Capitolo tre
Il viaggio dalla costa occidentale verso New York è durato meno di un qualsiasi viaggio in treno da un capo all'altro della Russia.
Deve essere perché l'America è un'estensione geografica, mentre la Russia è un'estensione del tutto mentale, che sembra non finire mai.
Almeno è così per me.
Una volta sbarcati, il Comandante della nave mi ha consegnato a Constantin, insieme al mio bagaglio pressoché inesistente e a una lettera riservata personale per mia zia Ekaterina.
Constantin è lo storico attendente del mio defunto zio Pashev, e per tutta la durata del viaggio, di stazione in stazione, di locanda in locanda, il buon uomo non ha fatto altro che piangere tutte le sue lacrime per il destino della Madre Russia, per lo Zar, per il Patriarca di Mosca e per i Santi Cirillo e Metodio.
La sera prima di arrivare a New York, nella locanda dove ci eravamo fermati per il cambio dei cavalli, ho suonato canzoni tristi e patriottiche al pianoforte semi scordato della sala da pranzo, provocandogli una nuova e più intensa crisi di tristezza.
Il povero Constantin si è quindi ubriacato e io, con le dita agili che mi ritrovo, sono riuscito a sfilargli dal taschino la busta misteriosa.
Sopra c'era scritto "Per la Contessa Ekaterina Plisetskaja, S.P.M. - la presente missiva a completamento del telegramma già inviatole in data...".
All'interno, una breve lettera nella quale il mittente raccontava a mia zia di un giovane Cosacco di nome Otabek Altin che gli aveva affidato il compito di portare in salvo oltreoceano il di lei nipote Yuri Plisetsky. L'uomo si rallegrava di aver trovato il modo di far salire il suddetto nipote sulla nave, ribadiva di averlo fatto a titolo completamente gratuito (che bugiardo...) in ossequio della profonda amicizia che lo legava alla famiglia Plisetsky.
La rassicurava inoltre del fatto di non aver rivelato il suo indirizzo di New York al giovane Cosacco, il quale d'altronde non aveva fatto alcuna domanda in merito. Un ragazzo insolitamente taciturno e discreto.
Restava inoltre a sua completa disposizione per qualsiasi futuro servigio si rendesse necessario.
Conoscevo bene la fama dell'autore di quella missiva, sebbene in quegli istanti i miei occhi indugiassero solo sul nome di Otabek e su quanto veniva scritto di lui.
"...Il giovane Altin si è speso molto per il Signorino Yuri, al punto da disertare..."
E ricoprirmi d'amore. E riscaldarmi senza toccarmi con un dito sebbene io...
"... Altin non ha voluto lasciare la Russia per ragioni note solo a lui..."
Non ha voluto lasciare la Russia perché è convinto che fosse meglio per entrambi separarsi. Perché crede che ciò che abbiamo vissuto insieme sia irripetibile. Perché crede di sapere quale deve essere il suo posto e quale il mio.
E io? Non chiudo occhio. Quell'unico bacio mi ossessiona e mi consuma. Lo porterò qui da me, faremo ciò che vuole lui. Aspetterò tutto il tempo necessario, aspetterò che mi veda abbastanza adulto da poterci amare. Gli regalerò un cavallo, il più bello e il più veloce. Correremo di nuovo insieme.
Nello scrittoio della zia Ekaterina c'è un cassetto segreto, la cui chiave è custodita in un luogo misterioso. Tuttavia, Yuri scopre che la piccola chiave d'oro che ha portato con sé come una reliquia, la chiave della sua stanza di Mosca, è compatibile con la serratura del suddetto cassetto.
Così, con un po' di pazienza e un po' di olio, una notte, mentre il gatto di Ekaterina sonnecchia e la casa è immersa nel buio, Yuri lo apre senza farsi alcun tipo di scrupolo.
All'interno, sua zia conserva certe lettere ricevute da un gentiluomo della Corte di Russia - che non era suo marito.
Oltre a quelle, nel cassetto ci sono due sigari cubani e un biglietto da visita che riporta il nome e l'indirizzo di Victor Ippolitovic' Komarovsky*.
Monsieur Komarovsky ha sempre frequentato casa di Yuri, fatto spudoratamente la corte a sua madre, conversato di politica con suo padre, bevuto e mangiato a loro spese e ascoltato con orecchio pigro le esercitazioni al pianoforte di Yuri.
L'estate dell'anno prima era stato loro ospite a Varykino, accompagnandosi con una signora appariscente che pretendeva di giocare a carte tutto il giorno.
