Seconda Traccia: Due Cuori, una sola Anima
DUE CUORI, UN'ANIMA
<< Mamma! Dove diavolo hai messo la mia T-shirt a fiori?! >>
<< Non ne ho idea, mia cara. Sei tu che lasci sempre tutto in disordine >>
Un'alta ragazza dai liscissimi capelli biondi e dai brillanti occhi verdi riemerse da un armadio in mogano con un cipiglio, sbuffando per l'ennesima volta in quella mattinata;
Era già in clamoroso ritardo per la scuola e, come se non bastasse, non riusciva nemmeno più a trovare la sua maglietta a fiori che, oltre ad essere la sua preferita, era forse la più fresca e la più comoda che possedesse.
<< Ma insomma! >> sbottò quindi, alzandosi di scatto dalla sua posizione inginocchiata << QUELLA DANNATA MAGLIETTA DOVEVA SPARIRE PROPRIO OGGI CHE FA COSÌ CALDO?! >>
Ansimando scoraggiata, la giovane si guardò intorno. La sua camera era un vero e proprio disastro: i vestiti erano sparsi dappertutto, il letto disfatto e la scrivania coperta da libri e cianfrusaglie. Tuttavia, Katie - così si chiamava la giovane ragazza - non ci fece caso più di tanto; infondo, la sua stanza era sempre in quelle condizioni, in ogni momento della giornata.
Ma, come avrete sicuramente capito, ciò non aiutava affatto la nostra biondina nella ricerca della propria maglietta.
E così, dopo altri dieci disperati minuti di perlustrazione, si arrese e si vestì di una semplice t-shirt lilla a giro maniche, che le arrivava poco sopra l'ombelico, (ma che, tuttavia, non era fresca e leggera come quella a fiori) e di un comodo leggins nero.
Dopodiché legò i lunghi capelli biondi in una treccia laterale che le cadeva dolcemente sulla spalla sinistra e indossò la sua collana preferita, quella che non mancava mai di mettere ogni singolo giorno: era bellissima; Al centro della sottile catenella era appeso un ciondolo a forma di mezzo cuore dorato, con ricami d'argento intorno ai bordi e con una 'K' nera incisa al centro.
Una volta indossatala, Katie Johnson sentì quell'ormai familiare senso di tristezza e malinconia che provava tutte le volte che portava al collo quel ciondolo.
E, come uno tsunami, imprevisto e violento, il ricordo del giorno in cui le era stata regalata quella collana la investì, facendole stringere più forte tra le mani il bel ciondolo dorato.
Katie era distesa, in compagnia di un bel ragazzo dai capelli castani e scompigliati e dagli occhi di uno spettacolare azzurro ghiaccio, con la testa rivolta verso il cielo, sul giardino di Casa Johnson. Entrambi i ragazzi al momento erano intenti ad indicare le nuvole, dando loro un nome in corrispondenza alle forme che prendevano.
<< Quella mi sembra una pecora... >> esordì Katie per prima, indicando una piccola nuvola sospinta dal vento.
<< Ma che dici, è un cane che mangia un osso >> ribattè il ragazzo steso di fianco a
lei, gli scompigliati capelli castani sparsi sul prato e i profondissimi occhi azzurri rivolti verso il cielo.
Katie rise, spensierata, dopo che l'amico ebbe terminato di dire la sua.
<< Alex, dove cavolo lo vedi l'osso, se posso chiedere? >> gli domandò, sinceramente divertita.
Alex fece il broncio, offeso, e girò il viso verso quello di Katie.
<< Non è colpa mia se sei cieca, mia cara Katie >> disse << È lì, non vedi? >>
E indicò nuovamente la nuvola, che intanto si era allontanata di qualche centimetro, con un dito.
Katie allora strinse gli occhi, cercando di scorgere la forma di un osso e, dopo qualche secondo e abbastanza inaspettatamente, la vide.
<< Uh, è vero! >> disse, sorridendo.
<< Visto? >> fece Alex con fare superiore << Te l'ho detto che ti servono gli occhiali >>
Katie, in tutta risposta, gli fece una linguaccia ed il bruno rise.
Un confortevole silenzio la fece da padrone nell'ampio giardino per alcuni minuti, nei quali i due ragazzi continuarono ad osservare le nuvole, rilassati, fino a che uno dei due, Alex, parlò.
<< Hm, Katie... >> esordì, mettendosi a sedere e mordendosi leggermente il labbro inferiore.
<< Sì? >> fece Katie, incuriosita.
<< Hm, l'anno prossimo, nel... ecco... nel caso che noi due dovessimo andare in classi diverse... >>
<< Non lo dire nemmeno! >> lo interruppe bruscamente la bionda, alzandosi di scatto a sedere per guardare l'amico negli occhi << Noi ANDREMO in classe insieme. È sicuro. >>
<< Lo so ma... nella remota eventualità che questo non dovesse accadere... >> cercò di spiegare Alex, balbettando << Ci... Ci terremmo sempre in contatto, non è vero? >>
<< Ovviamente >> rispose subito Katie, incrociando le braccia al petto << Perché, avevi dubbi? >>
<< No, no, però... >> il ragazzo si interruppe, mordendosi nuovamente il labbro; si sentiva uno stupido.
