Capitolo 5
Il giorno dopo abbiamo trovato il colpevole per l'omicidio di Nancy. A quanto pare il suo ultimo giorno aveva fatto amicizia, per così dire, con un tizio in discoteca: l'SI. Camden ha anche trovato negli archivi tre casi analoghi a questi negli ultimi cinque anni, perciò abbiamo confrontato il DNA sulla scena del crimine di Nancy con quello degli altri tre casi, ormai vecchi, e coincidono. L'unica differenza è lo Stato, dato che gli omicidi precedenti non sono stati commessi in California.
Mi aggiusto di nuovo al petto il giubbotto antiproiettile e tengo la pistola dritta davanti a me, con entrambe le mani. È ancora in sicura, però. «Okay, entriamo.» Ty ci fa cenno di entrare nell'edificio dove dovrebbe esserci l'SI. È il suo ultimo indirizzo, una vecchia casa al confine della California. Ci mette anche più di un'ora per arrivare a Los Angeles.
Sarah è dietro Ty, Joey di fianco a lei. Steven ed io stiamo un paio di metri più indietro, ma sento comunque le mani sudare dal nervosismo. Potrebbe andare bene così come potrebbe andare male e, soprattutto, questa potrebbe essere la mia prima sparatoria.
C'é un leggero venticello, che muove i rami degli alberi che fanno da sfondo alla casa. Ha le finestre sporche, la porta in legno è rovinata. Non mi stupirei se entrasse l'acqua piovana dal tetto o che con il vento si aprisse la porta principale.
Ty fa un respiro profondo prima di aprire la porta e puntare la pistola frutto davanti a sé. «FBI. Cole West, mani in alto e stenditi a terra.» Steven mi prende per il gomito quando ci rendiamo conto che il soggiorno è vuoto. La casa è però calda e c'è un camino che sembra essere stato spento da poco. Il carbone è ancora rossastro, la fiamma deve essersi spenta dieci minuti fa. «Sarah, Joey, venite con me a perlustrare la zona. Steven ed Elodie controllano il resto della casa.» Ordina Ty, uscendo più nervoso che mai.
Non deve essere facile per lui essere il capo e avere il dubbio di non aver trovato il colpevole. Steven alza gli occhi al cielo, ma fa ciò che gli dice Ty quando escono loro tre dalla casa. «Provo al piano di sopra.» Gli dico, notando una scala in fondo al corridoio. Sono un fascio di nervi, oltre alla paura dell'assassino di Nancy ho anche paura a rimanere da sola con Steven. Non lo conosco e non mi fido di lui.
Le scale scricchiolano quando salgo, ma cerco comunque di fare il meno rumore possibile. Al piano di sopra non c'è molta luce, si arriva in un corridoio buio e senza finestre. Alzo lo sguardo per cercare una lampadina, ma non c'è ne è neanche una. «Cole West?» Lo chiamo, stringendo più forte la pistola e levando la sicura.
Proseguo fino alla fine del corridoio, cercando di ragionare come se dovessi scappare da me stessa. Di certo non mi nasconderei alla prima porta, dove è più facile che mi vedano, ma andrei all'ultima, dove avrei più tempo per pensare e farmi venire in mente un piano. Apro la porta dell'ultima stanza, con la pistola puntata dritto davanti a me.
Sento la pressione della canna della pistola sulla mia tempia dopo qualche secondo, senza neanche che io possa realizzare. «Non una parola.» Sussurra Cole, facendomi entrare nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé. «Tu ora esci e dici che io non sono qui, ci siamo intesi?»
Dovrei dirgli di sì, me ne rendo conto. «Altrimenti?» Non ho intenzione di fare il suo gioco. Preferisco che mi spari.
Non risponde, ma sento i suoi occhi su di me. «Chinati lentamente e poggia a terra la pistola.» Faccio quello che dice, ma una volta che la pistola tocca terra, alzo il braccio sinistro e gli colpisco l'avambraccio. Anche la sua pistola scivola sul pavimento, così ne approfitto per colpirlo di nuovo, questa volta allo stomaco.
Cole West risponde lasciandomi un pugno sull'occhio, perciò grido, un po' per il dolore e un po' per farmi sentire da Steven. Peccato che non arriva. Il colpo mi fa girare la testa e Cole ha più tempo per spingermi a terra. Ne approfitto per allontanare la mia pistola, che è la più vicina, lontana dalla sua portata.
