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22-Lacrime di sangue

T.W.

-Tu invece cosa hai fatto durante le vacanze di Natale?- Chiedo a Liz mentre ci avviamo verso l'entrata dell'edificio scolastico.

L'atrio è gremito di ragazzi, il rientro a scuola sembra non aver spezzato l'entusiasmo delle vacanze appena trascorse, i loro schiamazzi e le loro risate rieccheggiano vivaci nello spazio circostante.

-Sono stata a sciare a Steamboat, in Colorado, con i miei genitori. Abbiamo passato una settimana lì, il panorama era mozzafiato e le piste da scii enormi, è stato fantastico.- Risponde entusiasta.

-Peccato per il brutto tempo che ha dominato per la maggior parte dei giorni.-Continua.
-Per il resto è stato davvero incredibile.-

Ci facciamo strada tra i corridoi e raggiungiamo i nostri armadietti.

-Non ho mai visto tutta quella neve in vita mia, avresti dovuto esserci Callie, ti saresti divertita molto.-

-Di sicuro più di quanto mi sia divertita a casa.- Ammetto.

-Anche la baita era bellissima, soprattutto di notte quando accendevano le luci.-

Cerco il libro di biologia nel mio armadietto mentre penso che forse sia arrivato il momento di riordinarlo.

-Il primo giorno ci hanno fatti salire sulla montagna con la funivia, la vista da lì era davvero spettacolare, poi con tutti quegli abeti ricoperti di neve sembrava di stare al Polo Nord con Babbo Natale.-

Tiro fuori il libro dal piano, mentre con l'altra mano mantengo la pila di manuali e quaderni che non mi servono per l'ora seguente, appena lascio la presa tutti i libri cadono a terra.

Sbuffo lasciandomi sfuggire un lamento di frustrazione.

-All'inizio ero un po' spaventata per l'altezza ma poi... Ops, hai bisogno di una mano Callie?-

-No, tranquilla, ho fatto.- Rispondo mentre raccolgo i libri da terra.

-La guida ci ha mostrato il panorama circostante, abbiano intravisto anche dei cervi...-

Ci dirigiamo verso l'aula mentre Liz continua a raccontarmi della sua vacanza.

Ad un tratto capto una breve frase alle mie spalle che cattura la mia attenzione.

-Non puoi capire la sua faccia, sembrava avesse visto un fantasma.-

Mi immobolizzo all'istante mentre una sensazione di panico inizia a pervadermi.

Mi volto e vedo due ragazze more parlare tra di loro, una delle due mi osserva con un
sorrisetto derisorio stampato sul volto.

-Certa gente dovrebbero chiuderla direttamente in manicomio e buttare la chiave.-Continua l'altra che ora mi osserva anche lei.

-Callie tutto bene? Perché ti sei fermata? - Liz mi fissa con sguardo interrogativo mentre io distolgo l'attenzione dalle due.

-Scusa, mi sono appena ricordata di aver dimenticato una cosa nell'armadietto, tu vai pure, ti raggiungo subito.-

Liz si allontana senza chiedere ulteriori spiegazioni, io torno indietro verso le due ragazze.

-Che razza di problemi devi avere per cascartene in mezzo al cortile della scuola.- Ride una.

-Meglio starle lontana, magari ha una malattia contagiosa.- Commenta disgustata l'altra.

-Dovevi vedere la scena, è caduta a terra come un pesce lesso.- Aggiunge una simulando uno svenimento in maniera plateale.

-Consoco un ragazzo dell'ultimo anno che ha fatto un video, magari te lo giro.-

-Oddio, ti prego, inviamelo subito.-

-Che vergogna, immagina i suoi genitori, avere una figlia del genere, che vita di merda.-

A quelle parole sento il fiato morirmi in gola, mi irrigidisco e qualcosa inizia a sanguinare dentro di me.

-Non gridare, altrimenti ci sente e sviene di nuovo.- Conclude una, mentre ridendo si allontana insieme all'altra.

