The Soul Of Things [L'Anima delle Cose]
TERZA PROVA
Prova: One Shot in terza persona. Il personaggio principale deve essere un oggetto inanimato che prende vita (modo a discrezione dell'autore). Deve essere presente un antagonista o personaggio negativo e la storia deve terminare con l'oggetto inanimato che torna a essere tale.
Min. 600 parole - Max 1500 parole - Terza Persona: 1490 parole - 9.539 caratteri. (Dedica e Citazione ESCLUSI) - Terza Persona Passato
Termine Prova h 12.00 del 11 Settembre 2016: pubblicato il 5 Settembre 2016, h 18.30 ca.
Note: Gli eventi narrati non sono mai accaduti. I luoghi, i dialoghi e gli oggetti presenti sono opera della fantasia dell'autrice.
***
- A Rita -
"Slow down, totally. You have to slow down and pay attention to everything."
Norman Reedus
Cari amici, non vi chiederò di credere ma semplicemente di ascoltare. Di mettere da parte i vostri limiti all'assurdo e provare a... capire, sentire.
Stilo dimenò l'atuccio e stiracchiò il tappo, per svegliare la cartuccia e perché l'inchiostro viscoso ricoprisse uniformemente la sfera d'ottone. Di notte poteva farlo: il buio, il silenzio e il sonno necessario agli umani erano ottimi alleati.
Stilo era speciale. Non c'entravano il valore, l'origine o le caratteristiche tecniche. Era speciale senza un perché enciclopedico.
Non sapeva da quando lo era, ma lo era. Sì, perché l'anima, Stilo, se l'era guadagnata; temprata dalla rabbia, nutrita con le lacrime e istruita dalle risate. La storia le aveva tessuto un Dna a doppia elica molto robusto e complesso, pregno di esperienze e nozioni. Stilo poteva autonomamente esplorare gli spazi, a patto che mantenesse discrezione e anonimato.
Certo, sarebbe stato di gran lunga più scenografico se una fatina dai lineamenti dolci fosse piovuta dal cielo e, armata di bacchetta, avesse disegnato volute luccicanti e recitato incantesimi cacofonici in grado di legalizzare il suo incanto. Ma quando per anni sei stata il mediatore di milioni di segreti, accarezzata, stritolata, venerata e maltrattata a seconda del frangente... quando il destino ti ha condotta dappertutto, permesso di ascoltare tutto, non ti servono certificati artificiosi. Diventa facile e straordinariamente naturale realizzare il calibro delle tue missioni, capire che il tuo compito non è solo una banale partecipazione ma... una sacra testimonianza, e che la magia è né più e né meno di un termine antropico atto a legittimare l'impossibile.
Per qualche inspiegabile ragione, dopo tanto tempo, Stilo era stata scelta e sistemata accanto alle cose più importanti per il grande giorno: a una stola perlata, a un paio di guanti della medesima tonalità, a un fiore di seta e a una clutch che con ogni probabilità avrebbe preso in custodia qualcun altro.
Quella non era una notte come le altre. Stilo non sapeva se la paura dovesse obbligatoriamente sconfiggere l'eccitazione; non sapeva se ragionare sui possibili sviluppi negativi o bearsi dell'ignoto, lasciarsi sedurre dall'illusione che il cambiamento avrebbe portato meraviglie anche per lei. Le ipotesi nefaste erano molteplici: il fermento che si prospettava avrebbe potuto giocare a suo sfavore.
Lei avrebbe potuto... perderla. Avrebbe potuto dimenticarla, cederla, addittura buttarla.
Scacciò quei pensieri avversi e rotolò prudentemente fino al bordo del mobile; il legno sapeva di cera, ungeva le bombature laccate e appannava il fermaglio argentato. Avrebbe dovuto strofinarsi a dovere sull'alcantara del divano, prima dell'alba. Si diede lo slancio e atterrò sul cuscino verde di una delle sedute del tavolo da pranzo, usò il fermaglio per issarsi sulla tovaglia viola e raggiungere il piano. Desiderava conquistare una panoramica della stanza che in quei giorni stava disputando una lotta serrata con il cambiamento.
Alcuni mobili erano stati coperti da lino chiaro, molti oggetti inscatolati e preparati per il trasloco; altri erano rimasti al loro posto. Stilo doveva verificare, aveva l'esigenza di valutare il peso del nuovo futuro. Studiò la libreria, contando le costole dei volumi che non erano stati scelti. Il suo sguardo scalò tre ripiani vuoti, raggiungendo quello in alto a destra.
Eccoli, i compagni. Perché non erano stati impacchettati? Li contò tutti e quindici. Cuoio, velluto, plastica e cartone che preservavano cellulosa imbevuta dell'inchiostro che lei stessa aveva messo a disposizione per oltre vent'anni. Si sentì un po' a disagio, quasi in colpa, per essere in prima linea mentre loro...
Magari la nuova destinazione era pericolosa, forse lei aveva saggiamente convenuto che era rischioso traslocarli, che sarebbero stati più comodi e al sicuro lì, dov'erano sempre stati.
Forse...
Stilo retrocedette e inavvertitamente cozzò contro qualcosa. Ruotò appena, per osservare l'intralcio.
«Ah, sei tu» disse con una punta d'acidità. «Come mai stasera sei qui e non con lei?» Dinanzi la staticità dell'oggetto si spazientì: non era mai gratificante essere una coscienza a senso unico.
Sbatacchiò il cappuccio: il suo sospiro. Si mise in posizione verticale, poggiando sul fondello e troneggiando sul rettangolo lucido.
«Tu... i tuoi simili...» prese una pausa, cercando di contenere l'astio. «Avete mandato tutto all'aria, sai?»
