toi et moi
«Sei sicuro?» domandò Nino, elettrizzato per l'insolita novità. Adrien gli aveva appena comunicato che avrebbe avuto una giornata libera da impegni a breve, e che suo padre aveva acconsentito a lasciare che passasse un intero pomeriggio con lui. Volevano fare di quel tempo libero il migliore che avessero mai trascorso, non potendosi vedere tanto frequentemente, ma con alta probabilità, avrebbero semplicemente giocato alla console, o sarebbero usciti a fare un giro, nei termini del possibile. «Sì, ha accettato.» replicò il ragazzo, un sorriso tenue a illuminargli il viso, seppur non avesse ancora realizzato l'accaduto. «È fantastico, bro!» Una moderata pacca sulla spalla accentuò il crescente entusiasmo da parte di tutti e due, seguito da un veloce abbraccio. Entrarono in classe per le lezioni pomeridiane, poiché l'ora di pranzo era appena passata, e scorsero le due ragazze con cui andavano più d'accordo. Si avvicinarono a quest'ultime, che erano investite in un discorso molto animato, riguardante, quasi certamente, i due supereroi più acclamati di Parigi. Già, perché di recente se n'erano aggiunti addirittura tre, che facevano la loro apparizione sporadicamente, soprattutto nei momenti di bisogno. Non che servisse precisarlo, i favoriti rimanevano sempre i primi due, nonostante la gente esprimesse pareri differenti, ma una buona parte del pubblico restava fedele ai loro eroi. «Ma sì, ti dico!» esclamò Alya, la voce era evidentemente un'ottava più in alto, mentre Marinette la guardava contrariata.
'Stanno litigando? Ma loro due non litigano mai!' fu il semplice pensiero di Adrien. Ed in effetti, neanche Nino gli avrebbe dato torto: quelle due si sostenevano sempre. Era quasi certo di affermare che non aveva mai assistito ad un loro litigio, per il semplice motivo che non era mai accaduto. Pertanto il fatto lo stupì non poco: la questione doveva essere molto grave, allora.
«Senti, qui non si tratta di essere o non essere una fan. Qui si tratta di fatti.» affermò decisa Alya, fissando Marinette negli occhi, completamente sicura di ciò che stava asserendo. «Ladybug, più e più volte, ce l'ha fatta da sola. Senza l'aiuto di Chat Noir.» cominciò piano, scegliendo le parole adatte. «Non sto dicendo che lui non dia il suo appoggio, anzi, sai che sono la sua fan numero uno! Però Ladybug è determinata, tanto da riuscirci senza nessuno.» finì poi convinta che Marinette avrebbe, come suo solito, accordato con lei e quella conversazione sarebbe finita lì.
Era quello che si aspettavano tutti. Perfino Adrien e Nino, che nel loro silenzio avevano prestato attenzione da pochi metri all'acceso dibattito.
Sarebbe successo, se solo Marinette non avesse risposto, decisa, a tessere le lodi del suo partner. «No.» affermò la ragazza, sentendo il suo cuore batterle a mille. Avrebbero potuto parlare e straparlare di lei, dire che era soltanto un'incapace, che non rassicurava i parigini affinché si sentissero protetti, finanche che non si meritava di svolgere quel ruolo. Ma mai, fintantoché era nel suo campo uditivo, avrebbero potuto screditare Chat Noir. Lo sapeva lei di cosa era capace il suo compagno, poiché lo conosceva bene, e seppure fosse dovuta andare contro la sua migliore amica, l'avrebbe fatto. Non l'avrebbe mai calunniato, non lui. «Odio andarti contro Alya, non voglio che te la prendi.» iniziò Marinette, sospirando. «Ma su questo punto non ti posso dare ragione. Ladybug e Chat Noir sono una squadra. E questo significa che lavorano insieme. Ladybug non potrebbe mai fare a meno di Chat Noir, e neppure lui di lei. Se non ci fosse uno, non ci sarebbe neanche l'altra. E prima che continui, ti voglio far notare una cosa: se anche Chat Noir, come dici tu, non fosse d'aiuto fisicamente, cosa che io ritengo falsa, devi considerare un altro punto di vista.» Ormai era nel vivo del discorso, anche chi era appena entrato a questo punto stava ascoltando. E quello più travolto, chiaramente, non poteva essere che Adrien, il diretto interessato.