Lo sguardo di Katie intanto, osservando il volto imbarazzato di Alex, da dubbioso divenne intenerito e, quasi senza rendersene conto, gli sorrise dolcemente.
<< Ehi... >> fece allora, avvicinandosi piano a lui e prendendogli le mani << ...Ok, va bene, ho capito, anche io ho paura per l'anno prossimo, ma stai tranquillo, insieme ce la faremo. Niente ci potrà separare, niente, é chiaro? Anzi, sai ora che cosa facciamo? >>
Alex alzò gli occhi per incontrare quelli smeraldini dell'amica, che gli sorrise, e poi continuò:
<< Facciamo un giuramento, il nostro giuramento, quello speciale, ricordi? Quello che facciamo solo in caso di necessità... Così saremo per forza costretti a rispettarlo. È sacro per noi, no? Allora... Che ne dici? >>
Dopo che ebbe finito di parlare, Katie fu felicissima di notare che lo sguardo di Alex si era illuminato.
<< Già. Bella idea. >> commentò allora il bruno, raddrizzandosi con una nuova luce negli occhi << Però, oltre al giuramento, io avrei anche un'altra cosa... >>
Detto questo tirò fuori dalla tasca dei jeans due catenelle identiche, con due ciondoli a forma di cuore spezzato situati al centro di ognuna. Le uniche cose che le rendevano diverse erano due lettere differenti incise in mezzo a ciascun cuore.
Su uno infatti vi era scritta una grande 'K' nera, mentre sull'altro era presente una 'A' bianca.
<< Queste collane rappresentano la nostra amicizia >> spiegò subito Alex, porgendo una delle catenelle (quella con la lettera 'K') a Katie che, con mani tremanti, la prese << e, quando vengono unite, formano un cuore. Io e te dobbiamo indossarle sempre, Katie, in ogni momento della giornata e, quando ci incontriamo, la prima cosa che dobbiamo fare è unire le due metà, così da rendere sempre più salda la nostra amicizia a ogni incontro. Allora, che ne pensi? Io ho creduto che fosse una buona idea, sai, quando le ho viste. In realtà, le lettere non c'erano all'inizio, poi però io ho chiesto al negoziante che le vendeva (che d'altronde é un amico molto fidato di mio padre) di incidere le nostre iniziali su ciascun ciondolo e lui, gentilmente, mi ha accontentato. E così... Eccoci qua. >>
Dopo che Alex ebbe finito di parlare, il silenzio regnò sovrano nel giardino per molti minuti.
Katie, dal canto suo, per tutta la durata della spiegazione del suo amico non aveva fatto altro che fissare quest'ultimo ad occhi sbarrati, dando di tanto in tanto un'occhiata alla sua collana, che cullava tra le mani come se fosse una pietra preziosa.
Il suo cuore batteva forte contro la cassa toracica, mentre il suo cervello lavorava frenetico, investito da vecchi ricordi:
Alex che si avvicinava a lei il primo giorno delle elementari, Alex che le stringeva la mano, Alex che le faceva compagnia, Alex che la consolava quando era triste, Alex che giocava con lei, Alex che la stringeva in un abbraccio, Alex che la faceva ridere, Alex che studiava con lei poco prima degli esami di terza media, Alex che si stendeva accanto a lei sul prato di casa sua, Alex preoccupato per la loro amicizia...
Alex che le regalava la collana con uno sguardo sincero e tenero negli occhi azzurri.
<< Katie... Stai bene? >>
Alex che le domandava come stava e che si preoccupava per lei, anche in quel caldo e particolare pomeriggio d'estate. Sempre. Continuamente.
Alex, Alex, Alex...
<< Certo, sto bene >> e Katie gli rispose, seppur intontita ma felice, stringendo tra le mani la collana e fissandolo con gli occhi socchiusi.
Lui le sorrise sollevato in tutta risposta e il cuore della bionda mancò un battito: perché non aveva notato prima quanto quel ragazzo fosse bello?
Subito si mise la collana al collo ed Alex la imitò.
Dopodiché si avvicinarono e, insieme, unirono le due metà dei cuori, formandone così uno solo. Unico. Grande. Perfetto. Come la loro amicizia.
E, mentre si guardavano l'un altro con un dolce sorriso in volto, gli occhi di Katie Johnson brillarono ed il suo cuore prese a battere sempre più veloce, sempre più frenetico...
E allora capì. In quel momento, mentre teneva ancora uniti i due cuori, nel giardino di casa sua, capì che per lei Alexander Burton era stato sempre più di un semplice amico, più di un compagno di gioco : Il cuore che le batteva ferocemente contro il petto ogni volta che posava gli occhi su di lui, gli sguardi indagatori, la gioia improvvisa che provava ogni volta che gli era vicino... Tutto aveva un senso ora!
