Epilogo II
Christopher's POV
I found a love, to carry more than just my secrets
To carry love, to carry children of our own
- Papà, ma il cielo si può toccare?
La piccola Taylor mi guarda dal basso dei suoi cinque anni, con la testolina bionda rivolta verso l'alto e i grandi occhi azzurri attenti.
- No che non si può toccare, scemotta. Ma ti pare? - risponde Olivia, più grande di tre anni e già una piccola saputella intenzionata a diventare qualcuno di importante nel mondo.
- Olivia, devi essere gentile con tua sorella. - la riprendo.
La domanda in realtà non è così banale.
Potrei risponderle che nel cielo ci muoviamo, respiriamo e che lo attraversiamo, ma non a livello delle nuvole. Oppure potrei dirle che non vedremo mai il nostro dito toccare il cielo come se fosse un lenzuolo azzurro su cui si vede la traccia.
- Chris, siamo pronti per partire? Sai che Jamie impazzisce se non arriviamo entro pranzo. - si intromette Joyce, con gli occhi ficcati nella borsa a controllare che ci sia tutto.
Quando alza il viso, incontra il mio sguardo.
Sorrido.
Mi sorride di rimando, istantaneamente più rilassata, e prende Olivia per mano, mentre io faccio salire Taylor sulle mie spalle.
È piccolina, molto tenera e gentile. Le sue maestre dicono che la adorano tutti.
Olivia invece è più furbetta, ma ha un animo buono e sono orgoglioso anche di lei.
- Su, salite in macchina. Ci aspettano due ore di viaggio. - incita Joyce.
E Joyce è mia moglie.
Potrei dire di amarla e adorarla, ma nessuna di queste parole renderebbe l'idea. Quello che provo per lei supera le parole.
Ogni bacio, ogni carezza, è la chiave di una delle infinite porte che aprono il mondo che c'è dietro quello che siamo.
Allaccio la cintura ad entrambe le mie figlie e mi metto alla guida dell'auto, con Joyce di fianco.
- Papà, siamo arrivati? - domanda Taylor, dopo appena tre minuti che viaggiamo.
- Ecco che cominciano. - Joyce sbuffa un sorriso.
Lo facevo anch'io alla loro età.
In macchina non c'è molto da fare, solitamente, e i bambini si annoiano in fretta.
- Facciamo il gioco delle tre domande! - propone Olivia.
- Che cos'è? Che cos'è? Che cos'è? Che cos'è? - domanda a raffica la sorellina.
- Ognuno fa tre domande, una a ciascuno dei presenti. - spiego, con gli occhi sul cartello stradale che indica cinque direzioni.
Prendo la svolta per New York, in modo da scegliere in seguito la frazione che ci ha indicato Jamie come location per il suo matrimonio.
Mi riesce difficile pensare che ha ventidue anni e che sta per sposarsi. Insomma, quando è diventata così grande?
Fino a ieri era la mia sorellina dai capelli rossi che smaniava per le fate.
- Comincio io! - scatta Olivia, precedendo Taylor.
In risposta la sorellina si lagna.
- Calme, c'è tempo per tutti. - mi intrometto.
Lancio un'occhiata a Olivia tramite lo specchietto retrovisore.
Si getta i capelli scuri dietro le spalle e fa un sorrisetto di vittoria.
Sembra proprio Joyce quando ottiene quello che voleva.
- Iniziamo con mamma... Quando hai incontrato papà per la prima volta, che cosa hai pensato?
Joyce mi lancia un'occhiata, in automatico.
Ci pensa su un secondo, poi ridacchia.
- Gli sono andata addosso per sbaglio nel corridoio della scuola e mi sono caduti dei libri. Lui me li ha raccolti e io non l'ho neanche ringraziato, come mi ha rinfacciato dopo. Comunque, ho pensato che fosse molto bello e mi sono chiesta perché non l'avessi notato prima... - rivela, maliziosa.
Riderei anch'io, se non fosse che quando l'ho ritrovata poco dopo stava piangendo tra le braccia di Ben Bowers.
Penso che non dimenticherò mai quella scena.
- Ma è stato amore a prima vista? - domanda Taylor, innocente.
- Non è ancora il tuo turno. - la zittisce Olivia.
- Ma io...
- Non lo so... Non ho mai capito quando mi sono innamorata di papà. - ammette Joyce, sempre sorridendo.
- Papà, questa domanda è per te: mamma aveva una fila lunga di ragazzi ai suoi piedi o tu eri l'unico?
- Meglio cambiare domanda, tesoro. Potrebbe diventare una cosa molto lunga da raccontare. - la interrompo, con un tono di voce di scuse.
- Ma io voglio sapere... - borbotta Olivia.
- Anche io! Anche io! Anche io! - salta su Taylor.
Joyce mi guarda con sfida.
Sospiro, rassegnato.
- Dovete sapere che mamma non è sempre stata così bella come la vedete ora. - inizio.
- Ah no? - fanno le bambine, stupite.
- No, lo era anche di più, esteticamente.
- Che cosa vuol dire? - domanda Taylor.
- Vuol dire che fuori era ancora più bella di adesso. - spiego.
Lei annuisce, attenta.
Olivia ha gli occhi puntati su di me.
- Le ragazze molto belle hanno sempre tanti ammiratori, lo sapete. Alcuni sono segreti, altri escono subito allo scoperto. Siete d'accordo?
Fanno cenno di sì con il capo.
- Ecco. Quindi mamma aveva tanti ammiratori. In particolare, ce n'erano due molto molto appiccicosi, che le stavano sempre intorno e mi davano molto molto fastidio.
Joyce alza gli occhi al cielo e sulle sue labbra nasce un sorriso, come per dire "ancora?".
- Però a mamma non piacevano, vero? Mamma amava solo te. Lo dice sempre. - asserisce Olivia.
- Mamma amava solo me, certo, ma quei due erano proprio ostinati e non si davano per vinti.
- Che cosa vuol dire "ostinati"? - chiede Taylor.
- Indica qualcuno che non vuole arrendersi.
La piccola annuisce e tutte aspettano che io prosegua.
Nel frattempo controllo di stare sulla direzione giusta, grazie al navigatore.
- Avete mai fatto a botte? - domanda Olivia.
- Con uno sì. Se l'è prese di santa ragione. - rido al ricordo.
Ah, quanta soddisfazione quel giorno! Quella faccia da strafottente del cazzo mi aveva proprio esasperato.
Le bambine scoppiano a ridere, Joyce a malapena si trattiene.
- Pensate che questo qui era talmente ostinato che mi ha portato via mamma per quasi tutta l'estate quell'anno. - racconto.
Loro fanno "ooh".
- Perché? Mamma amava te!
- Mamma era confusa... Ha pensato bene di andare in Inghilterra a divertirsi per un po' e lasciare tutto il resto da parte. - rispondo, lanciando qualche frecciatina nascosta.
- Mamma non aveva tutti i torti, se non sbaglio. E quel viaggio l'ha aiutata a risolvere un bel po' di cose. - replica infatti lei.
Ricorderò per sempre quell'estate.
Sua madre aveva messo in stand-by la nostra partenza, corrompendo non so come mio padre, e io sono rimasto per due mesi e mezzo come un coglione ad aspettare che la signorina prendesse in mano la sua vita.
Che agonia.
I pomeriggi non passavano mai.
E quando è tornata, l'agonia ha toccato il culmine con una scarica di ansia insostenibile.
Finché mi ha detto tutto quello che avevo sognato di sentirle dire per mesi.
"Ti amo e senza di te non voglio stare. Costi quel che costi, ci riproveremo. Stavolta niente segreti, niente terzi incomodi, niente di niente. Solo noi."
A quelle parole l'ho afferrata e l'ho stretta forte tra le mie braccia. Volevo quasi stritolarla per quanto ero felice.
E l'ho baciata.
L'ho baciata talmente a lungo che quando mi sono staccato da lei il tramonto era finito da un pezzo e le stelle brillavano in cielo.
Mi aveva raccontato dei cugini di Bowers, del campo estivo organizzatissimo e pieno di attività divertenti. Mi aveva raccontato di come avesse prestato più attenzione ad altri ragazzi che non a Bowers per fargli capire qual era il suo posto. Mi aveva raccontato di come si sentiva cattiva a trattarlo così, ma che non vedeva altre strade.
Io sentivo, però, che avrei riso solo quando li avessi visti insieme nello stesso luogo, con me presente.
- Quando siamo tornati a scuola per l'ultimo anno, la prima cosa che ho fatto è stata baciarla davanti all'amico geloso. - rido sotto i baffi.
Anche le bambine si mettono a ridere.
- È stato crudele da parte tua. - mi ricorda Joyce.
- Sì, ma non sai quanto ci ho goduto.
__________
Questo era il secondo epilogo, a sé stante dal primo: Jamie si sta per sposare e Joyce e Chris, varcata la soglia dei trenta, hanno due bambine.
Domani sapremo cosa ci riserva la terza possibilità. Ipotesi?
Love you 🍭
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