Fisso il vuoto mentre gli studenti sgomberano il corridoio, tutto attorno a me si spegne, il dolore al centro del petto si fa sempre più lancinante, quella frase continuo a sentirla, come se me la gridassero in un orecchio, come se vagasse, sospesa in aria tra le mura di questa scuola:"Immagina i genitori, che vita di merda, che vergogna, una figlia del genere."

Vorrei piangere ma questa volta non ci riesco, le lacrime rimangono incastrate nella gola e io non mi concedo neanche il lusso di lasciarle andare. Quelle parole sono vere, per questo fanno così male.

Il senso di colpa, la vergogna, la netta sensazione di essere sbagliata è una macchia nera che inizia ad espandersi, come petrolio sulle acque di un fiume cristallino, contamina ogni parte del mio corpo fino a divorarmi, eppure è così familiare che sembra trovarsi perfettamente a suo agio dentro di me, al dolore che comporta però, non ci si abitua mai.

Faccio fatica anche a camminare, quelle parole pesano più dello zaino che porto sulle spalle.

Mi trascino in aula con i sensi annebbiati dai pensieri.

Appena entro, Rottame fa una delle sue solite battutine taglienti sul mio essere di nuovo in ritardo, io non ci faccio nemmeno caso.

Mi siedo al mio posto, mi volto per tirare fuori dallo zaino l'astuccio e il libro, nel farlo noto che il banco di Daren è vuoto ma in questo momento di ciò mi importa davvero poco.

La bolla che mi circonda diventa sempre più opaca, attuisce il rumore del mondo e mi intrappolata tra i miei pensieri.

Anche se non lo ammetto mai, lo penso sempre: "Una figlia del genere, che vita di merda." Sentirlo ad alta voce però è diverso.

Ho sempre creduto di essere un errore e anche se ho provato a soffocare questa sensazione per tutta la vita, non ci sono mai riuscita.

Sono sempre io quella che crea problemi, sempre io la causa, l'intralcio agli obiettivi ambiziosi di mia madre, io il motivo per cui tutto è crollato, il motivo per cui tutto è andato in frantumi.

Mi passo una mano sul viso come se con quel gesto, volessi far scivolare via tutti i pensieri.

Le lacrime iniziano a traboccarmi dagli occhi ma non posso lasciarle andare, non qui davanti a tutti, le trattengo dentro di me fin quando la gola non inizia a bruciarmi.

-Callie.- La voce di Liz mi fa ribiombare nella realtà.

Sposto lo sguardo verso di lei che rimane ferma con gli occhi spalancati senza aggiungere altro.

-Che c'è?-

Lei rimane immobile e io continuo a non capire, finquando con un leggero cenno del capo, mi fa segno di guardare alla sua destra, lo faccio e all'istante incrocio lo sguardo arcigno di Rottame fisso su di me.

Ha le mani poggiate lungo i fianchi e lo sguardo di chi non ha per niente voglia di scherzare.
-Signorina Wilson.-Pronuncia con la sua voce rauca.
-Si può sapere a cosa sta pensando?-

-A niente.- Rispondo io di getto.

-Bene, allora mi ripeta l'argomento su cui verte la lezione di oggi.-

Un leggero sorrisino compiaciuto fa capolino sul suo volto, come se provasse piacere nel constatare dalla mia espressione di essere riuscito a mettermi in difficoltà.

-Dal suo silenzio deduco che non ha la più pallida idea di cosa stiamo parlando, non è così?-

-No, cioè sì, io... - Provo a replicare.

-Perfetto. - Mi interrompe bruscamente.
-Si è guadagnata un'altra F.-
Si volta verso la lavagna e riprendere la lezione come se non fosse successo nulla.

La rabbia inizia a rosicchiarmi dentro e le lacrime premono sempre più insistentemente per poter fuoriuscire, mi mordo l'interno della guancia imponemdomi di restare calma e non fare cose avventate, cose di cui potrei pentirmi ma sento che sto per esplodere.

