9-Mi devi un favore
Quando rientro a casa sono le tre del pomeriggio, varco la soglia della porta d'ingresso e vedo mia madre impegnata in qualche sua telefonata di lavoro, non nota nemmeno la mia presenza.
Salgo le scale che portano al piano di sopra e mi rifugio in camera mia.
È vero, non ho mai avuto un posto da chiamare casa, ma forse un posto in cui sentirmi al sicuro, in cui rifugiarmi nelle giornate storte o quando mi sento un pesce fuor d'acqua dopotutto ce l'ho, la mia camera.
L'ho arredata io e ci sono ricordi che ho portato da Vicksburg come le foto di me e Naomi che avevamo scattato in un pomeriggio piovoso alla macchinetta del centro commerciale.
La mia preferita è quella dove lei ha la punta del naso sporco di gelato al pistacchio, io la indico ridendo e lei mi guarda spaesata non capendo il motivo di tanta ilarità.
Con dello scotch ho attaccato la foto ad una cordicella insieme alle altre, l'ho posizionata in orizzontale e ho appeso tutto sul muro sopra la scrivania.
Poi ci sono i colori, i pennelli, gli album di fogli bianchi e persino il cavalletto, tutto quello che mi serve per disegnare, tutto quello che mi serve per respirare.
Il taccuino invece, lo tengo sempre nello zaino di scuola e quando lo tiro fuori è per disegnare qualunque cosa mi venga in mente, di solito raffiguro paesaggi o cieli stellati ma il più delle volte, quei fogli bianchi, lascio che vengano imbrattati dai mostri che affollano la mia mente. A volte funziona, altre volte non basta.
Oggi però è una di quelle poche volte in cui su quei pezzi di carta c'è stato spazio per qualcosa di bello, il volto di Daren e i suoi occhi.
Prendo il pastello celeste e con estrema leggerezza inizio a riempire di colore le sue pupille, con l'indice sfumo il tratto rigido della matita e con la gomma cancello il colore che oltrepassa i bordi.
Il suo atteggiamento quando gli ho chiesto il motivo per cui mi ha salvata, mi ha ferita ma poi quando mi ha difesa da Noah è come se fosse tornato indietro, mi ha protetta di nuovo.
Eppure non riesco ad ignorare le sue parole graffianti, quella smorfia derisoria che fa capolino sul suo volto ogni volta che dal mio sguardo percepisce che ha di nuovo demolito tutte le mie certezze, è come se si divertisse a prendersi gioco di me. Ma dopotutto perché dovrebbe rivolgere attenzioni a un'insignificante ragazzina che fino a ieri non voleva altro che non affezionarsi a nessuno? Perché dovrebbe importargli?
Uno come lui può avere tutte le ragazze che vuole.
Soffio sul foglio per spazzare via i trucioli di gomma, alzo il taccuino e lo avvicino alla luce che filtra dalla finestra per osservarlo meglio.
Il risultato stupisce persino me, i tratti sono delicati ma delineano perfettamente il volto di Daren. Sono riuscita ad imprimere espressione al viso, gli occhi colorati di azzurro, penetranti e imperscrutabili come due diamanti incastonati su un volto marmoreo.
Ripongo il taccuino nello zaino e nel farlo, sfioro con la punta delle dita qualcosa di ruvido, come un foglio accartocciato. Mi ricordo subito del bigliettino di Noah, lo avevo conservato aspettando di tornare a casa per aprirlo.
Lo estraggo dallo zaino e lo osservo, l'aeroplanino di carta che Noah aveva piegato, ora è tutto sgualcito, lo apro con circospezione come se avessi paura di ciò che potrei trovare all'interno.
All'inizio non scorgo nulla, poi guardo più attentamente e noto sul bordo del foglio una minuscola scritta in stampatello, le lettere sono tracciate in maniera morbida e lineare, ci sono una serie di numeri e sotto scritto:
"Nel caso te lo stessi chiedendo sì, è il mio numero di telefono. Non ringraziarmi nuova arrivata."
Per un attimo rimango sbalordita.
Cosa vuole adesso da me?
Scuoto il capo seccata e sbuffo, l'invadenza di Noah mi infastidisce più dell'arroganza di Daren, non ho intenzione di accettare il suo numero di telefono, non vorrei si facesse strane idee. Così accartoccio di nuovo il foglio e lo lascio cadere nel cestino.
