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Uomo Senza Cuore Freddo Come Il Nord

Aria

Un altro pugno... Eccolo che arriva. Mio padre le definisce lezioni, una penitenza per riscattarmi dal mio errore. Lui è sporco di sangue, ma non è il suo.

Sento come un'esplosione sul mio volto che lo disintegra completamente, lasciando solo macerie, riducendolo in questo stato.

Sono impotente, subisco tutto questo male che sembra non finire mai, sperando che finisca al più presto. Ma non finisce, continua ad andare avanti, avanti e avanti ancora sino a perdi fiato.

Non gli importa assolutamente niente di quanto mi stia distruggendo, pur di castigarmi per quello che ho fatto andrebbe avanti per ore.

Ho ancora gli occhi chiusi e le guance che bruciano come se fossero avvolte dalle fiamme, sciogliersi e deformarsi in orribili forme.

Sento quanto lui sia infuriato nei miei confronti, sento quanto è cattivo e cieco dalla rabbia per quello che ho fatto, cioè aver concepito con colui che rivelò la strada per la nostra terra ai barbari, e perciò mi vuole fare il più male possibile e immaginabile per questo mio gesto.

Arrivano ancora come frustate infuocate che non finiscono più, sberle e sberle che mi danno l'impressione di prendere fuoco, e girano la mia testa a destra e a sinistra in modo da formulare un "No".

Io ho sempre pensato a lui come una persona buona, una persona che non sarebbe mai stata capace di fare una cosa del genere, è questo è quel che fa più male.

Ha finalmente finito, capisco che si è fermato e che inizia a girare intorno, ma ho il terrore di aprire gli occhi e guardarlo. Non voglio vedere niente, e scongiuro a tal proposito le mie palpebre di non aprirsi, per non rivelare quel suo maligno volto pieno di odio e il mio ormai malconcio e deformato da bozzoli e bernoccoli, i quali comincio già ad avvertire meglio e a rendermi conto di quanto sia realmente sfigurata su tutto il volto.

Ho paura, troppa straziante paura, troppa, non riesco più a reggerla, per favore aiuto, non riesco più a sopportarla, non riesco, non riesco, non riesco. So anche di non avere nessuna via d'uscita, ormai mi ha disintegrata così talmente completamente da non potermi riprendere più e in alcun modo, ormai è fatta, mi ha ammazzata.

Non so se si fermerà prima di uccidermi. "Finché non vedrò che basterà un altro pugno per ucciderti, io non mi fermerò!" Così ha detto. Quando mi disse quella cosa mi crollò il mondo addosso e quasi mi venne colpito il cuore da un martello, non avrei mai immaginato di sentire quelle parole con così appuntita e velenosa lingua, proprio da lui.

Ma, almeno, ha mantenuto la sua parola, e prima di uccidermi si ferma.

Oltretutto, perché, se uccidesse me, ucciderà due in uno. Due innocenti e indifesi.

-Ti odio!-. Lo dico, mentre tengo gli occhi chiusi e continuo a palpare il mio volto. Ovviamente la mia affermazione non è una sorpresa per lui.

Mi trovo a casa mia, con le spalle al muro, nella mia dimora fatta dei più antichi mattoni del nostro vecchio regno elfico d'origine che non ho mai visto o vissuto.

-Io, invece, ti amo ancora. È solo colpa, mia, ho avuto troppe pretese per te. Fin da quando eri bambina ti ho dato troppe responsabilità, pensando che eri degna di sostituire tua madre, che è morta per farti nascere-.

-Dicevi sempre che avresti, e che hai fatto di tutto per renderla felice e sicura al tuo fianco, ma ora cosa penserebbe di te?!-. Rispondo, e allo stesso tempo il respiro e l'aria nei miei polmoni è come se si esaurisce, ma non so come ancora respiro.

-Avrebbe paura. Ma siamo in guerra, e dobbiamo essere spietati!-.

-Io non ho paura di te, ma piuttosto ti commisero-.

