Capitolo 42 - Abbraccio
Credo mi abbia visto.
Urlo qualcosa. Un'imprecazione mista a sorpresa che rimbomba in tutta la struttura.
Mi sente. Lo percepisco da come inizia a correre perpendicolarmente all'osservatorio con una velocità davvero inaspettata. Allo stesso modo io mi fiondo giù per le scale senza curarmi dei gradini Instabili riuscendo ad evitarli tutti.
O quasi.
Il granito dell'ultimo gradino si frantuma sotto il mio peso facendomi precipitare a terra. L'adrenalina spinge d'istinto le mie mani in avanti ad ammortizzare la caduta.
Non aveva tenuto conto dei frantumi di vetro delle finestre. Come spilli arroventati li sento penetrare la carne dei miei palmi. La stessa adrenalina mi consiglia che la spalla sia più protetta ed a rotolare su di essa.
L'inerzia termina. Gocce di sangue che cadono a terra dalle mie mani.
<< Merda! >>
Mi rialzo di scatto. Per un attimo ho dimenticato chi stavo inseguendo.
Le mie mani pulsano di dolore e di calore. Non ho tempo per pensarci. La figura incappucciata ha già attraversato la radura e supera agilmente la recinzione in ferro in fondo ad essa.
Mi lancio all'inseguimento seguendo la stessa traccia lasciata nell'erba dallo sconosciuto.
Per un istante, lo vedo voltarsi. Il volto coperto dall'ombra del cappuccio. Corre veloce sull'asfalto liscio mentre io arranco nell'erba alta. In compenso riesco a riconoscere un grigio pallido della tuta che indossa. Arrivo anch'io al recinzione mentre il fuggitivo appare e scompare nell'ombra dei lampioni.
Lascio un po' del mio sangue su quella rete tagliata che mi divide dalla strada. Mi dico di essere un po' più vicino a lui o lei quando improvvisamente lo perdo di vista. Rallento la mia corsa e, con essa, il tamburo nella mia testa che è il cuore che pompa sangue. Un respiro profondo cercando di sfruttare tutto l'udito che ho.
<< Di qua! >>
Un tamburellare di passi alla mia sinistra. Sfrutto una panchina per germi al di sopra della mia altezza.
<< Ehi! Fermati! >>
Non sembra ascoltarmi. Scavalca con agilità un basso muro di mattoni.
Dove cavolo sta andando?
Domande che perdono risposte nel momento in cui la figura si ferma a guardarmi. Forse tre secondi non di più. Sono io per primo a fare una mossa . Mi lancio di nuovo all'inseguimento di risposte che continuano a sfuggirmi.
Scavalco anch'io con la stessa agilità allo stesso muretto, continuando a lasciare le mie tracce insanguinate ovunque posi le mie mani.
Con ampie falcate riduco la distanza.
Quaranta metri, trenta. Ora poco più di venti passando davanti all'ingresso principale.
Dove cavolo stai andando?
Non passa molto tempo prima di capirlo.
Felpa grigia scala a due a due la scalinata che separa la strada dal dormitorio.
<< Merda! >> mi dico pensando al labirinto dove ho vissuto fino a pochi mesi fa.
La vedo entrare spostando con forza una ragazza che sta uscendo. Sento lamentarsi quest'ultima per poi dirigere le sue parole verso di me mentre "felpa grigia" sparisce all'interno.
<< Ehi Aiden! Allora sei venuto? >>
La guardo interdetto, trafelato e ferito.
Comprende che non ho la più pallida idea di chi lei sia.
<< Ricordi? Stamattina nel parcheggio. Sono Jenny e sono felice che tu abbia accettato il mio invito! >>
La mia mente riesce con le poche forze la sua disposizione a fare due più due.
<< Perdonami adesso non ho tempo ma ci vediamo dopo! >> cerco di essere gentile tuffandomi all'interno e capendo appena varcata la soglia in che guaio mi sono cacciato.
Almeno un centinaio di occhi si posano su di me mentre è in corso la festa a cui Jenny mi aveva invitato. E non sono gli occhi a darmi fastidio quanto piuttosto che in mezzo a questa calca e a questa musica assordante non avrò le risposte che cerco.
Un piccolo palco è stato tirato su in fretta nell'ingresso del dormitorio. Da lì sopra un improvvisato DJ dirige la festa.
<< Siete pronti per la sorpresa di stasera? Allora cercate la persona a cui siete più legati e tenete la stretta perché tra dieci secondi tutto cambierà. Tutti insieme! Dieci ... nove... >>
Che diavolo sta succedendo?
Muovo la testa a destra e a sinistra, così veloce da sentire lo spostamento d'aria
<< Otto... Sette. >>
La vedo.
Immobile, a dieci metri da me, di spalle, sembra non curarsi della festa svettando con il suo cappuccio sportivo in mezzo a tutti quei ragazzi dai capelli perfetti.
<< Otto... sette... >>
Mi faccio strada senza troppe lusinghe, spintonando qua e là
<< Sei... cinque >>
Il conto alla rovescia sembra contare i metri che ci dividono.
<< Quattro... tre... due... >>
Allungo il braccio.
<< Uno... >>
Afferro il cappuccio.
<< Zero! >>
Lunghi capelli castani prima che la luce vada via.
L'intera sala sprofonda nel buio più assoluto. Solo la luce fioca dei lampioni dall'esterno.
Solo una musica lenta.
Solo un abbraccio che mi cinge i fianchi e mi preme sul petto.
© Giulio Cerruti (The_last_romantic)
Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
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