Ad un tratto mi alzo in piedi di scatto provocando un rumore stridulo con la sedia, Liz spaventata dall'imprevedibilità della reazione che potrei avere in quel momento, prova a fermarmi poggiando una mano sulla mia.

Gli occhi di tutta la classe sono puntati su di me, compresi quelli di Rottame.

Mi allontano dal mio banco e attraverso l'aula avvolta in un silenzio assordante mentre loro mi osservano con il fiato sospeso.

Non sento più nulla, solo il bisogno impellente di far fuoriuscire quel dolore che non mi lascia respirare.

Apro la porta della stanza e dopo essermela richiusa alle spalle mi dirigo verso i corridoi a passo sostenuto.

Raggiungo il bagno con il fiatone e i battiti del cuore a mille, poggio una mano sul petto mentre mi chiudo dentro e mi lascio cadere a terra.

Vengo scossa da continui singhiozzi mentre le lacrime mi graffiano le guance.

Infilo una mano in tasca fino a quando non sento la pelle a contatto con il metallo freddo.

Estraggo quel piccolo arnese dai pantaloni, me lo rigiro un po' tra le mani, chiudo gli occhi e mi aggrappo ad esso come se fosse l'unica cosa in grado di strapparmi via da lì.

Alzo la manica della felpa e con un movimento netto lascio scivolare la lametta sul polso, un piccolo squarcio si apre sulla pelle, il sangue lo riempie ed inizia a colare lungo tutto il braccio, sembrano lacrime, lacrime di sangue.

Il bruciore intenso mette a tacere tutti i pensieri, chiudo gli occhi e appoggio la testa contro il muro, il respiro torna regolare e il peso sul petto che sentivo prima, ora non c'è più.

Mi alzo da terra e cerco di tamponare la ferita con la carta igienica per evitare di sporcare tutto.
Poi guardo il mio braccio, le vecchie cicatrici e la ferita che quasi non sanguina più.
Non è abbastanza.

Poggio la lametta sul braccio, è fredda a contatto con la pelle, incido un altro taglio, questa volta più profondo, per un attimo stringo i denti e mi piego su me stessa mentre d'istinto poggio una mano sulla fessura appena aperta per contenere il dolore.

Con la mano stretta attorno al polso, sento il battito del cuore che sembra voler esplodere nelle vene, il senso di colpa inizia ad insinuarsi dentro di me ad ogni battito sempre di più.
È proprio quel palpito sotto la mia mano che mi condanna, che apre uno squarcio tra le pareti della mia coscienza e grida il suo dissenso.
Hai perso ancora, sembra voler dire.

Continuo a tamponare le ferite quando ad un tratto sento dei singhiozzi provenire dall'altra parte del muro.

Accosto l'orecchio alla parete per accertarmi che non sia solo frutto della mia immaginazione, non mi sbaglio, qualcuno sta piangendo nel bagno affianco a me.

Il mio braccio continua a sanguinare, non posso andare da nessuna parte conciata così.
Continuo a tamponarlo con la carta, nel frattempo il pavimento si riempie di fazzoletti intrisi di sangue.

Quando finalmente il sangue smette di fuoriuscire dalle ferite, abbasso la manica della felpa, raccolgo la carta da terra e la butto nel water per poi tirare lo sciacquone.

Esco da lì e mi avvicino alla porta del bagno affianco.
-Tutto bene?-Chiedo dopo aver bussato.

Segue un lungo silenzio spezzato da una voce sottile:-Tutto bene.-

Poco dopo la porta si apre leggermente e dietro di essa compare una ragazza dai tratti delicati, gli occhi chiari, leggermente arrossati dalle lacrime, i capelli biondi scomposti e un paio di occhiaie profonde.

-Scarlett.-Esclamo d'istinto.
-Callie.- Sussurra contemporaneamente lei.

Rimaniamo ad osservarci l'un l'altra con diffidenza per un tempo che non saprei definire.
Poi Scarlett scoppia a piangere, mi afferra per un braccio e mi trascina dentro il bagno con sè.