«Lui supporta giornalmente Ladybug. Conosci meglio di me quello che accadde nel loro primo giorno da supereroi, hai ripreso tu stessa la scena. Lei si stava quasi per arrendere, ma Chat Noir, puntualmente, si è rivelato essere un ottimo partner. L'ha incoraggiata. Forse, se non fosse stato per lui, Ladybug non avrebbe continuato...» e a questo punto si fermò per poco, perché l'idea di non essere una supereroina ormai la straniva e turbava. Da quando aveva accettato l'incarico, nonostante le responsabilità che gravavano sulle sue spalle, le si era aperto un mondo nuovo, senza cui non avrebbe provato quell'adrenalina, che accendeva un fuoco in lei, e allo stesso tempo la stava aiutando a conoscere altri aspetti di sé.
«E io, personalmente, lo stimo. Immagina com'è essere considerato l'aiutante di Ladybug da certi, non sentirsi appagato completamente a causa di quelle persone che non gli riconoscono il merito. Ma in realtà lui non se n'è mai lamentato, e, speriamolo, nemmeno mai accorto. Perché lui ama il suo compito...ed è indispensabile. Alla pari di Ladybug.» sentenziò infine, facendo un lungo sospiro di sollievo.
L'aveva detto e ne era contentissima. Forse aveva implicato qualche dettaglio che solo chi ha vissuto l'esperienza in prima persona può capire, ma probabilmente, quelle piccolezze si erano celate, latenti, nella totalità del discorso. O almeno fu quello che si augurò la ragazza, quando, finito di parlare, un silenzio tombale calò nella classe. Uno di quei silenzi che lascia percepire tutto, persino il brontolio di uno stomaco, persino il sussurro della voce più bassa del mondo. Si sentiva addirittura il respiro dei ragazzi più affannati, arrivati per ultimi forse in seguito a una corsa fino alla classe. Non ci si stupisce perciò, che un lieve rossore si fosse diffuso sul volto di Marinette, sprofondata nell'imbarazzo più totale, che sebbene fosse sicura di non aver sbagliato a esprimere il suo pensiero, si domandò se non l'avesse fatto nel modo errato. Voce troppo alta? Troppo aggressiva? Aveva detto qualcosa che implicava la sua doppia identità? Sembrava avesse una cotta per Chat Noir?
Davvero non capiva il suo errore. Eppure pensava di aver parlato in modo giusto.
Nel giro di pochi secondi, essendosi guardata intorno, aveva poggiato lo zaino sul banco, e aveva pronunciato uno «Scusate...» sommessamente, uscendo dalla classe con fare frettoloso. Non sapeva dove andare, ma di certo non potevano continuare a fissarla per l'eternità.
Gli altri la osservavano ancora quando lei uscì. Ma siccome quello che restò nella loro visuale fu la porta, iniziarono a guardarsi intorno, e pochi momenti dopo qualcuno aveva rotto il ghiaccio, e tutti avevano iniziato a conversare. Alya si girò verso Nino e un Adrien paralizzato. Tuttavia non lo notò, e rivolse la parola al suo fidanzato. «Cavolo, ha preso la questione proprio a cuore. Eppure, devo riconsiderare la mia opinione: in effetti non ci avevo mai pensato.» Nino le sorrise caldamente e le appoggiò una mano sulla spalla. «Non ti preoccupare, farete pace appena tornerà.» Alya gli diede un bacio sulla guancia. «Sì, ne sono sicura.» gli disse, e in seguito si sedettero ai propri posti, continuando a parlare per conto loro.
Adrien sentiva il cuore battere forte, non aveva parole e non riusciva a formulare pensieri coerenti. Si poteva dire, infatti, che non aveva mai saputo ciò che Marinette pensava di lui quando era Chat Noir. O meglio, forse sì, ma il parere della ragazza, mischiato ai balbettii che solevano accompagnare i suoi discorsi con lui, non gli avevano permesso di farsi un'idea precisa su quello che pensava. Quello che lo stupì maggiormente però, fu il peso delle sue parole nei suoi confronti, e fino a quel momento non aveva mai ammesso a se stesso, o forse mai capito, quanto dipendesse dalle labbra di quella ragazza, e quanto la sua idea contasse per lui, ma se si sentiva così... scosso, così soddisfatto di essere nelle grazie di Marinette, significava che gli importava molto.