Solo per un attimo, il pensiero che al posto di Noah, a darmi quell'aeroplanino di carta, ci fosse stato Daren, mi accarezza,sento un brivido percorrermi la schiena e una scarica di emozioni si incastra tra le crepe, dove i sentimenti hanno ceduto. Rigetto subito l'idea, lui non lo farebbe mai. La gola mi si secca. Ho bisogno di un bicchiere d'acqua.
Scendo in cucina, mia madre è seduta vicino al tavolo, con i gomiti poggiati su di esso e la testa tra le mani, sembra stanca.
I capelli sono raccolti in uno chignon mentre dei ciuffi svolazzano mossi dal venticello che soffia dalla finestra rimasta aperta.
Le passo davanti, alza la testa di scatto:-Oh Callie, sei tornata.- Ha due occhiaie profonde e il volto pallido, come se non avesse dormito a sufficienza.
La guardo con preoccupazione-Tutto bene mamma? Non hai una bella cera.- Le faccio notare.
-Si Callie, non preoccuparti.-Sospira -Questo lavoro mi distrugge.-Spiega massaggiandosi una tempia.
Entro in cucina e apro il frigorifero senza distogliere lo sguardo da lei.
Afferro la bottiglia di succo alla mela e verso il contenuto in un bicchiere di plastica.
-Ne vuoi un po'?-Le chiedo allungando la bottiglia verso di lei.
-Si grazie Callie.-
Prendo un bicchiere anche per lei, lo riempio fino all'orlo e lo poggio sul tavolo.
-Dobbiamo parlare.- Mi blocco sentendo pronunciare quelle parole, quando escono dalla sua bocca non è mai un buon segno.
-Siediti.- Dice sorridendo lievemente mentre sposta una sedia dal tavolo.
Mi accomodo di fronte a lei.
Mi scruta con un sorriso amaro pieno di compassione, lo conosco bene quello sguardo e non lo sopporto, non lo reggo, mai. Abbasso gli occhi sul tavolo mentre lei continua a passare in rassegna ogni angolo del mio volto.
-Cosa devi dirmi mamma?-La incinto.
Non mi piace per niente quando fa così, quando mi guarda come se fossi malata, come se in me ci fosse qualcosa di sbagliato.
-Ho pensato a lungo a quello che è successo negli ultimi giorni, il trasferimento, la nuova scuola e di nuovo gli attacchi di panico. Non sono normali Callie.-Mi guarda di nuovo con quell'aria compassionevole.
-Lo so che non sono normali mamma, ma non guardarmi come se fossi affetta da una malattia incurabile.- Provo in qualche modo a farle capire che mi fa sentire difettosa essere guardata così, che vorrei solamente che mi vedesse per quella che sono, non come un oggetto rotto, io non sono i miei attacchi di panico, io non sono il mio dolore.
Io non sono un problema da risolvere mamma.
Vorrei dirglielo ma non lo faccio.
-Ho appena finito di parlare con una terapeuta che mi ha consigliato la tua psichiatra quando siamo state all'ospedale di Vicksburg.- Fa una pausa mentre mi guarda per cogliere una mia reazione.
Io trattengo il fiato.
-È un tipo in gamba, sono sicura che ti piacerà, ho già preso un appuntamento per la prossima settimana. Ho pensato che ti avrebbe fatto bene parlare con una psicologa. -
Ha di nuovo fatto tutto senza avvertirmi prima, senza prendermi minimamente in considerazione.
-Capisco che tu sia preoccupata per me e che voglia aiutarmi.-Cerco di rimanere rilassata e provo a spiegarle le cose con calma. - Quello che non capisco è perché tu non me lo abbia detto prima, a volte ho la netta sensazione di essere tagliata fuori dalla tua vita. Mi sento un giocattolo, una bambola in preda alle tue decisioni, decisioni su cui io non sono mai interpellata, come se il mio parere, le mie esigenze non contassero.-
Vorrei avere un confronto pacifico con lei, non come quello dell'ultima volta, per cui mi sto sforzando di mantenere un atteggiamento pacato nonostante la rabbia mi ribolla nelle vene, provo anche a forzare un sorriso.
