<< Ancora non me l'hai chiesto... >>
È cosi tanto che la aspettavo. Un tempo infinito che il solo definirlo non gli rende la dovuta giustizia. Tempo fatto di infiniti secondi i quali ancora suddivisi in altrettanti rendendoli non solo immensi ma quasi circolari.
Come i miei pensieri.
Li ricordo rincorrersi, sovrastarsi, fagocitarsi. Trasformarsi in nuove, pesanti paure per poi somatizarsi nel mio inconscio e sabotare me stesso e la mia vita.
Mi guarda in attesa di una risposta. Mi guarda sdraiata, bellissima, i capelli distesi sul cuscino e lei coperta dal sottile lenzuolo che non riesce a nascondere le sue forme stupende.
La sento muovere i piedi e scivolarli su tutto il tessuto che ci divide fino a toccare il mio ginocchio. Il tocco mi desta dai ricordi tuffandomi nella realtà che assomiglia sempre più ad un sogno.
Questa casa, la mia, l'unico luogo che ci ha offerto ciò che necessitiamo.
Ormai da una settimana.
"Portami via". Questo mi ha chiesto il giorno successivo a Karl, Fran e tutto quello che ne è conseguito.
<< Ehi! Mi ascolti? >>
<< Ovvio che no! >>
<< Che stronzo che sei! >> mi apostrofa ridendo.
<< La colpa non è mia, è tua! >>
<< E perché sarebbe colpa mia? >>
<< Come vorrei riuscissi a guardarti con i miei occhi... >>
Arrossisce. Distoglie lo sguardo. E ride.
Si arrotola in posizione fetale poggiando la fronte sul mio petto. Mi chiede protezione ma per qualche strano motivo sono io a sentirmi protetto.
Respiro il profumo che i suoi capelli.
Dio è esattamente come me lo ricordavo.
L'ultima luce del giorno la accarezza gentilmente proprio come farei io.
<< Allora? >>
<< Allora cosa? >>
<< Ti ho chiesto come mai ancora non mi hai fatto quella domanda. >>
<< Di sposarti? >> scherzo.
<< Sei scemo esattamente come ricordavo! >>
<< Tu invece molto più bella! >>
<< È solo questa settimana di sesso che ti fa parlare! >>
<< Solo questa vita di attesa che mi fa sperare! >>
<< Vieni voglio farti vedere una cosa! >>
Con un balzo scende dal letto coperta solo della sua pelle e dal mio sguardo che non tralascia una sola, piccola curva.
<< Dai vestiti! Mi hai guardata abbastanza! >>
<< Dove andiamo? >>
<< È una sorpresa! E poi non sei stanco di stare chiuso dentro casa? >>
<< Non se ci sei anche tu! >>
<< Allora dovrai seguirmi per forza! Dai! >> esclama gettandomi addosso maglietta e dei jeans.
In cinque minuti e siamo pronti.
I suoi bagagli ancora da disfare, ammonticchiati l'uno sull'altro nel soggiorno. Ne afferra uno, un borsone cilindrico dall'aspetto piuttosto pesante.
<< E quello che cos'è? >>
<< Lo vedrai Aiden! >>
Supera la soglia e correndo salta i pochi gradini che la dividono dalla strada e dalla moto.
<< Visto che dovrò guidare io, mi dici almeno la destinazione? >> chiedo chiudendo la porta a chiave alle nostre spalle.
<< Andiamo nel nostro posto! >>
<< E cosa ci andiamo a fare? >>
<< Quale parte di: "È una sorpresa! " non hai compreso? >>
Mi zittisco scuotendo la testa. La guardo agitare rapidamente la mano destra facendomi segno di sbrigarmi.
<< Dai che abbiamo poco tempo! >>
Come mi è mancato tutto questo. Io, lei, il non sapere cosa fare, dove andare, cosa accadrà. La paura di sbagliare e la certezza di volerlo fare con lei.
Ci immettiamo sulla Main accompagnati da una nuvola di polvere dello sterrato. Accelero tanto da temere di spaventarla. Dallo specchietto la osservo muovere il casco in alto, a destra e sinistra.
Non sembra curarsi della velocità.
Arriviamo in cinque minuti.
Il sole sembra essere svenuto ed il cielo adesso, più limpido che mai, si è fatto scuro ed allo stesso tempo luminosissimo.
Non faccio in tempo a spegnere il motore che Cassy si fionda verso l'entrata dell'osservatorio.
<< Aspettami! >> urlo dentro il mio casco assordando solo me stesso.
Il tempo di sistemare la moto e togliermi il casco lei è già sparita all'interno.
Il silenzio mi avvolge. Mi chiedo cosa proverei se entrando non la trovassi più come un fantasma tornato nel suo mondo, troppo perfetto per questa realtà.
Ma entrando la trovo.
Nel solito salone, è china su qualcosa che nasconde con il suo corpo.
<< Che combini? >>
<< Vieni! Abbiamo fatto appena in tempo! >>
Un telescopio posa ora il suo treppiedi sulla pesante coperta rossa.
Il suo occhio punta verso la stretta fenditura sul soffitto. Cassy invece mi guarda divertita dalla mia sorpresa.
<< Cosa dovrei vedere? >> le chiedo avvicinandomi.
<< Lo scoprirai. >>
Posando l'occhio, cinque piccole stelle riposano di traverso nel cielo notturno.
<< Cosa dovrei vedere? >> chiedo.
<< Il motivo di "W". >>
Torno a guardare. Le stelle in effetti ricordano quella lettera.
<< Cassy... >>
<< Non il diminutivo. Cassiopea, la costellazione che mi dà il nome. Per questo motivo "W", per loro. >>
<< Sarei dovuto arrivarci. Ci saremmo risparmiati tante incomprensioni. >>
I suoi passi leggeri iniziano a riecheggiare nella volta circolare. Una volta in più, la vedo perdersi nei pensieri e ricordi, qualcosa che riconosco in me stesso.
<< La colpa è solo mia. Non avrei mai dovuto lasciarti. Non avrei mai dovuto anteporre egoisticamente te a noi. O forse avrei dovuto farlo e, per una volta, non credere di essere sempre nel giusto e che dalla mia infelicità dipenda la felicità degli altri! >>
<< Cassy... tranquilla! >>
<< No Aiden! Non commetteró due volte lo stesso errore! >>
<< Ti prego... puoi parlarmi di tutto ma per me l'importante è essere felici insieme. >>
<< Non è possibile. "Felici" e "insieme" sono due parole che non possono rimanere vicine. Non per noi. E solo per colpa mia! >>
<< Cosa vuoi dire? >>
<< Vuole dire... >> ci interrompe una voce nell'ombra del corridoio. << Che Cassy ha molto altro da confessare prima che tu vada! >>
Istintivamente mi posiziono tra l'ingresso e Cassy.
<< Chi sei? >> urlo.
Passi sincopati da tacchi alti.
<< L'unica donna che ti abbia mai voluto bene. >>
<< Mamma? >>

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!