Capitolo 5
Erano trascorse due ore da quello scambio di email con il direttore Russel ma le sue parole alla TV e il suo sguardo intenso e ansiogeno, continuavano a rimanere ossessivamente nella mia testa. Non pensavo che il mio incontro con lui avrebbe dato al mio inconscio tanta ansia ed imbarazzo. Eppure sapere che tra meno di tre ore si sarebbe presentato sotto casa mia, mi riempiva di agitazione e adrenalina allo stesso tempo. Chiusa in bagno ad attendere che l'acqua si riscaldasse, mi fissai allo specchio immaginando una conversazione plausibile da avere questa sera con lui. Di certo dovevo essere preparata ad ogni cosa se volevo fare la figura della donna che non vuole assolutamente pubblicità. Ma è così difficile cercare di mantenere il controllo dinanzi due occhi che ti scrutano come fossero dei raggi X.
Mentre continuavo a fissarmi, Cristina mi fece sussultare bussando alla porta del bagno.
"Em, sei sotto la doccia?"
"Non ancora".
"Posso entrare?" abbassai il getto dell'acqua, girai la chiave della porta e lasciai entrare Cristina.
"Stai uscendo?" le domandai vedendola sistemarsi i capelli.
"Sono stata chiamata in ambulatorio, un gattino si è ferito ad una zampa", si fermò dopo aver spazzolato i suoi lunghi capelli neri:"Tutto okay?" mi guardò.
"S-si, perché?" balbettai.
"Ti vedo un po' sovrappensiero e..." guardò alle mie spalle:"Se continui a tenere l'acqua calda accesa, questo bagno diventerà una sauna".
"Stavo solo pensando a cosa dire questa sera", mi guardai i piedi come se incrociare lo sguardo di Cristina mi spaventasse.
La sentì sospirare:"Sii te stessa e vedrai che andrà tutto bene. Ora vado, mi raccomando", sorrise e mi ritrovai a sorriderle anche io.
Quando Cristina chiuse la porta del bagno io entrai in doccia, appena l'acqua scivolò sulla mia pelle mi sentii subito rigenerare. Lasciai che essa mi bagnasse anche i capelli, il viso, gli occhi, le vie respiratorie ed uditive. Volevo immergermi completamente e abbandonarmi alla piacevole sensazione dell'avere la mente libera. Una volta uscita dalla doccia, asciugato i capelli e dato una sistemata al bagno, andai in camera mia con l'intenzione di riposare prima di uscire. Quando lo feci però, il suono di una mail mi fece sobbalzare.
"E' lui", penso fra me e me.
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Da: Russel McRoverguy
A: Emily Castle
Data: 17 Gennaio 2016, ore 17:40
Oggetto: Piccola domanda.
Non vorrei disturbare ma avrei una domanda da farle. Le spiace se anticipiamo la serata?
Anziché le 20:00, passo a prenderla alle 19:30.
Russel McRoverguy
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Cosa dovrei dire adesso? Certo, non avevo problemi se l'ora dell'appuntamento cambiava di mezz'ora ma mi sentivo come se quegli attimi di tranquillità mi fossero stati rubati ad uno ad uno.
Sospirai, deglutio, mi sedetti davanti il PC e risposi.
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Da: Emily Castle
A: Russel McRoverguy
Data: 17 Gennaio 2016, ore 17:46
Oggetti: Nessun problema.
Alcun disturbo, direttore.
Può passare all'ora che meglio preferisce, non ci sono problemi.
Emily Castle
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Inviai.
Adesso avevo un'ora per prepararmi, ed era proprio qui che sorgeva il gran problema e la mia grande perdita di tempo: trovare qualcosa da mettere.
Cominciai a sistemare i capelli decidendo di spazzolarli nuovamente e lasciarli sciolti, poi pensai al trucco. Qualcosa di naturale, sobrio, delicato, nulla di esagerato o finto: mascara, matita nera dentro gli occhi, rossetto rosa e un po' di terra sulle guance. Riposi tutto sulla scrivania e mi avvicinai all'armadio, iniziai a guardare ogni singolo capo appeso alle grucce. In quel momento mi sembravano tutti inadatti all'occasione.
Pensai però che era una cena lavorativa, non potevo presentarmi con jeans e maglietta, anche perché ero sicura che lui si sarebbe vestito elegante come ieri pomeriggio. Così presi uno dei miei vestitini preferiti: lungo, color carne, maniche dalla punta larga e con qualche ricamo in pizzo sul collo. Vederlo di nuovo addosso mi fece sorridere, erano anni che non lo indossavo più e quasi temevo non mi andasse. Risistemai i capelli e misi due pendenti d'argento alle orecchie, un bracciale semplice al polso, un po' di profumo e le décolleté nere. Mentre mi avviai in cucina, il citofono suonò. Guardai l'orologio appeso al muro, mancavano dieci minuti all'ora stabilita.
"Chi è?" dissi al citofono.
"Russel McRoverguy".
Sentire il suo nome fece sì che il mio cuore riprendesse a battere in una velocità incostante.
"Scendo subito", deglutii cercando di non balbettare.
Poggiai la cornetta e feci qualche respiro. Guardai di nuovo il vestito poi uscii di casa con uno strano nodo in gola. Quando misi piede fuori e il mio sguardo incrociò il suo indecifrabile e scrutatore, ecco che avvertii quel fastidioso senso di imbarazzo e timore nel dire qualcosa di sbagliato o avventato. Camminai verso di lui, mi porse la sua mano che afferrai con nonchalance, fece un mezzo sorriso e andammo verso la sua macchina.
Mi aprii la portiera a lato passeggero:"Prego", mi invitò continuando a tenermi la mano.
Istintivamente feci un breve cenno con il capo ed entrai in macchina, egli passò davanti ed entrò al lato guida. Mise in moto e prima di partire mi guardò:"Vorrei allacciassi la cintura di sicurezza".
"Oh, si certo".
I miei tentativi di restare calma e non balbettare andarono subito in frantumi, afferrai la cintura e la allacciai all'apposito gancio. Solo ora lasciammo il parcheggio per immetterci in strada.
Era piacevole ascoltare la radio a questo volume, non era né troppo alto e né troppo basso. Dava la giusta compagnia in un momento come questo. Finito il primo pezzo, subito dopo né seguì un altro: Rihanna - Stupid Love.
Senza rendermene conto cominciai a canticchiarla ad alta voce interrompendomi quando notai Russel alzare di poco il volume.
"Perché hai smesso di cantare?" gli occhi fissi sulla strada.
"Pensavo di star dando fastidio", farfugliai.
"Affatto, hai una bella voce. Hai studiato canto?"
"No, ma sin da bambina mi piaceva fingere di essere una cantante", sorrisi a quel ricordo.
"Sorprendente", sussurrò ma non feci domande sulla sua esclamazione.
Lasciai che la canzone riempisse l'abitacolo dell'auto in movimento, il nostro silenzio era il mio imbarazzo.
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