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20. SECRETLY

«Ci sono i poliziotti», sibilai spaventata, tentando in fretta e furia di nascondere i miei capelli sciolti sotto la parrucca.

Edward dovette aiutarmi a posizionarla, visto che le mie mani avevano preso a tremare così violentemente che a malapena riuscivo a controllarne i movimenti.

La giostra continuava a scendere; troppo velocemente.

Il giro era quasi terminato e, nonostante la vicinanza al terreno avrebbe dovuto farmi sentire meglio, il mio cuore continuava a battere all'impazzata come fossi ancora a metri d'altezza.

«Non preoccuparti. È solo il tenente Donovan e uno dei ragazzini appena usciti dall'accademia che si porta sempre appresso. Lo conosco, vorrà solo fare un po' il gallo nel pollaio e rompermi il cazzo», il suo sussurro pareva sicuro ma, nonostante tutto, avevo ancora paura. Mi strinse rapidamente la mano prima di lasciarmi andare. «Tu resta dietro di me e non parlare. E ricordati che ti chiami Kelly Sutherland, ok?»

«Eddie», cantilenò il poliziotto, le mani tenute arroccate sulla cintura in cuoio che sosteneva la fondina e una chiara soddisfazione nella voce per aver trovato proprio quello che cercava.

Riuscivo a intravedere il calcio della pistola anche nel buio della notte. Mi resi a malapena conto che il piccolo Bro era fuggito non appena la ruota panoramica ci aveva depositati a terra. Con tutta l'erba che aveva nella tasche, il ragazzino aveva pensato bene di dileguarsi il più in fretta possibile prima che i poliziotti decidessero di perquisirlo. «In effetti, mi sembrava proprio la tua l'immensa testa di cazzo che volteggiava là in alto.»

«Donovan, che piacevole sorpresa», il tono di Edward era sarcastico mentre mi aiutava a scendere dalla cabina che ancora ondeggiava. Pregai che la parrucca non si muovesse di un centimetro e che i due uomini, così alti e imponenti da sembrarmi immensi giganti nel terrore del momento, non facessero troppo caso alla mia presenza. «Cosa ci fa un pezzo grosso come te a fare la ronda notturna? Ah, già. Scusami, dimenticavo: tu non sei ancora un pezzo grosso.»

Mi chiesi vagamente se un tenente della polizia dovesse usare ancora la divisa o se potesse liberarsene per distinguersi dai suoi sottoposti. Donovan lo aveva fatto. Giovanile nell'aspetto, sembrava aver nascosto ogni singolo capello grigio nella tinta nero pece della sua capigliatura, pettinata all'indietro con estrema cura. Dagli occhi piccoli, ma con lo sguardo acuto e tagliente, l'uomo che sbirciavo da dietro la spalla di Edward indossava un lungo soprabito in pelle nera, colletto tirato sulla nuca come a proteggersi da un vento inesistente. Se fossi stata più lucida e meno terrorizzata dalla pistola che gli vedevo accarezzare sotto il soprabito con la punta delle dita, mi sarei chiesta se non lo facesse sudare conciarsi in quel modo. Niente cappello d'ordinanza come l'agente semplice che lo spalleggiava, niente ricetrasmittente o manganello a ingombrargli la cinta. Solo la sua pistola.

«Passavamo di qua e abbiamo notato strani movimenti proprio dove non avrebbero dovuto essercene. Allora, Eddie, ti sei portato la dolce fidanzatina dietro?» l'uomo si sporse verso destra per guardarmi negli occhi. Passò indice e pollice sui folti baffi neri che scendevano fino al mento; un gesto al quale sembrava abituato da tempo.

Mi strinsi a Edward mentre abbassavo lo sguardo. La sua mano aumentò la presa. «Sì, e fino a qualche momento fa era una serata davvero piacevole.»

«La tua amichetta la conosciamo? Come si chiama? Non sarà un'altra delle puttane che ti fai sempre invece di farti pagare?»

Donovan rise della sua stessa battuta, allora il cagnolino che si portava appresso abbaiò una risata in risposta, per non sembrare da meno.

Sentivo gli occhi di entrambi addosso e il cuore che pompava sangue con prepotenza nella testa. «Lei è Kelly. E non è una di quelle», provava a mantenere la calma, ma dal suo tono sentivo stridere i denti dalla rabbia.

Donovan socchiuse un occhio, il suo sguardo attento e sinistro non mi mollò nemmeno per un istante. «Kelly... e cos'altro?»

«Kelly Sutherland», mormorai, sperando di non balbettare.