-Callie, sei la solita esagerata.- Dice alzando gli occhi al cielo. - Ho solo preso un appuntamento con una psicologa.-
Io rimango in silenzio altrimenti potrebbero succedere due cose: o scoppierei a piangere oppure iniziarei a urlare squarciagola come l'ultima volta.
Giusto, solo un appuntamento con la psicologa.
Sto per aprire bocca quando il trillo del suo telefono mette in pausa le mie intenzioni.
Si alza dal tavolo mentre clicca sullo schermo e avvicina il cellulare all'orecchio.
-Pronto.- Si allontana dalla cucina mentre mi fa segno con la mano di aspettarla lì.
Rimango immobile seduta a sorseggiare il mio succo, bevo l'ultima goccia dal bicchiere e mi alzo dal tavolo, non ho intenzione di aspettarla, ho bisogno di prendere aria.
Salgo in camera apro l'armadio, scelgo una felpa rossa con il cappuccio, dei leggins attillati e indosse le mie Nike bianche. Percorro il corridoio e afferro la borsetta di cuoio sulla mensola mentre controllo che ci siano le chiavi dentro.
-Vado a fare un giro.- Urlo a mia madre prima di chiudermi la porta di casa alle spalle.
Percorro il vialetto a passo svelto mentre cerco il numero di Liz in rubrica. Mi risponde subito.
-Ehi Liz sono in giro, scendi anche tu?-Le chiedo
-Dieci minuti e arrivo, aspettami davanti al Subway.- Risponde lei senza esitare.
La sua voce squillante mi fa tornare subito il buon umore.
-Certo, come sempre.-Dico.
-Hai studiato scienze? Io non ci ho capito un tubo-Dice Liz mettendosi le mani tra i capelli. È seduta di fronte a me mentre sorseggiare il suo drink al limone.
-No.-Rispondo io mentre afferro una manciata di arachidi
Liz alza la testa di scatto e spalanca gli occhi. - Come no? Non hai sentito? Domani interroga.-
-Cavolo.- Mi lascio sfuggire. -Ma quando lo ha detto?-
-Lo ha ripetuto minimo tre volte.- Mi fa notare ridendo. - Ah giusto dimenticavo che eri troppo impegnata a di... -
-A disegnare Daren.-Concludo io alzando gli occhi al cielo.
Liz si lascia sfuggire una risatina divertita.
-Ti sta facendo proprio perdere la testa.- Dice mentre muove su e giù le sopracciglia.
-Si vede così tanto?-Ammetto.
-Solo un cieco non lo noterebbe. - Afferma mentre addenta una patatina.
-Non lo conosco neanche, non è solo il suo fascino, c'è qualcos'altro, qualcosa che non capisco e che voglio capire.- È la prima volta che ammetto ad alta voce il mio interesse verso di lui. So quanto può essere pericoloso, so quanto questo può farmi male, so che non devo fidarmi e ho paura ma negare l'evidenza sarebbe inutile.
-Daren è un ragazzo indecifrabile, se ne sta sempre per le sue e nonostante tutte le ragazze che gli ronzano intorno non ha mai avuto nulla di serio. È come se si sentisse superiore a tutti. Non perde mai l'occasione per scatenare risse e stranamente lui ne esce sempre pulito o con il minimo danno.- Dice Liz.
-L'anno scorso girava voce che avesse una relazione con una professoressa del suo corso, l'unica storia seria che si dice abbia avuto.-Continua.
-Non so quanto questo sia vero, fatto sta che un giorno, il marito della professoressa aspettò Daren fuori scuola e si presero a pugni davanti a tutti. Da quel giorno nessuno vide più quell'insegnane.-
-Cavolo, che storia.-Esclamo sbalordita.
-Puoi dirlo forte, a scuola ne hanno parlato per mesi, era diventato l'argomento dell'anno.-
-Immagino- Sussurro mentre assaggio pensierosa il mio drink.
-Callie c'è una ragazza seduta al tavolo alla nostra destra che ci fissa da quando siamo entrate. La conosci?-
Liz mi riscuote dai miei pensieri.
Mi volto verso destra, una ragazza è seduta insieme ad altre due, ha le trecce bionde, una maglietta azzurra che le lascia scoperto l'ombelico e una gonna nera che le arriva sopra le ginocchia, distoglie il suo sguardo su di me appena mi volto nella sua direzione.