Fu proprio la gratitudine, o forse il fatto che se n'era andata da sola, che spinse Adrien ad andare a cercarla. Dopotutto la lezione sarebbe iniziata in quindici minuti; poteva trovarla e persuaderla a ritornare in classe. L'impresa non fu difficile, fortunatamente, poiché non si era allontanata molto, e comunque non poteva: la lezione stava per iniziare, probabilmente non voleva assentarsi. Seduta sulle scale, teneva la testa sui polsi con un piccolo broncio, che Adrien si ritrovò a pensare fosse molto carino, e le si approssimò. Si chinò sulle ginocchia, appena dietro di lei, picchiettando un dito lievemente sulla sua spalla. Lei sussultò, fece un piccolo verso strozzato, e si mise in una buffa posizione di difesa.
Adrien si mise a ridere, cercando di contenere le risate posizionando una mano sulla bocca. Quella esclamò «Adrien!» per poi sospirare di sollievo, dato che si era spaventata. Il ragazzo attenuò le risate, continuando a sorridere e sedendosi sul gradino vicino a lei. Ma quando rincontrò i suoi occhi, ricominciò a ridere. La ragazza non poté far altro che seguirlo, beandosi di quella meravigliosa risata. Smisero dopo un po', asciugandosi le lacrime che sgorgavano dagli occhi. Non era un mistero che Adrien avesse iniziato ad apprezzare Marinette nelle sue stranezze, che strano a dirsi, cominciavano a piacergli sempre più.
«Hey.» il sorriso di Adrien abbagliò la giovane, che riuscì a ricambiare il saluto in modo passabile. Adrien aveva voglia di dirle tante cose; quanto la apprezzava, sia per quello che aveva detto su di lui, ma anche perché aveva espresso la sua sincera opinione, senza pensare alle conseguenze, cosa non da tutti. Che non doveva essere triste, ché nessuno se l'era presa ma semmai aveva indotto qualcuno a pensarci due volte prima di dire cose insensate. Che era stata determinata, che se la poteva sollevare di poco, a lui era piaciuta, in tutti i sensi. Che non si doveva sentire imbarazzata per quell'ambiguo silenzio insensato, ché era segno che avesse colpito tutti, compresa Chloè, che avrebbe sicuramente ribattuto contro di lei.
Questo turbine di pensieri si diffuse intorno Adrien, che arrossì di un'emozione che non riuscì a definire. Aprì bocca e stava per parlare, senonché si udì un urlo improvviso da qualche parte nella scuola. I due eroi erano abituati, sapevano cosa stava a significare. Adrien aiutò Marinette ad alzarsi, e iniziarono a correre per nascondersi e trasformarsi. Ma non andò tutto secondo questi piani. Il preside Damocles uscì dal suo "covo", come gli studenti avevano iniziato a chiamare in forma giocosa il suo ufficio dopo essere venuti a conoscenza della sua passione smisurata per i gufi, e andò verso di loro. «Non potete stare qui, giovani!» esordì tutt'a un tratto, fermandoli dalla loro corsa. Guardandosi intorno, sembrò illuminarsi. «Ecco, state qui! Non temete, il gufo vi terrà al sicuro!» strillò poi, spingendoli di forza dentro a uno sgabuzzino dove il bidello teneva i suoi strumenti. Quello chiuse la porta celermente, bloccandola con una sedia. In seguito si poté sentire il richiamo tipico del gufo, e dei passi che indicavano che sarebbe andato "al salvataggio" di altri studenti. «Signor Damocles!» gridò Marinette, in preda al panico più totale. Maledizione! Come avrebbe fatto a trasformarsi davanti ad Adrien? Avrebbe scoperto la sua identità segreta, sarebbe stato un guaio! Lo avrebbe messo in pericolo nemmeno volendolo!
A sua insaputa Adrien stava pensando alle stesse identiche cose, sbalordito quanto lei. «Preside Damocles!» provò poi anche Adrien, ma quello doveva essere già andato via. Vide Marinette grugnire, scivolando a terra piano. La luce era soffusa, eppure distingueva bene i tratti delicati della ragazza. «Spero solamente che Chat Noir arrivi presto.» si lasciò sfuggire Marinette, mentre Adrien sospirava. «Beh, potrebbe arrivare prima Ladybug.»
