QUARTA PROVA: SPERANZA
Parole:2480 (+ nota in fondo)
SPERANZA
"OLTRE IL BUIO"
Ero seduta tranquillamente sotto il mio albero preferito. Era un enorme salice piangente nel mezzo del prato che affiancava la mia cittadina.
Un venticello fresco spirava da nord riuscendo ad insinuarsi tra le fessure che dividevano la mia pelle e i vestiti.
Un brivido mi percorse la schiena facendomi rabbrividire.
Espirai rumorosamente creando una nuvoletta davanti al mio viso e racchiudendola tra le mani messe a conca vicine alle labbra screpolate.
Alzai lo sguardo verso il cielo. Era plumbeo, nuvoloni grigi mi facevano capire che un acquazzone si stava appropinquando.
Mi alzai il cappuccio della giacca per coprire i capelli bruni sciolti che si scompigliavano troppo per i miei gusti da perfezionista.
Appoggiai le mani nude al terreno sotto di me. L'erba color smeraldo risplendeva rispetto al grigiore triste del paesaggio, era coperta da uno strato di brina che la rendevano fresca e scivolosa.
Alberi sempreverdi ricoprivano la maggior parte dell'area del parco che si stendeva lungo la sponda di un fiume alquanto largo e calmo.
Questi sembravano anime solitarie che guardavano il cielo allungando le proprie mani sperando di toccarlo, sperando di raggiungere il proprio desiderio.
Ogni essere vivente aveva un obbiettivo, una meta, un desiderio. E per raggiungerli non potevi far altro che seguire e affidarti alla speranza. Secondo me la speranza era ciò che permetteva il continuamento della vita umana e animale. Senza la speranza non si poteva raggiungere nessun obbiettivo e non si poteva realizzare alcun desiderio. E quest'ultimi erano inestirpabili nell'animo umano.
Ero riuscita a superare periodi bui nella mia vita solo grazie alla speranza, la immaginavo come una piccola e flebile luce lontana e inizialmente irraggiungibile. Brillante su uno sfondo buio e nero pece, come un'unica stella che luccicava quanto poteva cercando di contrastare le tenebre attorno a lei.
Mi alzai dal mio posto strategico dove potevo stare un pò da sola con me stessa e catalogare i miei pensieri.
Pensieri che, come in tempesta, turbinavano nella mia mente non dandomi pace o serenità.
Mi avviai verso la parte di parco più visitata.
Bambini che correvano, mamme che urlavano, papà che chiacchieravano, cani che correvano e si rotolavano... classico quadretto di un qualsiasi giorno nella vita di un bambino o di un neogenitore.
Mi scappò un sorriso.
Ero passata dai miei pensieri tristi e troppo profondi per una quindicenne a una spensieratezza infantile così forte da farmi dimenticare tutto e farmi ridere aggregando la mia voce a quella delle persone che avevo intorno.
Per loro era solo un'altro giorno, un giorno in cui il sole volava nel cielo e per cui valeva la pena sorridere e vivere al meglio.
Il sorriso non era per tutto e per tutti, il vero sorriso, quello che ti scalda e ti fa sorridere a tua volta, può fuoriuscire solo dal cuore. E i bambini davanti a me vivevano con il cuore.
Mi sedetti, ancora, su una panchina a godermi le risa e le urla dei bambini. Erano così libere e spensierate che mi facevano provare queste medesime sensazioni.
Ad un tratto, mentre mi godeva un raggio caldo solare che era riuscito a oltrepassare la coltre di nuvole, un suono che stonava con il contesto giunse al mio orecchio.
Aprii di scatto gli occhi e osservai la scena davanti a me.
Un bambino abbastanza grandicello, sui sette anni era ranicchiato a terra in mezzo al campetto da basket, altri bambini gli correvano intorno ma nessuno gli si avvicinava troppo.
Aveva capelli platino e sottilissimi che gli coprivano gli occhi color nocciola che in quel momento erano pieni di lacrime cristalline.
Non riuscivo a rimanere ferma al mio posto, sarei potuta sembrare una psicopatica pedofila ma mi avvicinai al bimbo accucciandomi.
<<Hei>> lo salutai cercando di essere il più carina possibile.
Lui alzò gli occhi verso di me e mi squadrò senza dire nulla, tirò solo su con il naso.
Gli porsi un fazzoletto che prese contento.
Dopo essersi soffiato il naso gli chiesi.
<<Per quale motivo piangi ?>> Ero seduta a terra alla sua altezza.
<<Non ce la farò mai...>> sussurrò singhiozzando.
Mi porse il pallone da basket asciugandosi la guancia.
<<Non riesco a fare canestro e non ci riuscirò mai... dovrei ascoltare i miei amici quando dicono che non sono capace.>> disse imbronciato.
Un calore mi si propagò nel petto. Un'improvvisa dolcezza e simpatia verso quel bambino così fragile mi sgorgò da ogni poro.
Gli riporsi il pallone chiedendogli
<<A te piace così tanto giocare a basket?>>
<<Certo>> Rispose annuendo con la testa.
<<Bene, allora sai che ti dico? Fregatene di ciò che ti dicono gli altri. Raggiungerai il tuo scopo solo se ci crederai veramente , piano piano. L'unica cosa che devi fare è non mollare mai. Mai.>>
mi alzai lasciandolo lì mentre guardava la sua palla quasi sgonfia.
Stava pensando a ciò che gli avevo detto e sperai che desse retta a quelle parole.
Era bastato uno sguardo per salutarci. Iniziai a camminare lungo il viale mentre lo sentivo alzarsi.
Ero ormai lontana, nascosta dal folto del bosco quando lo sentii urlare.
<<CI SONO RIUSCITO! HO FATTO CANESTRO!>>
Un sorriso mi nacque spontaneo alle labbra ma fu presto sostituito da un'espressione perplessa.
Camminavo lungo il fiume, le foglie scivolavano dai loro rami creando un tappeto di foglie vermiglie.
I miei piedi le facevano scricchiolare mentre mi avvicinavo alla ragazza seduta su una panchina che piangeva sconsolata.
Le braccia le coprivano il volto ma si notava dal muovere secco della schiena che stava piangendo.
Strappai una rosa da un vaso lì vicino, stava appassendo ma il colore era sempre forte e vivido.
<<Cosa succede ?>> chiesi avvicinandomi. Era contro la mia natura non aiutare qualcuno a far tornare le lacrime al loro posto.
<<Niente>> rispose con voce spezzata.
<<Allora perché piangi? Manterrò il segreto>>
mi osservò con due enormi occhi verdi e mi mostrai il più semplice possibile.
Ero convinta che le persone trovassero più facile parlare di sé con un estraneo che con qualcuno di propria conoscenza.
<<Mi ha appena lasciata il mio ragazzo, mi sento così idiota. Ci avevo creduto veramente , ma mi ha solo usata... e ora sono qua a piangere per uno scemo come lui.>> la guardai bene. Sembrava proprio distrutta.
Non avevo grandi consigli perché su quel suolo ero un pò titubante.
<<Guarda, non so cosa dirti anche perché non mi sono mai innamorata e non so cosa si possa provare. Ma credo fortemente che o si ama o non si ama. E lui ha appena dimostrato di non averlo fatto, dovresti dimenticarlo. Dovresti capire che una persona che illude non deve neanche essere condierata. Prima di tutto pensa al tuo sorriso e vivi felice trovando qualcuno che sia innamorato di ogni tuo difetto. Sorridi, sempre, prima o poi qualcuno si innamorerà del tuo sorriso.>> le lasciai la rosa accanto alla gamba e me ne andai.
Le persone avevano solo bisogno di qualcuno che le spronasse nonostante gli ostacoli della vita. Io volevo aiutarle ad andare avanti a non guardare al passato ma a osservare ciò che sarebbe arrivato, ciò che sarebbe giunto dopo. Le emozioni positive dietro la coltre di dolore.
