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Il Mondo Di Tela

Gabriel guardava ammirato la sua splendida tela: era di uno stampo vecchio, il bianco puro di un tempo si era tramutato in un giallognolo spento. Aveva alcuni strappi ai lati, quasi inesistenti per così dire, ma a Gabriel non importava.

La madre gliel'aveva regalata al suo unico figlio, lui stesso ambiva a quella vecchia tela da tempo e solo aspettava il momento di poterla ereditare.

La donna non capì mai il desiderio incondizionato del figlio ma fu felice che il bambino, a solo dieci anni, aveva manifestato l'indole creativa della madre. Non poteva fermare la fantasia di un bambino così dotato e dunque gliela regalò: in un bel giorno di Luglio, con un sorriso sulle labbra.

Da quel momento, il salice piangente, posto di fronte alla dimora del bambino, non aveva mai visto sfumature di così tanti colori fuoriuscire dalla stanza di lui: Ogni notte, quando le stelle brillavano, anche la sua stanza si illuminava di meraviglia. Dava vita a colori mai visti e paesaggi mai esplorati.

-Che magnifica vista- Pensava il salice quando la luna era alta.
Oramai l'estate era finita e un gelido vento bussò alle porte delle case in città.
Gabriel prese in mano il pennello e, danzando nella tela, disegnava senza tempera colorata.

Era ben conscio di non poter dipingere: purtroppo aveva finito tutti i colori e sua madre gli impose di non prenderli dalla sua scorta; in quanto avrebbe dovuto aspettare fino al dì seguente. Era triste, forse amareggiato, ma non si perse d'animo: in fondo la fantasia non ha bisogno di colori.
Delineava cerchi immaginari, con sfumature più vivide che nella realtà.
Disegnava righe e forme, i quali non avevano materia ma al contrario sembrava che il bambino potesse vederle, senza che qualcuno gli desse della tempera per poter dipingere.

D'un tratto il pennello colorò la superficie della tela di un arancione pastellato. Stava sognando? Gabriel rimase stupefatto per qualche secondo e, con un pizzico di timore, diede un altro schizzo sulla superficie del disegno ma ecco un ennesimo rosso fuoco venir fuori sul tessuto giallastro. La sua mente si illuminò, quella notte si riscoprì essere la più luminosa, magica di sempre e, preso dall'entusiasmo, iniziò a dipingere con un pennello ancora bianco.
Non aveva uno schema da seguire: lui viaggiava con la sua fantasia e mise ciò che vedeva, attraverso i suoi occhi da bambino, sulla tela d'occasione; dando così vita al suo mondo.

Non si fermava, nemmeno le mani lo fecero. Continuavano estenuanti a danzare sul dipinto, che lentamente prendeva vigore in ogni suo centimetro.

Gli occhi erano chiusi, in fondo non aveva bisogno di vedere: il suo mondo era lì, davanti a lui.

Aveva perso la cognizione del tempo, non gli importava nemmeno di quanti secondi o minuti passavano per il disegno, lui dipingeva, dipingeva e dipingeva.
Stava vivendo nella sua stessa tela; la realtà era ormai un miraggio lontano.

La mano lasciò cadere il pennello, sbattendo così sul pavimento.
Finalmente il dipinto era finito.
Gabriel aveva ancora il fiatone quando aprì gli occhi davanti alla sua creatura vivente.
Era bellissima. Un dipinto che raffigurava l'autunno: così vivido, così reale.

Un intero bosco dormiente racchiuso dentro alla cornice di un disegno: colori sgargianti e luminosi ricoprivano il suolo della tela, ma essi davano un senso di tranquillità e pace, o almeno questo percepiva Gabriel osservandola.

Poteva udire il cinquettio dei passeri passar attraverso il dipinto, le foglie dei cespugli mosse dal vento e l'inspiegabile profondo respiro degli alberi colorati sulla tela.
Infondo il dipinto aveva vita propria, così naturale agli occhi del bambino.
Gabriel restava lì, davanti al disegno, con un sorriso a trentadue denti. Non era mai stato così felice nella sua intera e fragile vita. Era contento del suo lavoro, bellissimo in ogni dettaglio.

Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, aveva dato vita al suo mondo, alla sua immaginazione! Doveva dirlo a qualcuno, ma non per ricevere congratulazioni da sua madre, come faceva sempre d'altronde. Questa volta voleva mostrarlo a suo padre, per strappargli un sorriso ormai sparito da tempo.

Così si diresse alla sua porticina e, aprendola delicatamente, percepì un fastidioso scricchiolio prima di vedere il corridoio davanti a lui.