«E sei sicura di non essere una puttana?» continuò ripetendo lo stesso gesto con le dita intorno alla bocca. «Perchè altrimenti il piccolo Eddie lo sa che deve spartire anche con noi.»

La domanda a bruciapelo mi sconvolse, mi offese, sia per l'oggetto della conversazione, ma soprattutto per la fonte da cui arrivava. «Non sono una puttana», farfugliai.

I due uomini si guardarono e alzarono le spalle. «Eddie, Eddie, lo sai che devi stare attento, vero?»

Edward fece spallucce e sfilò il pacchetto di sigarette dai jeans. Ne accese una e ne offrì a entrambi i poliziotti, ma in cambio ricevette solo un rifiuto. «Non stavo facendo nulla di male. Che cosa volete?»

«Non usare quel tono con me; lo sai bene che non puoi stare qui. Potrei far fare un giro a te e alla tua fidanzatina in centrale. Che ne dici? Vediamo se le piace come prosegue l'appuntamento romantico.»

Edward fece schioccare la lingua sul palato. Si era finto cordiale, ma ora stava iniziando a perdere la pazienza. «Non lo farai.»

Lo stava sfidando apertamente. Notai subito la schiena del tenente raddrizzarsi, il cagnolino acquattato fare improvvisamente un passo in avanti. Donovan lo fermò con un cenno della mano.

«Ti teniamo d'occhio.»

Sbuffò fumo dalle narici. Lo sguardo che Edward riservò al tenente era altezzoso e sbruffone. «Spero che il mio culo tu riesca a vederlo sempre bene, allora. Dicono che sia un gran bel vedere.»

La risata di Donovan si fece sempre più amara. Stava per perdere la pazienza anche lui in quel gioco. «Sono certo che lo vedranno ancora meglio i tuoi compagni di cella quando troverò le prove per sbatterti dentro.»

Edward passò un braccio sulle mie spalle e mi strinse. «Stavo solo trascorrendo una piacevole serata con la mia fidanzata. Non stavamo facendo nulla di male. Quindi, se ora non avete altro da fare se non minacciare ingiustamente un innocente cittadino degli Stati Uniti d'America, ora vorrei portare la mia ragazza a casa prima che la spaventiate con accuse inesistenti.»

Il tenente fece un elegante, quanto fuoriluogo, gesto teatrale della mano, come a volersi accomiatare con grazia. «Certo, vi auguro una piacevole serata.

Ma ricorda, Eddie: un solo passo falso e sei finito. Sei nel mirino.»

Una volta congedati, Edward e io camminammo lentamente fino alla macchina, in silenzio. Si fermò appena fuori per terminare gli ultimi due tiri della sigaretta, un modo per sbirciare dove avesse svoltato l'auto della polizia dopo essere partita dal parcheggio, poi mi ordinò di salire in macchina in fretta. Si sedette al posto di guida e tirò un pugno sul volante. «Cazzo!»

I poliziotti mi avevano vista, ma ero quasi nel buio e indossavo la parrucca; mi avevano guardata entrambi, ma nessuno di loro mi aveva riconosciuta. Ciò che in quel momento mi preoccupava, però, era Edward.

«Quel figlio di puttana...» ringhiò a denti stretti.

«Che cosa voleva?»

«Mi stava controllando. Lo fa da diverso tempo.»

«Ti vogliono arrestare?»

«No, o almeno fino a che non trovano delle prove. Ma io sono troppo furbo per loro.»

Quando Edward si voltò a guardarmi, il suo sguardo rabbioso si addolcì; forse, riconosceva chiaramente la preoccupazione sul mio viso. «Quello è solo incazzato con me, ma non può toccarmi. Lo so io, lo sa lui, eppure continua a fare il gradasso, pensando di mettermi paura.»

«Non dicevi che eri in affari con lui? Cosa vuole da te?»

«Mi rifornivo da lui fino a qualche settimana fa. Poi ho trovato un altro aggancio nella narcotici; mi passa roba più buona e a un prezzo minore, allora ho lasciato indietro Donovan. Si è visto mancare una fetta di guadagno e ora ringhia perché ha la materia prima, ma non sa chi usare per piazzarla.

Di me si fidava: io la tagliavo a modo mio, la rivendevo, e parte dei guadagni glieli passavo, anche sottoforma della roba che si sniffa tutti i sabato sera nel pub irlandese vicino a Pershing Square. Ma ora è rimasto a bocca asciutta e deve trovarsi un altro per farlo. Il mio nuovo contatto è decisamente più discreto e affidabile.»

«Non potrebbe accusarti lo stesso? È un poliziotto, potrebbe farlo e immagino che la sua parola valga di più rispetto alla tua.»

«Non lo farà, è troppo codardo. Ha la coda sporca perché c'era anche lui in mezzo al traffico e se io lo accusassi apertamente, potrebbe dire addio alla carriera. E a quel fottuto distintivo Donovan ci tiene troppo. Vorrebbe salire di grado, passare a capitano, e per farlo non può permettersi sgarri. Probabilmente vorrebbe mettermi dentro come biglietto da visita per la promozione.»

«Come puoi essere così tranquillo? Questa faccenda non ti preoccupa nemmeno un po'?»

Alzò le spalle prima di sfilare il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni e lasciarlo sul cruscotto. «A cosa serve preoccuparmi? A niente, quindi vivo la mia vita normalmente e continuo a fare quello che ho sempre fatto.»

Sperai che le sue parole fossero davvero realistiche e non solo mirate all'autoconvincimento.

Mi accarezzò la guancia e mi sorrise. «Questo mondo è uno schifo completo. Io mi sono ricavato il mio piccolo spazio e, nonostante quello che mi fa guadagnare, ti assicuro che è minuscolo in confronto alle zone di molti altri. Lui se la prende con me proprio perché sa che non costituisco una grossa minaccia per lui, quindi... se deve mettere qualcuno dentro per dimostrare che il suo dipartimento lavora ancora e non va avanti solo grazie alle mazzette, chi credi che vada a prendere? Uno dei pezzi grossi protetti dai messicani, che potrebbe fargli a pezzi la moglie e il figlio della tua età con un machete, oppure io?»

«Ma è ingiusto!» sbottai.

Mi sorrise di un sorriso tirato, come una madre che vorrebbe confessare al figlio che Babbo Natale in realtà non è mai esistito, ma ancora ha il coraggio di farlo. «Vieni qui, Kat.»

Mi aiutò a sorpassare il cambio e mi appollaiai a cavalcioni sulle sue gambe. Il tettuccio dell'auto era molto basso, ma ero minuta abbastanza per non dover tenere incurvato il collo in maniera eccessiva. «Mi dispiace che ti abbiano detto quelle parole. Tu stai bene?»

«Certo che sto bene, ma sono preoccupata per te. E se ti succedesse qualcosa? E se ti arrestassero?»

«Non mi arresteranno, ho un po' di nomi altolocati che si riforniscono da me e mi coprono. Forse non sono una minaccia in senso fisico, per uno come Donovan, ma con quelli che conosco non è facile per lui beccarmi e incolparmi se non trova delle prove concrete. Lui lo sa e la cosa lo innervosisce. Ecco perché non vede l'ora di beccarmi con la prima cazzata disponibile. In quel caso, se mi prendesse con le mani nel sacco, non so quanto i grossi nomi sarebbero disposti a mettere in gioco le palle per proteggermi.»

Gli posai le mani sulle spalle e restai pensierosa per qualche istante. «Non preoccuparti, Kat. Basta che io non faccia cazzate e non può torcermi un capello.»

«Sei sicuro?»

Mi attirò spingendomi dai fianchi. «Sì... ma se mi vuoi consolare perché questo incontro ravvicinato con un brutto e cattivo tenente della polizia mi ha scosso nel profondo, sei libera di farlo.»

Ridacchiai, avvicinandomi subito alle sue labbra, un poco più sollevata. «A me non sembri affatto sconvolto.»

Ingoiò la distanza che ci divideva con un movimento lesto, posando le labbra sulle mie una sola volta, fugace. «E invece sono molto sconvolto e teso, soprattutto ai piani bassi.»

Stavo ancora ridendo quando raccolsi il suo viso tra le mani per baciarlo, questa volta compiendo io il primo passo, tremando un poco per l'adrenalina ancora in circolo. Ne approfittai di quel minimo controllo che mi sembrava di possedere e gli accarezzai le labbra con la lingua; sentivo il suo respiro caldo passarci attraverso. Mi lasciò entrare, scivolai nel suo respiro ritrovando i movimenti lenti e ritmati che mi avevano accarezzata solo pochi minuti prima.

Edward riusciva a ridere anche in quei momenti, quando tentavamo per prove ed errori ad adeguare labbra, lingua e respiro al bacio che ci legava; mentre cercava di rimuovere le forcine per liberare i miei capelli dalla parrucca, perché sei molto più bella così; mentre tentavo di mettermi comoda sul suo sedile e le sue gambe.