Come spiccare il volo, come abbandonare una terra per scoprirne un'altra.
Camminavo pensando, guardavo quelle foglie secche che con delicatezza calpestavo. Non avevo mai amato fare troppo rumore, ero una di quelle persone sempre presenti ma nascoste, in seconda fila, sullo sfondo.
Non mi era mai importato di apparire come protagonista, avevo sempre pensato che senza personaggi secondari la storia non potesse andare avanti.
Senza mamma Cappuccetto Rosso non sarebbe mai entrata nel bosco, senza la Fata Turchina Cenerentola non avrebbe mai conosciuto il principe e senza il padre Belle non sarebbe mai arrivata dalla Bestia.
A volte ciò che non si vede è ciò che ti tiene in piedi, può essere nascosto, puoi non vederlo, ma c'è. E io ci sarei sempre stata, per tutti. Per chi avesse avuto bisogno.
Ad un tratto qualcuno mi venne addosso. Mi colpì la spalla e caddi a terra come una pera.
Lanciai un urletto spaventata, come al solito ero partita con le mie elucubrazioni mentali e mi ero persa nel mio mondo.
Davanti a me mi ritrovai un ragazzo. Aveva i capelli mori e lisci che sembravano levitargli sulla testa scompostamente, labbra carnose e rosse in contrasto con la pelle bianca e gli occhi neri pece.
<<Stai attenta>> disse minaccioso e con tono lugubre.
Il mio sguardo si fissò nel suo. Sembrava catalizzare tutta la luce intorno a sé e assorbirla, sembrava circondato da un alone di tenebre. Il ghigno stampato sulla faccia, gli abiti completamente neri, lo sguardo triste e ostinato... mi urtava psicologicamente la sua vista.
Era bello.
Tanto bello da non riuscire a staccargli gli occhi di dosso, proprio grazie alla sua aurea misteriosa e tenebrosa.
Sembrava uno scrigno nero, nascondeva le sue emozioni perché dai suoi occhi non traspariva nulla, solo un nero cupo.
Riuscivo a capire gli stati d'animo delle persone solo dal loro sguardo, ma lui sembrava avere una corazza troppo spessa anche per me.
Mi guardava con occhi freddi, ghiacciati e trasparenti.
Un brivido mi percorse la schiena.
<<Stai attenta la prossima volta, ragazzina!>> Un uomo dietro di lui iniziò ad urlare. Era alto e muscoloso, la polo blu e i jeans potevano farlo sembrare normale ma le sopracciglia costantemente aggrottate e le labbra tirate facevano intuire il suo stato di rabbia che non era difficile da intuire.
<<Dai Alan... Calmati, non ti agitare>> sussurrò la donna bionda e gracile al suo fianco.
<<Maddalena non rompere anche tu! Non posso dire mai niente! Fatti i fatti tuoi una volta tanto!>> la prese per un braccio e la fece spostare in avanti.
<<Andiamo forza, abbiamo già perso troppo tempo!>> ringhiò camminando in avanti seguito dalla presunta moglie.
Io assisitivo alla scena dai sedili in prima fila accanto alle foglie e alle formiche.
Il ragazzo mi lasciò sulla pelle un ultimo sguardo di rammarico per poi seguire i suoi camminando a testa bassa.
Una ragazza mi si avvicinò tendendomi la mano.
<<Ciao, sono Sole. Mi dispiace per il comportamento dei miei familiari, ma sono fatti così... non so cosa farci.>> si presentò la ragazza completamente simile alla madre. Magra, bassa, bionda e con gli occhi azzurri.
<<Non fa niente, colpa mia che ero tra i miei pensieri. Comunque sono Adele, molto piacere>>
Iniziammo a parlare del più e del meno conoscendoci. Dovevamo raggiungere la sua famiglia, la accompagnai tanto dovevamo fare la stessa strada.
Però, magari prima di avvicinarmi troppo ai suoi familiari avrei cambiato strada, per evitare altre scenate.
Anche se la figura caracollante davanti a noi mi incuriosiva alquanto non volevo essere un peso.
<<Beh, sai. Possono sembrare strani ma alla fine ci vogliamo bene. Papà è irascibile e mamma troppo buona, non si impone come avrai visto. Invece mio fratello è un tipo solitario. Non mi dice mai nulla, sono la sorella minore ma non mi ha mai dato una carezza o detto ti voglio bene. >> ascoltavo incantata.
Non riuscivo a comprendere quanta bontà ci potesse essere dentro una persona. Al contrario del fratello lei sembrava brillare di luce propria, sembrava un angelo senza macchia e senza paura.
Anche solo la sua voce sembrava così pura e cristallina che non riuscivo a risponderle a dovere.
Il suo sorriso scaldava il cuore e sembrava far rigermogliare i fiori intorno a noi.
<<Cosa ti piace fare?>> mi chiese dopo un pò.
<<Aiutare le persone.>> risposi solamente, effettivamente era ciò che mi rendeva contenta, che mi dava uno scopo. Mi piaceva regalare speranza alle persone che si erano perse nel buio della loro mente.
<<A te?>> chiesi cambiando discorso. Come avevo già detto, non mi piaceva molto parlare, quanto più ascoltare. Dovevo rimanere in seconda fila, sostenere il protagonista ad andare avanti, a raggiungere la luce flebile tra le ombre.
<<A me piace sorridere, ridere e godermi la vita. D'altronde è solo una, perché rattristrarsi? Il contrario di me è mio fratello Giulio. Lui è la tristezza fatta a persona, costantemente depresso e sembra una pietra. Irraggiungibile. >> mi spiegò.
Il mio sguardo si posò sulla figura misteriosa davanti a me. Si era girata a guardarci, i suoi occhi neri erano rigidi su di noi. Senza emozione.
I capelli mori sventolavano mossi dal venticello gelido di quel giorno di novembre.
Sentii gli zigomi accaldarsi, non sapevo cosa stesse succedendomi.
<<Non so cos'abbia. Sembra non avere sentimenti, a volte provo a risvegliarlo ma sembra sempre in trans. >> mi sussurrò all'orecchio mentre il ragazzo si girava guardando i suoi genitori che erano andati avanti sparendo alla vista.
<<Andiamo dai, mi sei simpatica. Ti dispiace farmi un pò di compagnia? O ti dispiace? Sempre se ti va...>> sussurrò la fine della frase come se avesse timore.
<<Certo, con piacere>> risposi sorridendo per la nuova conoscenza. Iniziammo a parlare del più e del meno: di musica, di sport, di serie TV preferite, saghe fantasy e gialle...
Come avevo già constatato era una ragazza solare, senza problemi, senza pregiudizi e senza timori. Il contrario del fratello, praticamente.
E aiutava gli altri, proprio come facevo io.
Solo che io mi sentivo più complicata, più intricata.
Giulio che ci guardava ad occhi socchiusi, rassegnato, stava dalla parte opposta della strada.
Io e Sole attraversammo ma non ci accorgemmo della macchina che cercando di sterzare all'ultimo si era schiantata contro di noi.
Fu buio.
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Sentivo qualcosa toccarmi la guancia.
Mi sentivo tutta addormentata, avevo le formiche sotto i piedi e le gambe non si mossero immediatamente, mi ci volle qualche minuto.
Socchiusi gli occhi e una luce accecante mi avvolse tra i suoi teneri raggi.
Ci misi un bel pò a capire dove mi trovassi.
Due lettini messi uno di fianco all'altro, le pareti azzurrognole, mobiletti scadenti e marchingegni, aghi e sacche varie.
<<Sole...>> sussurrai cercando una risposta dalla ragazza addormentata e attaccata a un enorme macchina ronzante.
