COME TU MI VUOI
@ame_tsuki mi ha fatto da beta per questa OS
Gli avvertimenti a seguire possono contenere quelli che per molti sono da considerare degli "spoiler", ma ho preferito inserirli tutti perché non vorrei mai triggerare qualcuno. Se sapete di avere determinati trigger o argomenti di cui non volete leggere, né ora né mai, vi consiglio di leggere bene gli avvertimenti/tag.
Titolo: Come tu mi vuoi
Autore: Jason_Trth Hrtz
Fandom: Animali Fantastici e Dove Trovarli
Pairing: Credence x Percival Graves (quello interpretato da Colin Farrell)
Rating: arancione/rosso
Parole: 4327
Avvertimenti: Modern!AU, School!AU, praise kink, sottinteso role play e dinamiche Dom/sub, tematiche delicate, contenuti forti, pwp, introspettivo, age difference (Credence 18 anni, Graves 40 anni), dub-con, menzione suicidio, menzione overdose, menzione abusi verbali e fisici, sottintesa infantilization e feminization, emotional distress, menzione molestie sessuali, menzione di altri personaggi della serie originale (in alcuni casi mi sono preso la libertà di cambiare dei dettagli, non me ne vogliate).
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, sono proprietà dei rispettivi autori
Note: è la prima storia che pubblico in questo fandom e in futuro vorrei pubblicarne altre, anche ambientate nel canon o canon-divergence.
Spero di aver reso giustizia a questi personaggi (hashtag: Credence Barebone needs a hug) e che nessuno dei due venga percepito come OOC. Per me non lo sono, ma ovviamente non sono nella testa di ognuno e non potrò mai sapere se quello che io percepisco come IC, soprattutto in una dinamica del genere, lo è anche per le altre persone.
Non sono soddisfatto pienamente di quello che ho scritto, avrei voluto fare e dare di più, ma sentivo di doverla pubblicare altrimenti non lo avrei mai fatto. Bisogna capire i propri limiti e accettarli, delle volte.
Avrei altro da dire, ma al momento mi mancano le parole.
Spero che sia una lettura tutto sommato di compagnia.
Ho sempre voluto trattare questa coppia e questi temi, mi sono finalmente deciso a farlo e questo è il risultato.
Buona lettura,
Jason.
Ringrazio ame_tsuki per avermi fatto da beta e rispondere sempre con pazienza a tutti i miei dubbi
COME TU MI VUOI
Credence quella mattina si svegliò prima del solito, prima ancora del signor Graves.
Neanche nella sua mente era mai riuscito a chiamarlo semplicemente "Percival", ma dopotutto era sempre un suo professore...
La sua media in fisica era peggiorata notevolmente negli ultimi mesi, e studiare a qualsiasi ora del giorno per cercare di rimediare non era sembrato bastare. Si era quindi visto costretto a tentare di sedurre il suo professore, appunto il professore di ruolo nel suo Istituto: Percival Graves, un uomo – affascinante, doveva ammetterlo – sulla quarantina.
Non era stato difficile.
Il signor Graves non era sposato e si diceva che non avesse figli, senza contare che, tra l'altro, gli pareva che gli avesse puntato gli occhi addosso sin dal primo giorno di scuola superiore. Credence ne poteva essere quasi sicuro perché era abituato ad attrare determinati sguardi lascivi da parte delle persone. Ciò lo faceva sentire sporco dentro, non credeva di fare niente per incentivare quel tipo di attenzioni, ma questa volta era disperato: se si fosse ritrovato con un'altra insufficienza in pagella, temeva che alla fine sua madre lo avrebbe davvero ammazzato di botte.
A sua detta il fatto che avesse perso un anno scolastico era già una vergogna abbastanza grande per la famiglia.
La dilagante depressione di Credence, e i continui abusi verbali e fisici da parte di sua madre – in realtà adottiva, ma poco cambiava: a rigor di logica avrebbe comunque dovuto occuparsi di lui come di un figlio voluto – lo avevano portato a due tentativi di suicidio in sei mesi. Purtroppo per lui, ma forse anche per chiunque lo conoscesse, entrambi i tentativi fallirono.
Nessuno ne era venuto a conoscenza.
Entrambe le volte sua madre lo aveva rintracciato tramite una app sul telefono, dopo che lui non aveva risposto al messaggio di routine che lei gli inviava ogni mezz'ora, ed era venuta a prenderlo.
