Apathīa
Nota: Data la lunghezza di questo racconto, ho deciso di dividerlo in più parti.
Vi pregherei di ascoltare la canzone qui sopra durante l'intera lettura, penso vi comunicherà molto più di quanto le mie parole non riescano a fare.
Grazie per essere qui, e buona lettura!
***
Un mattino come un altro inizia.
Apro gli occhi all'insopportabile, ridondante "SDENG! SDENG! SDENG!"della sveglia. La spengo con una cuscinata – come sempre – e mi avvio in bagno con le orecchie ancora martellate dal consueto baccano mattutino. - come sempre.
Quante volte mi sono ripromesso di cambiare suoneria? Troppe per contarle, ma ormai ho smesso di farci caso. E' una delle poche cose ancora vagamente sopportabili, nella mia apatica vita.
Apatia: sostantivo femminile; Incapacità prolungata o abituale di partecipazione o di interesse, sul piano affettivo o anche intellettivo.
Siamo indubbiamente bravi nelle descrizioni colme di parole altisonanti. Ma il vuoto roboante, il gelo acuminato, il maelstrom di urla e dolore in cui sprofondi ogni secondo – ciò che davvero significa apatia, nessun dizionario potrà insegnartelo. E' maestra di se stessa, e solamente dai suoi gesti imparerai a conoscerla. Ma attento: non chiamarla ad alta voce. Se davvero verrà da te, non potrai fare altro che pentirtene a vita.
A me è successo. Adesso posso solo incolpare me stesso, per il volto grigio e freddo che mi guarda dallo specchio.
Il caffè che bevo non ha nessun sapore, l'aroma che tanto amavo non esiste più, ed è colpa mia.
Non riesco più a guardare i colori, ed è colpa mia.
Non riesco più ad amare nessuno, ed è colpa mia.
Non guardo, non ascolto, non faccio, non parlo. Non sento, non provo. Ed è colpa mia.
Perchè diavolo ho aperto la porta a quell'essenza di Nulla?
Cammino per strada, tra manichini tutti uguali e ben vestiti.
Luce, sole. Palla gialla che non mi scalda più, faro irraggiungibile nel golfo in cui sono alla deriva.
Freddo, inverno. Stagione che un tempo odiavo, per l'aria di morte che porta con sè. Ora, tutto sommato, la trovo di compagnia. Nessuno sorride in inverno, perciò non è strano che non lo faccia io. Un segno in meno sulla mia maschera, almeno per ora.
Inverno, Natale. Festa che una volta adoravo, con le sue leccornie, la sua fede, i caldi colori nel tempo del bianco e la famiglia riunita intorno ad un fuoco d'amore.
Poi, è finita.
Siamo rimasti solo noi, io e la mia sorellina.
Lei ha combattuto, ne è uscita. Io ho lasciato entrare il mostro che ci aveva braccati, e l'ho pagata per entrambi. Sono rimasto indietro, non ce l'ho fatta. E lei si è gettata tutto alle spalle, mentre io sono morto per la prima volta. Adesso aspetto solo la seconda, perchè è proprio vero: ci sono molti modi di morire, e il peggiore è farlo rimanendo vivi*.
La mia sorellina.
Chissà che fine ha fatto.
Avrei dovuto cercarla, quando ha smesso di chiamarmi. Non sembrava intenzionata ad abbandonarmi, non lei, malgrado tutto. Senza dubbio, non la meritavo.
Forse è successo qualcosa a suo marito. Forse la figlia che aspettava non è mai nata.
Forse è malata.
Forse è morta.
Ha importanza?
L'unica risposta che riesco a dare non è quella giusta.
*citazione di Cheyenne, dall'assoluto capolavoro che è "This must be the Place" di Paolo Sorrentino.
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