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16 - Lezione di cioccolato

In un paio d'ore di cammino il Mar Piccolo non era più una porzione sottile all'orizzonte, bensì una chiazza argentata visibile oltre il bosco. Avevamo anche superato il binario sguarnito di passaggio a livello che tagliava di sbieco la strada. Da lì la finta curva in discesa ingannò David, che non riusciva a trovare un punto familiare che gli suggerisse la presenza dei suoi compagni. Gli diedi un buffetto sul braccio e lo diressi verso la giusta direzione. «My buddy!» Sorrise nello scorgere la tenda oltre gli alberi di vallone. Mi abbracciò di slancio e poi affrettò il passo. Ma lo raggiunsi e lo fermai, nonostante avessi la sua stessa fretta di arrivare l'accampamento. Doveva sapere che non avevo detto a Walter che era stato lui a spararmi in faccia. Non volevo venisse punito a causa mia. Attesi la sua attenzione e mi toccai la cicatrice. Scossi la testa nominando il suo amico, e lui annuì. Mi mise la mano sulla spalla, dispiaciuto, sospirò grave dal naso. Annuì ancora sbattendo gli occhi e stringendo le labbra in una riga sottile.

Attinsi dalla memoria le parole che mi aveva insegnato Vuòlt. «Do not say. (Non dire.)» Sperai d'averla detta bene la raccomandazione perché lui mi guardò serio prima di riprendere il poco cammino che ci separava dalla meta.

L'incontro con i suoi commilitoni non fu caloroso come avevo immaginato. Erano comunque contenti di ritrovare in buone condizioni il soldato smarrito, c'era del cameratismo nei risolini degli altri sei di fronte alla tenda. Quando uscì fuori Walter, la serietà tornò a regnare sovrana. Tutti sull'attenti anche se non in riga, fecero silenzio in attesa che lui li sciogliesse con un comando che non tardò ad arrivare appena mi vide accanto a David. Impartì ordini a destra e a manca per liberarsi dei presenti, tranne all'ultimo arrivato, al quale gli si parò di fronte e iniziò a interrogarlo. Di tanto in tanto David mi indicava, poi fissava Walter negli occhi mentre sparava a raffica parole che non conoscevo.

Walter, anche lui mi indicava mentre discorreva ma, accidenti, non capivo un cavolo nonostante era palese fossi l'oggetto della discussione. A un certo punto, annoiato di fare da ruota di scorta, mossi un passo. David, come niente fosse, mi tirò a se afferrandomi per un braccio. Fu così irruento che per poco non gli finii addosso. Walter alzò le mani spazientito del gesto dell'altro. Mi reclamò accanto a sé strattonandomi pure lui; sembravo una palla che rimbalzava da una parte all'altra. Sì, lo dichiaro, mi stava divertendo quella situazione, anche perché non c'era rimprovero né astio tra loro, mi scappò pure da ridere. Il limite arrivò quando David mi cinse amichevolmente il braccio intorno al collo e mi batté il petto proseguendo la discussione. A Walter forse non piacque quella confidenza tra noi. Allora lo mise sull'attenti in modo da sciogliere l'abbraccio. Era difficile a quel punto capire se era serio o scherzasse. Mi trascinò ancora una volta dalla sua parte, stavolta con più grinta. Possibile fosse geloso? Da come mi stringeva non avevo dubbi lo fosse davvero. Il suo tocco, il suo atteggiamento, trasmetteva qualcosa di diverso dall'amicizia offertami da David, me ne accorsi da come mi accarezzava il collo e dai brividi che mi procurava. Ah, quella mano sul pomo d'Adamo, odorava di polvere da sparo, mi solleticava il naso e molto altro sotto l'ombelico. Mi arrogai la libertà di aggrapparmi alla sua cintura da dietro, cercando di non toccarlo oltre, benché la voglia mi divorava.

Per evitare che accadesse qualcosa di disdicevole in presenza di altri soldati, svincolai dalla presa, e mandandoli tutti e due a quel paese, mi diressi verso il bagnasciuga. Fu allora che David si allontanò e sentii sulla schiena il tocco della canna del fucile di Walter.

«Hei! Mani in alto, Apache!» Mi voltai accigliato. Che caspita stava succedendo? Da come sorrideva speravo non fosse impazzito e volesse fucilarmi ora che gli avevo restituito l'amico. Ma no, mi fece l'occhiolino, voleva giocare alla guerra come un infante. Alzai le mani e lui infilò sul braccio destro una tracolla talmente pesante che per poco non caddi di lato. Risi chiedendogli cosa avesse in mente. Ma lui mi diede un colpetto in testa col fucile. Mi intimò di voltarmi, e spingendomi con la punta dell'arma mi pilotò verso la zona delle sorgenti.