-Mio fratello era un santo nei tempi vecchi degli Elfi. Lui, nonostante fosse il re, era il più umile di tutti. Un re, almeno nei tempi che esistevano i Re prima dell'Apocalisse, loro erano fermamente convinti che il loro regno moriva quando loro morivano!-.

-Hai ucciso tuo nipote. Lo sai, vero!-. Accarezzo il mio ventre, per sentire se c'è ancora il suo scalpitare, con la speranza che non abbia sofferto anche lui e che stia dormendo comodo e al caldo, beato e ignaro di tutto. È tutto ciò che voglio.

-Mezzo Elfo, e mezzo pezzente! Mi fai schifo-. Il suo sputo mi arriva sopra.

***
Marcus

Alexander e Ariel parlavano, seduti su una roccia liscia e quasi lineare e dalla comodità di una sedia, su un'appendice la quale al disotto si estendono vaste e sconfinate alture più basse, con stretti e ampi, capienti e lungi, fiumi d'acqua sui quali cadeva la piccola neve gialla chiara e brillante, dell'alba che si affacciava tra un monte e l'altro.

Alexander è spensierato e mio padre giovane e volenteroso.

Ma d'un tratto il sole diventa grigio.

Vedo tutto in terza persona, insieme ad Alexander.

Delle arpie nere iniziano a volare intorno ai picchi dei colli, mentre il mondo diventa morfo e tenebroso, la terra muore e il cielo privo di azzurro ma abbondante di nero e grigio.

Le arpie strillano.

-Questo era il Regno, e questa l'ultima volta che vidi tuo padre-. Dice Alexander, a me, mentre la sua figura nella mia visione parla a mio padre.

Si vede chiaramente che Alexander chiede a mio padre di promettere, in un momento di smarrimento e dalla giusta via inesistente:

"Racconta la nostra storia, perché è una grande storia da raccontare... E non rimpiangere di non poter rimanere con noi, per un'ultima volta, ma piuttosto racconta di noi, dei nostri ideali e del motivo per cui siamo morti. Grazie."

-Ha mantenuto la sua promessa?-.

-Ma non l'ha fatto per quei ideali, l'ha fatto per me. Prima che il mondo venne travolto dai demoni, lui era un dittatore, ma io un uomo di campagna che non avrebbe mai immaginato di impugnare un'arma. Io e i miei guerrieri eravamo devoti alle tenebre, perché avevamo l'opportunità di morire con la speranza di riavere ciò che avevamo perso, non per le brame di un re. Eravamo tutti uomini di campagna, che amavano le proprie terre e i propri raccolti, ma tutto quello ci è stato strappato così bruscamente!-. Alexander riprende fiato.- Ma tuo padre, era proprio tutto quello a cui andavamo contro!-.

-Ma poi è cambiato?!-.

-Sì, e ti sta aspettando. Molto lontano da qui, lui è riuscito a ricostruire un nuovo mondo il quale si basa su dure leggi che preservano la giustizia e ragione. Ma tutti li imperi sono destinati a cedere, soprattutto in ere buie come questa-.

-Allora mio padre potrà pur continuare a governare il suo "impero"! Perché io non voglio essere erede di un impero, voglio avere una terra dove non faccia freddo e che la mia gente, quella che mio padre ha abbandonato, possa prosperare-.

-Sei esattamente come me! Ma io sto aspettando semplicemente il giorno, il giorno in cui io e i miei compagni potremo risorgere e cercare riscatto nella Guerra Delle Ceneri! Finalmente rincontrerò tuo padre, e tutti e tre insieme combatteremo affianco dei Centauri, Il Leggendario Re Manus, Le Creature Degli Sconfinati e Profondi Oceani e gli antichi draghi immortali. Ci incontreremo tutti, un giorno, sotto le porte dorate del Consiglio Di Alnord. Sarà uno spasso!-.

***

Mi risveglio, la percezione delle catene che mi stringono i polsi non tardano a farsi sentire non appena focalizzo la sporca cella di mattoni neri, irregolari e pieni di imprecisioni sulla superficie, dall'aspetto decadente e rudimentale.

