Il declivio nella tristezza - Su e giù, sulle montagne russe!
Jack aveva un sorriso da paura. Uno di quelli che facevano imbruttire i tramonti più belli che ricordassi. Uno di quelli contagiosi, che illuminano il mondo come il sole nei giorni d'estate.
Ebbi la conferma, per l'ennesima volta - giuro, avevo perso il conto ormai - che lui era quello giusto. E sorrisi d'istinto, quando vidi il suo sguardo illuminarsi.
Sarai una visione, ne sono sicuro, aveva detto due giorni prima. Ed ora eccomi lì, eccoci lì, noi due e le nostre famiglie, a coronare quel sogno che aspettavo fin dalla più tenera età.
Nel cuore avevo come una bolla di felicità che mi permetteva quasi di galleggiare. Mi sentivo su una nuvola di gioia avvolgente, inebriante. Era come essere sulle montagne russe, un attimo prima della discesa.
Solo che parliamo di due discese differenti. La mia sprofondava fino agli abissi. Era lì che apparteneva il mio cuore.
La rabbia mi risale in gola come bile amara, un vortice di emozioni mi sta scuotendo il cuore come un terremoto. Il sangue mi ribolle di ira, di tristezza; e devo trattenere il respiro per non finire nella mia valle di lacrime.
Torno con la mente a quel giorno.
Fui costretta a fermarmi, perché rischiai d'inciampare calpestando l'orlo del vestito. Però mi ripresi in fretta. Mio padre, invece, sembrava divertito.
«Attenta» disse, soffocando una risata. Renée e Lisa, mie nipoti e damigelle, erano già qualche metro più avanti, a spargere i petali di fiori lungo tutta la navata.
Continuai a camminare, arrivando sempre più vicina a Jack. Contavo i passi che ci separavano, ero in trepidazione ormai.
Mia sorella, Theresa, e la mia migliore amica, Leah, avevano dei sorrisi che andavano da un orecchio all'altro. Leah mi strizzò un occhio, felice come non mai di farmi da testimone di nozze, e poi la musica si fermò ed io presi la mano di Jack.
Senza neanche accorgermene, il Sacerdote stava già facendo le fatidiche domande. Dopo il deciso sì di Jack arrivò il mio turno.
«Vuoi tu, Rose Rivera, sposare Jack, per amarlo e onorarlo...»
Quasi non gli lasciai finire la frase. Certo che lo volevo. Con ogni atomo del mio corpo. Non c'era ombra di dubbio che eravamo fatti l'uno per l'altra. Forse era semplicemente scritto da qualche parte che dovessimo innamorarci. Eravamo Jack e Rose, non quelli del Titanic. Solo due ordinari ragazzi newyorkesi che si erano innamorati e avevano deciso di sposarsi. E a me andava benissimo così.
Jack prese l'anello che gli stava porgendo Renée, e me lo mise al dito. Era perfetto, ancora più bello di quel che avrei mai potuto immaginare. Stavo vivendo un sogno e mi sentivo come se fossi stata fatta di luce.
«Puoi baciare la sposa» disse felice il Sacerdote, e quando le labbra di mio marito si posarono sulle mie mi sembrò di poter fluttuare. La discesa dalle montagne russe cominciò allora, lo stomaco mi volteggiò nell'addome e mi sentii inebriata dalla gioia.
Poi però la giostra non si fermò. No, il declivio proseguì e proseguì fino agli abissi, dove mi attendeva un dolore cocente e totalizzante, un qualcosa di viscido e inquinante come petrolio. Mi artigliava e graffiava il cuore e io annaspavo senza mai riuscire a prendere fiato.
Quella gioia che mi faceva quasi volare si interruppe con lo spalancarsi della porta della Chiesa.
Il sangue mi si gelò nelle vene in un secondo non appena lo riconobbi. Capelli castani, occhi da folle... Come avrei mai potuto scordare quello sguardo? Era Thomas, il fratello di James: quel malvivente che avevo mandato in carcere dopo aver testimoniato contro di lui.
Cosa ci faceva qui suo fratello? La polizia mi aveva assicurato di essersene occupata... Io... Io non capivo. Non capii. Mi sforzai in quel secondo, mi sforzai davvero.
Provai a capire cosa ci facesse lì, perché avesse una pistola puntata contro tutti e nessuno, mentre con rabbia sputava una parola. Una sillaba.
«Tu!» disse. E poi una detonazione. Uno sparo.
Cercai di trovare un senso. Un corpo vestito di nero mi si parò davanti un attimo prima che per me fosse la fine. Vidi il corpo di Jack accasciarsi a terra, la vita che gli abbandonava gli occhi.
Un secondo dopo era morto, stroncato. Di lui non restava che le promesse che non avrebbe potuto mantenere. Mai più.
Ma il mondo non si zittì come il mio cuore. No. Gli spari continuarono ad assordare il mio mondo e me, che mi ero spenta come un falò nel mare. Due spari, poi tre e quattro e cinque.
Avevo perso la capacità di respirare, di parlare. Gli occhi gonfi di lacrime, ero incapace di muovermi, persino quando Theresa e Leah provarono a rialzarmi.
Credo di aver opposto resistenza. Non lo so, sentivo solo una voce che, tra le altre, spiccava. Quella persona gridava come se le avessero strappato un organo senza anestesia. Riuscii a rendermi conto solo dopo che quella ero io.
Io, che quel giorno ho perso innumerevoli persone. La mamma, il papà, Jack, e persino Lisa... Quella dolce, pestifera bambina che non avrà mai più la possibilità di crescere insieme a Renée. Che non conoscerà mai la sua cuginetta, la bambina che ora porto in grembo, la figlia che Jack non vedrà mai.
Mi stringo forte al petto di Paul e Theresa, i miei fratelli. E qui, davanti alle loro lapidi, piangiamo ancora e ancora i nostri cari.
Ed io penso che forse, ma proprio forse, noi due eravamo gli stessi Jack e Rose di quella nave.
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