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TERZA PROVA: PAZZO AMORE(JEMMA)

PAROLE:2999
TRAMA:Shadowhunters TDA

Si trovava nella sala di addestramento dell'istituto.
Il silenzio regnava nella stanza. Era sola e per la concentrazione goccioline cristalline di sudore scivolavano sinuose lungo i contorni del suo viso.
La mano saggiava l'impugnatura del pugnale che le sfiorava il lobo dell'orecchio.
Uno scatto, mosse il braccio ad una velocità inaudita e la lama partì correndo lungo una linea immaginaria che nella mente della ragazza era ben tracciata.

Finalmente espirò l'aria che aveva tenuto bloccata nei polmoni.
Afferrò un'altro coltello da lancio e per la terza volta, ripetendo la stessa sequenza, infilzò il manichino tra gli occhi.

<<Poverino, non lo massacrare>> si innalzò una voce dietro di lei. Rimbombava tra le pareti alte della stanza, potente e roca. 
Emma si girò di scatto in un turbinio di capelli svolazzanti a causa del movimento improvviso.  I loro occhi si incrociarono.
Emma era incantata dal movimento quasi innaturale dei capelli platino del ragazzo davanti a lei. Il suo sguardo era talmente magnetico che faceva fatica a mantenerlo, gli occhi di colore diversi rendevano la situazione ancora più intrigante. Mentre il sorriso furbo e la fossetta che si creava all'angolo della bocca rendevano la sua figura tenera nonostante i muscoli guizzanti sotto la maglietta bianca.

<<Mi stavo solo allenando>> rispose mentre appoggiava un ulteriore coltello sul tavolino.
<<Come fai da una settimana senza sosta>> constatò lui avvicinandosi alla ragazza.
<<Mark...>> sussurrò Emma sbuffando.
<<Lo so, lo so. È quello che ti piace fare eccetera eccetera. Ma potresti anche considerarmi qualche volta>> quasi la supplicò lui.
<<Mark, ma io ti considero >> replicò Emma piccata.
<<Ad esempio?>>
<<Ad esempio, ora.>> rispose abbreviando lo spazio tra i due.

Mark le afferrò i fianchi e la avvicinò a sé.
<<Oggi sei ancora più bella...>> sussurrò lui vicino al suo orecchio.  Emma avrebbe voluto reagire alla sua vicinanza. Avrebbe voluto che anche il suo corpo fosse attratto da Mark come voleva la sua mente. Ma non era così.

Non tremava al suo tocco.
Non le si rigirava lo stomaco.
Non le sudavano le mani.
Non avrebbe rischiato tutto per un suo bacio o un suo abbraccio.
Ma era meglio per tutti, doveva sacrificarsi per un bene superiore.
Avrebbe fatto di tutto per non vedere soffrire qualcun'altro, non voleva complicare le cose più di quanto già non fossero.

Tutto quello che viveva attorno a lei appassiva. Si sentiva come un virus o un fungo, non ti ci saresti dovuta avvicinare senza prendere in considerazione il fatto che avresti sofferto, in un modo o nell'altro.
Tutto quello a cui aveva tenuto era scomparso e non voleva che succedesse anche con la famiglia Blackthorn. Erano la sua seconda famiglia, l'avevano accolta e accettata come se fosse stata una di loro. Ma lei non lo era, lo sentiva che era come una nota stonata in una melodia di pianoforte.

Mark le strinse più forte i fianchi riportandola sulla Terra.
Iniziò a baciarla, partendo dalla base dell'orecchio fino al mento per poi spostarsi sul collo dove la giugulare batteva normalmente, senza dannate variazioni.
Come in realtà dovrebbe fare un cuore in subbuglio per un altro.

Emma lo strinse a sé gettando la testa all'indietro fingendo come non aveva mai fatto.
<<Oh Em... sei perfetta>> sussurrava lui mentre con le mani viaggiava sul suo corpo inerte. Non poteva evitare di farlo, doveva abituarsi a ciò per salvare anche gli altri.
Il suo cuore avrebbe dovuto tacere per far cantare gli altri più forte. Quelli delle persone che l'avevano salvata dell'oblio, che l'avevano accetta e che l'avevano in parte cambiata sostituendo il marcio dentro di lei con una luce diversa e buona.

