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Città di Ghiaccio

L'avvento della magia
ha ghiacciato la tua via.
Ogni cosa ha una soluzione:
la forza dell'unione.
Scarlatto potere
dovrà cadere
sul blu
che non si trova più.
Al sanguinare del giorno
il mondo farà ritorno.

Più leggevo quei versi, meno ci capivo qualcosa. Avevo cercato di liberarmi di quella pagina in mille modi. L'avevo accartocciata e buttata via almeno dieci volte, ma il foglio ritornava inesorabilmente nella tasca del giaccone; intatto. Allora avevo provato a bruciarlo, ma non era servito.

Mi inquietava, ma avevo problemi più importanti a cui badare... Tipo sperare ad ogni mio risveglio, che tutto quel gelo fosse solo un sogno. Che avrei sentito di nuovo la voce dei miei cari.

Ghiaccio. C'erano solo ghiaccio e neve. Nemmeno i raggi del sole più caldi potevano qualcosa, contro quel freddo. Per fortuna, avevo tutto ciò che mi serviva per sopravvivere, ma ero sola.

Strinsi l'arbre magique nel pugno destro, attenta a non rovinarlo. Aveva ancora un forte odore di vaniglia. Quel profumo mi ricordava la mamma, ma non potevo permettermi di essere nostalgica, dovevo reagire.

Mi coprii per bene con il giaccone, e uscii all'aria aperta. Inspirai il profumo del mattino, il fiato che mutò all'istante in fumo, e guardai in lontananza. Mi stropicciai gli occhi azzurri, cercando di capire se quella cosa laggiù fosse davvero ciò che pensavo.

Lasciai indietro ogni sensazione negativa, la speranza mi pervase, entrandomi nell'anima come il freddo di quei giorni; e corsi incontro a quel puntino in lontananza, che stava acquisendo forma. Non avevo dubbi, era qualcuno, ne riconoscevo la sagoma allungata.

Non sapevo cosa avrei detto o fatto, speravo solo così forte che non mi accorsi del suo stato, fino a quando arrivai abbastanza vicino. Non appena mi vide, si fermò.

Doveva aver camminato a lungo, sembrava distrutto, e aveva il naso arrossato e le mani in tasca. Il mio sguardo si incatenò al suo, pensai che se fossi stata Medusa, sarebbe stato spacciato.

Comunque, sembrava che avesse visto un mostro per davvero. I suoi occhi verdi splendevano, ma nelle sue iridi aleggiava una paura così grande, così primordiale... Vidi chiaramente che non riusciva a muoversi.

A quel punto, non seppi davvero cosa fare, ma una cosa era certa: avevo già paura che potesse fuggire, o peggio; sparire.

Per fortuna, qualcosa nel suo sguardo cambiò, sembrò sbloccarsi. «Tu...» sussurrò flebilmente, allungando il braccio fino a sfiorarmi, per accertarsi che fossi reale. Lo capivo, davvero. «Sei... Vera.»

Mi scappò un sorriso, mi sembrava passata una vita dall'ultima volta. «Lo sono. E lo sei anche tu» constatai. La sua mano era ferma sul mio braccio, in un tocco gentile che non avvertivo quasi, ma nessuno dei due aveva più dubbi: eravamo reali, l'uno per l'altra. Forse c'era ancora speranza.

«Come... Sembra un sogno» stavolta la sua voce era più ferma, ma sembrava quasi assente. Quasi la sua mente fosse ferma nei suoi ricordi felici, proprio come la mia nelle brutte giornate.

«È vero, non sembra reale» annuii, sentivo qualcosa. Come una piccola, insignificante fiamma di speranza. Eravamo da soli, su metri e metri di distese ghiacciate, ma forse potevamo uscire, o provarci almeno. Come? Non lo sapevo.

Lui mi strinse la mano, forse interpretando il mio sguardo. Mi avevano sempre detto che avevo occhi così espressivi, che mi si riusciva a leggere dentro con facilità. Io li chiamavo occhi traditori. Ma forse, quella volta potevo farmi andare bene il fatto che fosse riuscito a capirmi. In fondo volevamo entrambi la stessa cosa, no?

Scoprii ben presto che si chiamava Kyle. Mi mancava così tanto parlare con qualcuno, che diventammo amici prima di rendercene effettivamente conto. Dovevamo trovare solo il modo di uscire da lì, ammesso che ce ne fosse uno... Potevamo davvero fidarci della profezia, o quel che era? Avevo provato mille volte a cercare quel famigerato blu, ma poteva essere qualsiasi cosa.

«Delilah, su, svegliati» mi scosse dolcemente. Dovevo essermi addormentata, dopo aver passato quasi tutta la notte a cercare un modo per uscire di lì, uniti.

Uniti. Quella parola mi lanciò una specie di campanello d'allarme, scacciai il sonno e cercai freneticamente il foglio della profezia; sotto lo sguardo stupito di Kyle. «Che stai facendo?»

Trovai il foglio dov'era sempre stato. Lo lisciai per bene e rilessi tutti i versi. Sì, poteva quadrare... Ma avevamo bisogno di quel famigerato blu. Cosa mai poteva essere?

«Delilah, mi spieghi cosa stai pensando? Non riesco a capirti, se non parli» intervenne Kyle, stranito dal mio atteggiamento. Di certo, dovevo sembrargli una pazza sfrenata. Ma sì, doveva avere senso.

«Dobbiamo andare via di qui, Kyle. Uniti» calcai sulla parola, per fare in modo che mi capisse. Mi lanciò una specie di sguardo allucinato, ma sembrava seguirmi.

«Abbiamo bisogno del blu, ma cosa...» si fermò improvvisamente, non appena capì su cosa avevo puntato il mio sguardo: il suo ciondolo.

Era uno zaffiro che gli avevano regalato i suoi genitori quando era bambino. Non se n'era mai separato. Se fosse stata quella la soluzione?

«Scarlatto potere...» riflettei ad alta voce, man mano tutto acquisiva un senso. Era un ragionamento al quanto contorto, ma era qualcosa.

«Il sangue!» esclamò, un secondo prima che ci arrivassi da sola. Forse c'era un motivo per cui eravamo rimasti solo noi. Il nostro sangue aveva qualche potere? Valeva la pena tentare.

«Al sanguinare del giorno... Kyle» gli sorrisi, già consapevole della risposta «quando sanguina il giorno?»

Parve rifletterci su, ma non ci volle molto. «Vuoi dire quando il cielo diventa rosso? Al tramonto, quindi.»

Annuii, me lo sentivo, quella volta ci eravamo più che vicini. Non ci restava che aspettare. Se avevamo ragione, al tramonto, il nostro sangue sulla pietra blu avrebbe potuto sbloccare il maleficio. Era la nostra unica speranza.

E per fortuna, non fu delusa. Labbra contro labbra, ubriachi di gioia, amore e un'infinità di cose; io e Kyle ci ritrovammo a guardare il mondo rinascere.

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