Era una ex cardiochirurga e negli anni 80 aveva lavorato per molto tempo in cliniche fuori dai radar, frequentate da criminali o immigrati non regolari. Ciò le aveva permesso di avere collegamenti ovunque. Quando lo aveva trovato, accasciato a terra in un vicolo, incosciente in seguito a un'overdose, lo aveva portato in una di queste cliniche di fortuna. Quando si era svegliato, sua madre era seduta accanto a lui sul letto e lo fissava.
Gli aveva fatto dapprima alcune domande, per assicurarsi del suo stato, poi gli aveva dato uno schiaffo così forte da farlo quasi cadere dall'altra parte del letto, complice la sua debolezza fisica in quel momento; non che normalmente avrebbe posto alcuna resistenza: sua madre era la metà di lui per altezza e forza, ma mai si sarebbe permesso di reciprocare le violenze subite da lei.
Gli sembrava sbagliato fare del male alle persone, anche se si trattava di sua madre. Era pur sempre la sua, unica, famiglia...
Si alzò lentamente dal morbido letto matrimoniale, che niente aveva a che fare con il divano a due posti e con le molle rotte su cui sua madre lo faceva dormire da quando aveva otto anni.
La sua camera, per così dire, si trovava giù in cantina. Oltre al divano aveva una scrivania, corredata di lampada elettrica. Non c'era un bagno annesso al locale, poteva solo aspettare la mattina, quando doveva prepararsi per andare a lezione, in cui poteva usare quello situato al piano superiore della casa. Non aveva altro modo: sua madre si assicurava di chiudere la porta della cantina dall'esterno, e l'unica, piccola, finestra in quella stanza fredda e buia in cui dormiva era bloccata da delle sbarre di metallo. Se di notte aveva un'emergenza o doveva vomitare, per via dei cibi scaduti che sua madre gli faceva mangiare, pur di non doverli buttare e "sprecare cibo", doveva "liberarsi" in un angolo per terra o in delle buste o bottiglie di plastica che era riuscito a portarsi con sé durante il giorno.
Più volte aveva tentato di scappare di casa o farsi ospitare da qualche estraneo, in cambio di un altro tipo di compendio, ma puntualmente sua madre riusciva a trovarlo. Aveva anche provato ad abbandonare il telefono, nonostante gli dispiacesse: lo aveva comprato con tutti i suoi risparmi, eppure se l'era ritrovata alla porta di qualsiasi persona che lo stesse ospitando.
Certe volte pensava che gli avesse impiantato un qualche tipo di microchip sottopelle, e spesso si toccava ovunque nel tentativo di trovarlo, ma il suo corpo aveva così tante cicatrici, risultato delle punizioni corporee inflitte da sua madre, che non poteva essere sicuro sotto quale di esse si nascondesse un eventuale corpo estraneo.
Fortunatamente, da qualche giorno, sua madre si trovava in visita da dei parenti in Inghilterra, Londra.
Le uniche volte in cui sembrava dimenticarsi di lui erano proprio durante i suoi viaggi. Nonostante ciò, Credence non aveva mai provato a fuggire o farsi del male durante quei periodi, in cui non sapeva quando, e se, sua madre sarebbe tornata, perché da alcuni anni aveva adottato due altre bambine e quando lei non c'era in casa era lui a doversi occupare delle sue due sorelle più piccole. Preparare da mangiare, che fossero lavate e profumate, assicurarsi che l'autista le portasse a scuola, fare le faccende domestiche da solo perché sua madre non gli aveva lasciato soldi e quelli che riusciva a racimolare lui non bastavano per pagare le donne delle pulizie che di solito si occupavano di tenere in ordine la casa.
Le bambine non avevano mai avuto qualcuno che insegnasse loro le nozioni base di sopravvivenza e non sapevano ancora badare alla propria igiene personale; non parlavano nemmeno l'Inglese. Non se la sentiva di abbandonarle neanche per un giorno interno, si sarebbe sentito troppo in colpa.
Voleva bene a tutte e due: in pochi giorni erano diventate dipendenti da lui e lo trattavano come se lui fosse davvero loro fratello maggiore, dalla nascita.
Per Credence era sempre stato facile affezionarsi, doveva ammetterlo almeno a se stesso.
