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Capitolo 32 - Beccato

<< Aiden! Aiden Dickerson! >>
Cristo Santo! Ma dove ca...
<< Ehi! Sei tu Aiden Dickerson? >>
Dio che male la testa!
<< D... dove sono? >>
Voci indistinte di accavallano al di sotto di un tamburellare ritmico metallico.
Voci, colpo, voci, colpo.
<< Al Grand Hotel! Alzati stupido ubriacone! >>
Sembra ironico. Ma non sono tanto le voci a infastidirmi quanto non capire cosa provoca questo rumore che mi spacca i timpani.
Apro gli occhi con una fatica che non è nulla a confronto di quella per mettere a fuoco il manganello che rimbalza tra le sbarre.
<< Sbarre? >>
<< Muoviti che hai una visita! E datti una sistemata! Hai anche sbavato sulla panca! Gioventù bruciata! >>
Rantolo e mugugno finché riesco a trovare le forze per mettermi a sedere. Sento il sangue lasciare il cervello dove ristagnava chissà da quanto e provo a stropicciarmi il viso per riattivare la circolazione.
Quando mi guardo attorno mi convinco che era meglio rimanere svenuto.
Riconosco una cella con sbarre su tre lati e alla finestra. Riconosco un lavandino di acciaio con accanto il water stranamente pulito. Riconosco la panca sulla quale sono seduto e mi conforta perche significa che sono in un distretto di polizia e non in una prigione.
Riconosco tutto anche se non ci sono mai stato... o almeno non in questa.
Il poliziotto sta tornando con in mano le chiavi delle celle.

Ventiquattro ore prima

Non ho mai fumato cosi tanto.
Giuro. Ho provato anche a smettere qualche tempo fa.
Era il periodo del processo.
Il mio avvocato mi aveva consigliato di evitare di farmi vedere in pubblico ad aspirare compulsivamente. Questo, a suo dire, non avrebbe giovato all'immagine che volevamo dare di me. La sua strategia difensiva si basava su un problema comportamentale legato alla cattiva gestione della rabbia. Questa secondo lui, o almeno secondo le sue arringhe in aula, era stata la causa scatenante del pestaggio e della morte.
Causa, effetto, causa, effetto.
Certo se non si considera la legittima difesa. Comunque sia un insieme di finti percorsi con specialisti e mai frequentati servizi sociali fecero di me una persona nuova agli occhi dei giudici, della giuria e dei media.
Eppure se mi guardo a terra ora, circondato da una diecina di mozziconi, alcuni dei quali ancora fumanti, non mi sento esattamente una persona «nuova».
Sarà perchè non vedo una direzione chiara della mia vita, un rapporto che sia vero, oppure questa ragazzina dai capelli lisci castani e occhi nocciola che saltella di fronte a me da un piede all'altro e che mi racconta di quanto sia stronza la sua professoressa. Sarà tutto questo a impedirmi di concentrarmi e trovare il bicchiere mezzo pieno in questo deserto di bicchieri vuoti.
Inclino la testa da un lato per non soffiarle il fumo in faccia mentre osservo la festa concludersi.
No. Devo ammettere non una gran festa.
Per lo meno per me. Attorno gente sorridente quindi felice, gente ubriaca quindi ancora più felice, gente strafatta che quindi non sa neppure di essere felice.
Sarà forse che mi sono assuefatto a tutto questo? Sarà che sono mesi che almeno quattro volte alla settimana tutto questo circo si ripete? Sarà che sono cresciuto e tutto ciò mi ricorda solamente che le uniche amiche che ora ascoltano i miei pensieri sono le sigarette a terra e la mia autostima sotto di esse.
Eppure sono ancora qui. Ancora in gioco come una pallina da flipper rimbalzata qua e là ma senza davvero una meta e con l'unica certezza che prima o poi qualcosa accadrà.
Un altro tiro. Inclino la testa dalla parte opposta e verso la strada che si perde in lontananza.
C'è una macchina. È ferma.
La guardo. Mi guardano.

Merda, merda. Ma no stai calmo. Respira. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori.
Aspetta.
Ma figurati.
<< Capito Aiden? Quella stronza della professoressa Collins... >>
<< Certo, certo. Ascolta Tiffany... >>
<< Mi chiamo Stephanie! >>
<< Si, si, giusto! E cosa ho detto? Stephanie! Ascoltami bene ora. Dovresti farmi un enorme favore! >>

Dei passi si avvicinano.
<<Aiden! >>
<< Cristo! Mi hai fatto prendete un colpo! >>
<<Chi volevi che fosse? >> mi chiede leggendo nei suoi occhi tutta la sorpresa e l'incoscenza che ha come giusto che sia.
<< Allora? Sei riuscita a vedere dentro? >>
<< Si Aiden! Ma non capisco... >>
<< Allora? Quanti sono? >>
<< Tre, forse quattro. È difficile a dirsi. È notte e hanno i vetri oscurati. Ma ho fatto come mi hai detto, ho fatto finta di passare di lì per caso facendo il giro dell'isolato. Ma Aiden... va tutto bene? >>
Cazzo sono venuti in forze. Ma non posso qui, non con tutta questa gente.
<< Adesso ascoltami bene! Devi farmi un ultimo favore: c'è un pub a cinque minuti da qui, a destra dopo la farmacia sulla Main. Devi bussare e chiedere di Fergus, capito Fergus, e dirgli che gli amici di Aiden sono arrivati e di chiamare la polizia che io sto arrivando. >>
<< Aiden... mi stai spaventando! >>
<< Ti prego non c'è tempo. Solo questo, solo portare un messaggio dopo di che non ti chiederò più nulla promesso. >>
<< Ma... >>
<< Ti prego Stephanie ne va davvero della mia vita! >>
<< O... ok. Se la metti in questi termini... >>
<< Grazie! Grazie di cuore! >>

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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