Traccia n. 3 - Background At First
Attesa
Le pareti chiare dovrebbero rendere una stanza luminosa, ma quelle che mi circondano non lo fanno. Il loro verde gelato alla menta scolorito sembra assorbire ogni raggio di troppo, contribuendo con il silenzio tombale a creare un'atmosfera lugubre. La luce, tuttavia, inonda la stanza equamente, tanto che non riesco a trovare nemmeno un'ombra intorno al raro arredamento.
Mi muovo sulla seggiola cercando di stare più comoda. I piedi si stanno addormentando su questo pavimento asettico e gelido. Se non avessi le scarpe sono certa che mi sarebbero cadute le dita. È piena estate: il condizionatore sopra alla mia testa non ha smesso per un attimo di soffiare e, sebbene all'inizio mi facesse piacere, i brividi lungo la schiena stanno diventando insopportabili. Mi alzo e calpesto le piastrelle grigie tenute insieme da una colla ormai annerita.
Una singola finestra torreggia sulla parete opposta alla porta d'ingresso. Ci sono altre due porte sul lato lungo, entrambe in legno. Mi avvicino all'apertura e scosto le tende bianche e un po' polverose che proteggono i vetri da sguardi indiscreti, ma rimango delusa da un grigio cortile deserto, in cui solo una pianta in vaso e sei bidoni della spazzatura sembrano trovare posto. Gli aloni lasciati da una donna delle pulizie poco attenta riescono a distrarmi per pochi secondi, ma alla fine torno ad annoiarmi. Sbuffo prima di passare ai quadri.
Il più vicino è alla mia sinistra, raffigura una natura morta: un cesto di frutta autunnale. Gli altri due sulla stessa parete, invece, sono di paesaggi marini. Sulla parete opposta ci sono due ritratti di bambini fatti con il carboncino. Le cornici sono tutte simili, color oro ma scure in certi punti, con una forma geometrica, in cui triangoli e cerchi cercano invano di incastrarsi tra loro. In mezzo alle due porte, c'è un calendario che mostra ancora il mese di luglio.
Una delle porte si apre, rivelando un bagno piccolo ma pulito. Una signora ne esce e si siede dove poco prima ero io. Prende una rivista dal tavolino di vetro al centro della stanza e comincia a leggere. Il mobile è posto alla stessa distanza dalle porte e dalla finestra, contribuendo in qualche modo a creare un qualche equilibrio.
Io mi siedo dalla parte opposta: tutta la fila di sedie scricchiola, la plastica opaca trema leggermente mentre le travi di acciaio che tengono la struttura insieme sembrano riuscire a sostenere il mio peso. Il leggero strato di tessuto che indosso non basta a proteggermi dal brivido causato dal contatto delle mie gambe con il materiale gelido. Non oso accavallare le gambe, perché ogni minimo movimento potrebbe generare suoni, notevoli come boati qui dentro.
Le luci al neon sono accese, mi accorgo solo ora, anche se una delle quattro sembra sul punto di tremolare. Forse presto dovranno cambiarla. Un ragno ha costruito, nell'angolo accanto a essa, la sua casa. Sta scendendo lungo un filo, proprio sopra la signora che continua a leggere inconsapevole. Per minuti interi mi interrogo se sia meglio avvertirla, ma alla fine decido di stare zitta. L'insetto è verde, in tono con il locale che lo circonda; mi sembra di vedere le zampine corte muoversi senza sosta mentre, un millimetro alla volta, si avvicina ai capelli ben acconciati, attirato forse dall'odore di pesca che a ondate arriva fino a me.
All'improvviso, il campanello suona. Un suono rude, abbastanza forte da indurmi a sobbalzare e distogliere gli occhi dal mio nuovo amico. È seguito quasi immediatamente da un sordo click. Sento dei passi che si avvicinano dalle scale, ma non faccio in tempo a vedere chi sta arrivando, perché la dottoressa Laura apre la sua porta e mi invita ad entrare nel suo ufficio.
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