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Natale sotto il vischio: Tanti tipi di coraggio (3/1/19)

«Ci siamo» Sussurrò il ragazzo. Prese un bel respiro, per quanto lo smoking elegante glielo permettesse: nella vita ne aveva fatte di cose spaventose, ma questa... Era in cima alla sua lista del terrore.
La ragazza accanto a lui parve notare il suo disagio, e lo prese per mano. Nonostante la sua corporatura minuta Victoire Weasley aveva una stretta degna di un lottatore, e non gli infuse molto coraggio. «Non essere nervoso, Teddy» Gli disse. «Siamo a casa»

In effetti, quella era la prima volta che il giovane era di umore così tetro nei pressi della Tana, il luogo che da sempre era il suo angolo felice nel mondo. Non era cambiata quasi per niente da quando ci veniva da piccolo, insieme alla famiglia del suo padrino -che, se le cose con Victoire andavano come previsto, sarebbe diventata sua in tutto e per tutto. Semmai era cresciuta ancora di più, per quanto sembrasse impossibile: già prima della sua nascita la casa era stata pericolante, ma adesso era tenuta in piedi solo dalla testardaggine degli abitanti. In fondo, era risaputo che i Weasley erano un clan coraggioso ma cocciuto fino al midollo, e la signorina accanto a lui ne era l'esempio perfetto.

L'aria fredda invernale le batteva sul viso, arrossandolo, e le spettinava i capelli biondissimi. Non era il tipo a cui piaceva il gelo, e solo guardandola si riusciva a capire: si era bardata peggio di un soldato al fronte, con cappotto, stivali, sciarpa, scaldacollo, muffole e paraorecchi pelosi. Tutto ovviamente all'ultima moda, speditole nientemeno che dalla famosissima stilista francese Gabrielle Delacour, sua zia. Quando lo guardò con i suoi profondi occhi scuri metà delle paure del ragazzo svanirono, e si chiese per la milionesima volta cosa ci trovasse una come lei in lui, Teddy Lupin. Buffone ai tempi di Hogwarts (anche se in quel momento far ridere era la sua ultima preoccupazione), apprendista Auror da meno di tre mesi e membro di una band che, ne era sicuro, prima o poi avrebbe sbancato, non sembrava proprio il tipo della figlia perfetta, scrittrice esordiente, Caposcuola Victoire. Anche di carattere erano molto diversi: nonostante l'aspetto di un rocker mancato, Teddy cercava sempre di evitare il conflitto e di mantenersi amico di tutti, mentre Vi quando si impuntava era pronta a dare un pugno a un Goblin (storia vera, tragedia sfiorata). Forse dipendeva dal fatto che era in parte Veela, ma quando il ragazzo le era vicino -cosa che negli ultimi tempi accadeva spesso, chi vuole intendere intenda- sentiva il continuo bisogno di farsi valere, di rendersi degno davanti ai suoi occhi. Quel giorno soprattutto. Strinse forte la mano della sua ragazza, e, dopo un ultimo respiro, con la mano libera bussò alla porta. Si sentì un gran fracasso, e in un attimo apparve James Potter, cugino di Vi e quasi-fratello di Teddy. «Ragazzi! Finalmente siete...» Anche se era già partito ad abbracciarli, si bloccò sulla soglia della Tana, a bocca semiaperta e con gli occhi nocciola sgranati. «... Teddy? Sei davvero tu?» Chiese, squadrandolo da capo a piedi.
Il ragazzo arrossì fino alle orecchie, consapevole di come si era conciato. Invece del suo solito ciuffo turchese mostrava dei capelli marroni (il suo colore naturale) pettinati in modo impeccabile; gli occhi, che nell'ultimo periodo erano stati di un viola acceso, erano di un banale grigio chiaro; il tutto coronato dal vestito, un completo formale nero degno di un vecchio funzionario incartapecorito. Ma non poteva pensare troppo al suo aspetto così terribilmente normale, o probabilmente avrebbe vomitato lì su due piedi. «Era necessario, devo fare bella figura con i genitori di Vi» Gli spiegò.
Il dodicenne lo guardò storto. «Gli stessi con cui passi le feste ogni anno?» Chiese, scettico.
Accanto a Teddy, Victoire ringhiò esasperata. Il giovane si ritrovò a sperare di non avere tra le mani un'altra situazione da pugno al Goblin. «Quest'anno non è come tutti gli altri, idiota! Teddy dirà a tutti che noi... insomma, lo sai»
E lo sapeva davvero. Pochi mesi prima il maggiore dei Potter li aveva visti mentre si salutavano con un bacio a King's Cross, nonostante si fossero nascosti nell'angolino più introvabile. Gli avevano fatto giurare di non dire nulla a nessuno, ma dagli sguardi inteneriti che riservavano ogni tanto Harry e Ginny al ragazzo si intuiva il contrario.
Sul viso del dodicenne si aprì un sorriso largo come quello dello Stregatto. «Capisco, quindi gli parlerete di tutto il...» Diede la schiena ai due, e, con le mani sui fianchi, inscenò uno sbaciucchiamento abbastanza rumoroso. Victoire lo prese per il colletto e lo costrinse a girarsi con uno sguardo assassino, mentre lui continuava a ridacchiare. «Se ci metti nei guai, Potter, sta' sicuro che non vedrai l'anno nuovo» Sibilò, e finalmente James smise di ridere. «Beh, ci state riuscendo anche da soli. Cosa credete che penseranno gli altri, quando vi vedranno arrivare insieme?» Replicò stizzito.
Teddy sentì il sudore freddo scendergli giù per il collo. «È vero, cosa penseranno?» Si chiese ad alta voce, torcendosi le mani. Ma Vi non era il tipo da rimuginare, a differenza sua. «Lo scopriremo presto» Disse, e, con espressione risoluta, entrò in casa e lo trascinò nel vortice della famiglia Weasley.