Era così semplice!
E fu proprio in quel pomeriggio d'estate che la giovane Katie Johnson ammise a se stessa, con estrema felicità e calma, di essere innamorata di Alexander Burton, il suo migliore amico.
E, mentre iniziava a pronunciare insieme a lui il 'Giuramento Sacro', si ripromise di tenerselo stretto per sempre.
Una lacrima solcò silenziosa il viso della Katie Johnson del presente, che quella mattina aveva ri-vissuto una delle giornate più belle della sua vita, attraverso un ricordo affioratole nella mente all'improvviso, mentre stringeva il ciondolo a forma di cuore così forte da farsi male.
Quanto era passato dall'ultima volta che aveva visto Alex? Quanto tempo aveva trascorso senza vedere il suo sorriso, così caldo, così dolce? Quanti giorni aveva speso pensando a che fine avessero fatto quegli occhi così incredibilmente azzurri, così maledettamente belli? E quanto ancora era passato dall'ultima volta che gli aveva parlato? Che aveva sentito la sua voce? Che aveva scompigliato i suoi indomabili capelli castani?
" quasi tre anni " pensò con orrore la ragazza, sbarrando comicamente gli occhi. " Sono quasi tre anni che non ti parlo, Alex "
Ed era vero.
Dall'inizio delle scuole superiori, infatti, Katie Johnson e Alexander Burton, inseparabil amici fin dalle scuole elementari, avevano perso del tutto i contatti tra loro e la loro amicizia era oramai, all'alba del terzo anno di scuole superiori, un lontano ricordo.
O almeno, questo era quello che pensava Katie.
'Perché, diavolo, perché non sono nella sua stessa classe?' Pensò afflitta, gli occhi che ricominciavano a inumidirsi, mentre con il dito ancora percorreva i ricami del ciondolo 'A cosa è servito andare nella stessa scuola, se comunque, alla fine, siamo stati separati? Abbiamo, o meglio, avevamo... ' e a questo ultimo pensiero un'altra lacrima si permise di solcare il viso della ragazza ' ...avevamo tante cose in comune, abbiamo scelto anche lo stesso indirizzo... Credevo che anche questa volta niente ci avrebbe potuto separare, e invece... ' Ormai Katie piangeva e singhiozzava in silenzio, incapace di trattenersi ' ...Invece non hai rispettato il Nostro Giuramento, Alex, non l'hai rispettato, e nemmeno io... Ti ho lasciato andare, ti ho- '
<< KATIE! MUOVITI, È TARDISSIMO! SONO LE OTTO MENO CINQUE! >>
La voce tonante di una donna risvegliò bruscamente Katie dai propri pensieri tormentati.
Con un sussulto si asciugò in fretta le lacrime con il bordo della maglietta, poco prima che la porta della sua camera si spalancasse e che sua madre entrasse come una furia nella stanza.
<< Katie Johnson! >> fece la donna, gli occhi castani che brillavano pericolosamente alla luce del sole << Cosa diavolo stai facendo?! Ti sei dimenticata che devi- Un momento... >> le sopracciglia le si aggrottarono e tutta la rabbia svanì in un attimo dai suoi occhi. In quel momento Katie seppe che sua madre aveva capito che aveva pianto e, in un disperato tentativo di scamparla, cercò di apparire indifferente.
La donna intanto si avvicinò piano a lei, osservando il suo viso con preoccupazione.
<< Katie, tu hai pianto >> disse infine.
Non era una domanda, Katie lo sapeva e una piccola scintilla di panico le attanagliò lo stomaco; per fortuna però, la risposta all'affermazione di sua madre non si fece attendere.
<< Non è niente, mamma >> fece quindi la bionda con una falsa voce nasale, stringendosi nelle spalle e simulando uno starnuto improvviso << Ho solo... etchu!... Un po' di raffreddore... Etchu!... E mi lacrimano tantissimo gli occhi, etchu! >>
La donna non sembrava molto convinta dalla risposta della figlia, tuttavia, fortunatamente per quest'ultima, decise di non fare domande.
<< Va bene >> disse << Ora però sbrigati, Katie, hai già fatto tardi a scuola >>
<< Sì, ora vado subito >> rispose Katie (sempre con la sua voce nasale) tirando su col naso e mettendosi la cartella in spalla.
Dopodiché salutò frettolosamente la madre e andò di sotto, per poi uscire di casa in tutta fretta; non aveva voglia di fare colazione, quella mattina.
'Sei pronta per un'altra noiosa giornata di scuola, Katie?' Pensò tra sè e sè, aggiustandosi meglio la cartella sulle spalle ed alzando gli occhi al cielo.
Già, sarebbe stata una luuunga mattinata.
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<< Signorina Johnson, è in ritardo >>
La professoressa di inglese, una donna molto anziana e acida, con i capelli neri sempre legati sopra la testa in uno chignon e con il volto perennemente imbronciato, fissò torva la sua alunna ritardataria, Katie Johnson, da sopra il naso appuntito.
La ragazza, dal canto suo, ricambiò lo sguardo, per poi rispondere:
<< Scusi, prof, non accadrà più >>
Dopodiché si diresse verso il suo banco, posò la cartella e si accomodò senza tanti complimenti sulla sedia.
La professoressa, intanto che Katie prendeva posto, aveva aperto il registro ed aveva segnato il ritardo, per poi esclamare con voce dura:
<< Lo spero per lei, Signorina, altrimenti dovrò contattare i suoi genitori >>
Katie voleva alzare gli occhi al cielo a quell'affermazione, ma si trattenne: prese a malincuore tutto il materiale necessario alla lezione e fece finta di prendere appunti.
Dopo circa un quarto d'ora però fu distratta (come se giá non lo fosse dall'inizio della lezione) da una gomitata decisamente forte sul braccio.
<< Ahi! >> sibilò, massaggiandosi il punto dolente.
Dopodiché si voltò con un broncio verso la ragazza che sedeva di fianco a lei, Stacy Sender, la sua migliore amica, conosciuta il primo anno di superiori; Ella era una giovane abbastanza esile, con dei corti capelli neri che le arrivavano a malapena alle spalle e con dei brillanti occhi castani che esprimevano dolcezza da tutti i pori. Al momento però quello che Katie vedeva all'interno di essi era, no, non dolcezza, bensì... Preoccupazione.
<< Ti ho chiamato un sacco di volte negli ultimi quindici minuti >> incominciò la corvina a bassa voce, per non farsi sentire dalla professoressa << Anche a rischio di farmi beccare. Ma tu non mi hai risposto. Questo vuol dire che stai pensando a qualcosa. O a qualcuno. Quindi dopo parliamo, io e te, ci siamo capite? >>
Dopo che Stacy ebbe finito di parlare, Katie aggrottò le sopracciglia, cercando di sembrare scettica.
Alla fine, accorgendosi dello sguardo che le stava puntando contro la sua amica (tutt'altro che dolce in quel momento) la fece sospirare sconfitta.
<< Sono così prevedibile? >> gemette, ricominciando a disegnare cose a caso sul suo quaderno.
A quella frase Stacy sorrise soddisfatta, socchiudendo le palpebre. Poi disse:
<< Sono o non sono la tua migliore amica? E poi diciamo che sì... Sei abbastanza prevedibile >>
Katie a quel punto non poté trattenere una risata, la prima in quella mattina, e si sentì subito meglio.
Stacy sapeva sempre come risollevarle il morale. Era la sua migliore amica, infondo, e proprio per questo doveva raccontarle tutto.
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DRIIIN! DRIIIN! DRIIIN!
Al suono della campanella che segnava la fine della quarta ora e l'inizio della ricreazione, la London High School si riempì subito di studenti eccitati e scatenati.
Il rumore occupò presto i corridoi precedentemente silenziosi e la maggior parte dei ragazzi iniziò a parlare animatamente e a scatenarsi.
Due studentesse in particolare erano bene attente a stare a debita distanza da quella folla impazzita e aspettarono che questa si diradasse prima di uscire all'aria aperta.
Alla fine, quando furono nel cortile, si diressero insieme verso un muretto appartato e vi si sedettero, iniziando a mangiare le loro merende.
<< Allora... >> iniziò a parlare Stacy Sender, dando un morso al suo panino al prosciutto << ...Forza, spara il rospo, Kat, cos'hai oggi? >>
La ragazza seduta di fronte a lei giocherellò per un po' con la carta della sua merenda con lo sguardo basso, poi rispose:
<< È... È difficile da spiegare, Stacy. È... >>
Mordendosi il labbro, Katie si interruppe: non riusciva più a parlare.
Così, sperando che la sua amica capisse, indicò il ciondolo a forma di cuore sul petto.
Gli occhi di Stacy si socchiusero in leggera confusione, poi la realizzazione improvvisa glieli fece spalancare.
<< Oh... >> fece allora, con ancora le iridi sbarrate << È lui, vero? Ti manca tanto, non è così? >>
Katie abbassò nuovamente gli occhi a quella domanda, sentendosi incapace di rispondere e vergognandosi di se stessa: si sentiva una stupida.
Per fortuna la sua amica aveva un buon cuore e una grande compassione.
<< Va bene, ho capito, non c'è bisogno che tu mi risponda >> disse allora Stacy, poggiandole una mano sulla spalla. << Però, Kat, se Alex è così importante per te... Perché non gli parli? >>
A quella domanda Katie alzò gli occhi verso l'amica, guardandola come se le fosse spuntato un terzo occhio sulla fronte.
<< Ma sei impazzita?! >> esclamò con la bocca spalancata << È da tre anni che non mi rivolge la parola, Stacy! Quando ci incrociamo nei corridoi (cioè molto di rado) il massimo che ci diciamo - o meglio, che io gli dico - è un banalissimo 'ciao' >> fece una pausa per riprendere fiato, mentre con un dito si tormentava una ciocca di capelli biondi << È cambiato, Stacy, ha nuovi amici ora, amici più... "fighi" di me. Non mi rivolgerà mai più la parola, ne sono sicura, ed io non ho il coraggio di parlargli. Sono solo un vecchio ricordo, per lui >>
Dopo che Katie ebbe finito di parlare, un silenzio imbarazzante cadde su di loro per alcuni minuti.
Alla fine, fu Stacy a ristabilire l'ordine, con un sorriso smagliante in volto:
<< Bè, allora non sa cosa si perde, quel cretino! >> disse, stringendo leggermente il braccio dell'amica << Non troverà mai più una ragazza come te, Katie, tu sei unica, non lo capisci? >> fece una pausa per osservare il volto della bionda, che sembrava rallegrarsi leggermente << E poi, hai dimenticato cosa inizia oggi? >>
Uno sguardo furbetto apparve sul viso di Stacy, mentre Katie aggrottava le sopracciglia in confusione: non ricordava di dover fare niente, quel pomeriggio, a parte studiare.
Ad illuminarla fu sempre la sua migliore amica che, ridacchiando, disse:
<< Oggi pomeriggio iniziano gli allenamenti di basket, Katie! Ritorneremo a giocare! >>
<< Oh mio Dio, è vero! >> la bionda si schiaffò una mano sulla fronte, mentre il cuore le si faceva d'un tratto più leggero: come aveva fatto a dimenticare il basket?!
Fece per ringraziare Stacy per averglielo ricordato, quando la campanella che segnava la fine dell'intervallo suonò ed entrambe le ragazze gemettero irritate: non avevano proprio voglia di ritornare a lezione.
<< Andiamo, meglio muoversi >> disse Katie a malincuore, iniziando a raccogliere le sue cose << Non credo di riuscire a reggere un'altra ramanzina, oggi. Potrei fare qualcosa che mi costerebbe la libertà >>
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<< Allora, Alex, verrai ai provini di Basket oggi? >>
un ragazzo dai capelli rossicci, con un paio di profondi occhi neri e dal fisico mingherlino iniziò a raccogliere le sue cose e a metterle in cartella, seguito a ruota da un bel ragazzo alto e col fisico scolpito. I suoi brillanti occhi azzurri scrutavano torvi l'aula di matematica, mentre degli scompigliati capelli castani gli incorniciavano il viso.
<< Ah, non lo so, Josh >> disse il ragazzo, rivolgendosi all'amico con fare svogliato << Non credo che il basket faccia per me... >>
<< Andiamo, Alex, come puoi dirlo se non lo provi? >> ribatté Josh, iniziando ad avviarsi fuori dall'aula, seguito dal compagno << Ti assicuro che è uno sport fantastico! Ti prego, ti prego, ti prego, vieni ai provini! >>
<< D'accordo, d'accordo, verrò! >> si arrese Alex, alzando gli occhi al cielo << Ma se non mi piace, non entrerò in squadra! >>
<< Ti assicuro che non te ne pentirai! >> ribattè sorridente il rosso, contento di aver convinto l'amico.
<< Vedremo >> fece quest'ultimo alzando un sopracciglio e sorridendo divertito all'entusiasmo del compagno. << Ora andiamo, un'altra ora e finalmente saremo liberi! >>
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Gli ultimi sessanta minuti di lezioni per i nostri due eroi passarono molto più lentamente di quanto avessero sperato: l'orologio sembrava segnare sempre la stessa ora e il monotono parlare degli insegnanti non aiutava granché.
Quindi potete da soli immaginare la gioia e il sollievo di entrambi quando udirono (finalmente!) il suono angelico della campanella...
Peccato che non conoscessero ancora il piano che il Destino aveva preparato appositamente per loro...
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<< Mamma, sono a casa! >>
Katie Johnson entrò ansimante nell'abitazione, sbattendosi violentemente la porta alle spalle e gettando senza tanti complimenti lo zaino pesante sul pavimento.
<< Bentornata, tesoro >> la voce accogliente della madre le arrivò leggermente ovattata dalla cucina << Vai a lavarti le mani che il pranzo è pronto >>
Katie non se lo fece ripetere due volte: salì di corsa le scale che conducevano al piano superiore e raggiunse il bagno.
Dopo aver fatto i suoi bisogni ritornò di sotto ed entrò in cucina, dove la madre la attendeva.
<< Tieni, tesoro, mangia >> le disse quest'ultima, mettendole davanti un piatto ricolmo di lasagne fumanti. << Hai l'aria di avere una gran fame! >>
Ma Katie non stava nemmeno più ascoltando: si era fiondata sul suo cibo appena la madre glielo aveva messo di fronte e aveva incominciato a mangiare come se non ci fosse un domani: doveva essere in forma per l'allenamento di quel pomeriggio!