Yuri ricorda di averlo visto parlare a lungo con Otabek quando ritornava dai suoi giri a cavallo, mostrando di apprezzarne l'abilità. Nel mentre, fumava i suoi sigari e si accarezzava il panciotto.
Con fredda determinazione, Yuri scrive quindi una lettera di suo pugno, spacciandosi per la zia, nella quale chiede al Monsieur di rintracciare il giovane Cosacco che tanto si era speso per il nipote e di organizzare anche la sua partenza per l'America. Lo ringrazia per la sua discrezione ma gli chiede di fornire tranquillamente al giovane Altin l'indirizzo della loro abitazione, presso la quale recarsi una volta arrivato a New York. Appone il sigillo della Contessa, rimette tutto in ordine e richiude accuratamente il cassetto.
L'indomani si fa accompagnare alla prestigiosa Juilliard School dove frequenta il corso avanzato di pianoforte ma una volta varcata la soglia dell'edificio, assicuratosi di non essere stato notato, fa dietrofront e se la squaglia per spedire sia la lettera che un telegramma che ne preannunci l'arrivo.
Sa di avere a che fare con un personaggio spregiudicato e avido ma non ha alternative se vuole rivedere Otabek.
Il resto della giornata e della mattinata seguente Yuri è stretto in un groviglio di ansia e speranza che gli toglie il fiato. Il gatto della zia sembra percepire il suo stato di difficoltà e decide di spalmarsi sulle sue ginocchia non appena si siede sul divano del salotto a fare finta di leggere spartiti.
Non gli riesce di fare nulla se non di dare risposte secche e sgradevoli alla servitù e anche alla povera Ekaterina, che vorrebbe fargli conoscere la figlia di una nota famiglia di banchieri ashkenaziti pronta, a suo dire, per il fidanzamento.
Tutto ruota intorno al viso di Otabek a un centimetro dal suo, la sua mano sulla guancia, che profuma del cuoio dei finimenti del suo cavallo ed è ruvida e bollente.
Tutto evoca la sua bocca esitante fino all'ultimo momento e le preghiere di Yuri per riceverla in dono.
Il dolore che avanza, il distacco inevitabile, il primo e unico bacio della sua vita che scaccia per un istante tutto l'inverno - e l'inferno.
Poi capisce che per trovare sollievo può solo suonare.
Si chiude nel salone, apre lo Steinbeck nuovo fiammante (dono dei suddetti banchieri ashkenaziti) e riprende un brano che conosce benissimo, Riguardo l'amore: Agape.
Un brano che gli ricorda una certa notte, quando ancora non era precipitato tutto, la Russia era ancora in equilibrio sul filo del destino convinta di poter vincere la Guerra e, soprattutto, che non ci sarebbe stata alcuna Rivoluzione.
Il brano inizia a cambiare sotto le sue dita e si trasforma in qualcos'altro. Diventa il regalo che farà a Otabek quando sarà in piedi accanto a lui. Deve solo aspettare un segno.
Qualche settimana dopo, il segno arriva finalmente: un telegramma alla sua attenzione.
"Gentile Signorino Yuri Plisetsky,
Dovete saperee che grazie alla mia attività di pubbliche relazioni ho affinato l'intuito e allenato l'occhio e tutto mi porta a credere che non sia stata la nostra amata Ekaterina a scrivere la lettera che ho appena ricevuto bensì il suo giovane nipote.
Mi arrischio ad affermarlo anche in virtù del fatto che ho conosciuto bene il giovane Cosacco e posso dire con certezza che il ragazzo prova per il Signorino un affetto di un certo peso. La Vostra lettera non fa che confermare che tale affetto è ricambiato.
Un uomo come me resta sempre profondamente affascinato dalla bellezza fragile e al contempo granitica di un sentimento come il vostro.
Non lo approvo - beninteso, non per una questione di moralità o di opportunità ma perché in un tempo come questo vi porterà di sicuro entrambi alla rovina.
Ragion per cui, accetto di aiutare Altin a lasciare la Russia ma mi guarderò bene dal fargli sapere dove potrà rintracciarVi. Tengo troppo alla salute di Vostra zia per rendermi corresponsabile di un intrigo che le provocherebbe non pochi crucci. E, soprattutto, non vorrei trovarmi a tiro d'orecchio se dovesse andare su tutte le furie.
Yuri: Voi siete una gemma nel panorama musicale attuale, il prediletto di Rachmaninov, siete nobile e raffinato. Il Vostro amico è un Cosacco, un'arma letale che non può e non deve scendere da cavallo.
Il Vostro fedele servitore
Viktor Ippolitovic' Komarovsky"
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