Safeword
[Warning:
BDSM, smut, scene molto esplicite]
Inizia tutto un pomeriggio noioso di Ottobre, con una battuta di Matteo uscita da chissà dove, chissà perché. È bastata una semplice esclamazione, durante una serata tranquilla a casa di Giulio - soltanto perché ha l'appartamento più grande di tutti e grazie tante, glielo pagano i genitori.
«Ma perché, voi due lo fate solo in modo - classico?».
Simone ricorda di aver aggrottato le sopracciglia di fronte a quel quesito, aver schiuso le labbra e timidamente aver chiesto: «In che senso?». Poi Manuel gli ha afferrato in maniera distratta la mano, ha scosso il capo e borbottato un «Simó, lascia sta'».
Il punto è che Simone non vuole lasciare stare.
Non lascia mai stare.
Sono in macchina, ora. L'andatura del veicolo - una vecchia Punto grigia metallizzata con l'aria condizionata rotta - è lenta.
Manuel è al volante, con un braccio appoggiato al bordo del finestrino e l'altra mano che si alterna tra il cambio e la manopola della radio, per trovare una stazione decente - ma sono le due di notte, a quell'ora trasmettono soltanto musica scadente, dai suoni discutibili.
Simone è accomodato sul sedile passeggero. Scruta il panorama visibile fuori dal vetro, delle costellazioni di luci che faticano a diventare un'unica scia e che li accompagnano durante il tragitto.
Roma è silenziosa e affascinante a quell'ora di notte.
«Intendeva a letto, vero?» esclama Simone, ad un tratto. Abbassa il capo, a torturarsi le dita, con fare appena nervoso.
«Chi?» Manuel gli lancia un'occhiata fugace. Lo chiede, seppur abbia già capito di chi parla e persino dove potrebbe portare una simile conversazione.
«Matteo, stasera».
Ecco, infatti.
«Boh, immagino di sì» cerca di tagliare corto e preme lievemente più forte il pedale dell'acceleratore, così può inserire la quarta marcia.
«Perché non hai risposto?». Come detto, Simone non lascia mai perdere. La testa la risolleva, sgrana gli occhi con fare curioso ad osservare il profilo del compagno.
Stanno insieme da due anni ormai, quasi tre: non sono più due ragazzini al liceo, ma due adulti - più o meno - che condividono una casa - piccola, però c'è - ad un passo dalla laurea.
Manuel scrolla le spalle, si gratta distratto il mento con due dita. «Che dovevo risponde» borbotta e non gli rivolge lo sguardo. «Non c'avevo niente da dì».
«Ma ti vedevo che non era così» Simone non molla. «Ed effettivamente noi— lo facciamo sempre in modo... Classico».
Pronuncia l'ultima parola come se dovesse vergognarsi di un particolare del genere. Si morde piano il labbro inferiore. «Tu vorresti farlo in modo diverso?».
La domanda sorge spontanea ed è paradossale il fatto che stanno insieme da due anni e ancora non riesca ad esternare un facciamo sesso, facciamo l'amore.
Più volgare, scopiamo.
Vuoi scopare in modo diverso?
È uno dei motivi per cui a Manuel sfugge una risata, con isterismo. «Meglio lascià sta', Simó. Te l'ho già detto».
«No, dimmi».
«Simó...».
«Dai, avrai 'na fantasia, no? 'Na roba che non hai mai fatto e vuoi fare. Sono il tuo ragazzo, se non le dici a me 'ste cose, a chi?».
Manuel alza gli occhi al cielo, esasperato. «Non ce sta niente». Bugia. «Va bene così».
«Sei un pallista» l'altro non demorde. «Te lo leggo in faccia che c'è qualcosa. Provo a indovinare?». Eccolo, il flusso di parole alla Simone Balestra che difficilmente verrà fermato.
Manuel lo conosce fin troppo bene - delle volte, purtroppo. «No, te prego» supplica.
Ma nulla. «Almeno qualche cosa che ti piace» continua Simone e gesticola, nel frattempo, ad enfatizzare le proprie parole. «Hai un fetish per i piedi?».
«Che schifo».
«Hai una fissa per le robe di pizzo? Tipo - intimo di pizzo? Posso comprarlo, eh».
«Per carità».
Finge di pensarci ancora, gli vengono in mente le idee più disparate, alcune delle quali sentite soltanto in dei film. «Vuoi che ti chiamo papino?».
A quel punto, Manuel ride, scuote il capo. Okay, quel discorso sta andando ben oltre la propria immaginazione ed è decisamente peggio. «Te fermi?».
Non si ferma.
Ovvio.
«Vorresti legarmi e farmi male?».
Quell'ultima domanda crea un silenzio più surreale all'interno dell'abitacolo, tant'è che Manuel è costretto a serrare la mandibola e premere il piede sul freno per non rischiare di sbandare. Stringe le dita attorno al volante, forte, teso.
Perché tal quesito tocca un nervo scoperto, qualcosa di segreto che a nessuno ha mai rivelato e non intende farlo neppure in quel momento, ragion per cui tiene gli occhi fissi sulla strada di fronte a sé e trattiene il fiato.
Purtroppo per lui, Simone conosce ogni sua sfumatura, sa leggere i suoi gesti e i suoi comportamenti alla perfezione e quindi lo capisce da solo. «Oh, mio Dio!» squittisce «È questo! Ti piace questo!».
«Piantala» Manuel tenta di zittirlo - invano. «Non ho detto niente del genere».
«Beh, non c'è bisogno che lo dici» ridacchia Simone. «Quindi - ma tipo con le corde? I frustini e quelle robe là».
