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Capitolo 2

Eloise mi fissa in attesa di risposte, ma io insisto nel non volergliele dare.
Come se servisse a qualcosa.
Eloise sospira, abbandonandosi sconfortata sulla sedia e portandosi una mano sulla fronte.
«Non dovevo dirtelo, lo sapevo ... ma perché diamine ci sei tornata?» sbotta, trattenendosi dall'urlarmi in faccia. Sospira ancora.
Abbasso lo sguardo. Non voglio che mi guardi così, non riesco a sostenere i suoi occhi azzurri.
Mi sento sporca della mia colpa fino al midollo delle mie ossa ed è una sensazione rivoltante.
«Perché Madeline? Almeno a questo vuoi rispondere?» mi chiede ancora, poggiando la zampa sulla mia spalla e costringendomi a voltarmi verso di lei.
Non so se il suo sia un gesto di conforto o di minaccia, i suoi artigli ricurvi sono ben affilati e molto vicini alla mia carne.
Oso alzare lo sguardo, ma le parole non vogliono uscire dalla mia gola ... forse perché la mia risposta non avrebbe senso? Perché io sono una stupida ragazzina che si è andata a cacciare nella tana di un mostro per noia.
Sì, il motivo per cui faccio le cose ormai è sempre e solo la noia.
«Ragazzi, venite! La funzione sta per iniziare!»
La voce melodiosa di Monet ci distrae dai nostri foschi pensieri.
Monet, splendida ventiduenne dal viso di bambola e i riccioli color miele, è sacerdotessa della Dea Terra da due anni e, insieme alle sacerdotesse regolari mandate qui dall'Ordine, officia ogni giorno i riti in onore della Dea. I bambini la adorano e non ne hanno alcun timore, nonostante i suoi meravigliosi quanto inquietanti occhi d'ambra e le sue lunghissime gambe di struzzo.
Tutti amano Monet e Monet ama tutti; il suo cuore spande affetto in ogni dove intorno a lei come un'aura benefica e questo non perché è una sacerdotessa, ma esclusivamente per la sua naturale bontà: è la "mamma" di tutti, qui, proprio come la Dea.
Il gelo degli artigli di Eloise sulla mia pelle si affievolisce.
«Andiamo.» mi dice, precedendomi. Lei non risponde ai sorrisi di Monet.

La facciata a salienti della Cattedrale si staglia imponente davanti a noi ed ogni volta non posso fare a meno di esserne colpita: costruita appositamente perché possiamo praticare almeno il culto della divinità principale, si presenta agli occhi dei fedeli come una struttura a rete di acciaio ad una navata sepolta tra le fronde, con tanto di alberi che crescono al suo interno, l'ideale per entrare in comunione con la Dea Madre di ogni cosa.
Ci inginocchiamo in terra, l'erba umida mi solletica le zampe.
I bambini fanno un po' di confusione, ma sono prontamente zittiti dalle amorevoli maniere di Monet che, sistemandosi indosso la lunga tunica bianca, si appresta a preparare l'altare.
Io ed Eloise siamo fianco a fianco, lei di tanto in tanto mi rivolge qualche fuggevole occhiata di rimprovero e rassegnazione. Vuole parlare, vuole sentire le mie stupide ragioni e vuole spiegarmi di nuovo perché non devo andare laggiù.
Lo so perché non devo andare nel "laboratorio": lì dentro c'è "il mostro", la creatura più letale che si sia mai potuta concepire anche solo nei propri pensieri più sfrenati.
"Non farti vedere."
"Non farti sentire."
"Se ti vede, non muoverti, anche se ormai sei fregata."
Queste sono le raccomandazioni di Eloise su come "relazionarmi" con il mostro.
Il coro di preghiere delle sacerdotesse annuncia l'inizio della funzione.
«Sia lode alla Madre di ogni cosa, Colei che è più giusta e misericordiosa.»
La voce della sacerdotessa è chiara e forte e queste parole, già sentite mille e più volte, mi fanno uno strano effetto.
"Colei che è più giusta e misericordiosa."
Ci chiniamo toccando la terra con la fronte e rispondiamo:«Sia lode! Sia lode!»
La Dea Terra ritiene dunque giusto che un mostro del genere viva tra noi?
Alziamo la testa e invochiamo a gran voce il nome della Dea, lodandola e supplicandola di concederci sempre la sua protezione.
La funzione è lunga, le formiche mi si sono infilate ovunque, ma non devo farci caso: sono figlie anch'esse della Dea e nel suo tempio sono sacre.
Eloise sembra non prestare più attenzione a me, ma forse soltanto perché è concentrata nella preghiera.
Io non riesco a pregare con il cuore sincero, non riesco a ringraziarla per davvero, non dopo quello che ho sentito e quasi visto.
È un gesto misericordioso lasciare tra noi ciò che è capace di ucciderci?
Certo, ci sono già le malattie e l'essere mortali, ma una creatura nata con quell'esclusivo scopo? È un gesto misericordioso e giusto?
"Colei che è più giusta e misericordiosa."
No, non lo è.
Se lo è per davvero, uccida quella creatura.