Cole è a cavalcioni su di me, ma riesco a difendermi e a lasciargli un paio di punti che lo disorientano. «Steven!» Urlo, in preda al panico, ma Cole ne approfitta per tapparmi la bocca. Il secondo dopo nell'aria riecheggia il rumore di uno sparo, e l'attimo successivo l'assassino di Nancy è steso di fianco a me, che si tiene con la mano sinistra il fianco destro, insanguinato.
Ad aver sparato è Ty, che sembra incavolato nero. Ripone la pistola nella fedina e si precipita verso di me, mentre Joey ammanetta Cole, anche se è così pallido che sembra sul punto di perdere i sensi. «Stai bene?» Ty mi aiuta a mettermi in piedi, ma ho preso troppi colpi in faccia e così mi aggrappo a lui per non barcollare. Non oso immaginare in che condizioni sia la mia faccia. «Che domanda idiota, certo che non stai bene.»
«Mi dispiace.» Gli dico, sentendomi sempre più mortificata. Doveva andare bene, non dovevo farmi pestare da un delinquente. «Ti giuro che di solito-»
Ty non mi lascia neanche finire di parlare. «Dov'è quell'idiota di Gonzalez?» Me lo sono chiesta anche io, in realtà. Sarebbe potuto andare leggermente meglio se fosse intervenuto, o se comunque avesse sentito i miei gridi.
«Non lo so. L'ultima volta che l'ho visto stava controllando il piano di sotto.» Ho la voce strana e mi sento il labbro superiore gonfio. Forse ho l'aspetto del gobbo di Notre dame. Da quando è uscito l'anno scorso Abbie non fa che citarlo per ogni cosa.
Ty annuisce e mi circonda la vita con un braccio per aiutarmi a camminare. «Ti porto in ospedale, okay?»
«Non ce n'è bisogno.» Cerco di dire, anche se so che è una bugia. Ma preferisco andare in ospedale con Abbie o con Ross, con cui ho confidenza, non con il mio capo. E dal mio unico occhio aperto non riesco a capire se è più arrabbiato o se è più deluso.
Ty sbuffa. «Non dire cavolate, Elodie. Devi andare in ospedale.» Credo che sia un modo velato per dire che sono davvero pietosa in questo momento.
Sarah scende le scale con noi, mentre Joey sta trasportando Cole West come un sacco di patate. «Non posso credere che Steven abbia rifatto la stessa cosa, dopo tutto quello che è successo. Vuole che muoia un altro agente?»
Quelle parole mi fanno venire la nausea. Ty deve essersi accorto del mio cambiamento di umore, perché lancia un'occhiataccia a Sarah. «Non è il momento di parlarne, questo.»
Non capisco molto cosa si dicono fino al tragitto in macchina, anche perché ho un mal di testa atroce e vedo sfocato. Cerco di intravedere il mio riflesso sui vetri del suv e se non stessi così mi darei da sola uno schiaffo. Ho un labbro spaccato e gonfio, lo zigomo sinistro viola e non riesco ad aprire quell'occhio.
Ty mi adagia sul sedile del passeggero, sfiorandomi la guancia con i polpastrelli. «Mi dispiace, agente Lewis. Sono tornato indietro non appena ho capito quello che stava succedendo.»
«Come te ne sei accorto?» Riesco a chiedergli, e per un attimo ho il desiderio che non sposti la mano da lì. Eppure lo fa, ed io quasi non riesco a trattenere uno sbuffo.
Mi mette la cintura, come se pensasse che non sono più in grado di muovermi. Mi gira la testa, in effetti, come se stessi sopra una trottola. «Ho visto la sua ombra dalla finestra della stanza in cui stavate. E sono tornato indietro.»
Vorrei anche chiedergli se Sarah prima si riferiva a suo fratello, ma credo che sarebbe troppo. Perciò mi limito ad annuire. Ty allora chiude lo sportello e viene a sedersi al posto del guidatore. «Vuoi che chiamo qualcuno? I tuoi genitori, magari, o il tuo ragazzo?»
Non ho le forze per dirgli che non ho nessuno. «Mia sorella.» Chiudo l'occhio che riesco ad aprire e sospiro. «Davvero, mi dispiace tanto. Non volevo causare tutti questi problemi.»
«Smettila di scusarti, non è colpa tua.» Addolcisce un po' la voce. «Può capitare, sai? Ho perso il conto delle volte in cui per difendermi ho dovuto fare a botte con gli SI. Questo non ti rende un agente meno bravo o meno esperto. Purtroppo questo Cole West era uno stronzo.»
Spero che i medici all'ospedale mi diano qualcosa per dormire. Apro l'occhio, dato che l'altro per quanto mi sforzi rimane chiuso. «Era? L'hai ucciso?» Mi sembrava vivo quando Ty mi ha trascinato letteralmente in macchina, ma potrei anche sbagliarmi.