Rimango immobile a guardarla, senza sapere cosa fare.

-Cosa succede?-Farfuglio incerta.

-Daren.-Esclama tra i singhiozzi.
-Mi ha lasciata.-

A quelle parole una sensazione di sollievo si fa strada dentro di me, appena me ne rendo conto mi rimprovero per essermi compiaciuta di una cosa del genere e tento di soffocare i sentimenti contrastanti che provo in quel momento.

-Mi dispiace Scarlett.-Tento di confortarla poggiandole una mano sulla spalla.

Lei si asciuga le lacrime e tira su col naso.
-Tanto lo so di chi è la colpa.-
Mi guarda dritta negli occhi con un odio di cui non credevo fosse capace.

Io trattengo il fiato e sento tutte le articolazioni irrigidirsi.

-La Allan.-Pronuncia.

Tiro un sospiro di sollievo.

-In fondo, in testa ha avuto sempre e solo lei, lo sanno tutti qui.-Continua.

-Guarda caso, ora che torna in questa scuola pensa di mollarmi.-
Sospira e si soffia il naso.

Poi torna a guardarmi.
-Scusami se ti ho disturbata, volevo solo dirti di non fidarti di lui Callie, mai, nemmeno se ti ha salvata.-

-Non mi hai disturbata Scar...-

-Che hai sul braccio?-Lo indica con preoccupazione.

Abbasso la testa di scatto e noto un rivolo di sangue che sta colando sulla mia mano.

-Niente è solo...solo un graffio.-Cerco di spiegare con il cuore a mille.

-Fammi vedere.-
Prima che io possa reagire, lei mi prende il polso e con un movimento rapido scosta la manica della mia felpa.
Sconvolta, spalanca gli occhi e si porta una mano alla bocca, io rimango ferma, terrorizzata, sul punto di scoppiare a piangere.

-Non è come sembra.-Cerco di giustificarmi.

-Che cosa hai fatto?-
Mi guarda come se avesse visto un fantasma.

Una lacrima scende calda sulla mia guancia, vedermi con i suoi occhi mi fa sentire rivoltante.

Poi mi abbraccia.
-Mi dispiace.-Sussurra piano.

Per un attimo rimango rigida, spiazzata da quel gesto inaspettato, poi mi lascio andare al calore di quell'abraccio.

-Callie, dove sei?-La voce di Liz ci interrompe.
Mi asciugo le lacrime e pulisco il sangue sulla mia mano mentre Scarlett cerca di sistemare i capelli e di ricomporsi.

-Ti prego non dirlo a nessuno.-Le sussurro.

-Tranquilla.-Mi rassicura prima di uscire.

Liz la guarda confusa mentre si allontana dal bagno.

-Scusami se non sono venuta subito, Rottame non ha fatto uscire nessuno prima della fine della lezione. Come stai?-Chiede apprensiva mentre mi viene incontro.

-Non preoccuparti.-Mi limito a risponderle con la testa bassa.

Liz non esige altre spiegazioni, rimane per un po' in silenzio ad osservarmi come se volesse leggermi nel pensiero per poi cambiare discorso.

-Cosa ci facevi in bagno con Scarlett?-

-Daren l'ha lasciata.-

Liz si volta sorpresa verso di me.

-Era in bagno a piangere.-Sospiro.
-Pensa sia colpa della Allan.-Aggiungo.

Liz ci riflette un po' su.
-Non mi stupirei se fosse realmente così.- Osserva.

-Ma non è questo.-Ammetto.
-Mi ha detto una cosa, una cosa che mi ha turbata.-

-Cosa?-

-Di non fidarmi di lui, mai, nemmeno se mi ha salvata.-






✨SPAZIO AUTRICE✨
Eccoci qua, spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, scusate per la lunga attesa, piano piano sto cercando di riprendere il ritmo.
Ci vediamo nel prossimo capitolo.
A presto.😘

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