Capitolo 1 - Necessità e possibilità
Diciamoci la verità... non avevo tante alternative.
È vero avevo promesso. Promesso che non avrei accettato più nulla di ciò che mi sarebbe stato donato, che non avrei mai più sfruttato i benefici che ciò che il fato o destino o in qualsiasi modo si chiami quella forza maligna che mi ha impedito di scegliere dove nascere mi avrebbe donato.
Ma come dicevo la verità è che spesso le scelte sono obbligate e bisogna scendere a patti con la propria coscienza, con il proprio orgoglio e anche con la propria famiglia.
Sono qui perché ... Diciamo che sono stato molto impegnato.
Cazzo!
Mi chiedo perché mento a me stesso e mi rispondo che forse perché è la menzogna più facile da dire non essendoci testimoni. Ma è anche quella di cui ci si libera meno facilmente.
L'oceano scorre veloce sulla destra, un lato insolito per noi della East. Una distesa d'acqua che non mi appartiene, che non appartiene a mio modo di essere, di vedere le mie giornate. Ma vedrò di fare spazio anche all'oceano sperando che possa ingoiare e affogare quei buoni tre quarti del mio passato da cui, ora, la mia Impala mi sta portando lontano.
Ed ogni sassolino, ogni residuo di pneumatico che colpisce il fondo della mia macchina è una manciata di terra in più su tutto ciò che ho lasciato a Boston. Ogni miglio, ogni giro del contachilometri che assomiglia sempre più ad una slot machine a cui sto giocando e di cui non ne conosco né regole ne risultato finale.
Le sessanta miglia orarie, il vento che entra dai finestrini abbassati, il sole del tramonto che mi scalda solo metà viso. Tutto questo ho cercato.
Lontano, il più lontano possibile. Correre senza guardarsi indietro. Solo, come sono sempre stato, come, qualcosa mi dice, sarò sempre.
Ma va bene... va bene così. Si dice: "Meglio soli che male accompagnati". E non c'è stato mai, o forse mai, un momento della mia vita in cui questo detto non abbia trovato la sua conferma. Ma non capisco come facciano a sopravvivere in me due realtà così diverse. Dove sta l'equilibrio del mio essere e la realtà di questi anni in cui non avevo un attimo per me.
Anni in cui il mio nome valeva più del mio essere, quantomeno per gli altri.
È stato questo il motivo che ha scatenato la mia decisione, quando la necessità trova la sua possibilità nonostante essa significhi rinnegare per l'ultima volta ogni promessa fatta a sé stessi ed abbracciare, sempre per l'ultima volta, vecchie cattive abitudini.
Spero di non mentire più a me stesso Perché in fondo cosa si ottiene? L'effimera illusione di un attimo in cui tutto, per quanto pazzesco, possa andare come pensiamo debba andare? No, stavolta no. Stavolta per quanto sbagliata ogni scelta sarà mia senza cadere nuovamente nel vortice di basare ogni mia decisione su cosa possa ferire maggiormente mio padre.
Stavolta ad essere rinnegata sarà la mia famiglia, i loro soldi, le feste, quasi tutte le mie macchine, le vuote persone dell'alta società, i loro vestiti che costano più di quanto valgono un po' come la loro anima venduta, i loro: "Aiden gran bella festa", oppure: "Sai Aiden, sei un maestro per chiunque voglia imparare a sperperare i soldi nella propria famiglia" o ancora: "Non cambiare mai Aiden in fondo... perché dovresti mettere la testa a posto con quel nome che ti porti dietro?".
Già.
Perché mettere la testa a posto quando di "a posto" attorno a te non c'è assolutamente nulla? Quando tutto attorno a te è un amalgama indistinta di vuoti sorrisi, coltellate alle spalle e strisce di coca nei bagni.
Quindi eccomi qui: una Impala nera del sessantanove, la mia preferita, un trolley e quel calore del Sud degli States che non avevo mai sentito sulla pelle e che significa solo una cosa: sono arrivato.
© Giulio Cerruti (The_last_romantic)
Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
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