A Gabriel non gli piaceva andare in giro per casa di notte, anche se quando colorava lo faceva soprattutto la sera ma almeno era protetto dalle calde e forti mura della stanza. Non voleva incontrare, per l'ennesima circostanza, i cattivi mostri che albergavano nell'ombra.

Ma questa volta avrebbe fatto uno sforzo sia mentale che fisico, solo per poter incontrare suo padre.
Fortunatamente gli parve di sentire il gorgoglio dello sciacquone, quindi poteva essere proprio lui a trovarsi in bagno, meglio che scendere al piano di sotto alla ricerca della camera da letto.

Si diresse in fretta e furia davanti alla porta; prima che questa si aprisse silenziosamente. Un uomo di mezz'età dovette non urlare per l'improvviso volto di suo figlio, quando questo gli comparve a pochi centimetri dal suo viso. Tutta la tensione di un momento si sciolse celermente, lasciando spazio all'assoluto menefreghismo della situazione.
Il bambino si allontanò dal genitore, dopotutto doveva levarsi totalmente per poter far passare la sedia a rotelle dalla porta.

Gabriel era abituato a questo tipo di situazione. Ma percepiva che qualcun'altro non si fosse ancora arreso alla condizione in cui si trovava.

Oramai erano passati mesi da quel tremendo incidente: quando il miglior ufficiale dei pompieri, coraggioso e ammirato da tutti, perse l'uso delle gambe in un salvataggio disperato.
La madre di Gabriel, al tempo, gli spiegò che una trave di ferro, staccatasi dal soffitto, gli cadde sulle gambe mentre gattonava per la sopravvivenza di un neonato. La sua fortuna era che aveva un collega che gli guardava le spalle, riuscendo a salvare sia il neonato che suo padre. Ma da quel momento il destino del genitore non ebbe pietà di lui: con un miriade di visite, diversi tipi di riabilitazione e nuove infrastrutture per la sua condizione, lo resero un uomo scontroso e disperato, alla ricerca di un passato oramai perso.

Gabriel fece per togliere la sedia che si era incastonata sullo stipite della porta, ma una mano tesa e dura impedì al bambino di aiutare. Il padre lo guardava, linciandolo negli occhi, mentre riuscì da solo ad andare avanti.

"Che ci fai a quest'ora della notte sveglio, Gabriel?" La sua voce non prometteva nulla di buono: infondo era già frustrato del bagno rotto che si trovava nel piano terra, era così furioso di dover fare una fatica enorme per andare solo nel gabinetto.
Il bambino già non si ricordò più di quello che doveva fare, aveva altri pensieri per la mente.

"Papà... io, ah si! Vieni a vedere che cosa ho disegnato!!"
Il bambino corse verso camera sua, sentii lamenti dietro alle sue spalle ma non gli volle dar retta.
Aprì totalmente la porta, permettendo che l'ingombrante sedia del padre potesse entrare senza problemi e, con gesto di mani, presentò il suo mondo nella tela.

Gabriel notò stupore negli occhi del padre 'l'ha visto!' Pensò felicemente. Ma non fu così, l'uomo infatti fece un sospiro nervoso e con lo sguardo era già indirizzato verso l'uscita.

"Papà, lo vedi?" Gli chiese infine, dimenticandosi della felicità di un momento.
"Si si, certo Gabriel, solito dipinto, bravo." liquidò così la speranza del bambino, mentre già faceva manovra per oltrepassare la porta.
"Come papà? Non ti piace?" Disse deluso Gabriel, con lo sguardo abbassato sul pavimento.
"No, è bello. Ma è solo un dipinto con degli schizzi, no?" Pronunciò quelle parole con puro menefreghismo, anche mentre la porta fu chiusa.

Come poteva non vederlo? Era il mondo di suo figlio, perché rimanere scettici davanti a un opera?
Gabriel non era pazzo: lui vedeva il dipinto, lo percepiva, lo sentiva pulsare continuamente. Era tutta colpa di suo padre: lui aveva perso la speranza, ecco perché non riusciva più a vedere con la sua fantasia! Era questa la ragione, si convinse di questo Gabriel e fu così che decise di dirigersi a letto, solo per prensarci un pò su.
Si mise sotto le coperte, con un'idea in mente: avrebbe fatto di tutto pur di salvare suo padre. Così le braccia di Morfeo lo accolsero ad un sonno funesto, con una lacrima al suo fianco.

Il risveglio non fu dei migliori, anche nei sogni Gabriel veniva tormentato.
Non sapeva come sfuttare questo suo superpotere, infetti lo considerava un dono nato dalla sua fantasia, un collegamento al mondo che lui poteva creare solo attraverso un pennello. Ma perché allora il padre non lo vedeva? Era questa la domanda che tartassava imperterrita la mente del bambino. Lui non si sarebbe arreso così facilmente, avrebbe fatto di nuovo un tentativo e questa volta doveva funzionare!
Prese le forbici dal suo cassetto, il caro pennello ancora bianco e si alzò le maniche del pigiama.

