Rowen - Under the moonlight.
Salve a tutti.
Il mio nome è Wendy Marvel e sono una ragazza di appena quindici anni.
Non sono mai stata molto brava a legare con altre persone della mia età, preferendo di gran lunga passare il tempo con la mia gattina Charle.
Sono timida e non molto brava ad esprimere ciò che provo. Lei è l'unica in grado di capirmi.
Da quando sono stata adottata dai miei genitori, poco meno di 10 anni fa, vivo in una casetta vicino ad un lago, nel bel mezzo della foresta.
È distante dalla mia scuola, ma questo ambiente è il migliore, per me.
Alzarmi molto presto la mattina non è un problema, avendo l'alba a svegliarmi con la sua luce e gli uccellini a cantare per me.
Il problema, è quando metto piede sull'autobus per raggiungere la scuola.
Nonostante io conosca quasi tutti i miei compagni di classe da quando abbiamo iniziato insieme gli studi, la maggior parte di loro non fa altro che schernirmi di continuo, aggiungendo ogni giorno più persone al gruppo.
Io preferisco non difendermi, un pó per paura, un pò per menefreghismo.
Finite le lezioni, torno a casa, sto un pò in riva al lago, studio, ceno e vado a dormire.
La mia vita è sempre stata così, da quando ho memoria.
Finché un giorno non fui svegliata nel bel mezzo della notte da uno strano rumore.
Non mi era permesso vagare per la foresta in piena notte, così mi limitai ad affacciare il volto fuori dalla mia finestra.
L'unica cosa visibile era il lago e la luna riflessa in esso, ma non c'era ombra di nessun'altra cosa o animale.
Rimasi incantata dalla luce della luna per un pò, finché il rumore non fu nuovamente udibile.
Stavolta fui più veloce nel guardarmi attorno e notai qualcosa muoversi freneticamente tra i cespugli.
Capì che si trattasse di un animale non molto grande e che stava soffrendo, soprattutto.
Indecisa se disubbidire ai miei per andare ad aiutarlo oppure far finta di nulla, non passò molto prima che raggiungessi la cassetta del primo soccorso e uscì furtivamente con Charle vicino a me.
Quando arrivai davanti all'animale, mi resi conto che si trattava di un magnifico lupo grigio che sobbalzò nel vedermi.
Fu difficile avvicinarmi: entrambi temevamo l'altro, ma in qualche modo riuscì ad ottenere la sua fiducia e a controllare lo stato della sua ferita.
Non era qualcosa che potevo curare con le mie conoscenze mediche, così richiamai tutte le forze che avevo in corpo, lo presi in braccio e lo portai nel nostro garage.
Presi alcune coperte per preparargli un letto abbastanza confortevole, dopodiché mi occupai almeno di fermare l'emorragia e nel frattempo pensai a come avrei riferito ai miei della presenza di un lupo in casa nostra.
Rendendomi conto che era quasi ora di andare a prepararmi per la scuola, lasciai il lupo a riposare e corsi in camera mia, per fingere che non fosse successo nulla, ma ricordandoni di posare la cassetta.
Effettivamente i miei genitori non si accorsero di nulla, ma mio fratello notò della terra davanti la porta di servizio. Ciò mi fece quasi venire un infarto, ma fortunatamente i miei genitori non si posero troppe domande a riguardo, riuscendo a finire la colazione in pace.
Quando mio fratello uscì per andare a lavoro, presi i miei genitori da parte, li portai nel garage e...
Niente.
Non c'era niente, se non le coperte insanguinate di ieri.
Se non fosse state per quelle, avrei probabilmente pensato che fosse stato tutto un sogno.
Come aveva fatto a spostarsi? La ferita alla coscia destra era troppo profonda per permettergli di scappare lontano in meno di mezz'ora.
Fui rimproverata per aver portato le coperte in garage e poi spedita dritto a scuola, ancora scossa dell'accaduto.
Durante le lezioni non riuscì a pensare ad altro.
Poi, una volta uscita, notai un ragazzo visto solo di recente a scuola con un paio di stampelle e una fasciatura alla coscia destra fatta alla meno peggio.
Per qualche ragione, sentì qualcosa colpirmi il petto, ma non fu nulla di fisico a farlo.
Tornai a casa, con ancora più dubbi di prima.
Passarono molte notti, ma del lupo nessuna notizia.
Era ormai arrivato il periodo di scegliere il proprio accompagnatore per il ballo di fine anno.
Sarebbe stato il mio primo anno, in quanto matricola, ma ovviamente non vi avrei partecipato.