«No.» Si schiarisce la voce, portandosi poi una mano tra i capelli non appena rallenta per uno stop. «Gli ho sparato ad un fianco, ma ho fatto in modo che il proiettile gli sfiorasse solo la pelle, in modo da non fargli troppo male. Mi serviva solo che perdesse i sensi o che comunque si spostasse da sopra di te.»
«Grazie.» Non so se dovrei ringraziarlo oppure no, ma in fondo mi ha pur sempre salvato la vita. Spero solo che ora non mi venga una fobia per le missioni o per le sparatorie, perché questo potrebbe definitivamente mettere un punto alla mia carriera lavorativa ancora prima che sia iniziata.
Ty non risponde, ma dopo qualche minuto arriviamo all'ospedale. Teoricamente dovrebbe essere un luogo di speranza, perché guarisce le persone o comunque le prova a far stare meglio, ma riesco a trattenere una smorfia. L'odore di disinfettante, tutto quel bianco, le persone che piangono nei corridoi; tutto mi mette di cattivo umore.
Per questo, mi giro verso Ty, ma sta già scendendo. «Devo proprio?»
Lui ridacchia e mi aiuta di nuovo a scendere. Gli circondo istintivamente un fianco con un braccio e lui fa lo stesso con me. «Un paio d'ore e potrai tornare a casa, te lo prometto.»
Arriviamo a quella che mi ricorda vagamente la reception di un albergo, ma non ci vuole molto perché mi portino in una stanza per dei controlli -devo ringraziare la mia faccia, che parla da me-. E ringrazio di nuovo mentalmente Ty per non lasciarmi da sola neanche un istante, soprattutto quando il medico mi controlla. «Sarebbe proprio un peccato se il tuo occhio rimanesse così.» Mi prende in giro quando siamo di nuovo soli. Forse scherza per farmi sentire meglio o perché vede che non sono più sul punto di svenire. «Hai un viso davvero adorabile.»
Alzo l'occhio aperto al cielo e poi faccio una smorfia per il dolore. «Molto simpatico. Almeno le persone dovrebbero smetterla di dire che ho sono troppo dolce per essere dell'FBI.»
Ty non ha neanche il tempo di ribattere che il medico ritorna con qualche medicina, e non chiedo che diavolo sia perché meglio so e meglio è. Un minuto dopo, a spalancare la porta è Abbie, che sembra appena uscita da una tempesta. Ha i capelli ricci tutti scompigliati, una maglietta sgualcita e un segno violaceo sul collo. Oddio. Non voglio neanche realizzare. «Sembri in stato di putrefazione.» Mi dice, ignorando il medico e Ty. Si accorge di quest'ultimo solo dopo. «Ciao, non credo di essermi mai presentata ma sono Abbie. La sorella dell'imbecille.»
Ruoto di nuovo l'occhio in alto. «Potevi almeno sistemarti, prima di venire qui.» La riprendo, lasciando che il mio senso materno prenda il sopravvento. Non voglio pensare che la mia sorellina faccia cose del genere, anche se ne sono consapevole. «Ce l'hai il senso del pudore?»
Abbie mi lancia un'occhiataccia. «Scusa se non ho pensato al mio aspetto quando mi hanno informato che mia sorella era stata messa KO. Ma che hai in testa, cocomeri? Non ti rendi proprio conto di quanto sia stata male durante tutto il tragitto? Ho quasi perso i sensi anche io. Voglio dire, so che ho sempre detto che ti appoggio e che ti ammiro per quello che fai, ma questo non ti dà l'autorizzazione di farti ammazzare il secondo giorno di lavoro.»
Non rispondo, anche perché è il medico a mettere la ciliegina sulla torta. «Per sicurezza è meglio se passa la notte qui, signorina, in modo che la possiamo tenere sotto osservazione. Ha sbattuto la testa e non sappiamo con certezza se ha un trauma cranico.» Lancio un'occhiata a Ty, che si sta guardando le mani, probabilmente per non guardare me. Solo un paio di ore un corno. E lui lo sapeva.
Le reazioni di Abbie quando ci sono guai all'FBI sono sempre le stesse, anche a distanza di anni, non c'è niente da fare 😂 (chi ha letto Undercover capirà haha). Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, purtroppo non è facile essere tornata in presenza l'ultimo mese di scuola, perché sono sommersa di interrogazioni e compiti a cui devo andare per forza bene. Spero di organizzarmi meglio a maggio e ti togliermi qualcosa da davanti in modo da avere più tempo per la scrittura. Vi voglio bene ❤️
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