«Allora? Hai intenzione di spiegarmi o no?»
Eloise è tornata alla carica.
«Mi stavo annoiando.»
Gliel'ho detto senza neanche guardarla.
Immagino la faccia che ha in questo momento: un misto di rabbia, stupore, esasperazione, fastidio e voglia di prendermi a sberle fino a farmi implorare di smettere.
Eloise prende un respiro profondo e mormora parole che non riesco a capire, ma che potrebbero essere "calmati, calmati, non strozzarla, calmati", poi sbuffa, rimane in silenzio per dei minuti, così in silenzio che ho pensato che fosse morta per la rabbia, e improvvisamente se ne esce con un urlo stridulo degno dell'arpia che è.
«Ma sei pazza!! Potevi morire!! Era un tentativo di suicidio, per caso?! Tu non sai di cos'è capace!!»
Torna di nuovo il silenzio.
Menomale che siamo in giardino e soprattutto lontane dal dormitorio, altrimenti sarebbero stati guai: non avete idea di quanto le persone qui siano ficcanaso e pettegole.
«Non ti ha vista, vero?» chiede Eloise con voce calma, ma preoccupata all'inverosimile.
«No, è facile nascondersi lì dentro, è un labirinto.»
«Lo so ...» aggiunge infine con voce malinconica, rivolgendo lo sguardo al tramonto infuocato che scende sulle montagne lontane.
«Chi è, Eloise? Lo conoscevi?» chiedo, la sua malinconia è sospetta.
Eloise si volta, fissandomi con gli occhi spalancati da cui colano lacrime nere di trucco. Cerca di ripulirsi la faccia con la mano buona senza successo, sporcandosi più di prima.
Ci ho preso.
Singhiozza e tira su con il naso, cercando di calmare il pianto imminente.
«Si chiamava ... si chiam ... Adrian. Era uno ... uno di noi. Poi ...»
Uno scoppio di pianto la interrompe sul più bello.
Adrian ... la storia si fa interessante, oh sì.
Non dovrei avere questo ghigno di soddisfazione sulla faccia mentre Eloise sta piangendo così, ma è più forte di me: devo scoprire tutto di questo Adrian e soprattutto lo voglio vedere in faccia una volta per tutte.
«Chi altro lo sa?» chiedo infine.
Eloise tira su con il naso e fa un respiro profondo, rispondendomi con voce rotta:«Monet sa cosa gli è successo, come lo so io ... i ragazzi più grandi lo conoscevano, ma pensano che sia uscito ... è quello che ci hanno detto ... che ci hanno fatto credere ...»
Misteri, misteri e ancora misteri: devo assolutamente scoprire di più, ma non so se Eloise vorrà parlarmene ancora.
Stanotte si torna di sotto a tutti i costi.

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