Sì, quelle robe là. Manuel cerca di non dare di matto, dal momento che solo sentire il compagno accennare alla lontana a quel genere di cose, gli provoca una fitta al basso ventre come fosse ancora un ragazzino di diciassette anni in preda agli ormoni.
Cazzo, non lo è, è un uomo adulto ormai e si può tranquillamente trattenere.
Circa.
«Simó, e daje» si lamenta e ancora non gli rivolge lo sguardo. Non si fida molto di sé stesso in quel momento.
D'altra parte, Simone vorrebbe insistere ancora, avere più informazioni, però sa che di sicuro non le otterrà quella sera. Deve soltanto aspettare e trovare un'altra occasione - che presume non tarderà ad arrivare.
**
Trascorrono due settimane e Simone non ha ancora rinunciato a capire di più di quelle robe là.
Ha persino effettuato una ricerca online per documentarsi il più possibile su un aspetto della sessualità di cui conosce ben poco. In effetti, ha persino una definizione: bondage, ma anche bdsm - ossia tutte quelle pratiche dove si immobilizza un partner consenziente durante l'amplesso e si può sviluppare un rapporto tra dominante e sottomesso. Insomma, ci sono tante sfumature da analizzare e comprendere.
Si trova in camera nel loro appartamento nella periferia di Roma. È sul letto, con le gambe allungate in avanti e il computer appoggiato sulle cosce. Aggrotta le sopracciglia, mentre legge attentamente un articolo sulla relazione dom e sub, con annesse foto di collari di pelle, frustini, maschere, dildo, vibratori e via discorrendo.
È perplesso perché non ha mai immaginato che a Manuel potesse piacere una visione simile del sesso, dal momento che, quando capita tra loro, è sempre molto dolce, lento, attento.
Quello che, invece, sta apprendendo pare tutto il contrario, sebbene abbia capito che occorra estrema fiducia reciproca per approdare in quel mondo nuovo.
Non è un gioco, è qualcosa che va ben oltre e deve essere fatto con criterio.
«Che stai a fa'?».
Simone sussulta appena all'udire la voce dell'altro ragazzo. Credeva di essere solo in casa e, distratto, non ha nemmeno sentito il rumore della porta d'ingresso che veniva aperta e richiusa. Solleva il capo, per notare il compagno sulla soglia della porta, intento a levarsi la giacca color verde militare che conserva dal liceo, nonostante sia ormai logora.
«Uhm - niente» borbotta, frattanto che chiude con uno scatto lo schermo del pc. «Pensavo tornassi più tardi».
Manuel ha posato l'indumento sulla poltrona bianca di finta pelle che si trova accanto al letto. Rimane fermo e pone le mani sui fianchi. «Stavi a cercà ancora quella roba?».
«Cosa?».
«Simó, non cancelli la cronologia, se vede quel che cerchi».
Ecco, manco da ragazzino era così stupido. Simone sposta il computer dalle cosce al materasso e incrocia le gambe. «Boh, per curiosità» tenta di giustificarsi.
«Ma curiosità de che?» Manuel trilla. «Te prego, lascia perde».
Simone sospira sommessamente. Non gli pare di aver fatto qualcosa di male - anzi, manco si sente in colpa. È soltanto che ormai ha un tarlo fisso e non riesce a scacciarlo. «Volevo solo capire cos'era e perché ti piace una cosa del genere».
«Ma perché vuoi sempre capì le cose anche quando non devi?».
«Perché è una cosa che ti piace!» cantilena e allarga le braccia, esasperato. «E comunque - ho visto di che si tratta, possiamo farlo».
Per un istante, Manuel lo fissa con espressione estremamente seria e truce. Non ci crede che stanno sul serio affrontando un simile discorso e, per come stanno andando le cose, vorrebbe non aver mai tirato fuori l'argomento. Che poi, in realtà, non lo ha mai fatto lui: è stato semplicemente zitto e l'altro ha capito ciò che ha voluto. Il problema è che non lo ha contraddetto o fermato.
Ma Simone è impossibile da fermare, delle volte.
«Non possiamo» attesta, infine, e scuote il capo.
Simone schiude le labbra, incredulo. «Perché?».
«Te devo da' pe' forza 'na risposta?».
«Sì!».
Ecco, bene, fantastico. Manuel si passa una mano sul viso e si morde piano il labbro inferiore, quasi temesse di proferire parola. «Lo sappiamo come sei, no?» cerca di prenderla alla larga.
Simone non comprende e allora «Come sono?» chiede.
«Simó, tu—Pare sempre che te stai per spezzà, okay? Te ne cadi co' niente, inciampi su qualsiasi cosa, non... Non sei tipo da quelle robe».
Si offende e non poco. Sì, perché ha passato le ultime due settimane a documentarsi su quelle pratiche, così da essere preparato e potergli donare sé stesso in modo diverso, eppure non pare un gesto apprezzato - per un motivo che ritiene alquanto stupido. Così si alza in piedi con uno scatto e lo raggiunge con mezza falcata. Gli è davanti, adesso, trafiggendolo con lo sguardo.
«A parte che só più alto di te» comincia - e l'altro alza gli occhi al cielo. «E poi essere un po'- maldestro non è mica una colpa, voglio dire. Posso fare 'sta cosa senza problemi».
Manuel sbuffa. Fa mezzo passo indietro. «Daje, non me va de litigà pe' sta stronzata».
«Non voglio litigare, infatti» Simone replica. Usa un tono più pacato. «Tu fai tante cose che non ti piacciono per accontentarmi, tipo - boh, vedere i musical, no? Mica ti piacciono, ma te li vedi lo stesso perché sai che, invece, a me piacciono».