Non ricevetti risposta.
<<È in coma, da due giorni>> mi spiegò una voce dall'altro lato del letto.
Mi girai di scatto e mi ritrovai davanti Giulio che si trovava seduto su una poltrona rossa che stonava con i suoi colori.
<<Che è successo?>> domandai biascicando.
<<Siete state investite, Sole ti ha schermata. Ha preso la botta peggiore e ora sta lottando. >> disse sconfortato, intravedevo tra i suoi occhi una sfumatura diversa. Paura, rimorso, rabbia... un miscuglio indefinito, qualcosa che non pensavo potesse possedere.
L'avevo catalogato come una specie di robot, ma nessuno lo era, ero stata una stolta a crederlo.
<<Sì sveglierà>> cercai di donargli un pò di speranza ma ricevetti solo uno sguardo gelido.
<<Penso proprio di no. I dottori dicono di parlarle ma non so cosa dirle. Papà è in tribunale con mamma per aver picchiato il conducente e io sono qua a guardarvi da due giorni senza sapere cosa dire... >> disse sconsolato sprofondando nella poltrona.
<<Tu hai dei sentimenti, Giulio>> cominciai
<<Vuoi solo nasconderli a tutti i costi, vedi tutto nero ma i colori esistono per un motivo. Un sorriso ti starebbe meglio in viso.>> cercai di entrare nella sua corazza.
<<No, non ci sono colori per me. Solo il fatto che la mia mente non sappia cosa dire in questo momento ne è la prova. Il grigio prevale in me e non posso estirparlo >> le sue parole risuonavano tristi tra le mura di quella stanza.
<<Non devi parlare con la mente. Parla con il cuore, saprai cosa dire.>>
Vidi il suo viso illuminarsi. Il cuore era il centro di tutto, il suo era solo un pò arrugginito.
Si avvicinò alla sorella e le accarezzò i capelli. Si avvicinò al suo orecchio titubante e lo sentii sussurrare mentre lacrime scendevano lungo i suoi zigomi d'angelo.
<<Sole, non andartene. Ho bisogno di te. Ti voglio bene, sorellina. >> una lacrima scese anche sulla mia guancia.
<<Ho sempre sperato di sentire queste parole...>> la voce rimbombò cristallina e meravigliosa nella stanza. Come quando gli uccellini cinguettano , come quando la pioggia cade leggera sulla finestra, come il calore tiepido della stella che hai raggiunto dopo aver percorso le tenebre del tuo essere.
P.S.
Voglio spiegare il motivo per cui ho scelto di scrivere questa storia e perché questi personaggi.
Ho deciso di descrivere, anche se abbastanza minimamente e velocemente a causa delle poche parole disponibili, le varie emozioni umane attraverso persone "reali".
-La protagonista, Adele, rappresenta la speranza. La speranza è il punto di luce tra le ombre, quella che c'è sempre ma sta a te andarci incontro. Quella che ti sostiene e ti da consigli, che non ti fa mollare.
- Il bambino biondo rappresenta la delusione di non riuscire in qualcosa e il desiderio di riuscire nella medesima azione.
-la ragazza sulla panchina rappresenta la vergogna che si prova a sentirsi illusi e la rivincita per sé stessa.
-Il papà, Alan, rappresenta la rabbia rozza.
-La madre, Maddalena, la paura e la subordinazione rispetto a qualcuno.
-Giulio rappresenta la tristezza, la depressione, l'indifferenza. Grazie al testo si è capito che anche la tristezza può essere sconfitta, che la speranza regna anche sulle tenebre.
-Sole, come si può ben capire, rappresenta la gioia e la voglia di vivere. Inseparabile con la speranza. Si nota come la gioia possa rinascere sempre, come possa contrastare qualsiasi ostacolo.
Dopo ogni notte ci sarà un'alba, sempre.
GRAZIE MILLE.
_traimieipensieri_
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