Tazapper
Fa davvero troppo caldo per essere febbraio.
Dovrebbe esserci il gelo, il freddo, magari pure la neve, invece il sole è alto nel cielo e si toccano i venticinque gradi.
Beh, grazie surriscaldamento globale.
Manuel detesta il caldo: gli rende la pelle appiccicosa, si sente soffocare. Preferisce di gran lunga il freddo, almeno può coprirsi e contrastarlo in qualche modo.
Col caldo non può farci niente e già ha gli incubi se pensa all'estate imminente - più o meno.
Adesso se ne sta parzialmente sdraiato sul divano di casa, a fissare una serie tv Netflix che ha fatto partire quindici minuti prima in lingua spagnola - dato che si è fissato e vuole impararla, quello gli sembra un ottimo metodo, insomma; tuttavia, non sta davvero seguendo gli attori in scena, anche perché ne ha scelta una dalla trama non sussistente, dove i protagonisti sono mezzi nudi senza un motivo per la maggior parte del tempo.
Perlomeno è un belvedere.
È spossato e pure un po' addormentato a causa della temperatura elevata, ragion per cui non si accorge - o lo fa con lieve ritardo - di Simone che gli si sdraia accanto.
È più facile realizzarlo quando quest'ultimo posa le labbra sulla linea della sua mandibola, mordicchia piano la pelle, poi scende sul lato del collo, compiendo i medesimi gesti.
Un gemito sommesso abbandona la bocca di Manuel, seguito da un lungo sospiro. Sta apprezzando, certo - ovvio, il tocco di Simone è quanto di più elettrizzante e appagante abbia mai provato.
Il punto è che - come detto prima - fa caldo e questo gli toglie la voglia e ogni spirito di iniziativa.
Per cui «E daje, Simó» si lamenta. «Se more oggi».
Simone ha il viso affondato nell'incavo del collo del compagno; non ha intenzione di smettere, non presto, per cui quelle parole non lo scalfiscono, non lo rallentano neppure. Anzi, comincia pure a toccarlo, sulla coscia, attraverso il tessuto sottile dei pantaloncini rossi che ha addosso. Le sue dita scorrono piano sotto al cotone, lo tirano appena.
«Simó...» grugnisce ancora Manuel.
Di nuovo, però, non ottiene nulla, se non Simone che si scosta, scivola verso il basso e si ritrova in ginocchio sul pavimento.
Quindi c'è Manuel mezzo sdraiato sui cuscini del divano, con quel pantaloncino rosso e una canotta bianca, e Simone a terra, tra le sue gambe divaricate. Si guardano sottecchi. Manuel sospira sommessamente perché - forse - ha intuito ciò che sta per succedere, volente o nolente; che se non fosse per il caldo, avrebbe reagito in maniera ben diversa, avrebbe ribaltato la situazione in poco tempo e lo avrebbe preso su quel divano.
O sul tavolo.
O direttamente sulle mattonelle.
Insomma, sono diventati piuttosto fantasiosi nell'ultimo periodo e, soprattutto, hanno sperimentato molto, si sono scoperti, a poco a poco.
Superato l'ostacolo - se così si vuole chiamare - del segreto delle fantasie reciproche, più niente li ferma.
O quasi.
Sono entrambi molto più spigliati, con più iniziativa; Simone è quello più disinibito tra i due, anche spesso perde le redini a causa di ciò e si lascia andare fin troppo.
In quel momento, non è una sorpresa ciò che accade.
Un sorriso compiaciuto si delinea sul volto di Simone: mantiene una mano sul cavallo dei pantaloni del compagno e percepisce già il suo membro turgido sotto al palmo - e ancora non ha fatto nulla di concreto.
L'effetto che hanno l'uno sull'altro è devastante, in ogni senso possibile: sia fisico che emotivo.
Sono due esseri legati a filo doppio, anima e pelle.
Cuori che si fondono, corpi che si incastrano.
Simone tira giù il cotone del pantaloncino insieme a quello del boxer. Scopre l'erezione dell'altro ragazzo che, come appurato, è già presente. Gli è sufficiente abbassarsi di poco col busto per accoglierla in bocca: dapprima, schiocca un bacio soltanto sulla punta morbida, poi la ingloba, muovendo il capo e facendola arrivare fino a grattargli la gola.
È decisamente migliorato in un simile atto: ricorda le prime volte in cui ci si è cimentato, rischiando di soffocare; adesso, spesso, arriva a non avere più fiato di proposito poiché ha scoperto che piace ad entrambi.
Quella mancanza di respiro controllata gli fa formicolare braccia e gambe.
Incava le guance e comincia a muovere la testa su e giù, con le labbra che scivolano lungo la pelle sottile del suo membro turgido. Con una mano mantiene la base, con l'altra va solleticare i testicoli con la punta delle dita.
Manuel ha fatto calare le palpebre e ha serrato la mandibola. La sua bocca si schiude, rilasciando un gemito sommesso. Quando riapre gli occhi - solo un filo - ha la vista appannata. Non ha molta importanza.
Allunga una mano, la va ad infilare tra i ricci scuri del compagno, glieli tira indietro scoprendo la fronte e accordando i suoi movimenti, quella cadenza regolare che lo sta sottoponendo ad una deliziosa e soave tortura dalla quale non vuole sottrarsi.
Simone si distacca per una frazione di secondo, per riprendere a respirare. Incatena il proprio sguardo a quello del compagno. Ha il fiatone. Sfrega una guancia contro l'erezione sempre più piena.
Di proposito, mantiene il contatto visivo come a sussurrargli e intimargli solo io ti faccio sentire così, voglio essere solo io a farti sentire così.
E questo, Manuel, purtroppo lo sa. È quasi al culmine, il basso ventre gli formicola. In un certo senso, si prepara all'esplosione dell'orgasmo, se non fosse che Simone passa la lingua su una piccola nervatura presente sul proprio pene e dopo, indifferente, si scosta e si rimette in piedi con uno scatto.
Manuel rimane inerme sul divano, con un'erezione pulsante in mezzo alle gambe che non è stata soddisfatta e l'espressione di disappunto che gli si dipinge in faccia, ad osservare l'altro ragazzo che si allontana come se nulla fosse e si dirige verso il frigo per raccattare una bottiglia d'acqua. «Simó?» gracchia. «Che stai a fa'?».
Simone mantiene la bottiglia di plastica da mezzo litro tra le mani. Ne beve un sorso senza servirsi di un bicchiere - anche se sa che al compagno dà fastidio una cosa del genere, in particolar modo dopo ciò che è appena successo tra di loro. «Cosa?» esclama. «Hai detto che hai caldo».
«Stai scherzando?» la voce di Manuel si spezza.
Simone scrolla le spalle. «No?». Sa quanto quello sia un gesto dispettoso - e, difatti, è quello il suo intento: dargli fastidio.
Un briciolo si è offeso a causa del velato rifiuto per il caldo e un po' ha colto la palla al balzo per provocarlo.
Dato che è consapevole di ciò che accade quando lo provoca.
È un gioco studiato che tra loro va avanti da un paio di mesi.
Manuel si lascia scappare un grugnito infastidito, mentre si tira su boxer e pantaloni. Ha una mezza intenzione di finire da solo, ma lascia perdere - non sarebbe lo stesso, oltretutto. «Quanto sei stronzo» sbuffa.
«Io?».
«Eh, vedi qualcun altro?». Sbuffa ancora, si alza in piedi. Non vuole fargli notare che l'orgasmo non concesso lo ha irritato particolarmente.
O forse vuole.
Muove qualche passo distratto fino a che non lo raggiunge e può chiudere la porta del frigorifero con una leggera spinta con una sola mano. I suoi occhi si riducono ad una fessura mentre scruta l'altro ragazzo e analizza i suoi tratti, il suo sguardo languido, due pozze scure che gridano innocenza e colpevolezza.
È sempre così.
Quando ricoprono quei ruoli, quando si accingono a diventare Dominatore e Sottomesso, sono quelle le maschere che indossano.
Simone sorride disinvolto. Ha ancora la bottiglia di plastica in mano, la stringe con le dita ed imita su di essa quel movimento che potrebbe compiere sul membro non soddisfatto di chi gli sta di fronte ora. Lo provoca di nuovo, in quel preciso istante, inclinando il capo su di un lato.
«Te stai a divertì?» esclama Manuel. Il suo tono di voce risulta più autoritario rispetto a poco prima. Simone annuisce e «Seh» biascica. Si sono avvicinati, nel frattempo: pochi centimetri separano i loro visi.
«Ah, me vojo divertì pure io, però».
Sogghigna e si protende in avanti quel che basta per poter leccare prima il suo mento, in seguito le labbra. Lo fa in maniera lenta, appena dolorosa, al fine ultimo di indurlo ad una reazione che entrambi conoscono. Non crede di averne mai abbastanza. Si ingegna sempre molto sotto quel punto di vista, come se dovesse per forza apparire come un alunno indisciplinato che necessita di essere messo in riga.
Ecco, probabilmente quella è una delle fantasie che più lo stuzzica. Magari, un giorno, gli chiederà di fare un vero e proprio gioco di ruolo. Si è informato pure su quello.
Manuel freme e cerca di trattenersi per quanto gli sia possibile. Il petto gli trema e i peli sulle braccia si rizzano a causa di un brivido che gli corre lungo la schiena. «Simó...» soffia.
Simone intrappola tra gli incisivi il suo labbro inferiore: lo fa piano, senza stringere troppo; lo libera in seguito da quella blanda presa e «Camera?».
«Camera».
La camera da letto è stata modificata negli ultimi mesi, un po' per esigenze pratiche - come i cassetti dei comodini che si sono rotti - un po' per gusto personale.
Ad esempio, di recente hanno comprato un armadio a quattro ante composto da specchi: è stata una lotta averlo, dal momento che Manuel sosteneva fosse scomodo, che si sporcasse subito e avrebbero dovuto essere sempre pronti a pulirlo. Tuttavia, ricorda molto bene il giorno al mobilificio: mentre lui elencava i motivi per cui l'armadio non andasse bene, Simone gli si è avvicinato e gli ha sussurrato poche parole ad un orecchio.
Dieci minuti dopo, si sono ritrovati alle casse a pagare l'armadio con quattro specchi.
Ecco, in tal momento ringrazia quel giorno e la decisione presa: avessero avuto ancora i mobili vecchi, ora non potrebbe mettere in atto ciò che gli balena in testa.
Manuel ha trascinato Simone dentro la loro stanza dalle pareti bianche, con un lampadario argentato che scende dal soffitto e si apre al pari di tanti rami di un albero - una roba artistica regalata da Dante per la loro prima casa insieme.
Lo conduce davanti ad una delle ante - la seconda, a partire da sinistra - e «Appoggia i gomiti lì» gli ordina. Ha già assunto il ruolo preposto, non perde tempo.
Simone ridacchia: «N'hai paura se sporchi?» lo prende in giro. Manuel gli rivolge un'occhiata rapida e truce. «Se sporca di più tra 'n po'» replica, schioccando la lingua sul palato. «Muoviti».
Obbedire rimane l'unica soluzione e Simone è ben lieto di farlo. Si posiziona davanti la superficie riflettente, in piedi, con le braccia piegate e i gomiti che vanno ad appoggiarsi su di essa. È ancora del tutto vestito - sebbene pochi indumenti gli stiano ancora addosso: un pantalone della tuta in cotone grigio e una t-shirt bianca, nulla di più.
Tenta di girare il capo, di torcere il collo affinché sia abbastanza per vedere oltre le proprie spalle. È a tal punto, tuttavia, che la voce del compagno tuona: «Guarda dritto davanti a te, non te devi girà».
Quel tono severo e autoritario scaturisce in Simone un brivido di eccitazione che scorre lungo tutta la sua schiena e arriva dritto al basso ventre.
Torna a fissare il proprio riflesso. Nota che è accaldato e una goccia di sudore gli scivola dalla tempia, sulla guancia e poi sul mento. Ora è lui ad avere decisamente caldo, però non a causa della temperatura elevata.
La sensazione aumenta in maniera esponenziale quando percepisce l'altro ragazzo che gli è dietro, che gli posiziona entrambe le mani sui fianchi così da attirarlo a sé, facendo aderire perfettamente la propria schiena al suo petto - e non è l'unica cosa che sente poiché l'erezione di Manuel non è scemata, per nulla.
«Voglio provà a fa' 'na cosa» soffia quest'ultimo ad un suo orecchio, poco prima di mordicchiarne il lobo. «Ce stai?».
Simone ha gli occhi fissi sul proprio riflesso che, in quel momento, comprende anche la figura di Manuel che lo bacia piano sul lato del collo e ci strofina la punta del naso sopra.
Da quando hanno comprato quell'armadio con gli specchi, ha scoperto che gli piace guardarsi - mentre fanno sesso, ma pure in differenti situazioni, anche solo stare a letto insieme abbracciati, tra coccole ed eventuali grattini.
Forse un aspetto un briciolo narcisista, forse no. Non ne ha idea. Gli piace e basta.
Lo eccita quella scena: vedere Manuel che lo bacia, Manuel che lo tocca - sulla pancia, sotto la maglietta - Manuel che gioca con l'elastico dei pantaloni, che poi lo oltrepassa con la punta delle dita e gli sfiora i peli radi sul pube.
Simone socchiude le palpebre. Rilascia un sospiro che si mescola con facilità ad un gemito sommesso. «Me lo chiedi per davvero?» sussurra.
«Te devo chiede sempre tutto» replica Manuel. «Ma se diventa troppo...».
«Dico quella parola, lo so».
La safeword l'hanno cambiata, di recente: si sono informati meglio - non si smette mai di imparare in quel mondo - scoprendo di averne scelta una un po' troppo lunga per essere pronunciata in simili situazioni, per cui l'hanno accorciata in un semplice spazio.
Spazio funziona meglio.
Non hanno ancora avuto modo di utilizzarla - per fortuna - sebbene, una volta, Simone sia stato sul punto di urlarla per delle corde troppo strette che lo tiravano dalla spalliera del letto alla quale era legato.
Manuel ci tiene a ribadire il concetto ogni volta, prima.
Vuole esser certo che il consenso sia presente a trecentosessanta gradi e che il compagno non lo faccia giusto per accontentarlo - perché non funziona così, nel BDSM, anche quando sopraggiunge il punto estremo di dominanza e sottomissione, quando magari entra in gioco un velo di umiliazione; ogni cosa va fatta con logica e giudizio, non in maniera casuale, altrimenti nulla ha davvero un senso.
Ci vuole conoscenza, fiducia reciproca.
Questo lo sa Manuel, lo sa Simone.
Lo sanno entrambi.
«Okay» mormora Manuel. Stavolta la sua voce - per l'ultima volta - risulta più lieve e delicata. È quel momento da Manuel che si concede per un breve istante prima di immergersi del tutto in balia di sensazioni studiate, ricercate e curiose. Difatti, è la sua stessa espressione a cambiare: i suoi tratti si fanno più duri, abbandonano l'aria innocente da ragazzino che a volte assume nella vita da tutti i giorni e abbracciano quella del Dominatore; spesso gli risulta strano definirsi così, però non crede ci sia modo diverso per descrivere ciò che accade.
Per Simone è appena più facile vestire i panni del Sottomesso: crede di esserlo stato ancor prima di scoprire quella fantasia del fidanzato - beh, nel senso buono del termine, ovviamente, dato che per lui farebbe qualsiasi cosa (per davvero, visto che lo ha aiutato a rubare una macchina una volta - errori di gioventù).
Il punto focale è che Simone è legato indissolubilmente a Manuel e non importa cosa accada, non crede che quel tipo di relazione si possa spezzare. Non è una sorpresa, dunque, che anche il mondo del bdsm si sia fuso bene con loro, che non ci sia stato troppo attrito sin dalle prime pratiche.
Ci vuole una grande e immensa fiducia per esercitare qualcosa del genere e, se mai possibile, da quando si sono avvicinati a quella dimensione, essa è addirittura aumentata.
Simone ha ancora gli occhi chiusi quando sente i propri pantaloni venire abbassati ed è la stessa cosa che, in seguito, avviene con i boxer. È sufficiente un lieve tocco sui polpacci da parte dell'altro ragazzo per fargli sollevare i piedi uno per volta così da sfilare e scansare entrambi gli indumenti.
Immagina che il compagno sia dietro di lui, in ginocchio.
In effetti, non si sbaglia: Manuel ha assunto quella posizione, con le mani che si stringono attorno alle cosce muscolose di chi gli è davanti. Si protende in avanti per lasciare un morso gentile su uno dei glutei, quello destro.
È lo stesso punto che si tinge di un pallino rosso che poi, con un palmo aperto, schiaffeggia con più impeto.
Simone sussulta e spalanca gli occhi. Gli schiaffi - nel gergo tecnico, la pratica dello spanking - gli piacciono parecchio. Lo trova eccitante - come ogni cosa che riguarda Manuel, ma questo è un discorso differente.
«Non è stato carino non farmi venire» sibila Manuel - e altro colpo ben assestato, dalla parte opposta del sedere. «Sei stato cattivo».
Stringe entrambi i glutei tra le mani, lo fa con forza e pizzica la pelle con la punta delle dita. «Che succede quando fai il cattivo, Simó?».
Non sopraggiunge alcuna risposta, per cui, per ottenerla, Manuel fa schiantare ancora una volta una mano aperta sul sedere dell'altro ragazzo. Quest'ultimo sobbalza e i gomiti scivolano di qualche centimetro sullo specchio. «Mi punisci» soffia.
Le labbra di Manuel si curvano in un ghigno soddisfatto. «Oggi te lo meriti proprio, mh?». Si alza in piedi. Lui è ancora vestito, soltanto adesso si sbarazza della t-shirt che lo intrappola.
Simone lo scruta attraverso la superficie riflettente che ha davanti finché ne ha la possibilità. Si sforza di tenere lo sguardo fisso davanti a sé e dunque, quando l'altro esce dal proprio campo visivo, può affidarsi unicamente ai suoni che gli giungono alle orecchie. Tenta di decifrarli: c'è un cassetto che viene aperto - presume sia del comodino accanto alla finestra chiusa - ci sono i suoi passi, i piedi nudi che calpestano le mattonelle fredde.
D'un tratto, ogni rumore cessa.
Simone si distrae per una frazione di secondo. Scorge il proprio riflesso, il viso accaldato, le labbra schiuse, gli occhi spalancati.
Gli stessi occhi che si sgranano ancora di più quando una scossa elettrica lo colpisce sulla parte bassa della schiena. Un formicolio intenso gli scorre lungo tutta la spina dorsale.
«Cazzo» non lo trattiene, lo soffoca.
«Mica t'ho detto che puoi parlare» Manuel tuona. Tra le mani regge un tazapper. È uno dei loro ultimi acquisti, sul quale entrambi hanno avuto tentennamenti. In linea generale, hanno sempre utilizzato oggetti piuttosto innocui e passivi - corde, frustini, ball gag - cose su cui avere un diretto controllo.
Il tazapper è una novità. Un briciolo intimorisce tutti e due e quella è la prima volta che lo utilizzano.
Per quanto mantenga un'espressione seria e autoritaria, Manuel è molto cauto - anche se sa che la carica elettrica dell'arnese che regge tra le dita è bassa e regolata, non può causare danni ingenti.
«Allarga le gambe» ordina. Frattanto che l'altro obbedisce, lui si libera dall'ingombro dei pantaloncini rossi e dei boxer blu scuro. È l'unico ad essere completamente nudo.
Senza concedergli il tempo di realizzare ciò che sta succedendo, si siede a terra, si intrufola tra le sue gambe divaricate e finisce con appoggiare la schiena contro l'anta a specchio.
A Simone viene spontaneo abbassare lo sguardo per ritrovarselo sul pavimento, ai propri piedi. Quel minuscolo gesto gli costa una scossa sul lato della coscia.
«Non devi guardare» viene rimproverato. «Devi tenere gli occhi fissi in avanti, non me lo fa' ripetere».
Annuisce e torna a focalizzarsi sul proprio ritratto che comincia a stravolgersi. Di certo non è calmo: piuttosto eccitato, su di giri.
«Bravo». Manuel inclina il capo su di un lato. Allunga una mano e, con la punta delle dita, va a sfiorare il membro parzialmente turgido del compagno. «Vediamo quanto resisti tu mó, mh?» bofonchia. Da quella posizione, gli basta sporgersi qualche centimetro in avanti per posare le labbra sulla punta della sua erezione. «Non devi cadere, però» aggiunge. «Se cadi, poi è peggio per te».
A Simone scappa una risata gutturale, che cerca di soffocare e camuffare in qualche modo, soprattutto quando l'altro ragazzo accoglie in bocca il proprio membro turgido e inizia a succhiare piano; ogni suo movimento è lieve, calcolato, una dolce tortura dalla quale non vuole fuggire.
E non c'è soltanto la sua lingua che percorre ogni centimetro di pelle sottile, si aggiunge anche la mano che Manuel tiene libera che va a solleticare dapprima i testicoli con i polpastrelli, dopo si sposta per andare a stuzzicare quel sensibile anello di muscoli che ancora manca della giusta lubrificazione.
Nell'ultimo periodo, stanno usando pochi - se non nulli - mezzi esterni per evitare spiacevoli attriti; utilizzano saliva, tramite attento rimming. Non è sempre sufficiente, però, quindi comunque tengono un tubetto di lubrificante alla vaniglia nel cassetto del comodino - come tutto il resto.
Ogni fibra del corpo di Simone freme. Non è in grado di controllare i brividi che lo scuotono, le gambe che gli tremano, le palpebre che calano e...
«Oh, non devi chiudere gli occhi. Che t'ho detto?» strepita Manuel, non appena lo nota ed è subito pronto a impartirgli una scossa tramite il tazapper, stavolta premendolo contro l'interno coscia. «Ti devi guardare, Simone» rimbecca e, nel frattempo, lo masturba docilmente. «Devi vedere la faccia tua, son stato chiaro?».
Simone si affretta ad annuire, sebbene risulti difficile. Vorrebbe abbandonarsi a quel piacere che si mescola con un pizzico di dolore controllato, mentre la bocca di Manuel torna a lambire il proprio membro che ora pare addirittura pulsare e altre lievi scariche elettriche lo pervadono, sulle cosce, sui polpacci e sulla parte bassa dei glutei.
È complicato continuare a fissare il volto riflesso nello specchio, con i tratti che si tramutano in smorfie fin troppo eloquenti. Gli viene da chiudere gli occhi, ma poi si ricorda che non può.
E le scosse continuano, continua il tocco incessante di Manuel che ha la mano libera che vaga senza limiti e lo tocca sulla parte esterna di quell'anello di muscoli sensibili che è stato lubrificato con poca saliva; percepisce due dita insinuarsi dentro di sè.
Ha troppo da elaborare: la lingua di Manuel che tortura la propria erezione, il suo indice e medio che lo penetrano, il tazapper che lo fa sussultare in punti che nemmeno immagina.
Diventa tutto decisamente troppo.
Per quanto si sforzi di controllarsi, di rimanere stabile sulle gambe, di tenere le palpebre sollevate e di interpretare bene il ruolo del Sottomesso, in maniera inevitabile cede.
Cede quando cantilena «Spazio, spazio, spazio» e le ginocchia e le caviglie non reggono più il suo peso e lo fanno crollare a terra, a cavalcioni sulle gambe distese in avanti di Manuel. Quest'ultimo si affretta a fermarsi non appena la safeword gli giunge le orecchie. Si tira indietro e abbandona il tazapper sulle mattonelle fredde.
Simone nasconde il volto nell'incavo del collo dell'altro ragazzo. Le sue guance sono diventate rosse e un singhiozzo gli percuote il petto. Si aggrappa alle sue spalle, graffiandogli un po' la pelle nel punto che tocca.
Manuel lo percepisce tremare e non esita a stringerlo a sé, per tranquillizzarlo e rassicurarlo - come accade sempre, dopo.
L'aftercare è una delle parti fondamentali delle pratiche bdsm, sebbene adesso non abbiano davvero finito.
«Ehi, va tutto bene» sussurra, accarezzando la sua schiena nivea da sotto la maglietta di cotone. «È tutto okay».
Simone fa cenno di no con la testa. «Scusa, io...» singhiozza. «Volevo - durasse di più e...».
«Non fa niente».
«Ma non capisco...» biascica ancora e tira su col naso. Riesce a discostarsi un briciolo, ciò che è sufficiente per poter incrociare lo sguardo con quello del compagno. «Ho sopportato di peggio».
Manuel abbozza un sorriso. Gli sfiora una guancia con il pollice. «Beh, è un po' questo il bello» dice e la sua voce è calma e pacata. «E poi stavamo solo provando, no? La safeword serve a quello, quando arrivi al limite».
«Sì, ma...» Simone sta per obiettare ancora ed è a quel punto che Manuel lo mette a tacere con un leggero bacio sulle labbra; usa una delicatezza immane e innata, come se stesse maneggiando con cura del cristallo prezioso e fragile. «È tutto okay» ribadisce, con calma. «Ce la fai ad alzarti?».
La domanda appare addirittura ridicola a Simone poiché in quel momento si sente quasi un fallimento - forse esagerando - debole, qualcuno che poteva fare di più. Non obietta e non esterna nulla, però: piuttosto annuisce. In seguito, si rimettono in piedi uno dopo l'altro, lentamente, soltanto per raggiungere il letto e sedersi sul bordo del materasso.
Manuel non ci impiega molto a riprendere il contatto tra di loro, stringendogli entrambe le mani. Lo fissa col capo piegato su di un lato e un sorriso delicato sul volto. Vuole solo infondergli tranquillità.
Simone fatica a incrociare il suo sguardo; tiene la testa bassa e ha le spalle ricurve, i muscoli tesi. Si morde piano il labbro inferiore. «Manuel?» sussurra, col cuore che gli perde un battito.
«Mh-m?».
Ora Simone si sforza di far scontrare i loro occhi, grandi e lucidi a causa della poca luce della stanza, che viene da fuori e filtra attraverso le persiane chiuse.
«Ti devo ancora un...» fa per dire. La parola da pronunciare è abbastanza semplice, scontata; di norma, la esternerebbe senza problemi e non sa il motivo di tale esitazione.
D'altra parte, Manuel la comprende e afferra al volo. Gli sfugge anche una mezza risata. «Seh, me devi n'orgasmo».
Ridono tutti e due, con un velo di imbarazzo che stride con quanto accaduto poco prima. Ma è sempre così tra di loro: un miscuglio tra tensione sessuale e l'essere imbranati.
È un equilibrio stabile che descrive alla perfezione loro due.
Che descrive Simone e Manuel.
«Magari facciamo co' più calma, mh?» sussurra quest'ultimo, sporgendosi in avanti per depositare un bacio sull'angolo della bocca del compagno. «Pe' stavolta almeno».
Simone annuisce. Rimane fermo quando l'altro ragazzo si distacca e striscia sul letto al fine di raggiungere il solito cassetto del comodino, così da raccattare il tubetto di lubrificante alla vaniglia. Torna nella posizione iniziale dopo solo qualche secondo.
Con lentezza, sotto lo sguardo attento e devoto di Simone, Manuel sale sulle sue gambe e si mette a cavalcioni sulle sue cosce. Mantiene il piccolo contenitore di plastica tra le dita ed è lo stesso a cui toglie il tappo, versandone il contenuto su di un palmo.
Non smettono di fissarsi durante tutto il tempo: quando Manuel porta una mano verso il basso e si concede un'attenta preparazione da solo, frattanto che Simone gli accarezza la schiena, facendo scorrere i polpastrelli sulla sua pelle che si è fatta bollente.
Si guardano ancora quando, in seguito, Manuel abbandona il tubetto del lubrificante tra le lenzuola sgualcite, solleva il bacino e adagio si lascia penetrare, senza fastidiosi attriti. Rilascia un lungo sospiro nel momento in cui comincia a muoversi con cadenza regolare su e giù, già abituato a quella nuova, piacevole intrusione. Fa perno sulle ginocchia puntate sui lati dei fianchi dell'altro ragazzo e si aggrappa alle sue spalle.
Sono ancora davanti agli specchi delle ante dell'armadio.
Appena più distanti, ma Simone riesce comunque a scorgere le loro figure.
È un nuovo spettacolo che gli si presenta di fronte, dove c'è lui seduto sul letto, con le gambe divaricate e una maglietta sudata che gli ricopre il busto e poi c'è Manuel che lo sovrasta, che gli si muove addosso.
Ci sono i loro due corpi, i quali, come una solenne abitudine, si trovano e uniscono.
Simone si focalizza su quel riflesso, sulla schiena di Manuel che non ha smesso di accarezzare, sulla quale affonda docilmente le unghie e provoca dei segni rossi sulla pelle. Viene ammaliato da una simile visione.
Nel frattempo, i loro respiri si sono fatti affannosi. Il piacere sopraggiunge e aumenta in entrambi.
«Simó...» soffoca Manuel, giusto per richiamare l'attenzione. Non è un metodo che funziona - non subito - per cui deve scostarsi e costringerlo a fargli spostare il capo, in modo da potersi guardare di nuovo.
Raggiunge il suo viso con una mano, gli accarezza uno zigomo con la punta di indice e medio. Vede Simone che gli sembra irrimediabilmente vulnerabile persino in quel preciso istante quando, forse, non dovrebbe esserlo - eppure, ai suoi occhi, non pensa potrà mai esistere un'immagine diversa.
Ma gli piace.
Gli piace perché gli sembra un po' più suo.
Azzarda un affondo un briciolo più deciso che porta tutti e due a rilasciare un gemito sommesso, con le punte dei loro nasi che si toccano.
Manuel sbuffa una risata. «Quanto cazzo ti amo» gli viene fuori spontaneo e si sente pure ridicolo, pronunciando una simile frase.
Simone posa i palmi sui suoi fianchi che ancora si muovono sinuosi su di sé. Sfiora le sue labbra con le proprie. «Tu— Così me lo dici?» bofonchia.
«Eh, come— Come te lo devo dì?».
Non è la prima volta che glielo dice, ovviamente. Però sono rare le occasioni in cui capita, non perché non provi un sentimento del genere, anzi - il motivo è diverso: è che Manuel è bravo a parole solo quando scrive poesie, per il resto gli escono male la maggior parte del tempo oppure sbaglia i tempi e l'occasione.
Quello, tuttavia, gli pare il momento giusto e la frase giusta poiché è ciò che prova realmente e che non riesce a nascondere - non più.
Fosse in lui, dal giorno in cui ha realizzato di essere innamorato per davvero - di esserlo per la prima volta nella vita - lo urlerebbe in giro, dai finestri della macchina, all'abuso al di sopra di uno scoglio.
A tal punto, Simone non risponde. Piuttosto conduce una mano tra i loro corpi incastrati e stringe tra le falangi l'erezione piena e presente dell'altro ragazzo. Crea una frizione docile - ma decisa - tra di essa e le proprie dita.
Adesso sono occhi dentro occhi, respiro contro respiro.
«Stai per...» sibila Manuel - e Simone annuisce frettolosamente. «Insieme?».
Insieme.
Manuel compie un ultimo movimento deciso, un affondo enfatico con il quale Simone viene.
L'orgasmo li travolge - quasi - all'unisono, concitato in due urla silenziose che non c'è bisogno di decifrare, mentre gli specchi davanti a loro fanno ancora una volta da palcoscenico.
«Questo andava - andava bene?» sussurra Simone, strusciando la bocca sulla guancia di chi gli è sopra. «Come orgasmo».
«Andava più che bene». Manuel è immobile. Non si è scostato di mezzo centimetro e non sa se ha intenzione di farlo a breve - perché quella sensazione di pienezza gli piace e parecchio. «Me lo só sudato, però».
«Cretino». Nell'attimo in cui Simone replica, guidato da un istinto primordiale che non ha idea da dove provenga, gli tira un colpo a mano aperta sul gluteo sinistro.
Manuel spalanca gli occhi, incredulo ed è allora che solleva il bacino e non gli permette più di penetrarlo - si sente già un po' vuoto. «Ma sei scemo?» esclama e vorrebbe suonasse come un lamento, poiché, in fondo, gli è piaciuto, solo che ad alta voce non lo ammette.
«Cosa?».
«Te li devo tirà io gli schiaffi».
«Chi lo dice?».
«Io» sottolinea e stringe il suo viso tra le dita, in una morsa ferrea. Gli intrappola le guance e, in quel modo, gli fa corrucciare le labbra. «Non me tentà» sibila.
In risposta, ecco che sopraggiunge un ulteriore schiaffo, stavolta sulla parte destra.
Manuel soffoca una risata. Dalla parte opposta non si è mai trovato e neppure si è mai soffermato troppo a pensare a come potrebbe essere - non ricoprire il ruolo del Dominatore, ma del Sottomesso. Non sa se esistano regole precise per le quali non ci si può scambiare, una volta definiti i ruoli; tuttavia immagina che ognuno, alla fine, le scriva per sé e nessuno può vietare loro qualcosa.
«Se non la finisci» gracchia. «Ricominciamo da capo».
«Ah, sì?».
«Famme riprende almeno».
Simone ridacchia. «Ti ci vuole tanto?» lo prende in giro - dato che è qualcosa che gli chiede ogni volta, subito dopo.
Manuel finge di pensarci e scuote il capo. «Nah. Dieci minuti».
**
Manuel è in cucina, con le mani sotto l'acqua corrente del lavandino. Sta ultimando di ripulire le stoviglie utilizzate per il pranzo. Tiene in mano un bicchiere, che è lo stesso che gli scivola tra le dita quando si accorge della presenza di Simone nella stanza e ancor di più nel momento in cui percepisce la sua mano aperta schiantarsi contro il proprio fondoschiena.
Da quel giorno, è un gesto che l'altro ripete molto spesso e Manuel non ha avuto il coraggio di dirgli di smetterla - non per davvero. Si lamenta e basta, con un sostenuto «Piantala» che di veritiero ha poco e nulla.
In risposta, Simone ridacchia e gli schiocca un bacio sulla guancia. «Ho lezione alle due» esordisce. «Mi vieni a prendere?». Gli è di fianco, appoggia i palmi sul ripiano della cucina.
Manuel riprende in mano il bicchiere, lo sciacqua dalla schiuma residua e lo sistema nello scolapiatti. Gli rivolge un'occhiata rapida. «Che dici se t'aspetto qui?».
All'inizio, Simone non capisce. Aggrotta le sopracciglia, perplesso. «Pensavo che potevamo andare a mangiare la pizza fuori da qualche parte e...».
«Ma se t'aspetto qui, possiamo— Fare quella cosa».
Oh.
Adesso Simone comprende: quella cosa che lo manda già fuori di testa. Trattiene una risata al limite dell'isterismo, mentre le guance avvampano e persino la punta delle orecchie gli diventa rossa. «Ora non so se mi va ancora di andare a lezione».
Manuel chiude il rubinetto e si asciuga rapidamente le mani con uno strofinaccio di spugna bianca, che poi getta alla rinfusa sul lavello. «Fidate» soffia e si sporge in avanti per depositare un casto bacio sulle labbra. «Ne vale la pena».
Un sorriso si delinea ampio sul volto di Simone - perché che ne vale la pena lo sa per certo.
Lo ha sempre saputo.
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