«Simó, ce sta 'na differenza abissale tra 'ste due cose, o sai, sì?» Manuel lo frena subito. «E non lo devi fa' pe' famme contento, non è così che funziona. Ce deve essere un comune accordo, altrimenti non va bene».
«Lo so» l'altro sottolinea. «E pure che ci va estrema fiducia reciproca. Quella ce l'abbiamo, no?».
Ce l'hanno. Ci hanno messo un po' a costruirla, tramite molti errori, scelte discutibili, parole non dette per paura dell'ignoto. Però poi, alla fine, ce l'hanno fatta.
Si fidano l'uno dell'altro in maniera spropositata, innata. Il loro legame è solido, ha delle fondamenta robuste e resistenti.
Eppure c'è qualcosa che puntella ancora il petto di Manuel, che gli impedisce di lasciarsi andare del tutto. «Sì» soffia. «Ma Simó, questa— deve essere 'na cosa che te piace, non...».
«Se la facciamo e non mi piace, smettiamo, no?» viene subito rassicurato. «Ho letto che bisogna decidere una parola di sicurezza, la— come si chiama?».
«La safeword».
«Eh, quella. Se la dico, si smette. De che hai paura?».
«Che te faccio troppo male».
A Simone sfugge una mezza risata. «Non esiste per quello la safeword?» dice. Lo vede che il compagno è ancora incerto, lo nota dalla sua espressione corrucciata, dallo sguardo che un po' si perde in giro per la stanza e non nei propri occhi. È la ragione per la quale poi prende il suo viso tra le mani, sfregando i pollici sugli zigomi.
«Mi fido di te» lo rassicura. «Capito?». L'ultima parola la soffia, prima di depositare un casto bacio sulle sue labbra.
Manuel mantiene le braccia lungo i fianchi, non si muove, però sente il corpo improvvisamente più debole, svuotato. Non è ancora sicuro di quella decisione - probabile non lo sarà mai - e ne avrà sempre paura.
Tuttavia, sentirgli pronunciare quella frase lo solleva un briciolo e l'ipotesi di qualcosa di diverso può prenderla in considerazione.
**
Passa una ulteriore settimana, durante la quale Simone continua a fare le sue ricerche e Manuel ne è inevitabilmente coinvolto.
Guardano video online, che servono soprattutto al primo per sapere a cosa si sta davvero approcciando. Si recano addirittura in un sexy shop, dove Manuel vorrebbe sprofondare dalla vergogna, soprattutto a causa del compagno che continua a toccare tutto e a chiedere cosa sia ogni cosa, proprio come farebbe un bambino in un negozio di giocattoli, il che è pure abbastanza ridicolo, sotto certi punti di vista.
Alla fine, comunque, fanno degli acquisti mirati - per principianti, consigliati dalla commessa presente: un paio di manette dai polsini ricoperti di finta pelle morbida, una corda di nylon rigido, una benda per gli occhi e un frustino.
Che già è tanto. Simone avrebbe preso pure una ball gag, ma Manuel ha preferito evitare.
Per ora.
La settimana passa, loro continuano a prepararsi.
Ne passa un'altra e un'altra ancora.
Hanno letto tutto ciò che c'era da leggere, si sono informati.
Eppure nulla, di fatto, è successo.
Simone se ne è accorto del modo in cui Manuel si trattiene ogni qualvolta che entrano in contatto e quando poi effettivamente fanno sesso. È giusto un briciolo più rude sotto certi aspetti, ma poi finisce lì.
Se prova a proporre di usare la corda o qualunque altra cosa comprata al negozio apposito, l'altro lo distrae con nuovi baci oppure cambia argomento.
Non se ne fa mai niente e lui è stufo.
È passato, in pratica, un mese e si sente pronto.
Solo che Manuel fa finta di niente.
È una sera qualunque di Novembre quando decidono di uscire col solito gruppo di amici, stavolta in una discoteca aperta da poco che ha ampi specchi su tutte le pareti così da rendere la sala da ballo più grande - pare infinita - e luci stroboscopiche sui toni del rosso.
Manuel è seduto su uno dei divanetti in finta pelle bianca che hanno occupato. È rimasto solo.
Ha visto, poco prima, Chicca allontanarsi tenendo per mano Giorgia - è una ragazza che frequenta da poco, dopo aver realizzato quanto effettivamente le piacciano le ragazze - verso i bagni e immagina non solo per usare la toilette; Matteo si è buttato nella mischia di persone in pista che danzano senza ritmo sulla musica che risuona nell'ambiente, insieme a Giulio e Aureliano.
Lui, tuttavia, ha l'attenzione focalizzata su una sola persona.
Su Simone che è tutta la sera che lo sta facendo fremere e un briciolo pure arrabbiare.
Perché è ben conscio di quel che il compagno sta compiendo e con che fine.
Lo nota, in mezzo alla folla informe di corpi che ballano, mentre tiene lo sguardo puntato dritto su di sé con aria di sfida, di provocazione, dal momento che in molti gli si avvicinano - ragazzi e ragazze - che lo sfiorano, lo toccano in punti in cui non dovrebbero e la cosa che lo manda più in escandescenza è il fatto che Simone li lasci fare.
Non è il tipo, lo sa bene; non è un comportamento solito.
È insolito ed è per questo che non gli sfugge.
Manuel lo sa che lo sta facendo di proposito, sa dove vuole arrivare e, paradossalmente, la cosa lo fa pure eccitare in maniera troppo contorta per essere descritta.
Perché continua a fissarlo da lontano e, in modo inconscio, si morde il labbro inferiore, mentre un formicolio comincia a crescergli nel basso ventre.
Non crede che mai qualcuno, nella sua vita, gli abbia provocato un simile effetto.
Simone è il primo in assoluto.
Del resto, Simone è il suo primo in molte cose.
In tutto.
Quando giungono a casa, sono le due e quaranta di notte.
Simone entra nell'appartamento con indifferenza, rimuovendo la giacca di jeans che indossa e gettandola alla rinfusa sullo schienale della sedia di legno.
Il bilocale che hanno in affitto è piccolo: dalla porta, si ha accesso direttamente alla cucina, dove, in un angolo, hanno sistemato un divano di tessuto blu sul quale si accomodano per guardare la tv, di tanto in tanto. C'è poi una camera da letto, che è l'ambiente più spazioso lì dentro, un bagno dalla forma quadrata e le mattonelle rosa, e un solo balcone.
Per loro due, per iniziare, è più che sufficiente.
Manuel osserva la figura del compagno con occhi languidi - un po' come ha fatto per tutto il tempo in quella discoteca del centro.
È ancora fermo sulla soglia della porta d'ingresso, che è la stessa che richiude in maniera estremamente lenta. «Te senti soddisfatto?» tuona.
Simone si volta e aggrotta le sopracciglia. Finge di non capire a cosa si stia riferendo l'altro. «Per cosa?».
A Manuel sfugge una risata sull'orlo dell'isterismo. «Pe' quello che hai fatto tutta la sera, forse?».
«Non ho fatto nulla».
«Ah, no?». Gli si avvicina a passi piccoli, finché non gli è di fronte e può scrutarlo, inclinando appena il capo su di un lato. «Tu che te fai toccà da tutti in discoteca è nulla?».
È a quel punto che sulle labbra di Simone si dispiega un sorriso beffardo e strafottente. «T'ho fatto arrabbiare?» lo provoca.
«Non me fai ride».
«Potresti punirmi». Glielo soffia sulla bocca, perché ormai soltanto pochi centimetri li separano.
«Non me tentà».
«Vuoi punirmi?». Invece lo tenta. Infierisce anche, andando a mordicchiare il suo labbro inferiore. Lo stringe tra gli incisivi.
«Simó...» Manuel sbuffa. Sta fremendo. Ogni parte del suo corpo vibra per l'eccitazione, gli trema persino il cuore. Cerca di resistere, ma non crede sia possibile.
Prende un respiro profondo, quasi si preparasse ad una lunga apnea.
Una nuova esperienza è un po' così, del resto.
Porta una mano a stringere il suo viso, da sotto il mento. Lo blocca in una morsa ferrea e lo fissa con gli occhi ridotti ad una fessura.
«Ti ricordi la safeword?».
Simone annuisce. «Spaziotempo» sussurra.
«Bravo». Lo sguardo di Manuel cambia in quel preciso istante. Sembra indossare una maschera, diviene quasi un'altra persona - come se non fosse più soltanto Manuel, ma Dominatore.
È assurdo.
Eccitante, perché a Simone inizia già a piacere quella versione: glielo dice il corpo, prima che la mente, dal momento che un brivido gli corre subito lungo la schiena.
Manuel rilascia la presa che si è fatta poi blanda. Lo afferra per un polso e lo trascina in camera. Non accende la luce dall'interruttore, piuttosto utilizza quella dell'abat-jour posta sul comodino a lato del letto.
Si è allontanato dall'altro ragazzo solo per compiere tale gesto. È da quella posizione che gli intima: «Spogliati. Poi ti voglio in ginocchio, a terra, davanti a letto».
Simone freme e gli obbedisce. Fatica a rimuovere i vestiti che ha addosso, tanto che rischia di inciampare nei pantaloni perché vuole togliergli prima di essersi sfilato le scarpe - che scemo.
Mantiene lo sguardo fisso sul compagno, che intanto si è spostato nella stanza, ha raggiunto l'armadio e ha aperto una delle tre ante di legno, per raccattare all'interno quel sacchetto fucsia del sexy shop.
Ci siamo, pensa.
Finalmente.
Quando è completamente nudo, si posiziona come gli è stato indicato. Le ginocchia sbattono piano contro le mattonelle gelate. Mantiene le mani sulle cosce, giusto perché non sa dove realmente metterle. Tiene lo sguardo fisso davanti a sé, verso la testiera di ferro battuto del letto.
Manuel è agitato ed eccitato al contempo. Ha sempre voluto immergersi in gesti simili, solo che non sa se ne è davvero in grado. Eppure, già solo la visione di Simone di spalle, in ginocchio a terra, che è pronto a concedersi a lui nel modo più vulnerabile e totale possibile lo fa ribollire, al punto che percepisce già l'erezione farsi strada tra il cotone dei propri boxer - e ancora non hanno fatto niente.
Dal sacchetto di plastica, tira fuori la corda di nylon, perfettamente attorcigliata e chiusa dal negozio. Deve sbarazzarsi dal sigillo di sicurezza - utilizza i denti per aiutarsi.
Manda giù a fatica della saliva. In seguito, va davanti al compagno, muovendosi con dolorosa lentezza.
«Dammi le mani» gli ordina. Cerca di usare un tono duro, rigoroso e spera di non sembrare troppo ridicolo in quella circostanza.
Di nuovo, Simone gli obbedisce, sollevando le braccia e ponendo vicini i polsi.
Manuel mette da parte la delicatezza immane che lo contraddistingue nel momento in cui utilizza la corda per legare le sue mani insieme, in una morsa stretta per impedirgli di muoverle. Stringe l'ultimo nodo guardandolo dritto negli occhi ed è disarmante vedere quelli del compagno spalancati e devoti, che paiono parlare.
Sembrano dirgli prendimi, fai di me ciò che vuoi.
Manuel serra la mandibola perché già prova l'impulso di prenderlo nell'immediato, ma così finirebbe tutto subito e non è quel che vuole.
Piuttosto, afferra un lembo della corda che gli ha attorcigliato attorno a mani e polsi e con forza lo tira in avanti, lo strattona finché non gli fa appoggiare i gomiti sul materasso.
Così Simone si ritrova ancora in ginocchio a terra, col busto piegato in avanti e il bacino appena sollevato; risulta più esposto, più sottomesso.
Manuel lo squadra, famelico, inclinando il capo su di un lato e il velo di un sorriso si dipinge sulle sue labbra.
Si sposta nuovamente.
Simone cerca di seguire la sua figura, ma risulta difficile da una simile posizione. Rimane immobile, con gli occhi ora rivolti ad un punto vuoto del letto davanti a sé. Abbassa le palpebre per qualche secondo, seguendo soltanto i rumori della stanza.
Sono pochi, facilmente riconoscibili, come il tintinnio della fibbia della cintura che immagina l'altro si sia appena tolto, il suono della zip dei suoi pantaloni che viene abbassata, il frusciare del sacchetto di plastica dal quale sicuramente sta recuperando ancora qualcosa.
È eccitato pure lui. Non ha controllato, però è abbastanza certo di avere un principio di erezione in mezzo alle gambe. «Manuel...» mugola appena, per fargli capire che è impaziente.
Tiene gli occhi chiusi e ha smesso di analizzare i rumori nella camera che quello che succede lo coglie un briciolo impreparato: un colpo ben assestato sul gluteo sinistro, che riproduce un tonfo sordo per la violenza con cui viene sferrato.
Simone sobbalza e solleva frettolosamente le palpebre, spalancando la bocca.
Ha fatto male ed è stato bello.
Manco fa in tempo a realizzarlo che ne arriva un altro, più forte, stavolta sul lato destro.
Manuel sta usando le mani, non il frustino.
Simone se ne accorge nell'immediato. Cerca di voltare il capo, per poterlo vedere, con risultati vani. «Man—» prova a dire ancora, sennonché l'ennesimo schiaffo sul sedere lo mette a tacere.
«Devi imparare a stare zitto, Simone» tuona Manuel, che adesso un suo gluteo lo afferra tra le dita e stringe forte, tanto da lasciarci cinque piccoli segni rossi sopra.
«Parli solo se ti dico io di parlare. Urli solo se ti dico io di urlare». Fa una breve pausa, durante la quale preme il proprio bacino contro quello del compagno.
Simone non riesce a sbirciare come l'altro si sia posizionato, tuttavia può capire che si trova in ginocchio dietro di sé, con soltanto i boxer addosso - questo perché i vestiti a terra, invece, riesce a vederli.
«Vieni solo se ti dico io di venire» sentenzia Manuel. «Hai capito?».
Non ottiene subito risposta e allora ennesimo colpo sferrato, stavolta utilizzando il dorso della mano. «Rispondi».
Simone fa cenno di sì con la testa. Un briciolo trema ed è tutto per eccitazione. «S-sì» balbetta.
«Bene».
Manuel si tira indietro di qualche centimetro. Striscia sul pavimento per ritrovarsi nella medesima posizione, ma adesso sul fianco del compagno. Allunga una mano, mettendola sotto il suo mento. Con i polpastrelli gli sfiora le labbra ed è poi con gesto fluido che due dita le infila nella sua bocca.
Simone inizia a succhiare piano le sue falangi. Lo fa in modo spontaneo, un gesto naturale.
I loro sguardi si incrociano in quell'istante.
Quello di Manuel è severo, tagliente. Osserva e analizza minuziosamente l'altro ragazzo che ingloba le proprie dita tra le labbra, che ci passa la lingua sopra con movimenti circolari e le riempie di saliva.
«Bravo, succhia bene» esclama. «Devo decidere se ti meriti il lubrificante stasera. Non hai fatto il bravo».
Simone quasi rischia di soffocare all'ultima frase. Trattiene un gemito perché non ha avuto il permesso di emetterlo. Continua a trattenere le sue dita in bocca, si aggiunge anche l'anulare oltre a indice e medio.
«Rispondi: hai fatto il bravo, Simone?».
È strano sentirlo pronunciare il proprio nome per intero. Simone lo ha sempre sentito utilizzare diminutivi o vezzeggiativi e mai avrebbe pensato ad una simile carica erotica di una sola parola, inserita in quel contesto.
Perché letteralmente si sente morire ogni volta che lo chiama.
Simone, Simone, Simone.
Potrebbe rimanere in eterno a udire quel suono con quel tono di voce caldo e profondo.
Cerca di scuotere il capo per fornire una replica consona, dato che non può parlare.
È a tal punto che Manuel rimuove le dita e con esse intrappola il suo labbro inferiore. «Hai fatto il bravo?».
«N-no».
«E che dovrei fare con te?». Rilascia la presa con uno schiocco e con la stessa mano lo schiaffeggia prima su una guancia, poi sull'altra. Non lo fa rispondere. Del resto, non glielo ha ordinato.
Di nuovo si muove, gli va dietro. Con le falangi umide, va a stuzzicare quel sensibile anello di muscoli tra le natiche del compagno. Ne traccia i contorni con i polpastrelli e lo sente fremere di desiderio al di sotto di essi. In seguito, si abbassa, quel che è sufficiente per raggiungere con le labbra quella stessa apertura, la quale inizia a leccare piano con la punta della lingua.
Simone strizza le palpebre. Si deve mordere forte l'interno della guancia per trattenere un gemito che sa che è in procinto di sopraggiungere.
Ma non deve. Deve stare zitto. Non deve fiatare.
Manuel continua a muovere la lingua in maniera dolorosamente lenta. Si gode ogni vibrazione che provoca nell'altro ragazzo. Nota con estremo piacere il modo in cui le sue gambe tremano e sono sul punto di farlo crollare. E vuole portarlo a quel limite.
Per cui, allunga una mano, va a sfiorare dapprima i suoi testicoli, dopo il suo membro già parzialmente turgido. Lo massaggia piano, dalla base, risalendo fino al glande su cui preme con l'indice.
La bocca non l'ha ancora distaccata.
Simone sente alla perfezione la sua lingua dentro di sé e gli sembra di impazzire. Si sente toccare, masturbare docilmente. Pensa che, se continua così, potrebbe venire nel giro di davvero poco.
Ma a tal proposito...
«Non devi venire, Simone» sentenzia Manuel. «Hai capito? Ti dico io quando venire, non adesso».
«Ti prego».
Sbuffa. Smette di toccarlo di getto, con uno scatto si tira indietro. Allarga una mano e con il palmo aperto gli impartisce un colpo secco sul sedere, facendolo sussultare.
«Ti prego» cantilena, per sbeffeggiarlo. «Che vuoi, ah? Vuoi che ti prendo ora?».
Simone percepisce il proprio cuore battere fin troppo forte contro lo sterno. Si sente stremato ed è assurdo come sia bastato così poco. Non riesce manco a parlare bene e non sa se può davvero farlo. Si limita a continuare a fare segno di sì con la testa in maniera convulsa e sussultoria.
«E se ti scopo adesso, non puoi urlare, Simone» continua Manuel, con estrema calma, la stessa con la quale riporta una mano tra le sue gambe, nuovamente con la punta delle dita a sollecitare quell'anello di muscoli.
«Se urli, non ti faccio venire».
Gli infila piano un dito dentro. Lo muove con delicatezza, di proposito, a concedergli del piacere, ma non troppo. «Dimmelo» gracchia, con il tono di voce che si fa più rauco e, al contempo, profondo.
«Dimmi che vuoi che ti prendo ora, dimmi che vuoi che ti scopi proprio adesso».
Simone rischia di soffocare. In quel momento vorrebbe soltanto avere le mani libere di muoversi per andare a toccarsi perché gli pare di essere sul punto di esplodere. Quindi è in grado solamente di biascicare «Ti prego, ti- prego».
«No!» sbotta il compagno - il Dominatore - e l'ennesimo schiaffo giunge sulla sua natica. «Me lo devi dire, voglio sentirtelo dire!» ordina. «Manuel, prendimi ora, scopami ora».
A Simone sussulta il petto. Ha ancora un dito dell'altro ragazzo che lo penetra come una dolorosa, piacevole tortura. Butta giù a fatica la saliva. «P-prendimi ora» biascica, a corto di fiato. «Manuel, s— scopami ora».
Ottenuta quella richiesta, Manuel sorride famelico. Ritrae la mano con la quale si stava divertendo a stuzzicarlo. Ha ancora i boxer addosso, ma si affretta a levarseli, scoprendo la propria erezione già presente e che massaggia un briciolo giusto per rinvigorirla.
«Non devi urlare» esordisce, mentre si posiziona meglio dietro di lui, tra le sue gambe divaricate. Nota i segni rossi sui suoi glutei, che gli danno soddisfazione e piacere.
«Se urli, mi fermo» aggiunge. «Fa' il bravo».
Manuel non si affanna a cercare un preservativo. Hanno una relazione stabile da parecchio e, periodicamente, fanno delle analisi in clinica per scoprirsi puliti, così da poter fare sesso senza precauzione. È stata una decisione presa di comune accordo e, soprattutto, controllata.
La lubrificazione tramite il rimming non è davvero la stessa cosa rispetto all'utilizzo di mezzi esterni, tuttavia in quell'occasione può bastare.
Manuel inizia a penetrarlo dapprima soltanto con la punta del proprio membro. Lo fa lentamente - di proposito - ad aumentare la docile punizione alla quale lo sta sottoponendo.
Ma poi dopo, di sorpresa e con uno scatto, si spinge a fondo dentro di lui con una spinta enfatica.
Simone deve davvero metterci tutto l'impegno possibile per trattenersi e non emettere suono. Arriccia le dita dei piedi e cerca di non perdere l'equilibrio, di non scivolare sopra al materasso. Sta respirando affannosamente.
Non crede di aver provato così tanto piacere tutto insieme durante il sesso - che con Manuel è sempre stato fantastico, però adesso ogni cosa risulta amplificata, disarmante, da toccare il cielo con un dito.
O scendere agli inferi con un salto solo. Dipende dai punti di vista.
Serra forte le labbra. Si è prefissato di non emettere suono, nemmeno un singolo gemito. Ma è difficile.
È estremamente complicato poiché Manuel lo ha afferrato per i fianchi, preme le dita su di essi, e si spinge dentro di lui con cadenza regolare, con affondi ben decisi che vanno a colpirgli la prostata e lo portano sempre più vicino al culmine.
Non deve urlare.
Simone nasconde il viso, premendolo contro il proprio braccio. Forse è persino barare.
Di sicuro è barare, perché poi succede che Manuel lo afferra per i capelli, lo tira e lo costringe a tenere il capo sollevato.
Ha la vista appannata. La poca luce della stanza pare sparire, si annebbia. I suoni si fanno ovattati.
Non crede di poter resistere ancora a lungo. Spalanca la bocca, ansima a fondo.
C'è Manuel dietro di lui che continua a penetrarlo. Simone ha la schiena inarcata, con la mano del compagno ancora tra i propri ricci, che vengono tirati e gli fa male.
Però è un dolore che si mescola facilmente con il piacere.
È un equilibrio sottile. Sono sensazioni che coesistono ed è bellissimo.
Sono sensazioni che si bilanciano in modo perfetto.
Per quanto si trattenga, un mugolio gli scappa lo stesso: è un gemito che si unisce ad una abbozzata risata, che trova il suo culmine nel momento in cui Manuel gli riserva l'ennesimo schiaffo sul sedere.
A quel punto, Simone non si trattiene più e un grugnito lascia la sua bocca.
Manuel lo sente bene. Così rallenta i movimenti, le spinte si fanno meno frenetiche. «Ah-ah!» dice, con tono graffiato. «Non stai facendo il bravo, Simone» lo rimbecca. «Ho detto che non dovevi urlare».
«Non ho— non ho urlato» cerca di difendersi l'altro.
«Non ti ho detto di parlare» tuona il Dominatore. Così si distacca del tutto. Lo lascia nel limbo, con più di un orgasmo negato.
D'improvviso, Simone si sente vuoto, inerme, estremamente vulnerabile e allo stesso tempo bramoso di nuovo piacere.
Non si rende nemmeno conto di ciò che gli sta capitando attorno, difatti non si accorge di Manuel che si è nuovamente spostato, lo ha affiancato e gli cinge il collo, ci preme le dita sopra; gli fa sollevare il busto.
Così si ritrova in ginocchio sul pavimento, con una erezione che gli pulsa tra le gambe, la bocca schiusa e lo sguardo rivolto verso l'alto, verso il compagno che adesso è in piedi davanti a lui, che ancora stringe una persa attorno alla propria gola.
Sta soffocando e non riesce a respirare bene. E gli piace.
«È difficile obbedire, Simone, ah?» lo sbeffeggia Manuel e, con la mano libera, gli dà ripetuti e piccoli colpetti sul viso, sulle guance e sulle labbra turgide e gonfie soprattutto. «Dimmi, è difficile?» insiste.
Simone prova a scuotere il capo, con scarsi risultati.
«No, che non è difficile» tuona ancora l'altro ragazzo. Lo libera con uno scatto, lo spinge appena all'indietro. «Fai venire prima me» ordina. «Se lo fai bene e fai il bravo, poi decido se vieni anche tu».
A Simone gira la testa. Ha come l'impressione di trovarsi sulle montagne russe e di non voler scendere. Non può muovere le mani: esse sono strette dalla corda di nylon e gli hanno provocato dei segni rossi attorno ai polsi. Quindi ci impiega un po' a capire cosa fare e come farlo.
Guarda il compagno attraverso le ciglia, abbassando e alzando le palpebre lentamente. Allora avanza un briciolo, strisciando le ginocchia sul pavimento, finché non è in grado di accogliere e inglobare il membro del compagno in bocca. Inizia a succhiare piano, muove la testa per spingerlo più in fondo in gola. È un atto che gli riesce appena più difficile da compiere, dal momento che non può aiutarsi con le dita, ma cerca comunque di eseguire i giusti movimenti sia con la lingua che con il capo.
Tiene gli occhi puntati sul viso del suo Dominatore, aspettandosi un sei bravo o affini.
Manuel, tuttavia, rimane in silenzio. Si limita a fissarlo con espressione severa in viso e le braccia rilassate lungo i fianchi. Non lo tocca, mantiene le distanze, a fargli capire che deve meritarselo, deve prima condurlo al piacere estremo per ottenere qualcosa in cambio.
Simone pare capirlo, pertanto incava le guance, preme la lingua sul suo glande, dopo si sposta a lambire il suo membro in ogni centimetro di lunghezza.
A tal punto, Manuel butta indietro la testa. Percepisce l'orgasmo sopraggiungere, farsi sempre più vicino; il basso ventre gli formicola. Soffoca un gemito, spalancando la bocca.
Gli sfugge un «Cazzo» che non appartiene propriamente ad un Dominatore, ma per quel momento può sorvolare.
Viene poco dopo, all'interno della bocca del compagno, il quale sente il suo sapore e butta giù quel liquido biancastro e appiccicoso che gli imbratta e scivola anche lungo il mento.
Manuel perde un briciolo il controllo della situazione quando si china su di lui e lo bacia con urgenza, con desiderio e passione su quella bocca ancora sporca e bagnata. Le sue dita tornano a stringersi intorno al collo dell'altro ragazzo. Si distacca soltanto per poter respirare.
«Vuoi venire?» soffoca sulle sue labbra.
Simone cerca di annuire, con fare disperato. «Ti prego».
«Chiedimelo. Chiedimi di venire».
Vorrebbe urlare, gridare fino a perdere tutta l'aria nei polmoni. «Fammi venire» biascica. «Ti prego, ti— ti prego».
Manuel stringe di più la presa sul suo collo, lo fa con vigore, per togliergli il respiro. «Vieni» glielo ordina. «Vieni, Simone».
Non ha mai creduto fosse possibile una cosa del genere, ma Simone è colto dall'orgasmo più profondo e travolgente che abbia mai avuto e succede con davvero poche carezze, poco contatto - perché l'altro non lo sta toccando ora; lo ha fatto prima, lo ha lasciato in sospeso fino a quel preciso istante, durante il quale scoppia.
Tremori e fremiti lo riempiono, gli scuotono ogni fibra del corpo.
Grugnisce, geme. Alla fine, urla pure.
È lo stesso grido che Manuel mette a tacere con un rinnovato bacio, più profondo, infilando la lingua e godendosi a pieno quel piacere controllato che si sono reciprocamente donati.
La passione non scema, rimane tangibile nella stanza. Ciò nonostante, piano e gradualmente, Manuel sveste i panni del Dominatore e torna ad essere soltanto Manuel.
Lo libera dalla morsa che gli ha stretto intorno al collo e prende ad accarezzargli il viso, sfregando un pollice contro la sua guancia. Un leggero sorriso gli appare sul volto, ad esaminare i lineamenti di Simone stravolti per quanto appena accaduto, i capelli che, a causa del sudore, gli si sono appiccicati in fronte.
Non crede di aver visto qualcosa di più magnifico: è come trovarsi di fronte ad un dipinto che lui stesso ha creato, lo riempie di soddisfazione e gioia.
«Quanto sei bello così» sussurra.
Simone socchiude appena le palpebre. È stremato. Vorrebbe soltanto accasciarsi sul letto. «Così - come?».
«Totalmente stravolto per colpa mia».
Gli sfugge una risata. «Stronzo».
Manuel lo sta ancora fissando quando comincia a sciogliere l'intreccio della corda. Lo fa sedendosi sul bordo del materasso. Una volta libero, fa compiere il medesimo gesto anche al compagno, gettando poi l'oggetto alla rinfusa sul pavimento.
Entrambi sono nudi, però non ha molta importanza.
Sono rimasti dei segni rossi ben visibili sui polsi di Simone - il nodo era stretto.
Manuel se li porta vicino alle labbra per baciare piano ognuno di essi, uno per uno.
Simone sospira sommessamente. Si lascia accarezzare, in modo lieve e attento, per quanto sia stanco. Non crede di essersi mai sentito così bene, così pieno, così appagato. Quasi si dispera di non averlo scoperto prima - quante cose che si è perso.
«Possiamo rifarlo?» domanda, di getto.
A Manuel sfugge una risata. «Prima te devi riprendere me sa».
Simone si affretta a scuotere il capo. Le loro mani si intrecciano nel frattempo. Quello è un gesto tutto loro: le dita che si cercano e si incastonano come due pezzi di puzzle. «Sto bene» sussurra.
«Allora me devo riprende io» borbotta l'altro ragazzo. «Ma sì, possiamo rifarlo, se vuoi».
«Lo voglio».
**
Simone rientra a casa con un sorriso stampato in faccia. Tiene in mano una busta di plastica fucsia, che agita per farla notare al compagno.
Quest'ultimo, è seduto sul divano, a fissare in maniera distratta la televisione, su cui schermo sta scorrendo un film di inizi anni Duemila - di sicuro, non di prima visione. Rotea gli occhi, non appena nota cosa l'altro sta reggendo. «Ce sei tornato?» borbotta e gli sfugge una risata.
Simone non si scomoda a togliersi la giacca di jeans che ha indosso. Gli siede accanto, abbandonando la busta sui cuscini. «Certo» esclama. «Ormai la commessa mi conosce».
«Non ne farei un vanto» commenta prontamente Manuel. «Che hai preso stavolta?».
«Indovina».
«Me fai paura quando dici così».
Simone corruccia le labbra in una smorfia e gli fa addirittura la linguaccia. «Apri e vedi» gli suggerisce.
Di nuovo, Manuel sbuffa. Gli obbedisce, frugrando all'interno della busta. Ha già una mezza ipotesi e, difatti, tira fuori una scatola di cartone, che gli basta aprire per metà per osservarne il contenuto: un bavaglio costituito da una palle e da un laccio che si lega attorno alla testa, quella famosa ball gag che l'altro ragazzo voleva dalla prima volta in cui sono stati in quel sexy shop.
«Così se mi dici che non devo urlare, non urlo» spiega Simone, fiero e soddisfatto del proprio acquisto.
Manuel lo fa notare meno, però ne è felice anche lui. «Simò?» lo richiama. «E se deve provà 'sta nuova cosa, che dici?».
Si scambiano uno sguardo di intesa, di estrema fiducia e complicità, qualcosa che è cresciuta tra di loro.
Come se approcciarsi a quel nuovo mondo abbia reso il loro rapporto ancora più saldo e indissolubile.
Del resto, ci vuole molta fiducia reciproca per fondere piacere e dolore.
E loro sanno esattamente come farlo.
«Si deve provare per forza» concorda Simone.
Manuel raccatta il telecomando per spegnere la tv. In seguito, si alza in piedi, mantenendo in mano la scatola parzialmente aperta. L'altra, invece, la indirizza verso il compagno, per invitarlo ad afferrarla. È un gesto che Simone accoglie nell'immediato.
Fanno intrecciare le loro dita, al solito, andandosi a chiudere in una camera, nel loro piccolo grande mondo.
**
(Note autore:
Ciao a tutt*! Questa storia è una os nata un po' a caso, pwp in sostanza, scritta mezza in treno.
Però avevo bisogno di qualcosa di diverso.
Grazie alle mie capannelle per avermi supportato durante tutta la stesura e soprattutto aver
sopportato le mie pare, così come a Cin_NS di cui vi consiglio caldamente le storie, sono una bomba.
Spero sia stata di vostro gradimento.
Un bacio.
Lilith)
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