Sono stato picchiato, da tutti i sopravvissuti Elfi, e il mio corpo è pieno delle macchie che hanno lasciato i loro colpi inferti senza tregua.

-Per un'attimo ho pensato che eri morto...-. Mea è il mio compagno di cella. Uno dei suoi occhi è chiuso, gonfio come un bernoccolo, mentre il suo labbro è completamente spaccato e il suo viso logorato dai lividi.

Puzza... Un fetore che ti rimane nella testa in ogni attimo, secondo, senza lasciarti un punto morto, di tregua. Ci tengono qui come se fossimo pericolosi, dei mostri che non meritano di stare a contatto con le persone. Ci danno la colpa senza nessuna prova per aver compiuto quel gesto infame, quel gesto che nessuno di noi sarebbe mai stato in grado di fare.

Come facciamo a fargli capire che non siamo stati noi? Come, se sono tutti contro di noi.

Ma tutto ciò che continuo a desiderare è uccidere l'artefice di quel gesto infame, so che lo troverò e so che la sua uccisione non porterà a nessuna soluzione, ma lo voglio comunque, come se potesse veramente mettere le cose apposto.

Per colpa sua ho perso tutto quello che ho ottenuto, e l'odio viene alimentato da questo fatto.

Siamo sporchi. Il viscido fango che si incrosta sulla nostra pelle. È la cosa più fastidiosa, la più pesante, ciò che rende più interminabile il tempo che ci vuole purché il tempo della nostra ingiusta punizione si consumi.

Ed ecco... L'ingiustizia! Sapere di non aver fatto niente ma anche di non avere nulla per dimostrarlo.

Ma da fuori le nostre sbarre, nella nostra cella si affacciano due mani. Due mani che riconosco e che riescono sempre a tranquillizzarmi con il loro tocco. Tranne questa volta.

Il mio cuore si ferma e l'aria comincia a mancarmi.

Perché non posso rivedere la sua amorevole faccia, i suoi occhioni dolci e riempire nuovamente i miei polmoni del profumo della sua folta chioma di capelli castani? Perché indossa un cappuccio e un velo che le ricopre tutta la testa.

"Che cosa ti hanno fatto?!" Vorrei dirlo ma non ci riesco. "Cosa ti hanno fatto?! Cosa ti hanno fatto?!" Le parole non riescono ad uscire dalla mia bocca, come se fosse impastata dal fango e serrata da un apparecchio d'acciaio.

-Che cosa ti hanno fatto!!!!-. L'urlo è stato più forte di quanto previsto. Ho tirato fuori tutta la mia voce non espressa. Ma lei si rabbrividisce e comincia ad ansimare. Ha paura, è già spaventata e terrorizzata, è sconvolta.

"Sto per esplodere, ho subito troppo e non c'è spazio per altro, non posso prendere più altro. Basta, quando finirà? Non riesco più a reggerlo! Basta!"

Piango.

Non parla... Adesso ho anche paura che le abbiano mozzato la lingua, e questo non lo potrò mai accettare e superare.

Nessuna parola. Mi manca la sua voce, e lo già dimenticata. Ne ho bisogno, devo sentirla almeno per un'ultima volta, sennò non la sentirò più e non la ricorderò più.

Solo un gesto, si esprime con un solo gesto che mi fa soffocare dall'odio e che mi getta nell'oblio della dispersione.

Lei afferra la mia mano e pian piano, con la sua stessa mano, la guida verso il suo addome. Poi, con il suo stesso volto fasciato, mi guarda negli occhi attraverso il suo velo.

Ma questo solo per un secondo.

Ora sono stato del tutto spiazzato, infranto e perduto. Ormai sono perduto a non poter essere più felice, e non ne potrò mai più uscire.

Ciao, vorrei solamente dire che dopo questo capitolo, la storia proseguirà in terza persona. Preferirei andare avanti così perché credo sia difficile da seguire se iniziassi a cambiare prospettiva o punti di vista tra i protagonisti troppo spesso.

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