute le braccia.
"Quello è il portone..."
"Manuel."
"Manuel" un buffetto sulla guancia che pare più un ceffone "sij nu brav guaglione."
"Grazie signora..."
"Nessun signora, chiamami Rossana!" e riprendendosi la busta da mille chili, si infila nel suo appartamento.
Un "Salutami il fidanzato!" seguito da una sottospecie di occhiolino è l'ultima cosa che dice prima di chiudermi la porta in faccia e lasciarmi nel corridoio come un cretino.
Fisso il campanello col cognome di Simone scritto a penna sopra e dopo uno, due, facciamo tre, respiri profondi, suono.
Silenzio.
Forse è in bagno, forse è già uscito, forse non ti vuole aprire perché sei stato uno stronz-
"Chi è?"
La voce sembra vicinissima.
"Uhm- io..." borbotto accostandomi a mia volta.
"Io chi scusa? Pure io sono io..."
Ma che cazzo dice questo?
"Ao!" batto il pugno per bussare "so Manuel!"
L'anta si ritira appena appena verso l'interno.
"Sono venuto a prenderti!"
E ora si richiude con forza.
Mh... va bene.
"Simo...ho sbagliato oggi ad abbassare il tel-"
"Manuel..." la porta spalancata del tutto e la testa di Simone che sbuca da dietro "stavo togliendo la catenina alla chiusura- non volevo sbattertela in faccia..."
"Ah."
"Eh..."
"Posso- posso entrare?"
La domanda sembra svegliarlo da un torpore profondo e "si certo- ovvio! Accomodati! Scusa il casino" replica frenetico prima di indicarmi col braccio l'ingresso.
Il pavimento è pieno di scatoloni e secchi di vernice e pure l'odore è tipico delle case nuove non ancora vissute.
"Scusa" i miei occhi si soffermano sulla sua figura "sei in tuta?!"
"Si?" si osserva da solo come se ora si rendesse conto anche lui di ciò che indossa.
"perdonami ma-" e a sto punto o so scemo io o è scemo lui, non ci sono alternative "noi non dovevamo vederci stasera?"
Avvampa di colpo e abbassa lo sguardo farfugliando qualcosa che non capisco.
"Non ho capito che hai detto"
"Non pensavo volessi più-uh" cantilena scandendo meglio le parole.
Ma in che senso?
"Ma in che senso? Se t'ho invitato io ad uscire!" faccio notare.
Chiude la porta alle spalle e, strisciando per terra dei calzini una volta bianchi, inizia a camminare per il corridoio.
"Vieni..." mi dice mentre lo seguo fino ad un salotto completamente spoglio eccezion fatta per un piccolo quadro appeso alle pareti e un divano che sembra uscito dagli anni 70 sul quale mi siedo.
Non sfugge alla mia attenzione il fatto che lui rimanga invece in piedi lontano da me.
"Sta venendo bene la casa mi pare..."
"Uh? Si è ancora grezza, ma piano piano la sto arredando."
"Simò..."
"Vuoi qualcosa?" lo sguardo che rifiuta di incontrare il mio "Non ho molto in verità... acqua, forse una birr-"
"Simone."
"Dimmi..."
"Mi puoi guardare?"
E, come sempre, il momento in cui i nostri occhi si incastrano c'è una cazzo di giostra che prende a girare nel mio stomaco.
"Perché hai detto che non volevo più uscire con te? Ma come ti viene in mente?"
"Come mi viene in mente?!" sembra incredulo "forse perché ti ho praticamente costretto io stamattina ad organizzare un'uscita??" con una mano va a tirarsi un po' i capelli "o magari perché, visto che non so mai stare zitto e ho detto una frase infelice, tu hai avuto la più che lecita reazione di sbattermi il telefono in faccia mentre ancora ti chiedevo l'orario di stasera?? Non lo so, scegli tu Manuel."
Ecco la risposta al mio dubbio di prima: a quanto pare, siamo scemi entrambi.
"Simò!" batto una mano sul divano "vieni qui per favore..."
Le schiena che si appiccica al muro alle sue spalle indica che non si schioderà da lì e "no." sibila infatti incrociando le braccia.
"No?"
Scuote la testa senza guardarmi.
E va bene stupido asino, non vuoi avvicinarti tu? Sarò io a raggiungerti.
Mi alzo di scatto dal divano e prima che possa reagire muovendosi anche lui l'ho già intrappolato fra me e la parete.
"Simò..." le braccia allungate a entrambi i lati del suo corpo per bloccargli ogni via di fuga "sei un cretino."
Ah!, adesso la sollevi la testa eh maledetto?!
Le fiamme dardeggiano nelle sue pupille mentre mi guarda e, senza darmi il tempo di pensarci troppo, una mano si è già staccata dalla parete per stringergli il viso.
Incastro il mento tra pollice e indice e "ascolta bene" spiego avvicinandomi "non so che ragionamenti contorti hai fatto nella tua testolina bellissima, ma io non mi faccio costringere da nessuno a fa gnente... se t'ho chiesto di uscire era perché lo volevo- perché lo voglio. Chiaro?"
"Uhm... Cristallino." mormora quasi a contatto con le mie labbra.
"E poi..." allento un po' la presa sul volto "mi dispiace."
Gli occhi ancora più enormi del solito "per- per cosa?"
"Per come ho reagito... per il telefono chiuso in faccia... per averti fatto pensare di non volerti vedere... non lo so. Scegli tu, Simone." imito la sua voce di poco fa.
Ride piano con piccoli sbuffi d'aria che si infrangono sulle mie labbra e io ormai non so quanto potrò resistere in questa situazione.
"Sono una frana..." le dita tremanti vanno ad agganciarsi al mio polso ancora legato alla parete "è che mi rincoglionisci Manuel. Ci provo pure a rimanere calmo e razionale, ma..."
"Ma?"
"Ma... io ti voglio davvero." confessa facendomi perdere un battito.
"Anche- anche io ti voglio davvero."
La lingua percorre lentamente il contorno del labbro inferiore "tu mi vuoi ora?"
"Io ti voglio sempre Simone." concludo prima di lanciarmi con la foga di un animale sulla sua bocca schiusa.
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