Bastava che qualcuno fosse gentile con lui, ed ecco che improvvisamente in lui si accendeva una piccola fiamma che gli riscaldava il petto: improvvisamente avrebbe fatto di tutto per rendere quella persona felice, così come lei aveva reso felice lui, trattandolo come essere umano degno di amore e affetto. Solo così riusciva a sentirsi vivo, speciale.
Il signor Graves era molto bravo a farlo sentire speciale. E di conseguenza vivo.
Sia in classe sia sotto le lenzuola, o in qualsiasi luogo decidesse di prenderlo, Credence si sentiva come un Dio ingordo. Voleva ricevere sempre di più: più baci, più carezze, più parole dolci sussurrate al suo orecchio...
Prima di fare sesso con lui, il signor Graves gli aveva chiesto se c'erano delle cose che gli davano fastidio: parole o gesti che lo avrebbero reso triste o "bloccato".
Credence gli aveva confessato che non lo aveva mai fatto con nessuno. Aveva solo baciato alcuni ragazzi più grandi o fatto dei pompini a chi lo aveva ospitato durante le sue tentate fughe. Poi c'era stata una volta in cui una ragazza si era avvinghiata a lui nei corridoi scolastici e gli aveva strappato un bacio dalla bocca e dato una pacca sul sedere, ma oltre a quello, la sua esperienza in quel campo era pressoché nulla.
Il signor Graves gli aveva accarezzato una guancia e lo aveva fatto stendere di schiena sul letto. Con la voce arrochita dall'eccitazione e gli occhi bassi sul suo viso che lo scrutavano centimetro per centimetro, gli aveva chiesto se gli andasse bene provare "un po' di tutto", per vedere cosa gli piaceva di più.
Credence aveva annuito, ma al signor Graves sembrava non bastare—era rimasto nella stessa posizione, sopra il suo bacino, e aveva continuato a fissarlo con gli occhi di onice, come in attesa. Quindi Credence riformulò la sua risposta: "Sì, signor Graves", la bocca piena della sua stessa saliva lo fece quasi strozzare. Nel mentre che Graves gli sbottonava la camicia e lo liberava via via del resto della sua uniforme scolastica, Credence deglutì e strinse le lenzuola blu notte tra le dita. Era uno studente del terzo anno di un istituto superiore privato e l'abbigliamento invernale era composto da diversi strati di vestiti, ci volle del tempo prima che Credence si ritrovasse completamente nudo sul letto.
Il signor Graves era rimasto vestito nel suo completo scuro, si era tolto solo la giacca pesante e l'aveva posata sull'attaccapanni all'entrata dell'appartamento. Aveva tolto i gemelli e la cintura, ponendoli sul comodino di fianco al letto, e per ultimo, si era arrotolato le maniche della camicia appena al di sotto dei gomiti. Questi dettagli, nonostante la stanza fosse abbracciata dall'aria calda dei riscaldamenti accesi, bastarono a fargli comunque venire la pelle d'oca.
I segni sul suo corpo sembrarono non turbare il signor Graves: li accarezzò a uno a uno e si piegò su di lui per baciarlo ovunque.
Gli aveva detto di fermarlo se a un certo punto avesse fatto qualcosa che non gli piaceva, ma Credence non osò lamentarsi mai. Prese tutto quello che il signor Graves poteva dargli e quando entrambi vennero all'unisono per la seconda volta, Credence lo supplicò di non lasciarlo in quello stato, che voleva venire ancora, e ancora, e—gli arrivò uno schiaffo dritto in faccia.
L'espressione severa del signor Graves e il tono canzonatorio in cui gli disse che avrebbe dovuto vergognarsi di starsi comportando come una "puttana insoddisfatta", fece scoppiare Credence in uno dei pianti più angoscianti della sua vita.
Il signor Graves, sebbene un occhio esterno poteva forse non accorgersene – Credence reputava di essere bravo a leggere le emozioni delle persone –, inizialmente gli era sembrato scocciato dall'interruzione improvvisa, ma aveva comunque mantenuto la sua consueta calma glaciale e lo aveva abbracciato, stringendolo a sé.
Si era appoggiato con la schiena alla testiera in legno massello del letto e lo aveva trascinato con sorprendente facilità da un lato all'altro, nonostante Credence si fosse irrigidito come il marmo, nelle sue braccia.
