TiramiSara - Prelibatezze
Due cose risvegliarono Sara. La prima, fu il freddo. Brividi costanti che la circondavano come l'abbraccio di una persona un po' morbosa.
La seconda, fu la fastidiosissima voce di... Chi era quello?
«Carlo, sbrigati! Al tavolo tre stanno ancora aspettando il dolce!» sbraitò lo sconosciuto. Chi accidenti era Carlo?
Come se tutta quella situazione non fosse già strana di suo, Sara si rese conto, con orrore, che non riusciva a muoversi.
Forse sono stata ibernata? Pensò. Sì, poteva essere una soluzione, l'unica che apparentemente avesse senso. Eppure, la ragazza era sicura di aver letto che le persone ibernate non dovrebbero avere la facoltà di pensare. Almeno, era quello che credeva. Sai che noia trascorrere anni, forse addirittura secoli, a pensare e ripensare?
No, decisamente doveva fare qualcosa per uscire da quella strana... Catalessi, o quel che era. Se era davvero stata ibernata, per chissà che razza di motivo, magari da una combriccola di scienziati pazzi; almeno voleva sapere perché.
Troppe cose non quadravano. Sara pensò all'eventualità che quello fosse un sogno, ma ogni sensazione era fin troppo reale. Ormai il freddo le faceva tremare il corpo come il suolo colpito da un terremoto, eppure lei percepiva una certa immobilità.
Provò a sollevare un braccio, ma non ci riuscì. Allora cercò di muovere le gambe. Niente.
Sembrava che il suo corpo non rispondesse più ai suoi comandi, quasi fosse gestito da una mente che non era sua. Come se uno spirito alieno si fosse impossessato della sua persona e la stesse gestendo a suo piacimento. E di Sara Bianchi non era rimasto che la sua anima, relegata da qualche parte luminosa e fredda.
Forse era addirittura morta e finita in Paradiso.
In effetti, constatò, il bianco era l'unico colore che i suoi occhi riuscissero a catturare. Dove diamine era finita?
Non ebbe il tempo di riflettere sulle possibili cause che potessero averla portata lì, che lo stesso uomo di poco prima strillò ancora più forte.
«Carlo, accidenti, sbrigati a portare quel dannato tiramisù al tavolo tre!»
Che maleducazione! Pensò Sara. Anche se non ti conosco, Carlo; fossi in te darei uno schiaffo a chiunque ti stia parlando in questo modo!
Poi, per poco qualcuno non fece prendere un infarto alla povera ragazza. Pensava di non poter essere più confusa di così, fino a quando, per qualche motivo che non era più sicura di voler conoscere; non si ritrovò davanti il viso di qualcuno.
Occhi di un colore che le ricordava il cioccolato alla nocciola, capelli castani che gli ricadevano sulla fronte, labbra ad arco di Cupido...
Capperi! Sussurrò Sara. Com'era possibile? Quello era il cameriere super bello del suo bar preferito, per cui aveva una cotta da una settimana!
L'aveva visto proprio il giorno prima, quando era andata a mangiare un dolce insieme a Giorgia, la sua amica di sempre.
Che ci faceva lì? Sara ci capiva sempre meno, ma un brutto presentimento si faceva sempre più strada dentro di lei.
La ragazza rifletté. Era stata lì il giorno prima, e ricordava perfettamente il numero tre al centro del tavolo, proprio accanto ai tovagliolini. Per non parlare del fatto che avesse mangiato proprio il tiramisù, mandando a quel paese la sua dieta. Possibile che... No no no no!
Carlo prese il piattino su cui Sara era appoggiata, il calore della sua mano la confortò per un momento, prima che il panico le facesse battere il cuore all'impazzata.
Era chiaro che per chissà quale motivo, era diventata un pezzo di tiramisù. E sapeva fin troppo bene che fine avrebbe fatto.
La Sara del giorno prima se l'era mangiato proprio tutto, non ne aveva lasciato nemmeno una briciola.
Accidenti, sussurrò tiramiSara inavvertitamente, ora come faccio a tornare... Me stessa?
Carlo si avvicinò pericolosamente alla ragazza-dolce, un'espressione stranita gli attraversava lo sguardo. Poi fece un sorriso appena accennato. «Sarà che ho dormito poco stanotte, i tiramisù non parlano» mormorò rivolto a sé stesso, grattandosi il retro del capo.
Poi qualcos'altro entrò nel campo visivo di Sara. Il titolare del bar, il Signor Lucio; tirò un leggero scappellotto sulla nuca di Carlo, che emise un verso di dolore.
«I tiramisù non parlano, ma i clienti sì! Sbrigati a portare questo dolce al tavolo tre, non voglio più ripeterlo!» ordinò perentorio il Signor Lucio, prima di correre al bancone dove una coppia si stava avvicinando.
Il cuore di Sara, o almeno il punto dove credeva ci fosse il suo cuore, cominciò a battere di nuovo forte forte dalla paura. Doveva assolutamente uscire da lì, o sarebbe finita nello stomaco di qualcuno! Il suo, per la precisione.
Divorata da sé stessa... Quella era una fine che non si sarebbe mai e poi mai aspettata.
Quella prospettiva la terrorizzava sempre di più.
Carlo guardò con insistenza tiramiSara, che temette di sciogliersi sotto il suo sguardo; poi il ragazzo mormorò. «Se non dovessi portarti al tavolo, ti mangerei io stesso. Ho una gran fame.»
Ma anche no! Pensò Sara. Preferirei una carezza, o un bacio...
Poi il bel cameriere cominciò a camminare, arrivò al tavolo di Sara e Giorgia e consegnò il tiramisù alla prima.
TiramiSara poté vedere la sua stessa espressione ebete. Non era sorprendente che Giorgia avesse notato subito la sua cotta per Carlo.
La Sara del giorno prima afferrò la forchetta e puntellò la sé stessa in forma di dolce proprio sulla pancia, procurandole un leggero solletico. Poi, prima che la forchetta affondasse nel tiramisù, il campo visivo di Sara divenne tutto scuro.
Col cuore palpitante la ragazza si risvegliò in preda al panico.
Era stato solo un sogno! E per fortuna!
Probabilmente era dovuto ai sensi di colpa per aver mangiato quel tiramisù. Adesso avrebbe dovuto fare una visita di controllo dalla dietologa e rivelarle della piccola concessione del giorno prima.
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