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Bevimi! Mangiami! - Ricordi

La mamma era strana quando le avevo detto del viaggio. Sì, era felice, però... C'era qualcosa che non mi convinceva nel suo sguardo. Come un'ombra, nera come il pelo del gatto di Riley, che non riuscivo a spiegare. E non sono riuscita a capirla, a scoprire quali pensieri nascondeva.

Ed ora sono qui, dopo aver fatto il check-in. L'ansia mi sta divorando viva, ma per una come me è normale. Mi agito per qualsiasi cosa ed è frustrante, ma questa volta è normale questa volta è normale questa volta è...

Mi accorgo che annunciano il mio volo, per questo mi precipito fino al gate per l'imbarco. La fila per l'aereo non sembra interminabile, per fortuna.

Aereo. Questa parola mi fa rabbrividire lungo tutta la spina dorsale, come se qualcuno, deciso a farmi un dispetto, mi strofinasse un cubetto di ghiaccio proprio lungo tutta la schiena. Su e giù su e giù su e giù. E i brividi non smettono di aggredirmi la carne come predatori affamati.

Ho paura paura paura degli aerei.

E proprio mentre penso questo, un boato mi riscuote fin dentro le ossa. Ed eccolo lì, con le sue enormi ali, un veicolo prende il volo dopo una lunghissima corsa davanti ai miei occhi.

E le ginocchia mi tremano si muovono diventano di gelatina. Lo stomaco mi si rivolta, il sapore della paura invade ogni mia cellula ed io sono tentata di scappare.

Faccio un respiro profondo. È solo un viaggio solo un viaggio finirà presto presto prestissimo...

La fila avanza, ma la ruota del mio trolley sembra bloccarsi e poi si stacca.

Lotto contro me stessa per non imprecare, ma non posso evitare di borbottare, innervosita.

Dietro di me, sento una specie di sbuffo. Capisco all'istante che qualcuno sta cercando di trattenere una risata. Mi volto, infastidita e abbastanza decisa a lanciare un'occhiataccia a quella persona, ma mi rendo conto che è solo una bambina.

Mi sciolgo all'istante.

Qualcuno la tiene per mano, e le stringe leggermente le dita, per attirare la sua attenzione. «Milly, non te la ricordi più la buona educazione?»

«È vero» risponde la bambina «scusi, signorina.»

Sto per dire a quel qualcuno che non fa niente. Che è solo una bambina e chiunque avrebbe considerato buffa quella scena. E si sa che i bambini sono dolci e spontanei e genuini.

Ma appena incontro i suoi occhi il cuore mi si ferma nel petto e il respiro mi si incastra in gola.

Le sue iridi verdi sono luminose, bellissime. I suoi lineamenti sono perfetti, la pelle sembra fatta d'alabastro, e i capelli scuri gli ricadono sulla fronte.

Spero di non avere non avere una faccia da ebete no no no.

Per fortuna mi riscuoto in fretta. Cerco di sembrare naturale e sorrido. Dev'essere il fratello della bambina - Milly, credo. Si somigliano moltissimo. Anche lei ha i capelli scuri, i suoi sono sistemati in due trecce ordinate, e nei suoi occhi colore cioccolato c'è un lampo che identifico subito.

«Non fa niente» dico «in realtà è divertente.»

E non posso aggiungere altro perché la fila avanza ancora e arriva il mio turno.

Me li ritrovo vicini una volta entrata nel piccolo autobus. Controllo ossessivamente il mio biglietto per assicurarmi che sia tutto in ordine, perché ormai dentro ho un crescendo di agitazione e una leggera tachicardia.

Non andare in iperventilazione non andare in iperventilazione non andare...

È Milly a salvarmi, riportandomi alla realtà. Deve aver notato che guardavo il mio biglietto di continuo. «Che posto hai?» chiede.

Il ragazzo - suo fratello, ci scommetterei la testa - le scocca un'occhiata, come a chiederle cosa le prenda, ma lei non ci bada.

«Posto A2» dico, senza bisogno di ricontrollare. «E tu?»

Il suo sguardo sembra illuminarsi. «Posto A3!» esclama, poi tira la manica del maglione del fratello. «Ethan, Ethan, siamo vicini, tutti e tre!»

Lo dice con una dolcezza che lo fa sciogliere in un sorriso. Poi si volta verso di me. «Perdona la maleducazione. Come ricorderai, lei è mia sorella e si chiama Milly. Io sono Ethan» dice, e mi porge la mano. Ha una stretta delicata ma decisa.

«Io sono Madelaine» dico, poi mi rivolgo alla bambina «ma tu puoi chiamarmi Maddie. Sai, i miei amici mi chiamano così» concludo, strizzandole un occhio.

Milly sorride, sembra felicissima, mentre Ethan ridacchia. «Ehi, ed io?»

Lo imito. «Se vuoi, anche tu puoi chiamarmi così.»

«Molto gentile da parte tua.»

***
Siamo pronti alla partenza. Sono nervosa e faccio tremare la gamba di continuo. Sono seduta tra Ethan e Milly, ma non sembra infastidire nessuno dei due.

Di sicuro però, Ethan ha notato il mio stato. «È la prima volta che voli?»

Non so perché, quella domanda mi turba. «No in realtà, ma ero molto piccola e non ricordo nulla.»

Lui annuisce. «Tranquilla allora, sono sicuro che ti piacerà.»

Dopo aver annunciato la partenza, l'aereo prende una rincorsa lunghissima e poi ci solleviamo. Sembra andare tutto bene, ma io mi sento sempre peggio. Credo di stare per avere un attacco di panico e non riesco a spiegarmi non riesco a spiegarmi perché.

Improvvisamente la hostess annuncia che ci avviciniamo ad una turbolenza. Il cuore comincia a battere a una velocità pazzesca ed io mi sento come morire, mi si schianta contro la cassa toracica e le costole e io non so più respirare non so più respirare.

Poi, la turbolenza ci prende in pieno. Il veicolo vira, si muove, stringo fortissimo i braccioli del sedile mentre l'aria se ne va dai miei polmoni. Precipitiamo precipitiamo precipitiamo.

E d'improvviso mi ricordo.

Avevo tre anni. Arriva una turbolenza. E poi l'aria va via dai polmoni, ed io cerco di respirare inghiottire quanto più ossigeno posso e non ci riesco non ci riesco stiamo precipitando e morirò moriremo tutti ho paura.

Ma io e pochi altri, invece, siamo sopravvissuti.

Sono sopravvissuta ad un incidente aereo, e non ricordavo nulla fino a questo momento.

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