Nessuna replica.
«Ed è strano come nella palese irrilevanza, provvisorietà, tu abbia tanto potere. Sì, le cose stanno in questo modo: non sei il primo e non sarai nemmeno l'ultimo. Oggi sei perfetto, domani arriverà un tuo erede che saprà fare di meglio e verrai dimenticato, sostituito... buttato. Hai rovinato la piazza a me e ai miei amici» disse, inclinandosi in direzione della libreria. «Sai fare tante cose: suoni, vibri, ti illumini, avvisi, ricordi, catturi, metti in comunicazione... eppure non hai alcun valore affettivo, né t'importa di averne.»
Con un saltello si avvicinò meglio all'oggetto, sfiorandone il bordo gommato della custodia. Si sporse, imbattendosi nel proprio riflesso allungato.
«A quando pare, ci sarò anch'io domani. Sono stata scelta, preparata. Voluta. Esatto, verrò con voi. Probabilmente viaggeremo in quella clutch insieme, ci contendereno lo spazio nella fodera. Chissà quale sarà il tuo compito e quale il mio. Chissà chi vincerà!»
Era inutile continuare a stuzzicare una massa così... vuota, Stilo ne era consapevole, non avrebbe portato ad alcunché. Nonostante ciò, a volte era così arrabbiata con il tempo, con l'ingegno, con... lei. Lei che accoglieva le innovazioni, proponendole nemici sterili, deboli. Stilo lo viveva come un affronto personale, al pari di un insulto al suo ruolo, a quello che era stata per tanto tempo e che poteva essere ancora.
Stilo aveva dato alloggio a centinaia di cartucce, ospiti dai quali puntualmente si separava. Nei periodi più fecondi, alcune erano durate meno di un mese. Ma da quando era comparso Smarty – così aveva soprannominato il muto rivale – e, prima di lui, i suoi antenati, le capitava di conservare cartucce anche per anni. C'erano giorni nei quali il prurito dell'inchiostro secco era talmente fastidioso da costringere Stilo a fare ginnastica con la sfera, di nascosto, per non perdere la possibilità di essere sempre e comunque pronta al lavoro.
Saltellò. «Non sono merce avariata, sappilo!" sputò all'apparecchio. "Vedremo chi la spunterà. Ci sarà pure una ragione se lei ha bisogno di me, no?»
In realtà, Stilo non sapeva. Ancora non aveva capito. Era avvezza, ormai, allo strazio della stasi casalinga. Smarty, al contrario, aveva sempre la priorità e usciva di continuo.
***
La funzione era stata ordinata, equilibrata nella drammaticità e nella gioia. Gli ospiti rispettosi, l'atmosfera giusta.
Stilo aveva udito tutto anche se non aveva visto niente. Solo i suoni e il profumo di fiori le avevano raccontato l'evento. Era al buio, all'interno della cluch, tra un fazzoletto ricamato odoroso di appretto e la custodia delle lenti a contatto. Smarty era uscito molto, molto prima. Quasi subito. Non era stata lei a impugnarlo, ma Rita, la zia - non zia con un ruolo strampalato che però Stilo conosceva bene perché... perché aveva redatto tanto sulla donna negli anni.
Indiscutibilmente, Smarty stava immortalando, girando, lavorando a pieno ritmo con tutte le funzionalità di cui disponeva. Svolgeva un ruolo importante, lui...
Pff!
Poi, lei chiamò. Tra il cicaleccio degli elogi e i singhiozzii della commozione generale, chiamò Rita perché le portasse la clutch.
L'esperienza avvertì Stilo che era arrivato il momento: il suo momento. Non potevano esserci dubbi. Difatti, poco dopo, la luce inondò l'interno della clutch, il profumo di fiori e incenso si intensificò e finalmente la vide e la sentì, chiudersi nobilmente attorno a sé. Ora Stilo doveva solo lasciarsi andare, tornare a essere quella che era, celare la sua anima, occultarsi per la buona riuscita della missione.
C'era qualcosa di nuovo in quella stretta, qualcosa che non c'era mai stato prima, una miscela di tremore e umida incertezza; quest'ultima fatta non di ripensamento ma semplicemente di paura. Per un attimo Stilo temette di cadere, che quelle dita famigliari fossero instabili. Ma non accadde. Lei la posizionò perfettamente, felice di lasciarla lavorare.
"Mi vedi, caro Smarty? Ecco il mio momento. E adesso, riprendi la mia gloria!" avrebbe voluto urlare. Ma si limitò a pensarlo, abbandonandosi serenamente all'immobilità.
Stilo vergò un nome che amava moltissimo. Poi un altro. Un altro ancora e, infine, un altro. Passò in ben quattro mani e la sua punta fine e l'inchiostro nero ebbero amplessi eccelsi.
Stilo era lì, ancora una volta, per la grande volta. Stava testimoniando una scelta, probabilmente la più ardita. La stava rendendo possibile, concreta... eterna.
Amici, forse Stilo era obsoleta, superata e doppiata mille volte dal progresso, ma non demordeva. Forse il suo era un mestiere raro, tedioso, ma non era finito: c'era ancora bisogno di lei.
Non sempre la magia necessita di una spiegazione, non sempre le favole rimangono meramente... favole. A volte, ma solo a volte, i sentimenti, la storia, l'ineluttabilità e la necessità hanno il prodigioso potere di caricare di energia tutto ciò che di più importante abbiamo. Può capitare di condividere l'esistenza con cose che non sono semplicemente cose, anche se magari non riveleranno mai apertamente la loro anima.
Se fosse davvero così, non sarebbe straordinario?
Io ci credo e desidero crederci.
E voi?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro