L'effetto farfalla
Le pareti bianche, l'odore di alcol e il chiacchiericcio delle infermiere di turno erano ormai diventati parte della nuova routine di Marta.
Il tempo da poter trascorrere con parenti ed amici era limitato ad un paio d'ore: durante le giornate positive attendeva con ansia il momento delle visite, ma nelle giornate no era lei stessa a scegliere di non vedere nessuno.
L'incidente l'aveva privata di tutti quei piccoli gesti quotidiani che, pezzo dopo pezzo, formavano il puzzle della sua normale esistenza.
Da cinque mesi le era stato strappato il diritto di vivere: non accarezzava il suo cane, non passeggiava per le vie della sua Salerno, non si sedeva sugli scogli per respirare l'aria salmastra, non guidava la sua Smart, non faceva l'amore, non passava ore a prepararsi per uscire il sabato sera.
Non più.
Stava tentando con tutte le sue forze di reagire e di non scoraggiarsi, ma era davvero difficile accettare quel cambiamento del suo corpo.
I momenti di sconforto e disperazione la gettavano in un baratro da cui le sembrava impossibile risalire. Poi un sorriso, una carezza o un semplice ricordo la riscaldavano e si convinceva di potercela fare.
Era una lotta continua tra la resa e la resistenza, due parole così simili ma al tempo stesso così diverse.
Marta seguiva il terzo anno al Dipartimento di Fisica. L'unico momento in cui tutto le appariva come prima del dieci febbraio, glielo regalavano i suoi libri: mattoni di infinite pagine che lei divorava come fossero fumetti di Topolino.
Le mancavano da morire le aule dell'università, l'ansia prima di un esame, le cene studio con i suoi colleghi. Avrebbe mai riavuto tutto questo?
Nei giorni immediatamente successivi all'incidente un solo pensiero le affollava la mente: se non fosse tornata indietro per prendere l'ombrello, non si sarebbe ritrovata in quel momento su quella strada contro quel SUV.
Ma, in fondo, l'imprevedibilità della vita consiste esattamente in questo: attimi che stravolgono tutte le tue certezze.
Era proprio la fisica in quei momenti a dare conforto alla sua enorme sofferenza.
Ricordava spesso quando il professor Corli zittì l'aula con la teoria dell'effetto farfalla.
Nel 1979 Edward Lorenz presentò alla Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science, una relazione in cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in Brasile, a seguito di una catena di eventi, potesse provocare una tromba d'aria nel Texas. L'insolita quanto suggestiva relazione, diede il nome al cosiddetto butterfly effect, effetto farfalla appunto.
Insomma, un piccolo ed impercettibile evento può provocare enormi catastrofi. Marta amava quella teoria: per lei rappresentava la stessa dolcezza di una favola della buonanotte. Quella tesi del caos le rendeva meno amara l'accettazione della sua nuova realtà.
Le sue gambe. Le stesse che sfoggiava in estate con la pelle abbronzata, le stesse che correvano tutte le mattine sul lungomare, le stesse che ballavano in discoteca.
Il verdetto era arrivato secco, asciutto, senza margine d'errore.
«Schiacciamento delle vertebre cervicali con lesioni al midollo. Purtroppo non riacquisterà più l'uso completo degli arti inferiori».
Non era stato facile accettare quella verità. Per niente.
Aveva pianto fino a prosciugare le sue lacrime, non si guardava più allo specchio, non accettava che il destino le fosse stato così avverso. Nonostante ciò, l'affetto dei suoi cari e la voglia di riappropriarsi della sua identità, l'avevano tenuta stretta alla vita come una cinghia.
In quei mesi di ricovero, confrontarsi con il dolore e le tragedie altrui l'avevano fatta sentire addirittura fortunata. Dopo mesi di conflitti fisici ed interiori, aveva realizzato di aver vinto: poteva ancora parlare, scrivere, mangiare, abbracciare... a tanti intorno a lei era stata negata anche quella possibilità.
Marta aveva capito che forse l'unica cosa che ci rende davvero noi stessi é il dolore. In fondo, se lei sedeva su quella sedia a rotelle ma apprezzava la vita con corpo ed anima, il merito era di una farfalla che, in qualche parte del mondo, aveva battuto le sue ali.
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