Divertente. Sì. Però avevo ancora qualche dubbio. Mi voltai per protestare ma Vuòlt non me ne diede modo. Mi colpì con una finta scarpata sul culo che mi eccitò di tutto punto. Menomale che stava dietro altrimenti avrebbe scoperto quanto ero felice davanti. Risi ancora di più nonostante quello mi ripeteva «Shut up! Scoundrel! Zitto! Mascalzone!» contagiato dalla mia risata.

La sorgente alla quale eravamo diretti era la stessa dove avevamo pescato il giorno prima. Era al riparo dalla vista di chiunque e da qualsiasi direzione. Perciò cominciavo a subodorare le sue intenzioni. Raggiungemmo il muretto che arginava l'acqua sorgiva nel punto dov'era più pura, e dove uno stretto sentierino battuto a piedi era costeggiato da siepi selvagge e piante grasse marittime insolitamente in fiore. Attorno a noi, formazioni d'insetti colorati brillavano sotto i sole.

Che fossimo giunti al capolinea me lo suggerì il modo gentile col quale mi tolse la tracolla dal braccio. «Bene! E ora...» Mi voltò e senza cerimonie mi tolse la camicia, tirò fuori dalla borsa una piccola bottiglia di vetro blu, mi invitò a sedermi sul muretto fintanto che si liberava anche lui della sua. Che spettacolo quel petto che poco prima forzava la resistenza dei bottoni incastrati nelle asole e ora, libero, invocava essere toccato. Lo esaudii e Vuòlt me lasciò fare senza dire parole. Non mi ero sbagliato, voleva la stessa cosa. Sorrise in modo furbo, mi prese per le spalle e già immaginavo cosa stava per succedere. Non avevo alcuna esperienza, ma certe cose le si conoscevano grazie alle goliardate tra amici, quando lontano dagli ambienti famigliari ci si lasciava andare in scurrili espressioni durante i giochi innocenti fuori casa. Le sapevamo tutte le cose che si possono fare con ciò che la natura dona e la morale nasconde e tace. Per Dio sì, che noi maschi le sapevamo certe cose. Uscire però dal campo teorico per tuffarmi in quello pratico era un salto nel vuoto per me. Mi lasciai andare, senza opporre resistenza, almeno fino a quando il dannato Vuòlt non mi reclinò di schiena fino a immergermi la testa in acqua per poi tirarmi fuori annaspante e scioccato.

«Ma che c...» Abortì la mia sfuriata versandomi in testa il contenuto della bottiglietta, parte della quale finì sulle labbra e in bocca. Quanto era amaro, che schifo! Lo sputai contro il soldato che però si scostò agile come un gatto. «It is not Coca-Cola! Non è Coca-Cola!» Rise. E secondo lui io conoscevo la Coca-Cola? Illuso.

Mi frizionò la testa e in men che non si dica quel liquido generò tanta schiuma profumata. Ciò che avevo immaginato sarebbe successo si rivelò in realtà uno shampoo, altra cosa di cui ignoravo l'esistenza se non me l'avesse spiegato. Chi aveva mai fatto uso del sapone a Murice? Forse solo Filomena, grazie ai rapporti occasionali con Funiello che la pagava in articoli da belletto.

Però mi piaceva vederlo prendersi cura di me, mi piaceva sentirlo fischiettare per rendere la situazione più divertente di quanto già fosse. «Relax honey! Rilassati tesoro!» Gridava, e di nuovo mi calò in acqua, ma stavolta mi sentivo più fiducioso. Era la prima volta che profumavo di sapone.

Venne il suo turno, non per lo shampoo. Voleva radersi. E siccome gli avevo raccontato di come mi prendevo cura di Sabino, mi mise in mano: pennello da barba, sapone in vaschetta per rasatura e un rasoio. In caso di l'avessi ferito mi mostrò anche un pezzetto di allume.