Drusialla entrò di colpo dalla porta della sala addestramento. Emma si spostò di colpo da Mark che rimase bloccato sul posto.
<<Emh... scusatemi. Non volevo interrompere nulla, ma la cena è pronta. >> disse velocemente con lo sguardo basso e le guance in fiamma.

Una cosa che Emma non sopportava era essere beccata in momenti di intimità come quello di prima.
<<Penso che dovremmo andare...>> sussurrò mentre metteva in ordine le armi che prima aveva utilizzato.
<<Concordo, andiamo insieme?>> chiese Mark circondandole le spalle con il braccio muscoloso.
<<Certo>> rispose Emma con un sorriso tirato, proprio quello che aveva imparato a fare dopo lo scontro, dopo tutto il caos che era successo.

Intanto al piano di sotto Jules stava preparando la cena con il solito grembiulino rosso a pois che Emma aveva comperato a uno dei suoi negozietti alternativi.
<<Ragazzi!>> urlò tonante. Come risposta ricevette il rumore dei passi dei fratelli che scendevano correndo le scale.
In ordine arrivarono Ty, Livia, Drusilla e infine Octavian.
Cristina, in un suo solito vestito giallo, cucinava vicina a lui le uova strapazzate con il sugo semplice, piatto preferito dei suoi fratellini.
<<Che buon odore!>> esclamò Livia sorridendo.
Iniziò a dividere le pietanze nei piatti posti lungo una tavola in mogano. 
Notò dopo non troppo tempo che mancava una persona molto importante.

<<Dru, andresti a chiamare anche Emma e Mark? Si vede che non mi hanno sentito >> disse ricevendo una risposta affermativa dalla sorella.
Gli tremavano le mani per la rabbia.

Come poteva Emma, la persone più importante della sua vita, tradirlo a quel modo. Ferirlo sia psicologicamente che fisicamente? Dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto quello che le aveva detto lei se n'era andata con Mark.
Ma lui notava gli sguardi che lei gli dedicava di sfuggita, notava il fatto che fosse sempre ad allenarsi, notava la sua espressione triste.
Cosa le stava succedendo?

Sentì qualcuno afferrargli la mano.
Era Cristina, era diventata un'ottima amica. E probabilmente aveva  capito cosa nascondevano i suoi occhi con tanto ardore.
<<Stai tranquillo...>> sussurrò lei. Fece il finto tonto.
<<Ma di cosa parli?>> chiese Jules alzando le spalle.
<<Poi ne parliamo coccinella>> rispose Cristina scoppiando a ridere per il soprannome affibbiatogli.

Julian si sedette al solito posto aspettando che i due piccioncini tornassero. Il sangue gli ribolliva nelle vene e le mani fremevano al solo vederli vicini.

Drusilla, rossa come un pomodoro, tornò in sala da pranzo seguita da Emma e Mark.
Mark era sempre perfetto, capelli bianchi scompigliati, occhi magnetici e sorriso intrigante. Il solito ragazzo perfetto che tutte le ragazze desiderano.
E poi c'era Emma, nella sua naturale bellezza.

I capelli scompigliati le incorniciavano il viso tondo e cereo, le labbra erano rosse come i petali di rosa, gli occhi dorati schizzavano da un lato all'altro accompagnati dalla danza sensuale delle sue ciglia lunghe e nere pece, il naso all'insù era cosparso da leggere lentiggini che la rendevano ancora più attraente.
I denti bianchi spuntavano dalle sue labbra carnose insieme a una fossetta dolce al lato sinistro del viso.
La divisa da cacciatrice le copriva le curve in un modo sbalorditivo, accentuava il vitino a vespa e nascondeva la curva delle cosce.

Jules non riusciva a non guardarla, tutto di lei  lo attirava, anche solo il suono della sua voce. Come le sirene nell'Odissea. Lui si sentiva come Ulisse, avrebbe fatto di tutto pur di ascoltare al sua voce nonostante potesse essere altamente pericoloso. 

