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2.15 HARRY TI PRESENTO SALLY

Canzone per il capitolo:

Not about angels – Birdy

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Sally mi chiede silenziosamente un bacio, poi un altro e un altro ancora, un contatto continuo che si fa sempre più profondo man mano che la sua bocca trova le mie barriere infrangersi, sgretolarsi e infine distruggersi sotto il suo tocco, sotto i suoi movimenti leggeri. La sento scivolare piano su di me, lentamente, con cautela, creando con il bacino quell'eccitante frizione che annulla all'istante ogni mio controllo consapevole. Sa come muoversi, sa dove sfiorarmi e soffermarsi più a lungo per farmi perdere completamente la testa; e mentre lei rimane a cavalcioni sopra di me, con la misera stoffa che mi divide da lei che si inumidisce a ogni movimento sempre più urgente, io la sento ansimare sulla mia lingua il mio nome, per richiamarmi a sé, per tenermi con lei.

Nella mia bocca le parole sono bloccate, nel mio cervello sento urlare la mia coscienza che prova a convincermi di fermarmi, ma ormai tutto è andato a puttane e le mie mani stanno agendo da sole, strizzandole i fianchi tra le dita per farla muovere più vicina a me, per assicurarmi di aver tolto di mezzo ogni centimetro che avrebbe potuto dividerci. Le mie labbra, che con le parole dovrebbero allontanarla, invece non fanno altro che ricercare le sue senza sosta; lascio sfilare la lingua lentamente tra di esse e godo fino in fondo del maremoto di emozioni ed eccitazione che sento agitarsi dentro di me quando la assaporo ancora una volta con tutti i miei sensi.

Non so più come fermarmi, non so più come impedirmi di toccarla e baciarla, così non mi rendo nemmeno conto di aver preso la mia decisione, di aver annullato ogni mia barriera, decidendo di godermi la notte per ciò che sarà, rimandando i pensieri a domani.

Nonostante tutto continuo a cercare in Sally dei segnali che possano fermarmi, un segno di indecisione che potrei usare come freno di emergenza, ma lei non fa altro che rispondere affermativamente ai miei movimenti e gemere di piacere quando le mie dita, scivolando silenziosamente oltre la barriera degli slip, trovano la strada dentro di lei. E allora lì le lascio a muoversi sempre più a fondo, la guardo trattenere il respiro mentre si agita sopra di me, e cerco di riportare alla memoria i ricordi che ho trattenuto con forza di lei dell'unica volta che mi ha concesso più di due anni fa. Cerco di ritrovare le stesse espressioni, lo stesso modo di respirare con fatica, e io continuo a contemplarla agitarsi e contorcersi in risposta ai movimenti sempre più agitati delle mie mani.

Siamo ormai nudi quando atterriamo sul mio letto, quando ricerco con foga un preservativo nel cassetto del comodino e provo a indossarlo il più rapidamente possibile, prima che uno dei due possa fare un passo indietro sulle rispettive posizioni.

Sento solo le sue mani che mi spingono a baciarla ancora, a scendere su di lei per unirci più profondamente. E ritrovarla ora nuda sotto di me, sentirla gemere intensamente quando entro dentro di lei con un'urgenza che non credevo potesse diventare così potente e intensa... non riesco più nemmeno a sentire il battito del mio stesso cuore, troppo veloce da poter essere percepito, troppo violento per poter essere contenuto. Sally chiude gli occhi alle prime spinte, poi volta il viso quando scendo su di lei per baciarle il collo e il seno, e io continuo a muovermi, a ricercare il fiato che a ogni affondo perde di consistenza, contando i minuti che ci accompagnano e cercando di imprimerli nella mia memoria per non doverli dimenticare mai più.

«Sam», mormora piano per richiamarmi a questo momento.

Posa le mani sulla mia schiena e, quando penso che voglia baciarmi ancora, mi rendo conto che invece mi vuole solamente stringere a sé. «Abbracciami... ti prego.»

Rispondo subito alla sua richiesta, fermandomi per qualche istante e provando a darle l'affetto che vuole. Purtroppo sono andato a letto con più donne di quante io possa tenere a mente, e ormai l'ho capito che lei si sta comportando esattamente come tutte le altre. Sally non è davvero qui con me, lo sento da come riprende a gemere a ogni nuova spinta, dal modo in cui cerca di evitare i miei occhi... e questo fa male; fa male soprattutto perché il mio cuore è ormai giunto al punto di non ritorno.

E quando gli affondi si fanno autonomamente più rapidi e inarrestabili, cerco il ritmo per aspettarla e la guardo raggiungere il massimo del piacere sotto di me, in una liberazione vuota di semplice piacere fisico.