-No non credo di conoscerla.-Le dico sottovoce.
-Strano.-Commenta Liz.
-Invece di Noah che mi dici?-Le chiedo cambiando discorso.
-Lascia perdere, un completo idiota.-Mi risponde scuotendo la testa.
-Andavamo alle elementari insieme...ma a proposito che cos'era quel foglietto che ti ha dato? Me ne sono completamente dimenticata- Strabuzza gli occhi con una punta di curiosità nello sguardo.
-Non immagineresti mai.- La sfido.
-Una bomba a mano per caso?- Ironizza.
-Peggio. Il suo numero di telefono.-
-Non ci credo. È completamente fuori di testa.-Liz poggia una mano sulla fronte sconcertata.
Assaggio una patatina e quando alzo la testa vedo la ragazza con le trecce bionde che prima ci fissava camminare nella nostra direzione.
Tiro un calcio sotto al tavola a Liz che punta gli occhi su di me, le faccio cenno con la testa di girarsi verso destra.
Non fa in tempo a proferire parola che la ragazza si ferma davanti a noi.
-Sei tu la ragazza che è stata salvata da Daren?-
Io e Liz ci guardiamo per una attimo incredule.
-Si.- Rispondo istintivamente.
-Oh Cavolo, sei davvero tu!-
Liz rimane senza parole.
Guardo la ragazza emozionarsi come se avesse appena vinto la lotteria - Eh già, proprio io.-
-Beh sappi che stai vivendo il sogno di tutte noi.-
-Certo- Dico poco convinta.
-Comunque piacere, Scarlett.-Esordisce.
-Piacere Callie. Scusa ma ora dobbiamo proprio andare vero Liz? - Dico prendendola per un braccio e invitandola ad alzarsi.
Usciamo dal locale con gli occhi di Scarlett e delle sue due amiche puntati addosso.
-Ci mancavano solo le fangirl di Daren.-Dice Liz ridendo appena ci allontaniamo un po' da loro.
Scuoto la testa sbalordita mentre do un' occhiata all'ora sullo schermo del cellulare.
-Devo tornare a casa a studiare scienze.- Sbuffo.
-Si dovresti, Rottame non risparmia nessuno-Mi mette in guardia Liz.
-Ci vediamo domani a scuola allora.- Fa per salutarmi.
-Aspetta, posso accompagnarti fin sotto casa se vuoi.-Mi offro.
-No Callie, non preoccuparti.-
-Sicura?-Insisto. -Mi farebbe piacere.-
-No Callie, davvero posso andare da sola, grazie mille comunque.-
-Ok,come vuoi scrivimi quando arrivi.- Le dico mentre le mando un bacio da lontano.
-Ricorda, ti ho salvata da un' insufficienza certa, mi devi un favore.-Grida dall'altra parte della strada.
Mi lascio scappare una risata mentre la guardo allontanarsi a passo svelto.
Giro la chiave nella serratura di casa e percorro il corridoio. Le luci sono spente, piggio sull'interrotture.
-Mamma.-Chiamo.
Nessuna risposta.
C'è qualcosa che non va.
Lascio cadere la borsa sulla mensola.
Mi affaccio in soggiorno e la scena che mi si palesa davanti mi lascia senza fiato e con il cuore in gola.
Ci sono pezzi di vetro ovunque, il vaso di gardenie che la mamma tiene sempre sul centrotavola è caduto a terra e il terriccio è sparso sulle piastrelle, il vetro della finestra è completamente rotto.
Sembra sia passato un uragano.
Mia madre è china sul pavimento e cerca di racimolare con una paletta i pezzi di vetro e i cocci del vaso.
-Mamma- Esclamo spaventata. -Co-cosa è successo?-
✨Spazio autrice✨
Finalmente ecco il nuovo capitolo, cosa ne pensate della mamma di Callie?
Ma soprattutto secondo voi cosa è successo? Perché quando rientra Callie trova il vetro di casa e il vaso rotto? Cosa può essere successo?
Ho visto che siete stat* bravissim* ad indovinare cosa c'era scritto sul bigliettino di Noah, vediamo se riuscite ad indovinare anche cosa può essere successo adesso.
Questa volta è più difficile, stupitemi.
Aspetto le vostre teorie.
Baci😘❤️
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