Emma per lui era come le sirene, ammaliante.
Come Penelope, un punto di riferimento.
Come Atena, sempre al suo fianco ma inavvicinabile.
Come Circe, un desiderio.
Come Calipso, una prigionia. Era vero, averla vicina e non poterla toccare per Jules era un'agonia, era un pensiero fisso nella sua mente. Ci aveva provato ma mai riuscito veramente.

Emma si sedette davanti a lui, al solito posto. I loro sguardi si incrociarono per pochi secondi.
Verde mare contro marrone dorato.
Sembrava che ci fossero solo loro con ciò nascondevano dietro quel colore così denso.

Emma fu la prima a distruggere l'intesa di sguardi e Julian non potè fare a meno di assistere alla mano di lei che si univa a quella del fratello, intrecciandosi.

La cena andò avanti tranquilla grazie ai ragazzi che non fecero altro che parlare e parlare e parlare.
Drusilla spiegò come aveva fatto a fare la capriola all'indietro.
Ty raccontò il nuovo libro di Sherlock Holmes che aveva letto.
Octavian riuscì a narrare uno dei pochi sogni belli che aveva fatto la notte precedente.
Mentre Livia cercava di convincere il fratello ad andare a fare un giro in collina il giorno dopo.

Si creò un silezio teso e imbarazzante dopo che Ty rispose sempre negativamente alla sorella.
Jules avrebbe voluto dire qualcosa ma un nodo alla gola lo fermava, così come succedeva ad Emma.

Cristina, alzandosi e iniziando a sparecchiare, salvò la situazione.
<<Dai ragazzi, che ne dite di un bel film? Cosa volevate vedere la volta scorsa?>>  chiese sorridendo e la sala da pranzo si riempì di urla di felicità e di entusiasmo.
<<Direi un horror! >> esclamò Dru
<<No! Una storia d'amore >> si contrappose Livia.
<<Opterei per un thriller>> si intromise Ty.
<<Ora tranquilli! Andate a sceglierlo di là! Forza, alzate le vostre chiappette d'oro!>> ordinò Julian mentre i bambini scoppiavano a  ridere seguendo il consiglio del fratello.
<<Andrei anch'io, vieni Emma?>> chiese Mark mentre gli altri stavano uscendo dalla stanza enorme.
Emma posò lo sguardo su Julian, questo si bloccò sul posto.

Non parlavano più come una volta, non si allenavano più insieme, non si capivano al volo. Qualcosa era cambiato, forse qualcosa che era sempre rimasto nascosto era stato portato alla luce.

<<Certo, andiamo>> rispose lei prendendolo per una mano e portandolo fuori da quella stanza infernale.
Julian appoggiò i gomiti sul tavolo mentre si tirava i capelli con forza. Gli occhi gli bruciavano e le mani continuavano a fremere.

Cristina ripose l'ultimo piatto nella lavastoviglie, si pulì le mani e si avvicinò a Jules sedendosi sulla sedia vicina a lui.
<<Cosa sai?>> chiese lui guardandola di sbieco
<<So abbastanza da capire che...>> cominciò lei ma julian la fermò. 
<<Non qua, potrebbero sentirci. Andiamo in camera mia.>> annunciò lui prendendola per il polso e correndo su per le scale.

Nel mentre Emma si alzava dal divano mentre i Blackthorn iniziavano  a guardare il film.
<<Vado in bagno>> disse a Mark tutto preso dalla TV. 
Si apprestò a salire le scale e quando sentì la voce di Cristina e Jules al piano di sotto dirigersi verso di lei si nascose in un antro del corridoio.
Li vide passare di corsa mano bella mano. Li seguì senza farsi notare fino a quando giunsero alla porta della camera di Julian, lui la aprì e entrambi si chiusero dentro.

Emma rimase bloccata in mezzo al corridoio sconvolta. Non poteva crederci, lo aveva immaginato tante volte ma vederlo di persona era un dolore troppo grande da sopportare.
Come un pugnale che si infila nel ventre piano piano, dolorosamente. Un dolore tanto acuto da farle girare la testa.

Corse verso la sua camera sbattendo contro i muri del corridoio, frastornata.
Aprì la porta in mogano e si nascose nel suo covo. Chiuse a chiave la porta scivolando su di essa con la schiena e ranicchiandosi per terra abbracciando le proprie ginocchia. 
Ecco cosa provava.