Nel vedere Teddy quasi tutti ebbero la stessa reazione di James. Fra i baci, gli abbracci e le strette di mano intravedeva i loro sguardi interdetti, come se si chiedessero se quello era davvero lo stesso ragazzo che la scorsa estate aveva inscenato un talent show per gli gnomi in giardino.
Per primi ovviamente arrivarono i Potter: lo abbracciarono calorosamente, e stranamente non sembravano stupiti dal suo nuovo look. Forse pensavano che fosse per adattarsi al suo nuovo ruolo di Auror, chi lo sa. Lily, la più piccola dei loro figli, gli corse incontro sorridendo e si fece prendere in collo; nonostante avesse nove anni era ancora esile come un'uccellino. «Teddy, Teddy, facciamo il gioco delle facce? Per favoooore!» Gli chiese, con degli occhioni da cucciolo implorante. Il gioco in questione era una prerogativa dei Metamorfomagus come lui: imitava nell'aspetto e nel carattere personaggi famosi o familiari, e gli altri dovevano indovinare di chi si trattava. Di solito era impaziente di farlo perché Ginny gli aveva detto che era il passatempo preferito di sua madre, ma adesso il groppo in gola gli avrebbe impedito qualsiasi imitazione. «Magari dopo, piccola» Le disse con un bacio, e mise giù la rossa delusa. In quel momento si sentì tirare la manica dal secondogenito dei Potter, Albus: i suoi occhi verdi erano attenti come sempre, ma anche un po' stizziti. Aveva spesso quest'espressione da quando aveva cominciato Hogwarts, ma a giudicare dal maglione verde scuro che indossava stava imparando ad accettare la sua casata, così come stava facendo la sua famiglia.
«Perché non sei venuto a dormire da noi come gli altri anni?» Domandò, con un sopracciglio alzato.
«Ehm...» Cominciò a dire il ragazzo, ma Harry lo salvò. «Quest'anno Teddy ha passato la vigilia con sua nonna Andromeda, Al, e Victoire si è offerta di andare a prenderlo. A proposito, come sta? Ho sentito dire al Ministero che una pozione sbagliata le ha creato dei problemi»
Teddy sorrise, cercando di far capire al padrino quanto gli era grato. «Ha avuto la barba per un po', ma ha detto che non è stata né la prima né l'ultima volta» Riferì, facendoli ridere tutti.
In quel momento un'altra figura rossa di capelli lo tirò da una parte con un ghigno. Era George, in assoluto il suo zio Weasley preferito. I capelli ribelli lasciavano scoperto l'orecchio mancante, ma il ragazzo si era abituato da tempo a non farci più caso. L'uomo lo prese per le spalle e lo squadrò come aveva fatto James. «Povero Teddy... Cosa ti hanno fatto in quel buco di Ministero? Sembri così ordinario da essere straordinario» Esclamò con una smorfia.
L'Auror represse l'istinto di strapparsi quegli orrendi vestiti urlando. «Magari sto diventando adulto, zio» Gli disse, cercando di darsi un contegno.
La sua smorfia si allargò, e scosse la testa. «Ti auguro di no, mio caro, è una noia mortale. Io ho disdetto il mio abbonamento dopo due giorni» Disse, poi però i suoi occhi si accesero della loro solita luce malandrina. «Spero che tu non sia troppo adulto per la roba che ti ho chiesto» Sussurrò, con aria misteriosa.
Teddy sospirò, ma con un mezzo sorriso. «Ecco» Disse, porgendogli un sacchetto di vecchie chiavi consunte. «Delle chiavi apritutto-ma-proprio-tutto del Ministero. Non farmi sapere niente di cosa ne farai, e tienile lontane da zio Percy» Si raccomandò, ma il rosso si allontanò ridendo e con il sacchetto in bella mostra. «Per fortuna quell'ampollosone è a casa dei suoi suoceri» Ghignò. Teddy gli avrebbe voluto ricordare del divieto di sua moglie Angelinariguardo allo sperimentare in casa, ma se ne sarebbe accorto da solo prima o poi.