Non ho mai avuto interesse in questo genere di cose e sopratutto avrei finito per andarci di sola, visto che nessuno avrebbe mai accettato di farmi da accompagnatore.
Tantomeno proposto.
Esattamente due giorni prima del ballo, il ragazzo sconosciuto che aveva avuto le stampelle per un pò era tornato come nuovo e per qualche ragione ignota lo vidi avvicinarsi a me durante il pranzo.
Ciò che disse mi sorprese maggiormente, però.
''Vorresti venire al ballo con me?''
Restai immobile per qualche attimo, per poi annuire debolmente, prima di vedere un sorriso sbocciare sul suo volto e darmi appuntamento per quella sera.
Restai ancora più basita quando sentii dire che era uno dei ragazzi più gettonati dell'intera scuola, ma di cui non avevo mai sentito parlare.
''DEVI CORRERE A COMPRARE UN ABITO SUBITO!''
Urlò Natsu non appena gli diedi la notizia.
Ah, giusto. Gli unici amici che ho sono Natsu, Gajeel, Sting e Rogue, ovvero i ragazzi con cui giocavo quando eravamo ancora tutti insieme in orfanotrofio.
In qualche modo, Natsu riuscì a metterci tutti quanti in contatto, e da quel momento siamo sempre presenti per aiutarci a vicenda.
''Ma Natsu... non so nemmeno ballare...''
''Quello è il problema minore. Impari in fretta, basta sperare che lui faccia schifo come te e finirete per divertirmi comunque.''
''O per fare la figura degli idioti.'' Rispose Gajeel, dando voce ai miei pensieri.
''Wendy, devi solo essere sincera con lui dicendogli di non aver mai ballato prima e fidarti di lui. Se saprà ballare, basterà seguire i suoi movimenti per rendere la serata più magica di quando già non sia di suo.''
''E pensare che questo sarà il nostro ultimo ballo di fine anno...''
''Natsu, ci fai sembrare dei vecchi così.'' Esordì Sting, facendomi sorridere.
''Grazie per i consigli, ragazzi. Vi farò sapere tutto, promesso!''
''Ci contiamo, eh!'' Disse infine Rogue.
Salutai tutti e costrinsi mia madre ad andare a fare shopping, cosa che la rese piuttosto felice, a mio avviso.
Due giorni passarono in fretta e il momento dell'appuntamento si avvicinava inesorabilmente.
Più pronta che mai, attesi con impazienza il mio accompagnatore che fu preciso quanto un orologio svizzero.
Era vestito davvero molto elegante, i capelli corvini sistemati come non mai, la mano tesa verso la mia.
Dopo averla stretta, vi posò un piccolo bacio, per poi dirigerci verso l'entrata della scuola e aggiungerci alle persone già presenti alla festa.
Mi sembrava di vivere dentro un film, quando il moro mi prese per mano e iniziammo a danzare insieme.
Non ebbi nemmeno il tempo di dirgli di non aver mai ballato in vita mia, eppure sembrava tutto cosi naturale.
Riuscì più volte ad evitare di schiacciargli i piedi e a fine ballo mi resi conto di non conoscere ancora il suo nome.
''So che magari non è il momento adatto, ma potrei sapere il tuo nome? E soprattutto, come mai, tra tutte queste ragazze, hai deciso di invitare proprio me?''
''Scusa, non avevo fatto caso di non averti ancora detto il mio nome. Mi chiamo Romeo e ti ho invitata... beh, per ringraziarti.''
Ringraziarmi?
''Non mi sembra di aver fatto nulla, finora...''
''Non posso dirti i particolari, ma mi hai aiutato eccome.''
Decisi di fidarmi delle sue parole senza indagare oltre.
Parlammo ancora per qualche ora, finché non proposi di uscire fuori, ma per qualche ragione rifiutò.
''Quando è sera, la luce della luna mi dà fastidio. Preferisco aspettare che qualche nuvola le passi davanti e la oscuri.''
Capì che da questo punto di vista eravamo praticamente gli opposti.
Non appena la luna fu oscurata, mantenne la promessa e mi riportò a casa.
Non era troppo tardi, eppure sentii la stanchezza iniziare a farsi strada fino a spingere i miei occhi a chiudersi lungo il tragitto.
L'ultima cosa che vidi, fu la foresta illuminata dai fari dell'auto di mia madre.
La mattina seguente, mi svegliai stesa sul mio letto, la pioggia a battere sulla mia finestra.