La situazione era talmente assurda da far spavento: i due supereroi di Parigi, rinchiusi in un ripostiglio, che aspettavano che l'altro arrivasse a salvarli poiché loro erano bloccati. Pazzesco.
Adrien si permise di cadere al suolo, posizionandosi accanto alla ragazza. Si era intristita ancor di più, per chissà quale insensato motivo, incastrando il capo tra le gambe esili. Doveva fare qualcosa. «Marinette?»
«Dimmi.» sussurrò lei, alzando di poco lo sguardo. «Prima stavo per dirti che...» sperava sinceramente che questo l'avrebbe tirata su di morale, sebbene fosse solo il suo modesto parere. Ma il fatto che fosse il diretto interessato faceva sì che le parole gli uscissero direttamente dal cuore. «...ho apprezzato ciò che hai fatto in classe.» lo guardò in modo strano, non capendo a che si stesse riferendo. «Di cosa parl- Oh! Quello? Ma sì, una cosa da niente. Era solo la mia opinione, in fondo...» si sminuì con un gesto della mano. «Ma che dici? Cosa da niente? È stato fantastico!» esclamò il ragazzo con gli occhi che brillavano. La giovane sgranò gli occhi, manifestamente confusa da quella reazione. «L'hai difeso con tutte le tue forze! Ti sei fatta valere e tutti sono rimasti incantati!» La determinazione era uno dei pregi che amava di una persona. Gli piaceva quel tratto anche della stessa Ladybug, e ogni volta ne rimaneva stregato. Pertanto vedere la sua amica Marinette difendere la sua persona così appassionatamente lo aveva quasi mandato in tilt.
A Marinette mancò un battito quando Adrien si girò verso di lei, richiamando la sua attenzione e prendendole la mano. Com'è naturale, arrossì violentemente. «Si sono tutti zittiti perché erano colpiti. Non hai fatto nulla di sbagliato, anzi. Sono sicuro che Chat Noir te ne sarebbe grato.»
Improvvisamente si avventò su di lei, un sorriso ampio sul volto. «Ma farò le sue veci. Grazie.» mormorò dolcemente nel suo orecchio, mentre Marinette, ripresasi dal suo shock, ricambiò l'abbraccio. Il suo odore gradevole le stava inebriando i sensi, e quella stretta la faceva sentire al sicuro, come fosse a casa. E molto probabilmente, si trovava a casa.
Se però in quel momento si era calmata, l'ansia prese il sopravvento quando sentirono altre grida dal corridoio. Non potevano stare lì ancora a lungo. Un'akuma si stava scagliando su Parigi, dovevano trovare una soluzione per uscire da quel luogo angusto. La ragazza scattò in piedi, agitata nell'anima, e sbatté i pugni sulla porta. «Fateci uscire di qui!» Quella reazione scatenò in Adrien un dubbio. «Marinette... per caso hai paura?»
Lei sgranò gli occhi, ricomponendosi. «Cosa? No- cioè sì- cioè forse un pochino...» non doveva sembrare che volesse uscire a tutti i costi. Adrien sorrise e l'abbracciò piano. «Tranquilla, non sei da sola.» Quella rassicurazione bastò alla giovane per calmarsi un po'. «Ma è vero, non possiamo rimanere qui per sempre.» Ora, Adrien ci aveva ponderato. Non era una decisione da poco, avrebbe avuto delle conseguenze. Sarebbe potuta andare male, malissimo. Avrebbe potuto fare un casino, pentirsi per l'eternità. Ma cos'era quello in confronto all'incolumità di Parigi? Non era sicuro che Ladybug fosse già sul posto, non l'avrebbe potuto predire nemmeno volendolo. Una era la possibilità, che però dopo quel discorso, non temeva poi così tanto.
«Marinette, ti devi fidare di me. Ti prometto che andrà tutto bene, ma... tutto questo deve restare un segreto.» Nella ragazza si accese un allarme. La scelta di parole, così familiare perché aveva pensato lei stessa di usare quella frase pochi minuti prima, stava insinuando in lei un sospetto paradossale. Ma che paradossalmente, aveva senso.
«Spero che tutto questo non cambierà le cose.» fu l'ultimo augurio che si fece Adrien, prima che una luce verde lo mutasse nel supereroe di Parigi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro