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Giorno 10 (leccami il culo!)

CERTI STUDENTI ANDREBBERO PRESI A CALCI IN CULO, DALLA MATTINA ALLA SERA, SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITA'.

#JUJTSU

#LECCACULO

È buio. Gli stramaledetti consigli di classe sono durati più del dovuto, come sempre del resto, e fuori piove a goccioloni, radi e freddi. Esco dall'edificio scolastico senza salutare nessuno, alzo il cappuccio della giacca a vento e mi dirigo verso casa.

Stasera mi toccherà pure correggere le verifiche... sono troppi giorni che rimando. Che palle! Vabbè. Farò come sempre: metto qualche segno rosso qua e là, non troppo a caso ma neppure troppo pensato, e poi do il voto. Che tanto ormai conosco i mie polli, e il voto che si meritano già lo so in partenza.

- Sei un finocchio leccaculo!

Qualcuno ride. Sollevo lo sguardo. C'è un gruppo di ragazzi. Cinque o sei in cerchio, uno al centro.

- Vero che sei un gran leccaculo?

Il ragazzo al centro muove la testa in segno di assenso. Mi avvicino. Riconosco Alexandru e Darius.

- Allora chinati e leccami il culo – Alexandru si gira e si abbassa i pantaloni. Gli altri esplodono in un risata spasmodica. Uno che non conosco mette la mano sulla nuca del leccaculo e spinge giù. Il ragazzo cade, le ginocchia sprofondano nella terra bagnata. Mi avvicino. Riconosco il leccaculo: è Farnesi.

- Che state combinando ragazzi?

Il gruppetto dei carnefici si volta. Mi guardano, stupiti. Non credo mi abbiano riconosciuta. Tolgo il cappuccio e avanzo fino a entrare nel fascio di luce del lampione. Alexandru sgrana gli occhi e in fretta tira su i pantaloni.

- Qui non siamo a scuola prof – sogghigna suo fratello - meglio che si tolga dalle palle.

- Per togliermi dalle palle, ce le devi avere... le palle!

Uno dei suoi sconosciuti accoliti ridacchia.

- Lascia andare Farnesi.

- Uuuuu, ma che paura - Dariu sembra divertito – e che mi fa se non lo lascio andare? Un rapporto?

- Ti spezzo un braccio.

Il ragazzo si gira verso la ghenga: - Mi spezza un braccio, ha detto la vecchia!

Mi avvicino a Farnesi, curvo a terra con le ginocchia nel fango, e lo afferro per un braccio: - Alzati figliolo, ti stai infradiciando tutto.

- Non s' impicci – fa Darius mentre mi s'avventa contro e mi agguanta per un polso.

Mi giro: - Questo non dovevi farlo - gli do un calcio allo stinco, leggero ma sufficiente a fargli allentare per un attimo la presa, con la mano libera gli stringo l'avambraccio e compio una torsione. Darius, per non trovarsi col braccio spezzato, è costretto ad assecondare il mio movimento. Finisce piegato in avanti a novanta gradi.

- Che cazz... - esclama qualcuno.

- Chiedi scusa.

- A chi?

- A Farnesi.

- Al leccaculo? Mai!

Proseguo con la torsione. Darius cade a terra. Vedo con la coda dell'occhio suo fratello che si avvicina.

- Ancora un passo e gli fracasso le giunture.

Darius miagola di dolore: - Stai fermo Ale...

Alexandru si blocca.

- Allora? – gli fiato nel collo – queste scuse?

- Scusa – sussurra lui.

- Non abbiamo sentito nulla, vero Farnesi?

- No – risponde Farnesi, ancora frastornato per l'inattesa situazione.

- Dillo più forte.

- Scusa – frigna Darius.

- Cosi va meglio – lascio la presa. Lui si solleva tenendosi con un palmo il polso dolorante e mi guarda – fila a casa, che domani t'interrogo a storia e, ci scommetto le terga, non hai studiato un cazzo!

Gli altri si stanno allontanando, facendo lenti passi in dietro. Lui continua a fissarmi incredulo. Ha bisogno di una spiegazione. Decido di dargliela.

- Essere stata sposata per vent'anni con un maestro di ju-jitsu ha i suoi vantaggi, non credi?

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