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Una volta finito di pranzare Katie corse in camera sua e, dicendosi che avrebbe riposato dopo l'allenamento di basket, iniziò a fare i compiti, seppur svogliatamente.
Non vedeva l'ora che arrivassero le sei!
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Alexander Burton entrò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle e lanciando senza tanti complimenti il suo zaino in un angolo della stanza.
Dopodiché prese la rincorsa e si gettò sul letto, emettendo un sospiro di sollievo non appena il soffice materasso entrò in contatto con il suo corpo.
Sarebbe voluto rimanere lì disteso per ore ed ore, dimenticandosi del resto ed oziare per tutto il pomeriggio. Tuttavia, come ben sappiamo, la vita non è tutta rose e fiori e, particolarmente quel giorno, Alexander Burton aveva tantissime cose da fare.
Tra i compiti e i provini di basket (che avrebbe volentieri saltato se non avesse fatto una promessa al suo migliore amico) il ragazzo aveva pochissimo tempo per oziare.
Così, seppur a malincuore, si alzò dal letto e fissò torvo lo zaino sul pavimento. Poi sospirò e prese i libri; fece per sedersi alla scrivania, quando uno strano luccichio dietro al comodino vicino al letto attirò la sua attenzione.
Incuriosito il ragazzo si chinò e, seppur con un po' di sforzo, alla fine riuscì ad afferrare il misterioso oggetto che, probabilmente illuminato dalla luce del sole, aveva emesso quello strano luccichio in precedenza.
Lo osservò attentamente appena lo ebbe tra le mani, ed il suo cuore saltò un battito nel momento in cui si rese conto di che cosa si trattava: una collana, con un ciondolo a forma di mezzo cuore dorato e con una 'A' bianca incisa al centro, brillava alla luce del sole. Era molto impolverato e la catenella si era leggermente scolorita.
Con un dito, Alex cercò di togliere un po' di polvere dal ciondolo, nella speranza di fargli riguadagnare la lucentezza di una volta. Purtroppo il tentativo non funzionò, così il ragazzo optò per una sciacquata veloce: si alzò e si diresse verso il bagno. Immerse con dolcezza la collana sotto il getto d'acqua strofinandola con le dita, poi prese un asciugamano lì vicino e la asciugò; infine la prese tra le mani e se la rigirò tra le dita.
<< Come nuova... >> sussurrò.
Se la mise con dolcezza intorno al collo e, appena il freddo metallo entrò in contatto con la sua pelle, la sua mente fu investita da ricordi... ricordi riguardanti una certa Katie Johnson.
<< Facciamo un giuramento, il nostro giuramento, quello speciale, ricordi? Quello che facciamo solo in caso di necessità... Così saremo per forza costretti a rispettarlo. È sacro per noi, no? Allora... Che ne dici? >>
La dolce voce della sua amica d'infanzia rimbombò nel cervello di Alex, che improvvisamente sentì un nodo stringersi intorno allo stomaco: come aveva fatto a dimenticarla? Era stato davvero così egoista? Le scuole superiori lo avevano davvero portato a dimenticare l'unica persona che veramente lo aveva capito? L'unica persona che gli aveva realmente voluto bene durante tutta la sua carriera scolastica, a parte Josh?
Quei sorrisi falsi, quegli occhi vuoti e privi di emozioni che vedeva impressi ogni giorno sui volti dei tanti studenti della London High School non erano niente, niente, se confrontati con gli occhi e i sorrisi i Katie.
" probabilmente mi ha già dimenticato " pensò il ragazzo con le sopracciglia aggrottate " Si sarà fatta nuovi amici più in gamba e più fedeli di me e, probabilmente, si sarà anche trovata un fidanzato... "
Questo ultimo pensiero, inspiegabilmente, lo fece sentir male più di tutti gli altri: non riusciva ad immaginarsi Katie con qualcun altro. Il perché? Non lo sapeva.
Forse era solamente il suo istinto fraterno... O forse...
No, no! Non poteva essere! Lei era solo un'amica!
O meglio, un'ex-amica.
Sospirando afflitto, il ragazzo uscì dal bagno e si sedette alla scrivania: se non si muoveva a finire i compiti non ce l'avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo ai provini di basket!
❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️Due ore dopo...❤️❤️❤️❤️❤️❤️
<< Ah, finalmente! >>
Katie sorrise soddisfatta, chiudendo con uno scatto il libro di matematica e gettandolo malamente in un angolo della scrivania, vicino alla lampada.
Finalmente aveva finito! Che soddisfazione!
Ridacchiando, la giovane diede un'occhiata al suo orologio da polso ed il suo sorriso svanì di colpo:
Erano le sei meno venti.
Con uno scatto fulmineo, la ragazza si alzò dalla sedia ed incominciò a vestirsi: indossò la sua fidata tuta e le sue scarpe da ginnastica, per poi legarsi i capelli in una coda.
Fatto questo scese di sotto, salutò la madre ed uscì.