«Tutti a tavola!»Li richiamò Molly Weasley, usando la bacchetta a mo' di amplificatore. Per richiamare tutto il Clan Potter-Weasley ce n'era davvero bisogno. Passandogli accanto la donna gli diede un ultimo bacio sulla guancia, ma neanche l'affetto della matriarca Weasley poteva rilassarlo in quel momento. Era giunta l'ora.
Andarono tutti in una zona del giardino che la zia Hermione aveva termoisolato con un incantesimo, dove quindi c'era un piacevole tepore e non un filo di vento. La lunghissima tavolata era finemente decorata di luci fatate e imbandita di così tanti piatti da essere degna di un banchetto per giganti. Con suo orrore, Teddy vide che Victoire gli aveva riservato un posto proprio davanti ai suoi genitori: non poteva neanche sperare di rimandare la discussione a dopo mangiato. Si sedette fra la bionda e suo fratello Louis, che probabilmente si chiedeva perché non era con i Potter, e finalmente il pranzo natalizio iniziò.
Nonostante i bellissimi antipasti che gli passavano davanti, Teddy non sentiva il minimo appetito. Non faceva altro che fissare Bill Weasley, quel giorno la sua paura più grande. Lo Spezzaincantesimi gli aveva sempre incutito timore, ma mai come quel giorno gli sembrava un pirata dal cuore di ferro: l'orecchino di zanna di drago, i capelli lunghi, il giubbotto di pelle... Ma soprattutto le cicatrici sulla metà di volto destra lo facevano assomigliare a un cacciatore di tesori senza scrupoli. Se le era procurate durante la seconda guerra dei Maghi contro Voldemort, per colpa dello stesso lupo mannaro che aveva trasformato Remus Lupin. Suo padre. Teddy si chiese come sarebbero diverse le cose se suo padre fosse stato lì a sostenerlo, e per un attimo il suo sguardo si fece vacuo, come sempre quando pensava a quell'eroe che non avrebbe mai potuto conoscere.
Qualcuno parve accorgersene, perché si sentì sfiorare la mano. «Qualcosa non va, caro? Non hai tocato la tua Sheppard's Pie...» Chiese una voce. Nonostante gli anni passati in Inghilterra Fleur non aveva ancora perso il suo accento francese, anche se Teddy sospettava che fosse solo una questione di orgoglio. Bill, che stava parlando con suo fratello Charlie, si voltò verso di lui con aria lievemente preoccupata. Ora o mai più, si disse.
«In effetti... Vi devo parlare» Disse a tutti e due con aria sicura, anche se dentro stava morendo. Il signor Weasley l'avrebbe chiuso in un caveau della Gringott? Fleur l'avrebbe costretto a correre nudo per il paese con i suoi poteri di Veela? Vi gli strinse la mano sotto il tavolo per infondergli coraggio, e lui si arrischiò a continuare. «Ormai è da molto che ve lo volevamo dire...»
«Volevamo? Tu e chi oltro?» Gli chiese Fleur.
«Noi due, maman» Rispose per lui Victoire, mettendogli una mano sulla spalla. Adesso anche Bill sembrava davvero interessato.
«Il fatto è che...» Il giovane prese un bel respiro. Se i suoi genitori avevano avuto il coraggio di combattere una guerra, lui doveva avercelo per dire quattro parole, pensò. Prese la mano di Vi, e divenne tutto chiaro. «Noi due stiamo insieme, signori Weasley. Da tre mesi, ormai»

