CAPITOLO 40 - Occhi Chiusi
Lo scoppiettio della marmitta mi accompagna al parcheggio. Spento il motore si spengono anche alcune mie speranze.
Lo capisco dagli occhi degli studenti che attraversano il parcheggio, dai loro parlottii e da come allontanano i loro passi da me. Le voci corrono veloci e le ipotesi sbagliate insieme ad esse. So che non dovrei giudicarli perché forse a posto loro avrei fatto lo stesso. Arrestato con l'accusa di aver quasi ammazzato più persone a colpi di pistola. Non ci vuole un genio a fare due più due e credere alle ovvietá.
<< Ehi Aiden! >>
Mi si para davanti una matricola. Un metro e sessanta, forse sessantacinque, capelli castani, occhi vispi. Con il braccio sinistro stringe il petto dei libri di letteratura. La mano destra invece mi porge un biglietto.
<< Stasera c'è una festa. Sei benvenuto se ti va. C'è anche il mio numero! >> dice con un tono di voce inaspettatamente alto. Ridacchiando torna nel gruppo di ragazze da cui si era separata.
Scrollo le spalle.
Penso che sia il fascino del cattivo ragazzo. So di donne che hanno scritto lettere d'amore ai serial killer in carcere.
Crollo di nuovo le spalle a buttare via questi pensieri e per tenere dritto il timone della mia barca sgangherata nel mezzo di questa maledetta tempesta dai contorni sempre meno precisi.
E la rotta passa anche dal trovare l'aula giusta provando ad ignorare gli sguardi di alcuni studenti accompagnati da frasi del tipo:"Hai fatto bene Hayden!" di qualche sbruffone dalla giacca sportiva o dei numeri di telefono che piovono nelle mie mani scritti su bigliettini di carta. In dieci metri ne avrò raccolti almeno cinque. Ragazze e ragazzi affascinati dal cattivo di turno.
Li ringrazio svogliatamente ogni volta che un fruscio leggero tocca le mie mani.
Finalmente arrivo in aula trovando posto nel punto più nascosto e buio. Oggi c'è lezione con il professor Conrad di "Economia aziendale 1".
Anche questo fa parte del nuovo corso della mia vita: tornare a frequentare buona parte delle lezioni come buona parte degli studenti.
Accendo lo schermo del mio smartphone per metterlo in silenzioso.
Cavolo. Avrò almeno diciotto messaggi sui miei social.
Li leggo prendendo amaramente atto che alcuni mi danno dell'assassino, altri come prevedibile mi chiedono di essere contattate. Ovviamente sono più i primi che i secondi.
Cazzo, la gente non sta bene!
Ed è strano cercare di comprendere come mai hater che probabilmente sono gli stessi che mi guardano sottecchi tra i corridoi, solo tramite social riescono a dare voce ai loro pensieri, nascosti dietro una tastiera ed una foto sfocata.
Scrollo le spalle una terza volta convincendomi che è una battaglia persa e pensieri sprecati.
Me ne convinco nel momento stesso in cui entra il professore in aula.
Ho ancora la mano piena di foglietti spiegazzati. Ne leggo qualcuno per curiosità.
"Tiffany", poi il numero di telefono.
Questo è scritto : "Ciao Aiden, mi chiamo Jennifer ma tu puoi chiamarmi Jenny, stasera festa nel dormitorio, sei invitato", numero di telefono. Lei si è impegnata più della prima. Deve essere la ragazza del parcheggio.
Biglietto rosa: "Fai schifo, assassino!". Fa un certo effetto leggere queste parole su una carta rosa.
Mark: "Se vuoi compagnia chiamami!". Davvero lusingato Mark.
Biglietto giallo: "Sembra che adesso tu sia diventato alquanto popolare. So che non hai fatto quello che dicono. Non chiedermi come ma lo so. Non dar retta quanti ti scrivono giudicandoti. So come sei. Se vuoi parlare sai come fare. ", firmato "W".
Scatto in piedi
<< Cazzo! >>
<< Signor Dickerson vuole dire qualcosa?>>
<< Chiedo scusa professore... >>
Mi risiedo lentamente.
È lei, è lei. Giro compulsivamente tra le mie mani il foglietto, da una parte all'altra, cercando qualche indizio.
Nulla. Stessa carta, stessi quadretti, stesso colore.
L'unica differenza: la firma.
<< "W" >>
Stupido Aiden! Devi averla avuta a meno di un metro di distanza. Deve essere per forza così. Sará stato nel corridoio.
"W".
Chi conosco con il nome che inizia per W. Mi pare nessuno. Forse Whitney... ma è stata una compagna di classe al tempo delle elementari. Non mi ricordo neppure che faccia avesse. Ed immagino sia lo stesso anche per lei.
O forse il cognome. Wilhelm, Annabelle Wilhelm. Era nel gruppo di amici di New York. Non può essere lei. L'ho vista proprio ieri taggata su Instagram in una foto della Fashion week.
"Se vuoi parlare sai come fare."...
È esattamente ciò che ho intenzione di fare.
" Mia cara/o "W". Piacere di conoscerti. A differenza tua io non so chi tu sia. Nonostante il tuo indizio, continuo a non avere la minima idea di chi tu possa essere. Dici di conoscermi, dici di essere certa/o della mia innocenza. In effetti hai ragione. Non riesco a raccontarti in poche parole ciò che è successo. Sappi solo che quelle persone ce l'avevano con me e nonostante ciò, a parte scappare, ho fatto davvero poco. Ma a quanto pare per la gente è più facile giudicare che pensare. E mentirei dicendo che mi comporerei diversamente da loro, da chi in questo momento sta giudicando. Immagino tu lo abbia visto e che tu sia stata/o in mezzo a loro mentre lo facevano. In silenzio, sempre di nascosto. E mi chiedo perché. Perché semplicemente non incontrarci e vederci dal vivo? Perché cavolo non comportarsi normalmente e presentarsi? Cosi solo per raccontarmi di te visto che sai già tutto di me. Mi rispondo che non puoi, che sei costretta/o dalle circostanze. O almeno mi piace pensare sia così piuttosto che uno stupido scherzo o qualche vendetta idiota. Mi piace pensare che ne valga la pena di fidarsi ad occhi chiusi e fare ciò che non ho mai fatto: vivere. Ma questo tu già lo sai."
© Giulio Cerruti (The_last_romantic)
Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
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