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Capitolo 13

Ancora non potevo credere che per tre mesi avrei dovuto vivere a casa di Russel, quando ritornai a pensarci mi prese uno strano vuoto allo stomaco che non riuscivo a riempire in alcun modo. Il pensiero di vivere sotto il suo stesso tetto mi allettava tanto quanto preoccupava; dalle poche cose che avevo visto di lui, potevo affermare che fosse un uomo pieno di rigide regole e issata severità. Insomma, il classico tipo di persona senza scrupoli né preoccupazioni esterne al suo lavoro.
Eppure mi domandavo come potesse un uomo così giovane comportarsi come se tutto gli fosse indifferente. Parlavo proprio io poi, che per paura di amare troppo ero scappata via senza pensarci, senza dare notizie di me a nessuno neppure alla persona da cui stavo scappando e che ora avevo ritrovato.
"E' lui che ha trovato te".
Sì, lui aveva trovato me e non reputavo ciò una fortuna per la mia vita. Non che Robert non avesse dato sapore a quello che era un piatto insipido come la mia esistenza, ma troppo condimento faceva male e si rischiava di rovinare il tuo pasto.
Avevo passato giorni, settimane, mesi per lavare via ogni mia insicurezza, ogni mia paura in tema sentimentale, non avrei sopportato di ricominciare adesso, almeno non con la stessa persona. E poi pensai a stamattina, alle strane emozioni provate una volta avuto il viso di Russel a pochi centimetri dal mio. Quel trambusto nella mia mente che mi ordinava cose strane ed incomprensibili a cui avevo prestato, con mia fortuna, poco ascolto. Ma sarebbe stato da matti pensarci adesso che nemmeno lo conoscevo, poteva rivelarsi essere la persona che più odiavo al mondo e di conseguenza, sopportare poco la convivenza breve che mi spettava per il mio nuovo libro; ma dall'altra parte, ero preoccupata all'idea che viverci insieme poteva farmi conoscere cose di lui che avrei solo apprezzato e accettato nonostante tutto.
Ed era solo in quel momento che capii quanto rischioso potesse essere tutto quello che volevo fare per avere il libro dei miei sogni.

Erano le 16:30 quando decisi che forse era ora di preparare le valigie. Non avevo intenzione di portare tutto il mio guardaroba, ero convinta che Russel si fosse già occupato del farmi avere degli abiti più adatti al suo tipo di mansioni lavorative e non. In ogni caso, non esclusi la sicurezza del portarmi dietro un paio di jeans, magliette, camicie e due dei miei vestiti preferiti.
La cosa fondamentale da trasferire con me era il mio indispensabile portatile. Non sarei riuscita a scrivere su un PC che non era il mio.
Mentre continuavo a sistemare la roba, in modo confuso e a passo felpato entrò Cristina nella mia stanza.
"Che stai facendo?"
Mi fermai dal fare ogni cosa, era giusto informarla del trasferimento anche se ero sicura sarebbe rimasta più che contenta della notizia e che avrebbe cominciato a pensare male come al suo solito.
"Prima di trarre conclusioni affrettate, ti anticipo che è solo per lavoro", inspirai profondamente, Cristina si avvicinò ancora di più:"Dovrò andare a vivere con Russel fino al termine del mio libro".
"Ti prego, fa che non dica nulla di quel che penso".
"Aspetta un secondo, Em", sbatté le palpebre velocemente e più volte:"Puoi ripetere?"
"Cris, dai", gettai la testa all'indietro sbuffando un po':"Russel ha detto che dovrò vivere con lui se voglio scrivere al meglio il mio libro".
"Spero adesso abbia capito, non sono sicura di volerlo ripetere una terza volta".
"Quindi tu mi stai dicendo che lasci questa casa?"
Il fatto che sperassi la prendesse bene, svanì all'istante quando il suo sguardo si incupì.
"Sarà solo per tre mesi", deglutii cercando di tranquillizzarla, ma lei non rispose più né mi guardò. Fissava un punto vuoto sul pavimento, come se si fosse spenta improvvisamente:"Cris, dì qualcosa".
Ad un tratto quel silenzio diventò una risata per nulla trattenuta, il suo sguardo dapprima perso era ora su di me ed il suo corpo che sembrava spento si avvolse al mio come se fossi una liana e lei Tarzan:"Complimenti piccola Em, vai e conquista l'uomo dal fascino misterioso".
Mi scostai subito da lei che cominciò a saltellare e battere le mani come al suo solito.
"Cris, Cris, Cris... fermati", le poggiai le mani sulle spalle per farla fermare:"Tre mesi, okay? E' solo per lavoro".
"Odio conoscerla così tanto".
"Tre mesi, ho capito. Voglio solo che tu sappia di non sottovalutare il tempo che hai a disposizione".
"Ed ora, perché è così saggia e seria?"
"Che cosa vuoi dire?" corrugai la fronte.
"Non c'è un tempo definito per innamorarsi di qualcuno e non sarà di certo l'imporre a sé stessi che è solo un lavoro, che eviterai di scontrarti con l'amore".
"Ma non è necessario farlo, se è per questo", controbattei.
"E' vero, ma io non sottovaluterei niente", concluse prima che il citofono suonasse, entrambe ci guardammo:"Qualcuno ti aspetta".
Andai verso il citofono e prima di rispondere feci un bel respiro:"Chi è?"
"Russel".
Il modo in cui pronunciava il suo nome faceva vibrare il mio cuore come le corde di una chitarra.
"Si, arrivo".
Tornai in camera chiudendo le valigie, Cristina era seduta sul letto che osservava ogni mio singolo movimento con una velata nostalgia. Non potevo lasciarla così, anche se forse ero io ad essere nostalgica all'idea di lasciarla sola e quindi vedevo il lei ciò che ero io adesso, ma l'istinto mi spinse ad accarezzarle i capelli e a sorriderle anche se non aveva smesso di guardarmi.
"Ti verrò a trovare tutte le volte che potrò".
"O che Russel ti lascia libera".
"Mi raccomando, scrivi un buon libro", si alzò dandomi un rapido e leggero abbraccio, annuii alla sua richiesta poi andai verso la porta e lasciai la casa.
Scesi le rampe con passo pesante, come se mi fossi riempita di piombo e non riuscissi a muovermi come avrei voluto; quando arrivai all'aria aperta umida di pioggia e fredda d'inverno, guardai il cielo come se cercassi qualcosa che non c'era .
Mi diressi verso la macchina di Russel, lui poggiato allo sportello passeggero con le braccia conserte faceva davvero salire la voglia di toccarlo o anche solo guardarlo per ore intere.
"Sei pronta?"
Annuii e mi aprì lo sportello, mentre mi accomodai lui sistemò le mie valige nel porta bagagliaio.
Da quel momento sarebbe cominciata la mia nuova vita ma non volevo abituarmi, dopotutto sarebbero stati solo tre mesi.

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