Solo allora notò che non volava una mosca, e tutta la famiglia li stava guardando. I genitori di Vi rimasero in silenzio, ma Teddy, anche se rosso fino alla punta dei capelli (davvero, non si sarebbe stupito se fossero diventati di un rosso acceso), non si fermò. «So che forse preferireste di meglio per lei, ma io non posso vivere pensando di non averla accanto a me, q-quindi anche se direte di no s-sappiate che non smetteremo di vederci. E-Era solo una cortesia» Dichiarò, balbettando un po' ma mostrando una forza che non credeva di avere.
Gli sguardi della tavolata saltarono da lui a Bill Weasley, che parlò molto lentamente. «Ted, capisco il tuo discorso... Ma mi spiace dirti che non ha il minimo senso»
Teddy si sentì le gambe molli, ma il signor Weasley non aveva finito. «Ho conosciuto i tuoi genitori, ed erano fra le persone più coraggiose che avessi mai incontrato. Noi due abbiamo meno confidenza, ma lasciami dire che in te rivedo tutte le loro qualità. Il tuo discorso non ha senso, perché per me sarebbe un onore avere il figlio di Remus Lupin e Nymphadora Tonks in famiglia» concluse con un sorriso.
Il ragazzo rimase a bocca aperta. Per un attimo ci fu il silenzio più totale, poi i Weasley esplosero come un boato. Ci fu un brindisi, e tutti passarono a dargli pacche sulle spalle per il suo coraggio. Qualcuno -sospettava di James- fece apparire su di loro un intero mazzo di vischio, e Victoire, euforica, lo baciò, facendo ripartire gli applausi (poi cadde loro addosso, ma dettagli). L'impresa che fino a un'ora prima gli era sembrata impossibile ora era imponente come un torrentello, e lo lasciava libero di scherzare e ridere come prima. Quando gli venne vicino la signora Weasley, aveva sottobraccio un pacchetto. «Questi vestiti devono essere una tortura, figliolo. Perché non ti metti qualcosa di più... Consono?» Detto questo tirò fuori dal pacchetto il suo contenuto: un maglione Weasley giallo oro con una grossa T nera ricamata sul davanti.
Il ragazzo lo rimirò con gli occhi lucidi, abbracciò l'anziana e non perse tempo: buttò da una parte la giacca nera e se lo infilò sopra la camicia bianca. «Perfetto!» Esclamò la donna, ma Teddy scosse la testa. «Non ancora» Si concentrò, e sotto gli occhi soddisfatti di suo zio George e di tutta la famiglia tornò ai suoi occhi viola e al suo solito ciuffo turchese, con un sospiro liberatorio. «Adesso è perfetto» Esclamò, e mano nella mano con la sua ragazza continuò a godersi quello che per anni avrebbe chiamato il Natale migliore di sempre.

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