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Capitolo 3 - Caos

"Benvenuti nella ridente e affascinante California, centro ineguagliato di creatività e crogiuolo di menti eccelse e libere. Benvenuti nella North California State University."
Così inizia l'opuscolo che fa da accoglienza a tutti gli studenti, non californiani immagino. In allegato c'è anche una simpatica mappa ben dettagliata
"Fondata da Erwin Dickerson su ciò che rimaneva della North California State Academy, raso al suolo nell'inverno del 1860 da un vasto incendio che ne compromise  la stabilità, la North California State University si compone due dormitori divisi secondo il genere che accolgono lo studente, su entrambi i lati della Main, non appena varcato il grande cancello di ferro e ottone risalente al 1890.
La struttura principale in stile neogotico e di forma esagonale, il cui ingresso si trova ad di sotto della torre dell'orologio, si sviluppa su tre piani: al primo piano potrete trovare le aule dalla 1 alla 10, la segreteria didattica e le sale relax.
Al secondo piano, superato il ballatoio di fronte agli uffici della presidenza, troverete le aule dalla 11 alla 20, l'ufficio di orientamento alloggi, lo store del merchandising della NCSU ed i laboratori.
Il terzo piano (accessibile previo invito) potrete parlare con i vostri professori nei loro uffici quando richiesto.
Le strutture esterne al complesso centrale si trovano sui lati est, ovest e sud: ad ovest, percorrendo la Jefferson Avenue, potrete recarvi alla biblioteca Dickerson, eretta nel 1862 grazie ai fondi stanziati dalla famiglia Dickerson che tutt'oggi è parte attiva del Consiglio universitario.
Camminando verso est, lungo la Johnson Street, invece potrete raggiungere la parte di campus dedicata alle confraternite che si estende per 6 acri  seguendo il profilo della vecchia ferrovia oggi strada intitolata al presidente Franklin.
Infine a sud camminando lungo la Carter Avenue avrete modo di apprezzare la parte di campus dedicata allo sport con due complessi, ognuno da 350 iarde quadrate, che sono le palestre per la vostra attività fisica così come il campo da football, alla fune della strada casa dei nostri amati e imbattibili Riders.
Per ogni ulteriore informazione lo studente può fare riferimento all'ufficio di orientamento d'alloggio."
Devo dire la verità...
Raramente mi sono sentito così confuso. Se tutto questo voleva essere chiarificatore di sicuro non lo è stato e sono contento che abbiano aggiunto una mappa il mio kit della matricola sfigata. Ora che ci penso sarebbe stato il caso di ascoltare più attentamente ciò che diceva Fran, Frances o Francesca.
Forse potrei....
Ma come mi viene in mente? si certo ora è troppo tardi per tornare indietro a chiedere informazioni su dove poter passare la notte.
Cerco affannosamente tra tutte le carte contenute nel kit un suggerimento su quale possa essere la mia stanza. Immagino dovrò accontentarmi del dormitorio dove di sicuro mi aspetta un compagno di stanza con il quale non vorrò parlare e benché meno fingere interesse nei suoi confronti.
Ma alternative non ce ne sono: avrei potuto affittare qualcosa fuori dal campus ma diciamo che le mie ristrettezze economiche del momento non me lo permettono. Benché meno trovare posto in una confraternita essendo esclusivamente su invito e poi hanno quelle cazzo di iniziazioni pensate durante chissà quale sbronza al birrapong.
Uscito dal dormitorio femminile, mi faccio largo spintoni tra studenti che loro si sanno bene dove andare, o almeno sembra.
In lontananza la torre con l'orologio mi ricorda le parole del kit di benvenuto.
Mi guardo attorno... impressioni?
Sono di un college per il quale l'apparenza è più importante della sostanza. Un grande villaggio turistico, con annesso opuscolo. Ogni filo d'erba è tagliato esattamente alla stessa altezza, ogni albero potato in modo che le cime non si tocchino tra loro, di fronte all'entrata campeggia la statua del fondatore di questo collegio lucidata a specchio senza neppure il minimo segno di defecazione animale.
E poi telecamere.
Telecamere ovunque come in un grande fratello nascosto sotto la scusa polverosa della sicurezza di noi protagonisti inconsapevoli.