Una volta fuori sospirò, contenta di ritrovarsi nuovamente all'aria aperta, ed incominciò ad avviarsi verso la scuola, dove si tenevano gli allenamenti di Basket.
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<< Ehy, eccoti qui! >>
Stacy corse ad abbracciare la sua migliore amica, apparsa da pochi secondi fuori il cancello della scuola.
<< Sì, sono leggermente in ritardo, lo so >> disse Katie, sciogliendo a malincuore l'abbraccio.<< Ho finito tardi i compiti, sai >>
<< Oh, non me le parlare! >> sbuffò in risposta la corvina << io non li ho ancora finiti! Dai andiamo, gli allenamenti stanno per iniziare! Chissà chi ci sarà di nuovo, quest'anno! Sono proprio curiosa >>
<< Già, anch'io >> convenne Katie, ed insieme entrarono nell'edificio.
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La palestra della scuola era molto grande e decisamente ben tenuta: Gli spogliatoi erano stranamente puliti e così i bagni.
Katie lo adorava, quel posto. Lì poteva dare sfogo a tutto, attraverso la fatica, il sudore e l'allenamento. Il basket era l'unico sport che la faceva sentire viva. Ne avevo a provati altri, prima di questo, ma nessuno la soddisfava a dovere.
<< Ben tornati ragazzi! >>
L'allenatore, il signor Binns, fece il suo ingresso nella palestra con un gran sorriso in volto: era un uomo molto gioviale e gentile, capace di metterti di buon umore in qualunque momento.
<< Allora... Passate bene le vacanze? >> domandò.
<< Sì, signore >> risposero in coro i ragazzi.
<< Bene, ne sono contento >> disse Binns << Allora, come ben sapete oggi entreranno a far parte della nostra squadra dei nuovi ragazzi che, attraverso dei provini, ci dimostreranno cosa sanno fare. Ora ve li presento... Susan Ashley >>
Una ragazza dai luoghi capelli rossi si fece avanti nella palestra con un sorriso, e tutti la applaudirono, compresa Katie.
<< Harry Norminson >> chiamò nuovamente il signor Binns, ed un altro ragazzo sbucò sulla soglia: aveva una corporatura muscolosa ed era abbastanza basso. Katie non era sicura che riuscisse a saltare molto in alto.
Intanto la voce dell'allenatore continuava a parlare, presentando nuovi ragazzi e ragazze.
<< E infine... >> disse Binns << ...per Ultimo, ma non per questo meno importante... Alexander Burton! >>
All'inizio, Katie pensò che l'allenatore stesse scherzando e si preparò a ridere per il buffo scherzetto; tuttavia, quando alzò lo sguardo su di lui , fu certa che il suo cuore avesse saltato una decina di battiti: eccolo lì, Alexander Burton in tutta la sua bellezza, con il sorriso che tanto le era mancato e con quei fantastici occhi azzurri che in quel momento brillavano come non mai.
'Non è possibile' pensò la bionda, le gambe che iniziavano a tremarle 'Lui... Qui... No, non può essere! Sto sognando, è l'unica spiegazione plausibile, è-'
Ma, prima che la ragazza riuscisse a formulare altri pensieri, gli occhi di Alex incontrarono i suoi ed il tempo sembrò fermarsi: il sorriso svanì dal volto del ragazzo come se non fosse mai arrivato.
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Katie, lì? Cosa... Come era possibile? Non poteva essere lei, era impossibile!
Alexander Burton fissò ad occhi sbarrati la bellissima ragazza che in quel momento si trovava di fronte al lui con la stessa espressione basita e sconvolta.
Non l'avrebbe mai e poi mai riconosciuta, talmente era cambiata, se non avesse notato la collana con il ciondolo a forma di mezzo cuore dorato con una 'K' incisa al centro.
'Kat, è lei, è proprio la mia Kat' pensò tra se e se, con il cuore che faceva le capriole nella cassa toracica.
Non sapeva come e nemmeno perché, ma la sua Katie era lì, davanti a lui...
E doveva parlarle assolutamente.
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'basta, non ce la faccio più!'
<< Ehm, signor Binns? >>
Katie distolse lo sguardo dal viso di Alex (azione che richiese una gran fatica) ed alzò il braccio per attirare l'attenzione dell'allenatore.
Quest'ultimo annuì in sua direzione e lei ne approfittò per chiedere:
<< Scusi, signore, posso andare in bagno? >>
Binns acconsentì, raccomandandole però di far presto, e Katie non se lo fece ripetere una seconda volta. Corse verso il bagno e le parve di sentire Alex dire:"Devo andare anch'io" ma non poteva esserne certa.
L'unica cosa negativa di quella palestra, a parer di Katie, era che i bagni non erano due, come nelle altre scuole, bensì ve ne era uno solo e su ciascuna porta che conduceva al gabinetto vi erano le scritte 'Maschio' o 'Femmina'. Quindi se Alex l'avesse voluta raggiungere non ci sarebbero stati problemi.
