10-Frantumi
Amanda
-Buonasera, parlo con la dottoressa Grant?-
-Si sono io, mi dica pure.- Il suono di una voce gentile risuona dall'altro capo del telefono.
-Salve sono Amanda Thompson non so se la dottoressa Carrington le ha già accennato... chiamo per mia figlia Callie Wilson.-
La mia interlocutrice non risponde subito, presumo stia cercando di ricollegare una qualunque informazione al nome di mia figlia. -Si, mi ha parlato di lei, mi accennava a un eventuale possibilità sul poter intraprendere un percorso terapeutico con me.
Sempre che la ragazza sia d'accordo ovviamente.-
-Si, è proprio di questo che volevo parlarle, vorrei prendere un appuntamento per mia figlia.-
-Certo. Consulto un attimo l'agenda.-
Fa una pausa. Sento il rumore di pagine che vengono sfogliate.
-Ho un' oretta libera venerdì prossimo. Lei sarebbe disponibile?-
-Non dovrei avere impegni lavorativi, nel caso dovessero presentarsi provvederò a rimandarli.- Il lavoro che svolgo non mi impone orari fissi ma lo svantaggio è che le commissioni da sbrigare possono venir fuori in qualsiasi momento.
-Perfetto allora.- Pronuncia dolcemente.
-Devo chiederle però se può descrivermi il quadro generale della situazione di sua figlia.-
-Si beh ecco... Mia figlia ha avuto degli attacchi di panico in passato e ora pare che si siano ripresentati. Io non le faccio mancare nulla ma sa come sono i ragazzi di oggi, non sai mai cosa gli passa per la testa. Probabilmente in questo periodo è un po' scossa dal trasferimento e dalla nuova scuola, ma magari avessi potuto viaggiare così tanto io alla sua età, dopotu...-
-Va bene signora, penso di aver capito perfettamente.-La dottoressa mi interrompe. -Non si preoccupi, con la terapia e sotto la mia guida sarà sua figlia stessa ad individuare le cause del suo malessere.-
Rimango in silenzio. Poi lei continua.
-Allora a venerdì. Le auguro una buona giornata.-
-Grazie, anche a lei.-Rispondo cortesemente.
Poggio il telefono sul tavolo e sospiro con la testa china e le mani tra i capelli.
Ci mancava solo questa complicazione, non ho fatto in tempo nemmeno a mettere piede in questa nuova città che già sono sommersa dal lavoro e poi l'incidente di Callie non ci voleva proprio, sapevo che il trasferimento l'avrebbe destabilizzata ma non immaginavo così tanto, credevo che ormai fosse abituata.
Ero pronta al fatto che mi avrebbe tenuto il muso per qualche giorno, ero pronta al fatto che mi avrebbe rinfacciato di averglielo detto solo all'ultimo momento, ero pronta alle sue scenate di rabbia, ai suoi silenzi, al suo sfuggirmi quando avrei provato a parlarle, ma non ero pronta di nuovo ai suoi attacchi di panico, ai suoi problemi adolescenziali.
Non ho tempo per questo, non ho tempo per incidenti di percorso, il lavoro che svolgo non ammette incertezze o passi falsi, non posso permettermi di pensare ad altro, ho sputato sangue per arrivare a raggiungere livelli così alti.
Se l'azienda per cui lavoro ad oggi è una delle poche in prima fila nella vendita di cosmetici e prodotti benessere è soprattutto grazie a me, tutti me ne riconoscono il merito. Ma in questo lavoro non esistono certezze, la concorrenza è spietata, un giorno fai le regole del mercato, il giorno dopo sei fuori.
Un fruscio leggero proveniente dall'altro lato del tavolo mi riscuote dai miei pensieri, alzo la testa.
-Oh Callie sei tornata.- Attraversa la stanza e apre il frigo, ha i capelli raccolti in una coda bassa, le gambe magre e slanciate, il viso tratteggiato da lineamenti delicati, gli zigomi sono pronunciati, le labbra carnose e la fossetta sul mento che si accentua ancora di più quando sorride, indossa una felpa a maniche lunghe più grande della sua taglia. È identica a lui, persino nei movimenti.
Mi scruta attentamente e mi chiede se è tutto apposto.
-Si Callie, non preoccuparti.-La rassicuro. - Questo lavoro mi distrugge.-Spiego.
Mi chiede se voglio un po' di succo alla mela e decido di cogliere l'occasione al volo.
-Dobbiamo parlare.-
Per un attimo si blocca, poi si siede affianco poggiando il mio bicchiere sul tavolo mentre aspetta che continui.
