Dragoncello 2
LO STESSO DESTINO
Era il compleanno di Fulvio, e come sempre i suoi amici avevano pianificato passare del tempo con lui. Era un ragazzo ambizioso, gli piaceva essere il centro dell'attenzione, si era laureato da avvocato un anno prima e voleva essere come suo padre un avvocato rinomato nel paese, con una intuizione ed efficacia notevole. Nonostante i suoi sforzi Fulvio non riusciva a ottenere i risultati che desideravano i suoi clienti, c'era qualcosa in lui che non le permetteva di essere all'altezza di suo padre. Da un paio di mesi lui aveva sviluppato certa invidia per l'atteggiamento di suo padre verso Mirco, suo fratello minore, che aveva cominciato a lavorare con loro come assistente.
La festa di compleanno era cominciata un'ora prima ed era trascorsa tra risate, ballo e scherzi. Ma alla fine Fulvio si era annoiato, perché quando erano arrivati i parenti di sua madre, loro non avevano fatto altro che parlare di cose che a lui non interessavano, perció a un certo punto fece un cenno con il capo ai suoi amici per far capire loro che voleva essere raggiunto e uscì fuori dalla casa. Attraversarono il giardino a passo lento, inspirando il profumo di lavanda, arrivando di fronte alla strada, dove si fermarono a fumare una sigaretta mentre bevevano un paio di birre. Restarono lì a chiaccherare una decina di minuti.
La notte sembrava essere diversa, il buio nel cielo era totale, la luna aveva deciso di giocare a nascondino. Il bosco vicino al paese nascondeva un segreto, che i discendenti dei fondatori sapevano ma facevano finta di non saperne. Giravano voci su una maledizione che nessuno aveva mai confermato.
"Ragazzi, andiamocene di qui, non ce la faccio più con questa festa che ha pianificato mia madre" disse Fulvio mentre sbuffava rumorosamente.
"Perchè non prendiamo la macchina, e andiamo a fare un giro per il paese" disse Daniele mentre spegneva la sigaretta pestandola con le scarpe. "E possiamo anche andare al vecchio ponte e bere un paio di birre."
Dopo di guardarsi tutti e quattro senza dire nulla, andarono verso la macchina di Fulvio, salirono e si avviarono prima a comprare le birre.
Il viaggio verso il ponte vecchio continuo con i ragazzi, che tra birre e scherzi vari si stavano divertendo. Dopo mezz'oretta e prima di arrivare al vecchio ponte, passarono accanto il bosco, dietro del quale si vedeva il tendone di un vecchio circo, adesso abbandonato.
"Ragazzi, ci fermiamo qui perché voglio vedere il vecchio circo, non sono mai andato da quella parte" esclamò Fulvio senza dubbio.
"Non mi piace quel posto, pare che sia successo qualcosa di orribile moltissime anni fa" disse Alessio con un po' di paura.
"Ma dai.... andiamoci!"
Camminarono abbastanza, fino ad arrivare al limite del bosco, lo attraversarono e raggiunsero il vecchio tendone del circo. Era rimasto ben poco di quel tendone di colore blu con tanto di luccichio. Entrarono facendo molta attenzione, anche se si erano illuminati con la luce dei suoi cellulari. Le sedie, le luci e i riflettori erano sparpagliati, come se avessi successo qualcosa all'improvviso. Da quel posto sotto il tendone si vedeva un caravan con la luce accesa, si guardarono tra di loro con un pizzico di paura.
Poi un rumore gli fece sussultare a tutti e quattro, quando si voltarono videro una donna vestita come una zingara.
"Ragazzi, che ci fate qui", domandò lei a bassa voce.
"Eravamo soltanto curiosi di sapere perché è stato abbandonato questo circo" domandò Fulvio con certo tremore nella voce.
"Tanti anni fa, mentre si svolgeva lo spettacolo, c'è stato un incidente: l'equilibrista è morto mentre si esibiva, altri dicono che l'abbia fatto apposta perché aveva scoperto che sua moglie lo tradiva da molto tempo con altro uomo e non aveva potuto resistere il dolore del tradimento. Io vivo qui da sola da quando il circo è chiuso, volete venire al mio caravan? A volte le persone vengono per sapere il proprio destino, sono una veggente."
Un lampo attraversò il cervello di Fulvio, voleva sapere se avrebbe lo stesso destino di suo padre: essere un avvocato tanto importante come lui.
"Io voglio sapere il mio destino" gridò Claudio, troppo esultante.
Così tutti e cinque si recarono al caravan della veggente. A ognuno al proprio turno gli fu rivelato il rispettivo destino. Finalmente toccò il turno a Fulvio, e quella donna dall'aspetto bizzarro fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e, dopo aver posato le mani inanellate sul tavolo, accanto alla sfera, rimase immobile per parecchi minuti.
"Avrai lo stesso destino di tuo padre" sussurrò. "ma non posso dirti niente di più."
Fulvio tirò un sospiro di sollievo, finalmente aveva la risposta che aveva cercato in tutti quegli anni di sforzi: arrivare a essere come lui. Si sedettero per terra e finirono di bere le birre, mentre scherzavano tra di loro. Più tardi si incamminarono verso il vecchio ponte, ma la notte era troppo scura perciò decisero di usare le luci dei cellulari per arrivare lì.
Dopo una ventina di minuti ci arrivarono. Fulvio era un po' brillo, e preso dall'allegria incominciò a scalare un muro del ponte, poi gli seguirono gli altri tre ragazzi. Quella parte del ponte non era molto sicura, ma a loro non importava, erano ragazzi che non avevano paura di niente, fino a quando Fulvio scivolò sul muro, tentò varie volte di appoggiare il piede ma non ci riuscì e cadde pesantemente sul pavimento, sbattendo la testa su una roccia. Mentre il sangue correva sul pavimento e i suoi amici lo guardavano spaventati, lui aveva solo un ultimo pensiero: lo stesso destino di mio padre... ma non è questo... e l'ultimo alito di vita uscì da suo corpo.
Quello che sua madre non gli aveva detto era che il suo vero padre era stato l'equilibrista. Che lui era stato adottato quando aveva appena due anni, e il segreto che nascondeva il bosco era la maledizione di una strega condannata a morire nella pira: tutti i figli maschi sarebbero morti alla stessa età di suo padre...lo stesso destino
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