Ed è così che, mentre percorro gli ultimi istanti finali in questa corsa che so bene porterà solo alla mia fine e alla consapevolezza del nostro errore, riesco a venire pensando solamente a quanto tutto sia stato inutile, alla consapevolezza che ho avuto Sally soltanto per metà.

Una metà che non potrò mai completare perché lei apparterrà sempre a qualcun altro.

****************

È mattina, è chiaro dalla luce che arriva dalle finestre anche se non è il sole diretto a illuminare la stanza, ma solo un tiepido bagliore; probabilmente, se mi affacciassi alla finestra, troverei una grigia distesa di nuvole. Perfetta per il mio umore.

Non ho nemmeno mal di testa ora; niente dopo sbronza che potrei usare come scusa per essermi dimenticato di quello che è successo stanotte. Ricordo tutto alla perfezione, nei minimi e singoli dettagli.

Fanculo.

Muovo la mano tra le lenzuola per ricercare il corpo che ho tenuto tra le braccia tutta la notte, la ragazza che nonostante tutto è rimasta accanto a me e si è lasciata accarezzare, coccolare e baciare ancora per ore, ma non la trovo.

Noto subito la sua figura quando apro gli occhi con fatica: è seduta sul letto con le gambe incrociate e le spalle voltate nella mia direzione. Irrigidisce la schiena quando sente la mia voce chiamarla, sembra che stia tenendo tra le mani qualcosa che non riesco a vedere. Quando si volta lentamente a guardarmi, resto sconvolto nel trovare la sua espressione addolorata e quasi spaesata; ma resto sorpreso soprattutto nel capire che cosa sta tenendo tra le mani, che cosa sta leggendo.

La mia lettera.

La lettera che avevo scritto la notte di Natale, l'ammasso di pensieri informi che avevo dovuto esternare e buttare su carta nella speranza che questi mi lasciassero in pace il cuore. Lì avevo messo tutto me stesso, più ancora di ciò che avevo creduto di riuscire a pensare in maniera cosciente, e quelle pagine io non avevo mai avuto il coraggio di inviarle davvero... e lei ora ha letto. Ora sa tutto.

Avrei dovuto buttare quella lettera una volta e per sempre, non lasciarla nel cassetto del comodino per mesi senza aver più avuto nemmeno il coraggio di rileggere della mia debolezza, del mio cuore dissanguato su carta.

«Sam... io...» non sa che cosa dire, e io nemmeno.

Mi metto a sedere sul letto, in silenzio, calmo, i piedi a contatto con il freddo pavimento e lo sguardo puntato dalla parte opposta della stanza per non doverla guardare. «L'hai scritta tu?»

Annuisco mentre prendo un respiro profondo.

«Sam... è bellissima, ma...»

«Non avresti dovuto leggerla», rispondo secco, l'irritazione è palese nella mia voce.

Mi allungo verso di lei per riappropriarmene, per togliere dalle sue mani quella parte così intima e profonda di me che mi ha rubato mentre io non potevo impedirglielo. E io capisco di aver aspettato troppo, ho lasciato correre troppo tempo e lei è venuta a scoprire ogni cosa comunque, come se alla fine fosse stata una conclusione inevitabile.

«Scusami... il cassetto del comodino era aperto e l'ho vista spuntare. Ma perché non me ne hai parlato? Avresti dovuto dirmelo ieri. Io... pensavo non te ne ricordassi nemmeno più.»

Ripiego la lettera e la lascio sul comodino. «E invece, lo ricordo eccome.»

«Non ne abbiamo mai più parlato. Io ero convinta che fosse stata una cosa passeggera... che non ci pensassi più. Sono... sono passati due anni, Sam.»

Con i piedi premuti a terra, appoggio i gomiti sulle ginocchia prima di prendermi la testa tra le mani. «Sei soddisfatta adesso? Ora che sai tutto, ora che hai scoperto ogni cosa, ti faccio abbastanza pena?»

«Non mi fai pena, Sam... come puoi pensare una cosa del genere?! Voglio solo sapere perché non me lo hai detto ieri sera e nei giorni scorsi.»

«Vuoi la verità?» esclamo continuando a voltarle le spalle. «Vuoi la fottutissima verità? Ieri non ti ho detto nulla perché sapevo che mi sarei giocato ogni possibilità con te; sapevo che tu non mi avresti più nemmeno toccato con un dito se lo avessi saputo.»

Prendo tutto il mio coraggio e mi volto verso di lei. «Prova a negarlo. Prova ad ammettere che avresti scopato lo stesso con me, nello stesso modo di questa notte, se tu avessi saputo quello che provo.»

La sua bocca resta serrata nelle parole che sta cercando di bloccare per non ferirmi e io torno nella mia posizione, a fissare un punto indistinto davanti a me. «Ecco la verità. Ti ho pensata ogni fottutissimo giorno per più di due anni. Ho sperato e pregato con tutte le mie forze che il pensiero di te mi lasciasse finalmente stare, che fosse solo una stupida infatuazione, come l'hai sempre vista invece tu e come l'hanno sempre vista tutti. Nessuno mi ha mai preso sul serio perché...», prendo a gesticolare, ricordando bene tutte le parole di Harry e di Lewis ogni volta che tornavamo sull'argomento, «figurarsi se Sam può provare certe cose. Sam è solo un coglione, Sam è quello che chiami quando la sera vuoi uscire, bere e rimorchiare, quello che non prova nulla e non soffre mai. Figurarsi se può amare qualcuno.

Ma se così fosse stato, se fosse stata soltanto un'infatuazione come dite voi, ora non... non proverei quello che sono certo di provare, non dopo tutto questo tempo passato lontano da te... anche se tu forse ancora non riesci a prendermi sul serio. Ti ho aspettata invano anche se sapevo che ti saresti sposata con Harry, ma quando sei tornata qui, io... io ho ricominciato a sperare.

Cazzo, Sally, ho dormito con te in questi giorni, ti ho abbracciata durante gli incubi, ti sono stato vicino, ti ho ascoltato: prova a dirmi che questa è solo una stupida cotta che dura da anni.

E ieri non te l'ho detto perché ho tenuto duro fino all'ultimo, ma sono un cazzo di essere umano e non ce l'ho più fatta; la voglia di averti una volta, anche solo una singola fottutissima volta, è stata più forte di ogni altro pensiero.»

Mi passo le mani sul volto e ascolto il silenzio che ci divide. Sally sembra immobile sul materasso, ma io non riesco a guardala. Mi sento ferito, scoperto... indifeso.

È solo dopo qualche minuto che la sento riprendere fiato per ricominciare a parlare. «Sono... sono una persona orribile.»

«Non lo sapevi. Dal ragazzo che ero sono cambiato molto, soprattutto nei tuoi confronti.»

«Ecco perché ieri sera non volevi; non era solo per Harry. Avrei... avrei dovuto immaginarlo. Sono una stupida.»

Prendo un respiro profondo e aspetto... non so nemmeno io che cosa voglio aspettare. È il movimento del materasso che mi lascia intuire che Sally si è appena alzata in piedi. Cammina a passi lenti fino a mettersi davanti a me, di nuovo la stessa maglietta indosso che aveva ieri notte, così come io sono ancora con gli stessi boxer. Come se niente fosse successo nel mezzo.

Le lacrime sono ben visibili tra le sue ciglia, chiare come i suoi capelli biondi. «Sam, mi dispiace. Mi dispiace davvero e non sai quanto. Se io lo avessi saputo, non avrei insistito in quel modo e ti... ti avrei lasciato stare», le sue parole escono stanche e solamente grazie a un tiepido filo di voce, quasi impercettibile nel suo tremolare. «Forse non sarei nemmeno venuta qui per non darti ulteriore fastidio.

Ho sbagliato tutto, dal principio... sono io quella sbagliata che continua a fare sempre le scelte sbagliate. Finirai per odiarmi così come ha fatto Harry, e avresti ragione a farlo dopo il mio comportamento; dopo... dopo tutto quello che hai fatto per me, dopo avermi sopportata ed essermi stato accanto.

Spero soltanto che riuscirai almeno a perdonarmi un giorno.»

E così dicendo, esce dalla stanza a lunghi passi; la sento percorrere il breve corridoio fino a che la porta del bagno si chiude qualche istante dopo e la chiave, con uno scatto, gira nella toppa. Dividendola da me.

Prendo la lettera con gesto nervoso e la strappo, in mille pezzi, gettando i resti nel cestino sotto alla scrivania. È stato tutto inutile. Ciò che ho fatto per lei, ciò che ho provato... ormai ho la certezza che non verrà mai ricambiato.

Ma quello che fa più male, oltre a questa consapevolezza, è sapere che nonostante tutto io non potrei mai dirle di no. Non rinuncerei mai a curarla, a tenerla tra le mie braccia, a cancellare le sue lacrime, a cercare di calmarla dopo ogni suo attacco... so per certo che se avessi l'irreale occasione di poter tornare indietro nel tempo, sapendo che il futuro mi riporterebbe immancabilmente a questo preciso istante di dolore, io rifarei tutto ancora e ancora. Non avrei altra scelta.

Mi alzo in piedi e striscio i piedi nudi fino alla sala alla ricerca del mio cellulare. Lo stacco dalla ricarica e trovo una chiamata e un messaggio da parte di Lewis.

Occhi dolci: Ehi, gigantesca testa di cazzo. Stefan dice che l'appuntamento con Julie è andato bene. Lei è sembrata contenta e ha detto che non assomigliavi a uno zombie. Ha persino detto che sei stato gentile, quindi presumo che ti sia comportato bene.