Un vuoto incolmabile, quello del tradimento. Quello della sostituzione. Quello che d'altronde aveva fatto lei al suo adorato Julian. Aveva provato a tranciare i rapporti con lui ma era impossibile. Lui era sempre lì, così vicino ma talmente lontano. Non poteva stare con lui, erano le regole.
Dura lex, sed lex.
L'amore era più forte di qualsiasi altra cosa, glielo lo diceva suoo padre, ma se porta alla distruzione non è amore. È egoismo. Perché per soddisfazione di uno si doveva punire altre persone?

Emma era combattuta, avrebbe voluto cadere tra le se braccia, sciogliersi ad ogni suo bacio o carezza. Ma non poteva, sarebbe impazzito.  Sarebbe morto probabilmente, quindi preferiva soffrire lei piuttosto che non vederlo più camminare per i corridoi, con i vestiti sporchi di pittura, con un nuovo giocattolo per Ty e il pupazzo ricucito di Tavvy in mano.

Emma non sarebbe riuscita a non sentire più la sua voce o non incrociare più il suo sguardo. Avrebbe preferito soffrire le pene d'amore che il destino  le aveva posto davanti che perderlo per sempre.
Lo amava quindi stimava più importante il suo bene piuttosto che il proprio.

Si alzò svelta e aprì la finestra. Si arrampicò fino a trovarsi al piano terra. Si diresse verso la spiaggia e lì iniziò a correre, cosa che la faceva sentire viva più che mai.

Julian si agitava sul letto mentre guardava Cristina sistemarsi il vestito seduta sulla sedia.
<<Allora?>> chiese il ragazzo fissando la incessantemente.
<<Dimmi tu cosa sta andando storto.>> rispose rizzandosi a sedere.
<<Cosa sta andando storto? Tutto! Cavolo, sta andando tutto a rotoli.  >> rispose Jules sdraiandosi sul letto con le braccia aperte. 
<<Tu la ami>> affermò lei
<<Troppo. >> rispose il ragazzo preso sul vivo.
<<Ma non potreste. La legge lo vieta>> continuò lei imperterrita.
<<Vedo che sei preparata>> rispose Jules sbuffando.
<<Ma sai cosa? Fregatene! La vita è una sola e anche l'amore lo è. È unico e non puoi fartelo scappare, quindi ora va e conquistala. >> lo incoraggiò. 
Jules si sentì quasi prendere fuoco, un fuoco così potente da far risvegliare il suo cuore addormentato.
<<Grazie>> le diede un bacio sulla fronte e scattò verso il luogo dove il suo cuore gli urlava di andare.
Aprì la porta ma si ritrovò una stanza vuota e fredda. La finestra era aperta e lui sapeva benissimo dove Emma si fosse recata.

Corse fuori dall'istituto più veloce che poteva racattando qualche arma di sicurezza.

Emma camminava sulla riva, aveva corso per un pò  allontanandosi dall'istituto e poi si era fermata a guardare lo spettacolo davanti a lei. Le stelle brillavano lucenti, la luna sembrava una dea, grande e piena di un bianco candido come la neve, il cielo era nero pece e così anche il mare.
Luogo che la intimoriva tanto quanto la affacciava. Sarebbe bastato poco a scappare, a perdersi e di non far trovare più traccia di se. Le sarebbe piaciuto perdersi tra le onde del mare. 

Ad in tratto un urlo.  Era la sua voce.
<<Emma! Attenta>>
Non fece in tempo a girarsi che un demone mantide le si era gettato addosso. Non aveva armi con sé e si poteva difendere solo con calci e pugni. Un graffio sul viso e un dolore alla gamba la fecero gridare. 
Jules arrivò in tutto il suo splendore. 

La luna illuminava i suoi tratti marcati, i capelli mori svolazzavano intorno al viso pallido e ciglia lunghe nascondevano due occhi di un verde prato luccicante.  I muscoli guizzavano mentre lanciava fendenti e stoccate al demone per salvarla. Rimase incantata dai suoi movimenti eleganti e raffinati, dal modo in cui il suo corpo trasmetteva forza, protezione e dolcezza insieme.