Gli aveva accarezzato i capelli con movimenti quasi ritualistici e lo aveva riempito di scuse e complimenti nell'orecchio più vicino alle sue labbra. Lo aveva rassicurato dicendogli che era tutto fuorché una "puttana insoddisfatta", che in realtà si era comportato bene tutto il tempo e che se il suo corpo aveva risposto così bene agli stimoli ricevuti era perché Credence era bravo a donarsi completamente a lui.
"Perché Credence è speciale", gli aveva ripetuto il signor Graves durante quella crisi.
Le loro pelli sudate conservavano sulla superficie l'odore naturale di entrambi e delle carezze liquide che avevano condiviso.
Gli aveva promesso di farlo venire tutte le volte che avrebbe voluto, ovunque si fossero trovati. Bastava solo che glielo facesse capire: con un gesto, un messaggio, un bracciale...
Il signor Graves gli aveva inoltre chiesto se gli sarebbe piaciuto indossare un plug anale vibrante, con un cuore rosa alla fine: durante il giorno, ogni volta che pensava a quanto avrebbe voluto lubrificarsi il cazzo con la saliva di quelle sue "bellissime labbra", o prenderlo da dietro in una delle aule vuote, lo avrebbe attivato e si sarebbe assicurato di prepararlo il giusto per quando si sarebbero finalmente rivisti. Così facendo, Credence sarebbe stato subito pronto ad accogliere il suo cazzo, "sempre pronto per lui" gli aveva detto, o tutti i dildi o plug che sarebbe riuscito a infilargli in quel "magnifico culo" che si ritrovava.
Lo avrebbe fatto venire fino a quando Credence non lo avesse supplicato di smettere.
Dopo il panico iniziale, le parole—che si rivelarono promesse, del signor Graves erano bastate a farlo calmare.
Con un po' di imbarazzo, si accorse che era anche venuto. Il signor Graves gli disse di non preoccuparsi, che era solo la dimostrazione di quanto Credence fosse bravo a rispondere agli input che lui gli somministrava e non c'era nulla di imbarazzante in merito, anzi, doveva essere fiero di saper soddisfare le aspettative di Graves.
Seguirono baci e carezze, finché Credence non si addormentò con la schiena schiacciata al petto villoso del signor Graves e il famoso plug, con un cuore rosa alla base, dentro di lui. Come promesso.
Mentre gli accarezzava con la punta delle dita la pelle chiara e depilata esposta alla luce notturna, filtrata dalle finestre, il signor Graves gli aveva raccontato che aveva comprato il plug qualche giorno dopo che le avance di Credence si erano fatte più esplicite, palesi. Non aveva visto l'ora di poterlo finalmente usare, e tante altre volte ancora, finché il buco di Credence non si fosse abituato e avrebbe necessitato di una misura più grande.
Erano passati mesi da allora e, oltre alla sua media in fisica, anche la sua voglia di vivere sembrava, in parte, essersi stabilizzata. A saperlo prima, si sarebbe fatto scopare dal signor Graves già dal primo anno di superiori, quando Graves, nel bar interno all'Istituto rimasto vuoto, gli aveva fatto i complimenti riguardo le sue "labbra carnose" e gli aveva chiesto se fossero anche morbide come sembravano.
Al tempo lo aveva stranito che un professore si rivolgesse a lui con una tale confidenza, ma aveva avuto troppa paura di non essere creduto, o preso in giro, per andarlo a raccontare a qualcuno. Senza contare che il signor Graves godeva di un'ottima reputazione all'interno dell'Istituto, avrebbe potuto semplicemente negarlo, e chiunque avrebbe creduto a lui piuttosto che a Credence.
Sua madre probabilmente lo avrebbe creduto, ma, allo stesso tempo, incolpato: per aver dato l'impressione sbagliata di sé.
Gli diceva sempre che, fin da piccolo, sorrideva agli uomini adulti come una "sgualdrina in cerca di attenzioni", che se fosse stato una ragazza, o molto più minuto di quello che era, qualcuno lo avrebbe stuprato. E, secondo lei, Credence se lo sarebbe meritato, visto che non sapeva "rimanere al suo posto" e si mostrava troppo spesso amichevole.