Andai a fare colazione, pensai fosse stato tutto un sogno.
Poi trovai il numero di Romeo dentro la borsa e sorrisi, felice che la sera scorsa fosse realmente esistita.
Iniziammo a sentirci e a vederci sempre più spesso.
Il nostro rapporto iniziava ad essere più forte e duraturo, ormai non esistevano segreti tra noi.
Era diventato importante quanto Natsu e gli altri, per me.
Per questo avevo bisogno di sapere cosa l'avesse spinto ad interessarsi a me.
Stavolta volevo una risposta vera e concisa.
Ci incontrammo davanti al lago, era una giornata magnifica, il sole splendeva in cielo e la temperatura era mite.
Dopo aver pranzato e parlato per un pò, gli feci la mia fatidica domanda.
''Romeo, perché hai scelto me? Per cosa devi ringraziarmi? In cosa ti sono stata d'aiuto? Stavolta rispondimi, ti prego.''
Rimase a riflettere per qualche minuto, poi iniziò a parlare.
''So che una ragazza come te riuscirebbe ad accettare ciò che sto per dirti, ma ho paura. Ho paura, Wendy. Che tu possa sparire all'improvviso, che tu possa aver paura di me. È anche vero, però, che allo stesso modo voglio raccontarti la verità su di me. Chi io sia in realtà.''
Deglutii e attesi che continuasse a parlare.
''Tempo fa hai salvato un lupo grigio, vero? Un lupo che si era ferito alla coscia destra. Lo hai portato nel tuo garage e non lo hai più rivisto, giusto?''
''Si, ma come fai a saperlo? Non ho raccontato neanche ai miei genitori questa storia.''
''Quel lupo... quel lupo ero io. E quella sera subí le conseguenze di essere andato contro la mia vera natura.''
''Sono state delle persone che conosci a farti... quello?''
Vidi i suoi occhi spalancarsi e non riuscì a capirne la ragione.
''È strano come tu possa preoccuparti di chi mi abbia ferito e non per il fatto che tu stia parlando con un lupo mannaro.''
Non ci avevo fatto caso, in effetti. Ma colui che avevo davanti, non era esattamente una persona.
Era figlio di un umano e un lupo.
Eppure era così naturale parlargli.
''Per questo per molto tempo sei venuto a scuola con delle stampelle?''
''Esatto. Fino al raggiungimento dell'età adulta, un lupo mannaro non ha modo di decidere quando trasformarsi. Succede solamente in presenza della luna al suo massimo splendore. Quella sera, dei miei compagni decisero di andare a caccia e io, anche se non ero molto convinto, li seguì. Incappammo in un branco di lupi piuttosto arrabbiati nel vederci con delle armi in mano. Cercai di calmarli ma fu inutile. Ad uno dei ragazzi partì un colpo dal fucile che mi colpì. Fui lasciato dietro sia dai lupi che dalle persone. Persi molto sangue ed ero praticamente certo di essere spacciato. Finché arrivasti tu e con quella semplice fasciatura sei riuscita a farmi guadagnare abbastanza tempo per dirigermi verso un ospedale, una volta tornato umano, e ricevuto le adeguate cure. Ti devo la vita, in breve.''
Rimasi a bocca aperta davanti a quella storia, eppure tutto combaciava. La cosa più strana, fu il fatto che non ebbi per niente paura.
Sorrisi.
''E quanto altro tempo volevi aspettare prima di parlarmene? So che non è esattamente la stessa cosa, ma anch'io per ragioni ignote, vengo ignorata o maltrattata in vari modi. E che mi risulti, la mia unica colpa è il fatto di essere stata adottata. Non ho paura di te e nemmeno tu hai alcuna colpa. Continuiamo a sostenerci a vicenda, va bene?''
Finì il mio discorso offrendogli la mia mano, che prese con gli occhi un pò lucidi.
Mi strinse a sé e restammo ancora per un pó davanti quel lago.
Salve a tutti.
Il mio nome è Wendy Marvel e ho venticinque anni.
Io e Romeo ci siamo sposati, proprio così. Da adulto il suo controllo sui propri poteri è abbastanza facile, così non gli capita più di trasformarsi in lupo fuori dal suo volere.
Non è stato facile, ma alla fine i genitori di entrambe le parti accettarono la nostra unione. Proprio come io accettai tutto di lui molto tempo fa.
Entrambi avevamo trovato tutto ciò che stavamo cercando nell'altro.
Ciò per cui gli altri ci allontanavano, fu infine ciò che ci unì.
2079 parole
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