3. NESSUNO TI PUÒ SALVARE (PAROLA DI SET)
L'incontro di due personalità
è come il contatto tra due sostanze chimiche;
Se c'è qualche reazione
entrambe ne vengono trasformate.
(Carl Gustav Jung)
(Believer, Imagine Dragons)
Set guardò il medico come se non ci fosse, ma avvertiva un'atmosfera grave nel bianco attorno a sé. Nella sua testa c'era ancora l'ombra dell'abisso che lo aveva svuotato. Si sentiva fiacco e fragile come un bambino sul punto di mettersi a piangere pur di farsi portare a casa dalla mamma. Per nascondere la cosa, quando l'uomo spezzò il silenzio, strinse gli occhi e i denti.
- Dunque, Set Voland – esordì il medico, sfogliando delle inutili scartoffie. - È disposto a dirmi perché ha assalito un cane stamattina al parco? –
Set si riscosse, ora che poteva notarlo era visibilmente di cattivo umore e questo non giocava a suo favore.
- Mi è sembrato pericoloso – si giustificò vago.
- E la bambina, le è sembrata pericolosa? –
- ... -
- Perché l'ha aggredita? – incalzò il medico.
- Mi ricordava mio fratello. -
Il medico sfogliò ancora le scartoffie e riportò lo sguardo su di lui. - Stando alle sue stesse dichiarazioni sullo stato familiare, lei non ha fratelli signor Voland – puntualizzò infastidito - ma mi dica: come si chiama suo fratello? Dov'è ora? Potrebbe essere utile contattarlo. –
- Non lo so come si chiama e nemmeno dove sia adesso, anzi meno ci ho a che fare meglio è. Voglio dire non è davvero mio fratello. -
- D'accordo, ne riparleremo quando sarà meno confuso... - concesse il medico e respirò a fondo - e per quanto riguarda l'agente Frederics: che cos'è accaduto? –
- Frederics? -
- L'uomo a cui, mentre sottoscriveva le sue scuse, ha piantato una stilografica nel braccio. –
- Mi sono solo difeso. –
- Mi scusi? A quanto mi è stato riferito, stava soltanto cercando di calmarla. –
- Come facevo a calmarmi? Quel tipo era un ladro, che ha rapinato una banca e sparato a un paio di persone, ovvio che se mi mette le mani addosso mi devo difendere. –
Il medico si fece sfuggire un movimento nervoso, mentre risistemava i fogli sulla scrivania senza neppure guardarli.
- Forse è azzardato e poco professionale, ma lei non mi dà l'impressione di essere affetto da una qualche patologia, anzi sarei pronto a scommettere che si stia inventando tutto per evitare di essere giustamente punito per il suo comportamento – proferì seccato e batté i palmi sul tavolo come se stesse per alzarsi e andarsene.
A causa dell'improvvisa vibrazione il bicchiere di plastica mezzo vuoto si rovesciò e l'acqua bagnò il camice bianco. L'uomo di mezz'età trattenne un moto di stizza e afferrati dei fazzolettini di carta, si asciugò alla buona.
- Dottore, preferirei che fosse come dici tu, ma ho davvero problemi di testa e tu se t'incazzi per così poco ci resti secco giovane – commentò acido Set.
Voleva soltanto fargli notare che con lui le maniere forti non funzionavano proprio, ma di colpo il medico si raggelò e impallidì. Boccheggiò come a dire qualcosa senza fiato e si ripiegò poco a poco su se stesso, scoprendo lo schienale di pelle scura. Le sue dita serrarono i braccioli come fauci, ansimò e tossì violentemente. Dopo un attimo si portò le mani al petto e sbavò come un cane con la rabbia.
In quel momento Set, che dopotutto era un bastardo, capì che era la sua buona occasione per scappare. Si alzò, aprì la porta e sorrise agli infermieri che lo aspettavano, indicando loro l'interno della stanza. Mentre i due si precipitavano dentro, lui contò con calma i passi lungo il corridoio monocromo, come se volesse sedersi ad aspettare diligentemente, ma giunto a metà prese a correre verso l'uscita.
Soltanto due isolati più in là, decise che poteva lasciarsi cadere a terra. Era confuso e stremato, libero ma ancora sotto l'effetto dei calmanti. Senza quasi rendersene conto si addormentò sul marciapiede, finché non avvertì il contatto tiepido di una carezza sulla fronte. Per un attimo temette che l'avessero trovato, ma il suo corpo era fiacco e non gli permise alcuna reazione a parte quella di sollevare le palpebre. Non riuscì a mettere a fuoco immediatamente e quando la luce invase i suoi occhi era filtrata da un velo argenteo. Un profumo esotico e dolciastro gli entrò nelle narici e un senso di pace profonda lo avvolse.
Subito dopo, rivide l'abisso.
L'essere luminoso nella luce era inginocchiato di fronte a lui e sfiorava la sua guancia con una mano candida. I suoi occhi erano socchiusi e le ciglia candide, che quasi baciavano le guance, nascondevano in parte la profondità dei suoi occhi.
- Immagino che tu sia di cattivo umore, ma sii comprensivo – disse suadente – Il dottor Van Haughman ha avuto un attacco di cuore. -
- Il problema è suo – replicò brusco Set, mettendosi a sedere a fatica, ma costringendo l'altro a prendere le dovute distanze.
Erano secoli che qualcuno non lo toccava senza farlo uscire di testa e quasi si sarebbe messo a piangere per la commozione, ma non avrebbe fatto vedere allo sconosciuto quanto fosse patetico. Si frugò nervosamente nelle tasche alla ricerca delle sigarette e non le trovò. La polizia le aveva prese. Quando stava per imprecare notò che l'alieno gli allungava un pacchetto nuovo di zecca. L'afferrò senza convenevoli e ne estrasse una. Lo sconosciuto si prese anche il disturbo di accendergliela.
Set lo penetrò a fondo, studiando la sua immagine attraverso le spire di fumo. Sapeva che avrebbe dovuto essere nervoso, preoccupato, forse arrabbiato, ma più lo guardava e più era chiaro che in quell'uomo non ci fosse altro che bianco e quel vuoto si rifletteva in lui, lasciandolo inerme.
Era un fenomeno inspiegabile e sorprendente.
Era da più di un decennio che Set vedeva qualcosa di strano in chiunque avesse di fronte, da quando il suo disturbo aveva cominciato a manifestarsi. Le sue crisi dipendevano da quello. Eppure, nemmeno la consapevolezza dell'unicità di quell'evento, riuscì a turbare la pace emanata da quell'essere bianco. Set aspirò con gusto e soffiò fuori il fumo lentamente.
- Chi sei? - chiese diretto.
- Sono Sybil Vain – rispose l'essere vuoto.
- Perché sei qui? -
- Ti ho cercato. -
- Cosa vuoi? – chiese Set, incapace di distogliere gli occhi dai suoi.
- Ucciderti – rispose calmo Sybil Vain.
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