Credence pensava che sorridere alle persone o mostrarsi partecipe mentre gli parlavano fosse semplice educazione, ma, dopo quel discorso da parte di sua madre, aveva smesso di sorridere e di guardare le persone negli occhi, mostrandosi invece disinteressato. Gli dispiaceva dare l'impressione che non gli importasse interagire con la gente, ma se l'alternativa era gettare ulteriore vergogna sulla sua famiglia e deludere sua madre, doveva stringere i denti e accettare che la sua stessa esistenza, evidentemente, si era trattata di un errore.
Oramai sorrideva solo in presenza del signor Graves, perché a lui piaceva vederlo sorridere mentre possedeva il suo corpo, e questo di conseguenza assicurava a Credence un media ottima in fisica e sempre una buona parola durante le riunioni con gli altri professori.
Prima di dirigersi verso il bagno e farsi una doccia per ripulirsi dal sudore e la roba appiccicosa che sentiva in mezzo alle gambe e in faccia, sentì un braccio pesante e ruvido circondargli l'addome glabro.
Dopo i loro primi incontri, il signor Graves gli aveva detto che avrebbe preferito se si fosse depilato l'intero corpo, e Credence lo aveva fatto immediatamente. Era doloroso, ma ogni settimana si recava dall'estetista che Graves gli aveva raccomandato e eseguiva la volontà del signor Graves. Tutto pur di compiacerlo.
In inverno quasi nessuno lo notava, mentre in estate riceveva parecchie prese in giro: lo chiamavano "frocio", "patatina" e altri appellativi simili, ma fortunatamente sua madre non aveva fatto nessun commento.
Finché non le chiedeva dei soldi, andava bene a scuola, si occupava delle sue sorelle e non creava imbarazzo di natura medica o di immagine alla famiglia, non sembrava importarle granché. Solo una volta gli aveva detto che se si fosse messo in testa di indossare vestiti "da femmina"—qualsiasi cosa "da femmina" significasse, si era chiesto mentalmente Credence, lo avrebbe mandato in terapia di conversione; sua madre la chiamava "riparatrice". Credence aveva semplicemente annuito e le aveva assicurato che non avrebbe mai recato una simile "vergogna" alla famiglia, di non preoccuparsi.
Se solo avesse saputo che c'era qualcuno, il signor Graves, che spesso e volentieri, durante i loro incontri segreti, lo faceva vestire con completi intimi in pizzo e legava i suoi capelli scuri, lunghi fino alle spalle, lasciati crescere sotto richiesta di Graves, in due codini con dei fiocchi rosa o bianchi come decorazione, probabilmente le sarebbe venuto un mancamento.
Quello che non sa, non può farle del male, pensò Credence.
«È presto per andare a lezione, Credence» disse il signor Graves, la sua voce avvolgente di prima mattina diventava quasi un mormorio. Generava in Credence una risposta a livello fisico e il suo corpo diventava di gelatina, in attesa di essere messo nella posizione in cui il signor Graves meglio lo preferiva in quel momento.
«Volevo solo farmi una doccia, signor Graves, se mi dà il suo permesso» pronunciò Credence nel tono più delicato e leggero che potesse ricreare con la sua voce.
Il signor Graves aveva detto che benché la voce roca e bassa di Credence lo eccitasse quando si trovavano davanti ad altri, al contrario, quando erano solo loro due, gli sarebbe piaciuto sentire Credence parlare in un modo che solo lui avrebbe sentito e da cui poter godere. Diceva che era un modo come un altro per rendere la loro relazione ancora più speciale: "Sei d'accordo, Credence, vero?" gli aveva chiesto. Ovviamente Credence non aveva potuto far altro che assecondarlo e rispondere che sì, anche a lui faceva piacere riservare determinate pratiche solo tra di loro.
La verità era che parlare tanto tempo con una voce così diversa dalla sua, gli procurava non pochi fastidi alla gola, a un certo punto gli aveva fatto temere che l'avrebbe persa. Ma tutto pur di accontentare il signor Graves.
Mancava poco tempo al diploma, poi non avrebbe più dovuto portare avanti quella farsa.
O almeno, sperava di riuscire a liberarsi della presenza del signor Graves, e senza ripercussioni sulla sua vita privata e accademica.
Graves gli accarezzò distrattamente una coscia scoperta.