Vorrei essere qui? Certo che no. Avrei potuto sfruttare il mio nome e qualche conoscenza ed entrare in una università  della Ivy League. Brown, Berkeley, ungendo qualche ingranaggio forse anche Harvard. Un tempo pensavo non avrei avuto neppure bisogno di studiare, in realtà non mi sono mai posto il problema.
Invece...
Come posso spiegarlo? È stato come un appuntamento con quella ragazza che sogni da una vita. Hai anche barato pur di esserci, pur di averla. Arriva la sera della vigilia dell'appuntamento e speri che quel dannato telefono non squilli e che tutto rimanga com'è.
Ma cosi non andrà.
Ti dicono che lei non potrà venire ma che in compenso con te uscirà una sua lontana parente, strabica, dal peso imponente, con la voce stridula e quella fastidiosa abitudine di tirare su con il naso.
Non pensarci Aiden.
Entro, come suggerito dalla mia brochure, attraverso l'ingresso principale posto sotto l'orologio che segna mezzogiorno e mezza.
Salendo le scale osservo attentamente quante ragazze mi si parano di fronte.
Un paio mi sorridono ma in questo marasma è difficile dire a chi precisamente stessero sorridendo.
Rimpiango amaramente di aver trattato così quella Fran ma per il solo motivo che non ho pensato alle conseguenze. Non ho pensato al fatto che poteva ancora essermi utile almeno per poco, almeno per evitare questo formicaio.
Mi sono fatto una promessa lasciando New York: basta rivangare il passato. Basta rischiare di andare a sbattere per guardare indietro. C'è solo una direzione adesso da prendere: avanti. Un'altra ragazza mi sorride. Probabilmente perché mi vede pensieroso e i tipi un po' misteriosi hanno sempre il loro fascino.
Di fronte a me almeno 10 metri di ragazzini che non sanno dove andare. Le matricole devono essere arrivate tutte insieme.
L'unica cosa che voglio in questo momento è sdraiarmi e disfare le valigie che ho lasciato in macchina, per giunta al sole.
Perdonatemi bimbi ma ho la precedenza.
Supero la fila e mi diverto vedere quanto tempo passa prima che si accorgano di ciò che sto facendo.
Di fronte a me ora una vecchia, stanca e sudata donna di mezz'età con gli occhiali squadrati appena poggiati sul naso e ciò  che rimane di alcuni boccoli fatti qualche giorno fa ai suoi capelli rossi. «Perdonami! Vado di fretta!» mento scansando la ragazza prima della fila senza neppure guardarla.
« Nome e cognome?»  mi chiede il relitto.
« Aiden Cobb»
« Kobb con la "k"?» 
«No, con la "c".»
I ragazzini iniziano ad agitarsi.
Qualcuno si lamenta. «Ehi! Rispetta la fila!»
« Cobb, Aiden. Dormitorio maschile. Camera 7G.»
«Chi ti credi di essere?»
«Grazie signora. E grazie a tutti voi!»
Torno sui miei passi, a ritroso, seguito dalle occhiate lanciate dai bambini ancora in fila.
Ma se c'è una cosa che la vita mi ha insegnato è che non c'è tempo da perdere.
Stesso percorso, inverso. Svolta a destra questa volta, lasciandomi alle spalle il dormitorio femminile.
Esteticamente i due dormitori si assomigliano molto: granitici, squadrati, una piccola scalinata conduce ad una porta a vetri.
L'esterno è stranamente silenzioso. Probabilmente a quest'ora molti sono a lezione.
Cazzo.
Mi ero ripromesso di tenere un basso profilo e non urlare il mio nome così in pubblico non è stata certo una buona idea.
Dio, non vedo l'ora che finisca questa giornata.
Spalanco la porta a vetri ritrovandomi a metà di un lungo corridoio. Camere sia sulla destra che sulla sinistra. Camere chiuse, alcune aperte. Certe vuote, certe altre in preda ad un disordine che impedisce loro di essere chiuse.
Sembra la mia vita.
7A, 7B, 7C... che poi perché mettere le lettere. Non potevano semplicemente numerarle?
7F.  7G. Eccola.
Una strana sensazione mi prende. Qualcosa di incomprensibile, qualcosa a metà tra la paura nel futuro e l'ansia da prestazione.
Mi sono spinto troppo avanti per poter tornare indietro. Provo ad afferrare la maniglia.
Mi sfugge.
Qualcuno apre dall'interno.
«Ehi! Tu devi essere il mio compagno di stanza! Che bello vederti! Non ti dispiace vero sono già sistemato le mie cose? Ho scelto questa metà  della camera ma se vuoi mi sposto! Oh!Perdonami! Che maleducato, non mi sono neanche presentato! Mi chiamo Emmanuel, Emmanuel Yates ma tutti mi chiamano EJ! Vuoi una mano con le valigie! Dio come sono eccitato!»
Dio, come odio il college!

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

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