La lama angelica trapassò il corpo esanime del demone e finalmente , coperto di sangue, Jules raggiunse Emma sdraiata sulla riva sabbiosa. Si trovavano in una piccola baia, la sabbia era fine e dei muraglioni di riccia li nascondevano dal resto del mondo ma non dal cielo.

<<Jules...>> sussurrò lei quando il ragazzo le prese il viso tra le mani tremanti.
<<Da quanto tempo non mi chiamava così?>>
<<Da troppi ormai. >> rispose la ragazza chiudendo gli occhi per non far scappare le lacrime.
<<Come siamo arrivati fino a qua? Pensavo sapessi cosa che il mio cuore prova per te. E tu mi hai illuso facendomi credere di provare lo stesso...>> iniziò sfogandosi il ragazzo a pochi centimetri dalla bionda. 
<<No Jules... io non ti ho mai illuso. >>
<<Ah no? >> chiese scettico l'altro
<<Io ti ho sempre detto la verità.  Il mio cuore batte per te, ma non dovrebbe. Non voglio farti del male perché tengo troppo a te. Capiscimi. >>spiegò Emma alzandosi a sedere ad altezza del viso del ragazzo.

<<Scusa ma non ti capisco, come puoi dirmi che vuoi il mio bene se poi non fai altro che stare con Mark davanti ai miei stessi occhi? Quelli che un tempo hai detto di amare? >> chiese con una tonalità amara di voce.
<<La legge dice che due parabatai non potranno mai stare insieme. Impazziresti, ti distruggerei e perderesti il controllo di te stesso. La magia del nostro legame si rivolterebbe contro il nostro stesso amore.>> rispose sussurrando Emma mentre lacrime amare le solcavano dolorose le guance.

<<Emma... non mi interessa. Sono disposto a rischiare. Ti amo come non ho mai amato nient'altro, sei il mio respiro, sei il porto della mia nave, sei il tesoro della mia mappa.  Sei tutto, non puoi scappare da questo sentimento, almeno io non posso. >> disse Julian prendendo il viso della ragazza tra le mani.
<<Morirai, impazzirai mio Jules. Anch'io ti amo, ma proprio per questo non posso andare avanti. Non potrei vivere sapendoti morto.>> continuò Emma appoggiando la sua fronte a quella del ragazzo. I loro sospiri sembravano sincronizzati così come il battito dei loro cuori.

<<Non può durare, ci si spezzerà il cuore.>> continuò Emma imperterrita.
Julian le afferrò il polso e fece distendere le sue dita affinché sentisse il suo cuore che picchiava contro la gabbia toracica cercando di uscire.
<<Fallo a pezzi>> la guardò negli occhi avvicinandosi  <<Hai il mio permesso.>> sussurrò unendo le sue labbra a quelle della ragazza.

Emma si sentiva le gambe molli, la gola secca e lo stomaco in subbuglio.  Le mani tremavano così come le palpebre che non sapevano se stare aperte o chiuse.
Julian la fece stendere sulla sabbia e giurandosi il proprio amore si unirono di nuovo sotto le stelle, sorvegliati dalla luna che assisteva alla vincita dell'amore anche sulla morte.

Emma si svegliò la mattina tutta scombussolato. Aveva ancora l'adrenalina a mille e le membra tremanti dall'emozione.
Notò dopo poco che vicino a sé Jules non c'era.
Si vestì velocemente e corse sulla spiaggia preoccupata.
Sul vialetto dell'istituto sentiva delle urla e dei lamenti. Cosa stava succedendo?
Entrò e si ritrovò nell'inferno.

Niente era al proprio posto, tutto in subbuglio. Urla, vetri infranti e pianti.

Qualcuno la afferrò per la via e la fece cadere a terra.
Era Julian .
Gli occhi spalancati e di un rosso intenso, la bocca aperta e sbavante, tremante e con un pugnale in mano.
Le puntò l'arma alla gola senza pietà.
<<Cosa ho fatto?>> sussurrò lei prima che tutto divenisse nero.

@ga3rus8o @Tillyna lovevoice16

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