Credence si girò con il busto per guardarlo e notò che teneva ancora gli occhi chiusi. Ieri sera Credence aveva fatto più capricci del solito, ma il signor Graves aveva capito che in quei casi era meglio assecondare l'emotività di Credence il più possibile, sempre se voleva farsi una bella scopata, altrimenti sarebbe scoppiato a piangere e sarebbe servita quasi tutta la serata per calmarlo.
Credence poteva ammettere a sé stesso che qualche volta aveva finto di stare male e avere delle crisi solo per poter piangere liberamente, sfogarsi, e avere accanto qualcuno che lo accudisse in quei momenti di debolezza.
Quando era piccolo nessuno aveva mai assolto a quel compito, ma il signor Graves, invece, non si era mai tirato indietro durante quegli episodi e si era sempre dimostrato paziente e ancora più affettuoso del solito.
C'erano stati dei momenti in cui Credence si era sentito in colpa per stargli mentendo ma poi ricordava tutto quello a cui il signor Graves lo sottoponeva per appagare le sue fantasie sessuali: cambiare parti del suo aspetto fisico, modo di parlare, vestirsi in abiti troppo piccoli e corti per lui, senza contare il dover mangiare solo dalle mani di Graves, o essere comunque imboccato da lui, e bere succhi di frutta usando una cannuccia mantenuta dalle dita del signor Graves... e sicuramente stava dimenticando qualcos'altro. Secondo Credence potevano dirsi pari.
Il signor Graves aveva detto che gli piaceva quando Credence si mostrava impaziente o faceva i capricci, ma era un peccato che non potesse insultarlo durante quelle scene. Credence gli aveva detto che era disposto a provare nuovamente quel sistema e vedere se questa volta, rispetto alla prima, il corpo di Credence rispondeva in modo diverso agli insulti.
Nessuno dei due si era illuso che potesse funzionare davvero, il ricordo di un Credence che a mala pena riusciva a respirare ancora fresco nella mente di entrambi, nonostante fossero passati mesi. Quando il pene di Credence si era afflosciato e il suo corpo si era irrigidito, in seguito al secondo tentativo del signor Graves di rendere la situazione più "interessante", più che altro per se stesso—pensò Credence, con l'utilizzo di termini dispregiativi, non ne erano stati davvero sorpresi.
Credence tentò di trattenere il pianto, ma il suo corpo cominciò a essere scosso da tremori e a piangere, dapprima silenziosamente, in seguito, quando Graves lo afferrò per la nuca con una delle sue grandi mani, i suoi lamenti acquisirono volume e si rifugiò sul petto nudo e abbronzato del signor Graves, in contrasto con la carnagione chiara di Credence. Ancora una volta, Graves riuscì a calmarlo. Si scusò per avergli chiesto uno sforzo simile e gli promise che non glie avrebbe mai più chiesto nulla del genere.
Credence gli chiese se questo significasse che era diventato inutile e che si sarebbe mobilitato per cercare qualcun altro da scopare e viziare.
Il signor Graves si esibì nel suo solito sorriso intenerito, che riusciva a tranquillizzare o rimettere al suo posto Credence, dipendeva dalle circostanze. Lo sguardo cupo gli si addolciva e le rughe intorno agli occhi gli conferivano un'aria saggia e rassicurante. Gli baciava le labbra, martoriate durante il giorno dall'ansia, in maniera casta e gli assicurava che non esisteva al mondo una persona che potesse sostituire Credence.
Non avrebbe permesso a niente e nessuno di farli allontanare, diceva Graves. Giurava che solo nella morte gli avrebbe concesso di separarsi da lui.
Credence ebbe un brivido di freddo a quelle parole, ma il signor Graves doveva aver pensato che si fosse eccitato, perché gli mise una mano nell'interno coscia liscio e gli massaggiò il pene a riposo, riuscendo in effetti a farlo rivitalizzare nuovamente. Se per effetto della paura o genuino piacere fisico, Credence non voleva rifletterci a lungo.
«D'ora in avanti niente più insulti da parte mia, Credence, hai la mia parola» disse Graves mentre lo posizionava con le braccia dietro la schiena e gli legava i polsi con una corda in seta rosa. C'era il rischio che sanguinasse leggermente lì dove la corda grattava maggiormente, ma Credence se lo faceva andare bene: aveva subito di peggio.
«Solo guardarti basterebbe a farmelo venire duro, amore» aggiunse in tono seducente Graves, penetrandolo lentamente.
