Capitolo 61
Risposi al bacio lasciando che lui capisse quanto non aspettassi altro, permettendo al suo corpo di unirsi al mio ed emanare quel calore che bruciava persino dentro la pelle. I respiri erano un affanno, un ringhio, un ansimare che accarezzava i miei timpani fino a volerne sentire sempre di più, sempre più acuti e vivaci; le mie labbra erano diventate il suo punto di piacere da mordere e succhiare fino a farmi male e perdere sensibilità per il dolore; la sua nuca era il punto di appoggio per le mie unghie e la voglia di stringergli i capelli nel mio palmo e sentire ogni ciocca accarezzarmi le dita.
Attaccata a lui come se avessi paura di poter perdere l'equilibrio da un momento all'altro, continuavo ad assaporare le sue labbra e la sua lingua nello stesso modo feroce e voglioso con cui lui assaggiava me per poi lasciare che la sua bocca ormai arrossita ed umida, cominciasse a scendere verso il mio collo. Accolsi ogni suo bacio, ogni suo morso, perfino la sua lingua delicata che tracciava una linea decisa e fredda dalla clavicola fino al mio orecchio per poi riscendere e soffermarsi al mio pomo. Lasciai che ogni mio brivido si trasformasse in piacere, che uscisse libero e senza freni dalla mia bocca mantenendo il contatto con il suo corpo attaccato al mio e spingendolo su di me quando tendeva ad allontanarsi. Le mie unghie, che dapprima stringevano la sua nuca, ora graffiavano libere la sua schiena tesa e liscia e la sua bocca, che giocava all'esploratore sul mio collo, ora era di nuovo sulle mie labbra.
Le sue mani sul mio viso adesso scivolavano ripide fra i miei capelli, sulla mia schiena per fermarsi al nodo stretto dell'asciugamano che copriva le mie curve nude. Non sembrava affatto avesse intenzione di levarlo via, almeno non per adesso, e quasi desideravo che lo facesse.
Ma ogni mio desiderio, ogni mia immaginazione, ogni mio peccato lussurioso avuto negli ultimi secondi svanì quando le sue labbra si staccarono repentine dalle mie, lasciandomi addosso la sgradevole voglia di volerne ancora; il suo sguardo indecifrabile si posò sul mio, le sue mani smisero di toccarmi lasciando che piccoli brividi continuassero a solleticarmi e dalla sua bocca uscì una specie di sospiro irritato, infastidito.
"Che succede? Perché ti sei fermato?" al contrario suo, avevo ancora dentro una forte eccitazione che non potevo nascondere neppur volendo.
"Ho sbagliato, Emily", ringhiò mettendosi dritto davanti a me e portandosi all'indietro i capelli che gli avevo scompigliato.
"Non capisco", corrugai la fronte.
"Ma che sta dicendo?"
"Io non posso toccarti, ricordi? Avevo giurato a me stesso che non ti avrei mai più toccata nemmeno con un dito", sospirò sentendosi colpevole di ogni suo gesto.
Mi guardò un'ultima volta per poi voltarmi le spalle ed avviarsi all'interno il bagno, questa volta fui io ad afferrarlo per un polso e fermarlo. Sarebbe scappato ancora, avrebbe evitato per l'ennesima volta di essere sincero con me ed io ne avevo abbastanza, non ne potevo più.
Fu difficile per me immobilizzare un uomo come lui, ma per lo meno non oppose alcuna resistenza e si fermò non appena feci pressione sul suo braccio.
"Tu... tu non puoi fare sempre così con me", la mia voce era ancora affannata ma cercai di assumere un tono deciso e forte.
Russel si voltò verso di me, molto lentamente:"Sì che posso", rispose serio.
"No, non puoi", il mio tono che prima era un sussurro mozzato e ansimante, ora divenne un grido forte e pungente con in fondo un tremolio segnato dalla forte voglia di piangere:"Io non sono un giocattolo Russel, non puoi fare di me tutto ciò che ti passa per la testa e poi ammonirmi in questo modo", strinsi i pugni e i denti per trattenermi dal non piangere:"O non mi tocchi più sul serio o lo fai senza avere ripensamenti".
Non parlava, non diceva alcuna parola e questo mi logorava ancor di più. Cercai di mandar giù il nodo che avevo in gola voltandogli le spalle e andando via dalla sua stessa area visiva.
"Emily, aspetta".
Mi girai di poco, il giusto che servì per guardarlo con la coda dell'occhio:"No, non aspetto più".
Feci per riprendere il passo ma lui poggiò una mano sulla mia spalla e mi girò verso di sé costringendomi a guardarlo.
"Se andiamo avanti così potrei solo farti del male, lo sai vero?"
"Mi fa più male tutto questo", gli feci notare con aria stizzita.
"Tu non capisci", ringhiò stringendo le sue mani sulle mie braccia.
"Fammi capire, allora", questa volta ringhiai anche io.
Ero stanca, stanca davvero di sentirmi piccola dinanzi a lui. Ora, più che mai, mi doveva delle vere spiegazioni.
"Non posso essere ciò di cui hai bisogno", disse d'un fiato.
"E tu che ne sai di cosa ho bisogno io?"
Mi lasciò libere le braccia per poi accarezzarmi nuovamente la guancia con il dorso della sua mano:"Lo leggo dai tuoi occhi, Emily. Vorresti di più da me, ma non posso dartelo".
Scansai il viso dalla parte opposta per non farmi toccare ancora, sbruffai:"Adesso sai anche leggermi negli occhi?"
"Vuoi qualcuno che ti dia affetto", alzò di poco la voce per sovrastare la mia, senza necessariamente urlare:"Qualcuno che ti stia accanto e che ti ami come meriti di essere amata". "Forse mi sbagliavo, è davvero capace di leggere nei miei occhi". "La felicità è un sentimento che io non so dare, è per questo che potrei solo farti del male. Ti prego di capire e di non insistere".
Deglutii cercando anche la forza per indietreggiare:"Allora perché cerchi sempre un contatto con me?"
Mi guardò:"Perché ne ho bisogno".
"Ne hai bisogno?" corrugai la fronte incapace di comprendere.
Si avvicinò di un passo, lo stesso che avevo fatto io per indietreggiare.
"Ancora non lo capisci?"
"Capire cosa?"
"Ti trovo dannatamente attraente Emily, anche se prima non mi sarei mai sognato di pensarlo". continuò ad avanzare verso di me, io indietreggiai andando a finire con la schiena contro la ringhiera:"Portarti a letto non farebbe altro che rendermi un uomo egoista e schifoso". "Perché dice queste cose?" "E per quanto io desiderassi il tuo corpo, non posso fare questo, non a te".
Deglutii:"Quindi tu mi stai dicendo che... è più importante mantenere pulita la tua reputazione anziché provare a capire ciò che senti?" "No, non voglio credere a ciò che ho appena sentito. Non voglio".
Ma da Russel non ottenni alcuna risposta, solo uno sguardo freddo ed indecifrabile che non riuscii a sostenere più:"Va bene, ho capito. Grazie per la sincerità", abbassai il capo e mi allontanai.
Questa volta Russel non mi fermò.
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