Un morso addentato, staccò un boccone dalla fetta del toast appena fatto. Il padre era solito fare colazione con un buon caffè e due pezzi di pane abrustoliti al suo fianco, lo adorava. Ma quella volta, il buon aroma di burro sciolto, sembrava essere più amaro -Sono stato troppo rude con Gabriel- Pensò di sfuggita, ma fece spallucce e continuò a mangiare con indifferenza.

Un rumore improvviso di passi, lo svegliò dai suoi pensieri e si girò da dove proveniva quella camminata vizza: le scale.
Senza accorgesene, sentì una botta dar sul tavolo e una stoffa appoggiata su di esso.
Lo sguardo di Gabriel era vigile davanti al suo genitore, mentre con la falance picchiettava ripetutamente il tessuto. Il padre si rese conto che lo scampolo, tenuto stretto sul tavolo, era un pezzo della tela preferita di suo figlio e che ci fosse colorato qualcosa sopra.

Gabriel non aspettava altro, voleva finalmente suo padre libero e guardandolo negli occhi, come solo un figlio può donare al proprio padre, gli disse:
"Con questo tu, Papà, potrai camminare! Io sarò la tua roccia. Io..." Amare lacrime scesero dal viso del bambino, mentre iniziò a singhiozzare.

"I-io... t-ti farò volare, papà!!" Disse in un colpo, urlando per la speranza che lui potesse vedere, potesse percepire i sentimenti di suo figlio. Chiuse gli occhi, poi aiutandosi con le mani a rimuovere le lacrime, cercò di riavere il coraggio di prima: infondo un pompiere gli insegnò a conservare le sue lacrime, perché esse vanno versate nel momento giusto.
Gabriel non vedeva niente, sentiva solo il suo singhiozzo farsi più tenue e poi il nulla.
Ma percepì un nuovo rumore: molto flebile nel suono ma di un pentito dal cuore gelito ormai sciolto.

Il bambino aprì gli occhi incredulo: fredde lacrime toccavano terra come goccie di rugiada.
Suo padre stava piangendo, con il viso tutto bordò. Cercava di trattenersi, ma esse non si frenavano: erano state troppo a lungo fermate.

Il padre sembrava non riuscire a controllarsi; il suo stesso cuore era un turbine di emozioni appena esplosi.
Il bambino rimase pietrificato, mai aveva visto l'uomo piangere e sentì qualche lettera confusa tra un singhiozzo e l'altro. Ma alcune parole, riuscì comunque a capirle.
"Io ti credo, figlio mio." lo aveva sentito!! Finalmente aveva visto il mondo che tanto Gabriel voleva mostrare! Era così contento.
"Io ti voglio bene, Gabriel. Fin dalla nascita ti ho voluto proteggere, ma a causa di quell'incidente, io-io... ho creduto di non riuscire più a soccorrerti... mi dispiace!" Finì il padre con una voce straziante e veritiera, il bambino riusci finalmente a capire anche lui i sentimenti di suo padre. Così gli saltò addosso, felice ma un pò rattristito, solo per un abbraccio al suo papà.

"Ti voglio bene" Furono le ultime parole che si dissero tra i due; mentre rimasero ancora uniti, in silenzio.
Quel giorno, il salice piangente vide la scena più toccante che la sua vita interminabile abbia mai potuto vedere attraverso una finestra.

Con al fianco quello schizzo pastellato: di un padre e un figlio che si tengono stretti per mano e sostenuti da un bastone, così da restare in piedi; fino alla fine.

•Spazio autrice•
Finito finalmente!! Ho fatto una corsa continua; incredibile...
Sono arrivata a 1597 parole ⊙︿⊙ fiuuuu... Appena in tempo. (T▽T)
Comunque se non si fosse capito: alla fine il padre non vede il mondo! Perché esso è solo uno schizzo (sinonimo di scarabocchio [ma era troppo dispreggiativo quindi non l'ho usato (^_^)])
Quindi finge di averlo visto , per rendere felice suo figlio. (●'∀`●)
Ditemi che non ci sono errori o(╥﹏╥)o e imperfezioni... Spero che vada bene.\(;'□`)/
Comunque ora vi taggo:
_Black_Dreamer_
MiracoloDiInverno
Fatto!!
Se vedete che ogni volta vi seguo e poi lo rifaccio e perché per citarvi devo fare così, il mio Wattpad è un pò andato... ^^

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