E puntualmente Credence arrossiva e nascondeva il volto nelle lenzuola. In fondo, doveva ammettere, essere desiderato era quello che voleva da tutta una vita.
«Cos'è questa cosa fredda che sento vicino allo stomaco...» chiese a nessuno in particolare Graves, togliendo il braccio dalla vita di Credence e andando a tentoni vicino al suo di bacino peloso.
Afferrò l'oggetto incriminato in mano e Credence si mortificò, notando solo in quel momento che il dildo anale si era sfilato durante la notte dal suo buco.
Si morse le labbra, timoroso che il signor Graves lo rimproverasse per una tale mancanza e gli occhi saettarono nella sua direzione. Graves gli diceva continuamente che il culo di Credence doveva essere pieno per tutto il tempo possibile. Non accettava che se ne liberasse senza il suo benestare: prima di rimuoverlo doveva chiedere il suo permesso.
Contrariamente a quello che si aspettava, Graves si mise a ridere. Così tanto che dovette girarsi con la schiena sul letto e mettersi una mano sullo sterno per sfogare al meglio la sua ilarità.
Quello era uno dei rari casi in cui Credence aveva paura di sbagliare a leggere le emozioni altrui: il signor Graves era davvero divertito o era incredulo che Credence gli avesse, secondo lui, disubbidito?
In fondo, per quanto ne sapesse Graves, Credence non gli aveva mai disubbidito...
«Ti sei già abituato anche a questa misura?» gli chiese il signor Graves. Si mise una mano in faccia, coprendosi metà volto, poi si passò una mano nei capelli stranamente composti e gli sorrise.
Credence non rispose perché capì che quella di Graves non era una vera domanda, ma più che altro era una constatazione.
«Ti ho mai detto quanto il tuo cazzo di culo sia magico, Credence?» lo agguantò di peso e se lo portò sotto di lui, cominciando a baciare la sua pelle pallida ovunque e a morderlo e baciarlo intorno al collo.
Credence ansimava, avvolse le cosce muscolose intorno alla vita altrettanto larga e delineata di Graves e fece toccare le loro erezioni mattutine tra di loro. Gli abbracciò anche il collo, per non separarsi da lui, e infilò le dita affusolate nelle ciocche nere con sprazzi di grigio del signor Graves.
Le loro carnagioni erano in contrasto: Credence era bianco come la neve, mentre Graves era più abbronzato, risultato delle sue vacanze estive in Grecia. Quando si univano, Credence con i suoi completi in pizzo chiaro, i capelli neri raccolti in trecce o acconciature ordinate, e Graves con le sue camicie nere sbottonate e i pantaloni, altrettanto neri, abbassati quanto bastava per fottere Credence come fosse solo un buco da riempire – Graves non glielo aveva mai detto, ma Credence era così che si sentiva il più delle volte quando facevano sesso –, sembravano un'opera d'arte mal assortita; almeno, agli occhi di Credence era così.
Quando finirono, il signor Graves lo tenne fermo sul letto per i polsi, accanto alla sua chioma corvina, ormai selvaggia, e mentre entrambi ansimavano gli ficcò la lingua in gola, fino a lasciarlo senza fiato e con la saliva che colava sul mento.
Credence dovette mordergli il labbro inferiore per farsi lasciare e ritornare a respirare. Alcune gocce di sangue gli finirono in bocca.
«Buongiorno, Credence» disse il signor Graves, sorridendogli con i denti sporchi di sangue e accarezzandogli una guancia accaldata.
Credence dovette riprendere fiato prima di riuscire a spiccicare qualche parola: «Buongiorno, signor Graves.» Stava per portarsi il dorso della mano libera vicino alle labbra e pulirle dal sangue e saliva, ma il modo in cui Graves lo guardò interruppe la sua azione. Temeva che pulirsi davanti a lui potesse trasmettere un messaggio sbagliato, quindi optò per il passarsi la lingua sulla bocca.
Sembrò funzionare, perché Graves gli sorrise e gli prese il mento tra l'indice e il pollice.
«Vai pure a farti quella doccia, io in tanto cerco un dildo più grande da infilarti dentro» gli disse Graves afferrandogli una natica e abbassandosi a mordergliela, come per gioco, il tutto mentre Credence rideva e cercava di alzarsi per eseguire il programma che il signor Graves aveva già stabilito per lui.
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