Manco a dirlo, la bionda fece appena in tempo a nascondersi in uno dei gabinetti femminili e a bloccare la porta, prima che Alex entrasse nel bagno.
<< Katie! >> la chiamò. << Katie, so che sei qui, per favore, esci! Voglio solo parlarti! >>
<< Ah e ora ti decidi?! DOPO TRE ANNI?! >> ringhiò Katie in tutta risposta, lasciando che la rabbia prendesse il posto dello shock.
Sbloccò la porta ed uscì allo scoperto, gli occhi socchiusi e i pugni serrati.
<< Katie, io- >> cercò di calmarla Alex, ma Katie lo interruppe:
<< Non osare dirmi che ti dispiace, perché non ti credo! Dall'inizio delle superiori non mi hai mai chiamata, non mi hai mai messagiata e mai, quelle poche volte che ci incrociavamo nei corridoi, MAI mi hai detto ciao o chiesto come stavo. Ero io che ti salutavo, ma tu eri sempre circondato da quelle oche che ti tieni come amiche, non è così? >>
Dopo lo sfogo di Katie, il silenzio regnò sovrano nel bagno per alcuni minuti.
Alla fine Alex, sentendo anch'egli la rabbia che saliva velocemente, ribattè:
<< E anche se fosse? A te non importa! È vero, lo ammetto, sono stato un cretino egoista, lo so, ma, da quello che ho visto, nemmeno tu ti sei mai presa la briga di chiamarmi e di dirmi più di un semplice 'ciao'! >>
Katie emise una risata di scherno dopo che l'interlocutore ebbe finito di parlare.
<< E ti sei mai chiesto perché, Burton? >> ringhiò, avanzando verso di lui a grandi falcate << Ti sei mai chiesto perché non l'ho fatto? Perché avevo paura, cervello di gallina, avevo paura che fossi diventato uno dei 'vip', e temevo che mi avresti umiliata davanti a tutti se avessi anche solo provato a chiederti 'come stai?'. E, cosa più importante... avevo paura che mi avessi dimenticata >>
E fu in quel preciso istante, in quel momento, che Alex si rese conto davvero di quello che aveva fatto: era stato lui ad aver infranto il loro giuramento, era stato lui ad aver abbandonato Katie e non il contrario. Era stato lui ad aver detto implicitamente 'basta' alla loro amicizia.
Era stato lui che, cieco com'era, non si era reso conto di quanto l'amava.
Di quanto la aveva sempre amata, fin dal primo istante in cui aveva posato gli occhi su di lei.
Tutto accadde così velocemente nella sua testa, così improvvisamente, che per ben cinque minuti non seppe far altro che balbettare parole sconnesse.
Alla fine la decisione arrivò, geniale e stupida allo stesso tempo.
Con gli occhi che brillavano, Alex si avvicinò a Katie, piano, allungò una mano e le accarezzò dolcemente una gota, per poi scendere giù fino al collo, fino ad arrivare al ciondolo.
Sorridendo, lo prese tra le mani e lo avvicinò al suo, così da formare un unico cuore. Grande. Perfetto.
Katie, dal canto suo, sbarrò gli occhi e sentì tutta la rabbia scivolarle via di dosso come acqua.
Osservò cautamente il cuore d'oro che si era andato a formare, quasi come se avesse paura di farlo a pezzi solo con lo sguardo.
Poi alzò il viso verso quello di Alex e si ritrovò faccia a faccia con il sorriso più bello che avesse mai visto.
<< Katie, ti prego, perdonami >> disse il ragazzo, guardandola profondamente << Mi dispiace, io... io... È tutta colpa mia, solo colpa mia, tu non c'entri niente. Non dovevo abbandonarti, dovevo mantenere il nostro giuramento, ma ho fallito. Mi sono reso conto troppo tardi di... di amarti. >>
Katie non aveva bisogno di sentire nient'altro.
Piangendo e ridendo al tempo stesso si fiondò sul ragazzo e lo baciò, lo baciò come se non ci fosse più un domani, e fu il bacio più bello di tutta la sua vita.
Quando si staccarono, stavano entrambi ridendo stupidamente, guardandosi negli occhi con amore.
<< Sai, credo che il basket non sia poi così male, infondo... >> ridacchiò Alex.
E Katie rise, rise come non aveva mai riso prima, pensando che sì, quell'anno si prospettava molto, molto interessante...
THE END
ANGOLO AUTRICE:
OKAY, NON MASSACRATEMI SE È VENUTO UNO SCHIFO! Non sono per niente brava nello scrivere storie d'amore e non sono molto sicura di vincere questa parte del concorso, sopratutto perché è uscito fuori un papiro, e chi è riuscito ad arrivare fino a qui deve essere assolutamente premiato con mille Medaglie.
DOV'È OBAMA?!
No, ok, a parte gli scherzi, scusa Pandy, credo che impiegherai più di due ore a leggere questo obbrobrio 😂😂😂😂
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