«Troppe cose per la barba.» Borbottai. «Da me basta dell'olio d'oliva e un coltello da cucina.» Era incredulo e non lo biasimai. Si accostò dinanzi a me che stavo seduto sul muretto. Occupò lo spazio tra le mie cosce aperte. Era tutto così sconvolgente e semplice allo stesso tempo. In preda a mille emozioni spennellai il suo viso con la schiuma. Mi tremavano le mani? Manco per sogno, non me lo sarei perdonato se avessi versato una sola goccia del suo sangue. Armeggiavo nell'intimo spazio tra noi disinvolto. Respiravo il suo alito fresco mentre sciacquavo il rasoio a serramanico nell'acqua dopo ogni passata. Mi piaceva che mi fissasse rapito. Le sue mani, strette all'attaccatura delle mie gambe mi solleticavano e osarono arrivare laddove prima le mie su di lui avevano avuto remore. «Soldato coraggioso, mi piaci.» Sussurrai senza accorgermene, compiaciuto del suo sguardo malandrino. Quanto era bello il suo volto semplice, la carne delle labbra e la fossetta sul mento vagamente quadro. Il collo potente, turgido e il pomo d'Adamo che pretendeva essere baciato, e che alla fine della rasatura baciai. Dove avevo trovato tutto quel coraggio? Tutta quella situazione poteva essere un inganno, Walter poteva farmi fuori in ogni momento e nessuno se ne sarebbe accorto. Da dove era scaturita la mia fiducia?

Indugiai con le labbra sul suo collo liscio, non sapevo se era sorpreso o infastidito, mi staccò trattenendomi per le spalle. «Wait. Aspetta.» Avevo ancora le labbra deformate quando Vuòlt tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una di quelle tavolette dall'incarto argentato. Ci risiamo, pensai, chissà che diavolo era quella cosa. Glielo domandai senza volerlo sapere davvero.

«Chocolate, "cioccolatto", do you know, lo conosci, eh?» Scossi la testa serrando la bocca mentre la scartava. Il colore marrone del contenuto non mi ispirava nulla di buono. Comunque sì, ne ero incuriosito. Soprattutto dopo che ne spezzò un pezzetto producendo un rumore secco. Mise il pezzo piccolo tra le labbra e ripose in tasca il resto, poi di nuovo senza cerimonie mi acchiappò per il collo, incurante delle mie proteste mi trasse a se. Era divertito della mia reticenza e dell'avergli messo le mani sul petto per respingerlo; era villoso, peli, pelle e carne morbida al primo contatto, sembrava di toccare due cuscini che di colpo si indurirono quando tese i muscoli sorprendendomi. Mi opposi? Macché. Potevo applicare tutta la resistenza che volevo, Vuòlt era più forte e alla fine quella dannata chocolate violò le mie labbra strette e si scontrò con i denti e infine colpì la lingua dove lentamente si sciolse, lottando e perdendo contro la sua. Riempì la mia bocca di dolcezza, la saliva divenne crema gustosa e inebriante. Sì, ero estasiato. Porca puttana quant'era buono lo "cioccolatto", specie consumato insieme al mio primo bacio in bocca. Un lunghissimo bacio al sapore di "cioccolatto" e soprattutto al sapore di Vuòlt. Mi rilassai come mai nella vita, ogni parte di me esplodeva di felicità in moto continuo.

Stavo impastando ancora le labbra quando il bacio e il pezzetto di cioccolata erano finiti e Vuòlt si era staccato ammirando la mia espressione nuova. Mi sorrise soddisfatto di quanto avevo appena scoperto. Senza pensare di poter apparir troppo audace, lanciai le mani sulla sua cintura, frenetico e lui mi agevolò protendendo il basso ventre in un gesto ricco di promesse, allargò le braccia lasciandomi armeggiare con le sue brache come mi andava di fare. Non ignorai la peluria pubica che coronava il suo uccello appena visibile all'attaccatura. Oh, a sì, era grande, poteva essere eccitato? Nemmeno a un cieco sarebbe sfuggito il suo turgore che accidentalmente strofinai più volte, preso com'ero dalla ricerca dell'altro pezzo di "cioccolatto". Quando lo trovai lui sbatté le mani sui fianchi e inarcò di colpo la testa ridendo.

«Che c'è?» Lo guardai innocente in viso mentre scartavo il resto della deliziosa tavoletta, che lui mi tolse dalle mani in barba al mio protestare contro.

Il "cioccolatto" è più buono così, no?» Ruppe un altro pezzo con i denti e mi invitò di nuovo a consumarlo bocca a bocca, e stavolta fu un bacio vero, il bacio del soldato, anzi dell'uomo del quale non potevo fare a meno di desiderare all'infinito. E sì, lì, alla sorgente d'acqua pura ci immergemmo nudi e amammo l'uno il corpo dell'altro per un tempo incalcolabile. Avevo dimenticato la mia vita, o la stavo invece vivendo per la prima volta. Mi ero sorpreso vederlo nudo? Sì. Ero arrossito di colpo quando con un gesto veloce si era liberato dei calzoni e poi delle mutande. Cosa mi aspettavo di trovare non era un mistero, ovviamente, ed era così generoso che ben si addiceva alla corporatura. Mi scoprii pudico, ci vollero le sue mani per svelare il mio mistero ma alla fine lasciai fare tutto a lui e i timori annegarono nella sorgente, storditi dalle nostre risate. Perché sì, Vuòlt rese tutto divertente, naturale, naturale guardarci, naturale offrirmi l'uccello, naturale esaudire i suoi sogni che erano anche i miei, naturale assaggiare l'uno il corpo dell'altro, naturale stringermi e possedermi. E lui aveva intuito che era la prima volta per me, perciò mi aveva offerto un dito da mordere in contemporanea all'unione che entrambi desideravamo. Ma no, non lo morsi. Lo trattai come fosse un pezzo di "cioccolatto". Nell'avvolgermi con le braccia da dietro facendo aderire il suo petto di marmo sulla mia schiena sussultai. Congiungendo poi lentamente il "fucile al fodero" mi fece dimenticare la delizia della cioccolata.

Aveva ragione Sabino quando aveva espresso a Nando il desiderio di non voler morire prima d'aver scopato un'altra volta ancora. C'è un qualcosa di potente in due corpi che si cercano, si uniscono e infine esplodono, c'è una sacralità che trascende il corporeo quando non è solo il corpo a reclamare il sesso dell'altro. E i nostri corpi esplosero, altroché. Uno era l'innesco dell'altro e viceversa. Esplodemmo abbracciati tra il folto fogliame in riva alla sorgente. Di noi fu testimone solo il cielo sorvolato da timidi gabbiani.

«Perché mi sembra di conoscerti?» Ansimai alla fine.

«And because I seem to have found you even though I wasn't looking for you? E perché mi sembra d'averti trovato anche se non ti stavo cercando?» Sciorinò fluido la contro domanda che interpretai come una bella risposta. Mi affascinò a tal punto sentirlo parlare che, giocando con i sui capezzoli per non guardalo negli occhi, gli chiesi cosa aveva pensato quando aveva visto per la prima volta la mia terra. In realtà volevo chiedergli cosa cavolo pensava di me. Mi accarezzò la schiena indugiando con le dita sui vecchi segni di cinghiate mentre mi diceva: «It was like being in Saudi Arabia but without the Arabs. È stato come trovarsi in Arabia Saudita ma senza gli arabi.» Grazie ai libri di nonna Rita sapevo cos'era l'Arabia Saudita e il suo popolo, benché non avessi visto né l'una né l'altro, e perciò non potevo valutare appieno il suo giudizio. Appoggiai l'orecchio sul suo cuore, pulsava potente. Mi diceva che lui era lì, era una persona, un soldato, un uomo, un essere che esiste oltre me, e che era lì con me, a sottolineare tutto il ponderabile tra noi. Mi accarezzò complice i capelli, che non erano più il pagliericcio nodoso di prima.

Scivolò le mani sul fondo schiena e spudorato mi massaggiò in mezzo alle chiappe. «What did you like the most? Cosa ti è piaciuto di più?» Mi chiese alludendo a quello che era passato laddove ora le sue dita stavano stuzzicando. Voleva che glielo dicessi. «Tutte le volte che mi hai chiamato per nome.» Avrei potuto dire anche la cioccolata, ma no, non avevo il coraggio di ammettere lo stupore d'aver scoperto quanto piacere mi aveva dato l'orifizio che gli avevo donato. Mi guardò rapito. «Rober-to.» Sussurrò il mio nome e accidenti, non mi ero sbagliato. Mi piaceva sul serio come lui mi chiamava, con tutti i difetti di pronuncia al punto che arrossii. È stato come vedermi più nudo di quanto fossi riflesso nei suoi occhi. Il mio nome da lui sussurrato mi spogliava ancora di più.

«Vuòlt, a cosa pensi?» Lo colsi di sorpresa e lui cancellò il languore dagli occhi. Tornò a essere il soldato serio che avevo conosciuto.

«Devi promettermi che da domani non verrai più qui.» Diretto come avevo imparato a conoscerlo, mise fine all'incanto.

«Ma se io voglio venire da te ovunque ti trovi!» Gli risposi di riflesso.

«Non correre rischi Roberts.» Non gli promisi un bel niente, non gli dissi che avrei corso in mezzo alle bombe, tra le fucilate e tuffato nelle fiamme se dall'altra parte c'era lui.

«Ma... I want to stay with you! (Io voglio stare con te!)»

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