Muovevo le dita sulle sue guance, sulle tempie, sulla mandibola, che rispecchiava i movimenti della mia. Mi piaceva sentirlo vivo sotto il palmo delle mie mani, sentire i muscoli del viso e la struttura ossea sottostante che si attivavano per me.

E nel dare e ricevere che rappresentava quel bacio, allora anche le sue mani ripresero ad accarezzarmi. Dare e avere. Questa volta furono più lente, ma ancora una volta dritte all'obiettivo: strinse piano la carne in vita per scendere poi più giù, fino a posarle su entrambe le natiche. Mi spinse ancor più in avanti quando le strizzò appena, facendomi sorridere nella sua bocca. «Così va bene?»

Annuii, ancora agitata, ancora impaurita, ancora tremante. «Sì, adesso sì.»

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Strisciai in avanti seguendo la spinta delle sue mani, le mie gambe libere sotto al vestito che saggiarono la ruvidezza dei suoi jeans. Non avevo nulla a dividermi da lui, solo la misera la stoffa degli slip, che mi lasciò percepire senza ombra di dubbio la sua eccitazione sotto di me. Tutto quel mondo non mi era completamente sconosciuto; la notte di Natale passata con Will mi ero ritrovata allo stesso punto, le sue mani su di me e le mie liberate sul suo corpo. Mi aveva toccata come nessun altro aveva mai fatto, ma con Edward era diverso. Tutto in quel momento mi parve differente, condito di sensazioni, brividi e sospiri del tutto sconosciuti.

La sua bocca non mi lasciava andare e le sue mani, grandi da adeguarsi alla perfezione a me, presero a farmi ondeggiare lentamente sopra di lui. Sentivo la stoffa sfregare, forse inumidirsi di eccitazione mista a inutile vergogna. Edward mi spingeva verso i miei limiti; avevo paura, ma non riuscivo a dirgli di no. E non mi resi conto immediatamente che, alla fine, le sue mani avevano trovato soltanto un appoggio sulle mie cosce, ed ero io che avevo continuato a muovermi da sola, alla ricerca di una lontana soddisfazione per il caldo bruciore che aveva iniziato a farsi strada dentro di me, proprio lì dove sentivo graffiare con più insistenza la stoffa dei jeans.

Mi piaceva il sapore delle sue labbra, il retrogusto di tabacco e cenere sulla sua lingua, il suono dei suoi respiri e del modo in cui pronunciava il mio nome di tanto in tanto. Mi piaceva come provava a mordermi le labbra, le intrappolava per poi succhiarle piano. Diceva parole che Will non avrebbe mai osato pronunciare, parole che mi facevano arrossire di vergogna celata dalla notte. Mi imbarazzavano profondamente, ma lo avrei pregato affinché non smettesse di dirle ancora e ancora.

Tutto in lui sapeva di libertà, di istinti primordiali, di perdita totale di controllo... mi sentivo sospesa e spinta dal suo stesso vento, forte, impetuoso, e decisi di lasciarmi trasportare, sapendo di non poter perdere nulla, perché in fondo avevo già perso ogni cosa. Presi la sua mano posata sul fianco e la accompagnai con la mia, a risalire sotto il vestito leggero e morbido che indossavo, fino a posarla sul seno. Gemetti appena a quel tocco ed Edward mi attirò di nuovo a lui, strizzò con delicata energia la carne sotto le sue dita e riprese a baciarmi con più foga. Mi piaceva e mi sorpresi di non ritrovarmi imbarazzata, di sentire di volere da lui sempre di più. «Kat, mi fai impazzire.»

Mi riappropriai della sua mano e mi scostai appena da lui, dalla strada che desideravo percorrere. «Guidami... come ho fatto io», sussurrai posandomi sul suo petto, cullata dal tiepido bagliore emanato dai lampioni del parcheggio deserto.

Edward rilasciò la testa sul sedile e spinse lentamente la mia mano ad accarezzargli l'addome, il ventre, il plotone ben allineato di muscoli che si tendevano al mio delicato passaggio. Adagiò la mia mano su di lui, sul rigonfiamento che mi imbarazzava eppure riusciva ad attirarmi dalla curiosità profonda che provavo. Premette a fondo e mi ritrovai a domandarmi se non gli stessi facendo male. Ma, evidentemente dal suo sguardo, non era così.

Data la posizione, quando la sua presa mi lasciò libera di accarezzarlo attraverso la stoffa dei jeans, restò vicino a me e prese a sfiorarmi delicatamente l'interno coscia. Aprì gli occhi per saggiare le mie reazioni mentre quella stessa mano risaliva sempre di più; cercava un segnale di stop, ma questo non arrivò.

