Seconda Prova
Piccolo amore mio,
dopo vari tentennamenti ho deciso di scriverti.
Il dottore continua a ripetermi che è un modo per averti vicino e allo stesso tempo per dirti, definitivamente, addio.
Piccolo, sì, piccolo perché ho sempre pensato a te come una noce, non di quelle dure e difficili da aprire, ma di quelle delicate e con un guscio pieno di cicatrici, di quelle che rompi con un niente e così come quelle noci tu sei andato via. Un giorno ti sentivo scalciare, il giorno dopo non ti avvertivo più.
I dottori dicono che è normale alla mia età, che gli aborti spontanei capitano, che potrò avere altri figli, ma non ti dicono che il dolore rimarrà per sempre e che per una donna, figlio mio, è uno dei dolori più grandi perché è come se ti strappassero via una parte di te.
Alberto, sì, io e tuo padre avevamo pensato già al tuo nome e non solo a quello.
Io, per esempio, immaginavo già di stringerti fra le mie braccia e sognavo la tua manina stringermi il dito indice così forte, quasi da non lasciarlo più. Avresti avuto i capelli neri di tuo padre e gli occhi a mandorla e celesti di mia madre. Sì, mi avresti guardata senza vedermi e io ti avrei sorriso amorevolmente, mentre tuo padre, con le lacrime agli occhi, ci osservava poco distante.
Avresti avuto il mio stesso sorriso un po' inclinato da un lato, di quei sorrisi sinceri, di quelli che ti sorridono anche gli occhi.
Non mi sarei persa nessun momento della tua vita, Alberto.
La prima parola che avresti detto, ne sono certa, sarebbe stata papà e la seconda Juve perché quel birbante di tuo padre non ne vuole sapere di avere un figlio interista. E poi forse, finalmente, avresti detto mamma, giusto per farmi penare un po'. Sarei stata presente alla tua prima candelina, ti avrei accompagnato nei tuoi primi passi, ti avrei regalato un cucciolo e l'avremo chiamato Marley perché ogni volta che rivedo il film mi metto, ancora, a piangere come una cretina.
A 14 anni mi avresti fatto disperare con la tua prima cotta e forse saresti stato un ragazzino taciturno e scontroso come lo sono stata io a quell'età.
E poi a 20 anni mi avresti presentato la tua ragazza, una di quelle col trucco sempre a posto e che sa sempre cosa dire, e io sarei impazzita dalla gelosia.
Alberto, devi sapere che i dottori non ti parlano del vuoto che un figlio lascia quando se ne va. E' qualcosa di indescrivibile, è come se toccassi il cielo con un dito e subito dopo cadessi in un baratro senza fine.
Però, e c'è un però, arriva un punto in cui bisogna andare avanti perché, vuoi o non vuoi, la vita continua anche senza di te per cui non odiarmi, ma oggi sono qui per dirti addio.
Addio, piccolo amore mio.
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