Non ti sei più fatto sentire, però, né da lei né da me... credo che ci sia rimasta parecchio male, quindi vedi di rimediare.

Che cazzo di fine hai fatto in questi ultimi giorni? Vedi di richiamarmi questa sera. Ora sto entrando in pronto soccorso per iniziare il turno. Ciao, coglione.

Lascio il telefono sul tavolo da pranzo, intenzionato a rispondergli più tardi visto che ora non sono proprio dell'umore. Da una parte penso che potrei uscire di casa e girovagare un po' in macchina, un modo come un altro per non pensare e staccarmi da tutta questa situazione. Immagino che Sally, adesso che ha scoperto tutto, vorrà andarsene via, che quando uscirà da quel bagno raccoglierà le poche cose che ha e ripartirà rapidamente così come è ritornata nella mia vita. Dopo avermi nuovamente ferito, dopo avermi fatto assaporare di nuovo la possibilità di averla solo per me prima di cancellarla.

Se chiudo gli occhi, rivedo lo sguardo spento e profondamente sconfitto che ho visto soltanto qualche minuto fa. Per lo meno, non ho trovato pena per me, ma solo per se stessa... ma devo ammettere che fa male in egual modo. Mi chiedo come io abbia fatto ad arrivare ad amarla fino a questo punto, continuo a non spiegarmi come possa essere successo.

Per cercare di non pensare, accendo la macchinetta del caffè per preparare la colazione, ma mi rendo conto che la polvere si è esaurita. Apro il cassetto della cucina, alla ricerca delle forbici per aprire il sacchetto del caffè per rimpolpare la macchinetta. Non le trovo. Mi guardo intorno, visto che spesso Sally le lascia fuoriposto, insieme a un'infinità di altre cose, dallo shampoo ai biscotti... ma ora sembrano sparite.

E mentre penso a dove possano essere finite, ecco che un rumore mi fa raggelare il sangue nelle vene. Proviene dal bagno, un tonfo quasi insonoro ma che ho sentito chiaramente vibrare nel pavimento sotto ai piedi: qualcosa ha sbattuto per terra a peso morto.

Corro davanti alla porta del bagno e la chiamo. «Sally?! Sei caduta?»

Non risponde. Busso con più forza e la chiamo ancora. Niente. Appoggio l'orecchio alla porta per sentire qualche rumore. Niente.

Provo ad aprire la porta e a chiamarla per l'ennesima volta, ma è chiusa a chiave dall'interno. «Cazzo, Sally!» grido frustrato.

Ancora nessuna risposta.

Provo a prendere la porta a spallate, ma temo che Sally si trovi proprio dietro e, se riuscissi a buttarla giù, non vorrei farle del male. Mi racconto che probabilmente è soltanto svenuta, che forse le è venuto un calo di pressione e che tra qualche istante potrei risentire la sua voce... ma ho un bruttissimo presentimento nel cuore e, all'improvviso, troppi indizi che ho notato in questi giorni, e che forse la mia coscienza non mi ha voluto rendere palesi, si stanno ricomponendo ora in un quadro di significato abbastanza chiaro. E quelle maledette forbici che tante volte ho ritrovato fuori posto, ora ho paura che siano dentro al bagno con lei.

Ma non ci voglio credere, non posso credere che Sally sia arrivata a questi punti. È impossibile, non la Sally che conosco io... o che credevo di conoscere.

Ricercando un minimo di lucidità, ricordo che le chiavi delle altre porte dell'appartamento sono tutte identiche, così corro a prendere quella della camera da letto e la infilo nella serratura della porta del bagno. Devo spingere e muovere parecchio la chiave per far cadere la sua copia all'interno e liberare la serratura. Ci riesco.

A quello scatto, il mio cuore pare fermarsi, in attesa di sapere.

La porta si apre e io spingo delicatamente il peso che la ostruisce.

Le sue gambe sono stese a terra, ora che la luce del sole le illumina trovo una lunga serie di tagli che le solcano la pelle, alcuni più vecchi, altri appena procurati. La schiena è appoggiata alla porta ma la sua testa è mollemente abbandonata in avanti... e il sangue... il sangue che le imbratta le mani, i polsi e la maglietta e che sta colando sul pavimento intorno al suo corpo è abbastanza per farmi prendere coscienza di tutto ciò che i miei occhi si erano rifiutati di mostrarmi per tutto questo tempo... di mostrarmi la verità.

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Spazio Dory:

per eventuali insulti all'autrice, prego rivolgersi ai commenti ehehehe

Nei prossimi due capitoli finalmente capirete cosa è successo tra Sally e Harry, e vedremo se alcuni di voi lo avevano indovinato. Non vi farò aspettare molto, non sono così cattiva... aggiorno domani!

A presto!

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