Trasalii quando incontrò il tessuto degli slip solo con la punta delle dita; Edward aspettò un breve istante prima di prendere coraggio e farsi più avanti, accarezzandomi con tutta la lunghezza della sua mano. La sensazione di quel palmo grande che mi accoglieva completamente fu gratificante, intensa, penetrante come lo sguardo che mi riservò appena dopo. Mi avvicinai per accarezzarlo, per sentire le nostre mani muoversi vicine, seppure voltate verso due obiettivi differenti. Dovetti concentrare tutte le mie facoltà mentali per riuscire a pensare anche a lui e non solo a me stessa.

Alla cieca, mentre le nostre labbra si accarezzavano umide della lingua che continuava a passarci attraverso, instancabile, riuscii a far scendere la cerniera dei jeans e ad aprire l'unico bottone. Sorrisi quando lo sentii chiaramente sotto il palmo della mano, coperto solo dal tessuto dei boxer così come anche io ero coperta dall'intimo.

Nascosi il viso sulla sua spalla dopo le sue ultime parole.

Che c'è?» chiese fingendosi sorpreso.

Lo sapeva bene cosa c'era. «Non mi dire così... mi vergogno.»

Rise di me, ma non mi lasciò andare. «E di che cosa? Sapere che ti bagni così per me è eccitante. Non te ne devi vergognare.»

Ormai, rabbrividivo nel profondo a ogni sua sillaba. «Non dovresti dirlo, però», bofonchiai contro la sua camicia. «Mi imbarazza.»

Mi fece raddrizzare la schiena per guardarmi. «E invece lo dico, perché mi piace sentirlo e mi piace vedere l'effetto che ti provoca.»

Mi tolse il fiato quando spostò rapido l'indumento per insinuarsi al di sotto; senza chiedere, senza domandare, sicuro di giocare sull'effetto sorpresa per non trovare un mio rifiuto. Will non lo avrebbe mai fatto, ma se Edward non si fosse comportato così, nella sua più pura natura, allora probabilmente io non mi sarei mai spostata dal sedile del passeggero.

Volevo fidarmi di lui.

Mi accarezzò a fondo mentre perdevo la presa su di lui per avvinghiarmi alla camicia. La accartocciai tra le dita quando entrò piano dentro di me. Uscì per accarezzarmi, soffiò altre parole che perpetravano a imbarazzarmi eppure inspiegabilmente a eccitarmi, e ritornò al punto di partenza, inscenando una danza che mi strappava gemiti sempre più intensi, che finii per liberare al suo orecchio attento e sul colletto della camicia.

Il cuore martellava con tenacia quando mi resi conto di aver lasciato andare l'ultimo gemito. Le sue dita mi abbandonarono per raggiungere le sue labbra, per sentire il mio sapore sulla lingua. Quella vista mi diede il capogiro e arrivai da lui quasi senza fiato, senza ragione e pudore, la mia mano liberata da ogni remora tornata su di lui; per avvinghiarlo, per farlo mio.

Ma c'era troppa stoffa a dividerci, ormai, e quando tentai di far scivolare la mano oltre quell'ultima barriera, Edward mi trattenne per il polso. «Aspetta.»

Ero confusa. «Perché? Non ti piace?»

Scrollò la testa prima di baciarmi due volte rapidamente. «Kat, è il contrario... mi piace troppo e se continuiamo così, io... beh, rischio di fare un casino qui sotto.»

Appoggiai la fronte alla sua spalla e provai a ridere con lui, confusa, felice, leggera come una piuma rilasciata dal vento. «Stai qui con me e facciamo tutto con calma, ok? Per stasera mi va bene così.»

Restammo in quella macchina per un tempo che mi sembrò non conteggiabile, portandoci al limite e ritraendoci poco prima più volte, fermi in una dolce agonia che non vedevamo l'ora di riprendere dal principio ancora e ancora.

Mentre le mani di Edward mi toccavano, però, non riuscii a impedirmi di pensare in parte a William, al fatto che tante volte avevo pensato a quei primi momenti di intimità, ma in sua compagnia. Provavo la malinconia di un sogno mai esperito, di ciò che nel giro di una notte era nato e subito svanito.

Stretta tra le braccia forti di Edward, che tanta libertà e vita mi stava regalando, pregai il desiderio peggiore che avrei mai potuto formulare: pregai di dimenticarmi di William.

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