La guardo attentamente e mi chiedo cosa è rimasto di quella bambina felice e spensierata di una volta. Probabilmente nulla, ora è diversa, brilla un'altra luce nei suoi occhi, una luce più opaca, non sta bene e si vede, vorrei risolvere il problema al più presto anche senza saperne il vero motivo, l'importante è che le cose tornino come prima. Rivoglio la mia Callie, non questa ragazzina spezzata che ora mi siede davanti, non è lei, la guardo e vedo solo un cumulo di problemi che la opprimono.
Mi invita a parlarle come se non sopportasse il mio sguardo su di lei.
Cerco di spiegarle che sono preoccupata, le dico della dottoressa che potrebbe prenderla in cura.
Come al solito si sofferma sul fatto che non ne ho parlato prima con lei, che non l'ho consultata. Forse non si fida di me, non capisce che io sono sua madre è tutto ciò che faccio lo faccio per il suo bene, nessuno più di me può sapere qual'è la scelta migliore per lei.
-Callie, sei la solita esagerata.-Mi lascio sfuggire prima di rendermi conto del errore che ho appena commesso, ora si sentirà incompresa e se ne andrà via come fa sempre rifiutando ogni forma di dialogo.
Invece contro ogni mia aspettativa rimane lì imperturbabile e tranquilla.
Sta per dire qualcosa quando la suoneria del mio telefono ci interrompe e per un attimo me ne sento sollevata.
Avvicino il telefono all'orecchio e mentre mi allontano faccio cenno a Callie di aspettarmi lì.
-Salve, si mi diceva che era interessata alla collaborazione con la mia azienda.-
Rimango al telefono per venti minuti buoni.
Avviare una trattativa per una collaborazione con altri brand, non è per niente semplice.
Alla fine della telefonata abbiamo stilato delle buone premesse, per il resto ci penseranno i miei colleghi in ufficio. Mi sento soddisfatta.
-Cosa mi stavi dicendo Call...-
Mi affaccio in soggiorno ma lei non c'è.
-Callie.- Chiamo.
Dev essere uscita e non devo averla sentita.
Controllo se la sua borsa è sulla mensola dell'ingresso, non c'è.
Ok, deve essere uscita.
Sospiro mentre mi dirigo in cucina con l'intenzione di prepararmi un the quando qualcuno suona alla porta, mi immobilizzo.
Chi può essere? Forse Callie è già tornata?
Ripercorro i miei passi, attraverso l'ingresso e apro il portone di casa.
Appena lo vedo mi pietrifico, il respiro si blocca e il cuore sussulta nel petto.
-Cosa ci fai qui?- Mi guardo intorno con il terrore che Callie sia nei dintorni e lo abbia visto.
-Non puoi stare qui. Vattene.-Dico con poca convinzione.
-Amanda per piacere dobbiamo parlare.- Mi incalza lui.
-Vieni dentro.- Non posso correre il rischio che Callie lo veda.
Mi segue in soggiorno, non ci sediamo neanche.
-Non possiamo continuare così Amanda.- Mi dice.
-Intendi che non puoi presentarti qui quando vuoi e fare come ti pare? No, non possiamo Trevor.- Rispondo io alzando il tono della voce.
-Stai calma per favore.- Mi prega lui.
-Calma? Calma? Come pretendi che io stia calma, dopo che sei piombato in casa mia con il rischi che che...- Mi blocco, non riesco a continuare.
-Che lei mi veda, dillo, dillo Amanda forza.-
-Si, che lei ti veda.- Pronuncio io decisa.
Lui scuote la testa ferito.
-Cazzo Trevor, davvero ti aspettavi che dopo anni noi ti accogliessimo a braccia aperte come se non fosse successo nulla?-
Davvero non si rende conto di ciò che ha fatto?
-No, no assolutamente.- Dice con voce sommessa mentre china il capo.
-Allora cosa sei venuto a fare fin qui?-
-Lo sai.- Ha l'aria turbata ma non si arrende.
-E tu sai già la mia risposta.-Enuncio io impassibile.
-Amanda ti prego.-
-Non pregarmi.- Lo fulmino con lo sguardo.-Vattene Trevor.-
-Per favore Amanda possiamo almeno parlarne?-
-Ne abbiamo già parlato.-
-Voglio solo un'altra possibilità.- Insiste lui.
-Come fai anche solo a chiederla dopo quello che le hai fatto? Dopo quello che ci hai fatto?-Sento la rabbia ribollire e avvampare come fuoco nelle vene.
-Tu non sai nulla di lei, non c'eri tu quando ha imparato ad andare in bici, non c'eri quando le è caduto il primo dentino, non c'eri tu il suo primo giorno di scuola.
Non c'eri prima e non ci sarai nemmeno adesso. Lei sta ancora cercando di guarire dal trauma che tu le hai causato.- Faccio una pausa e riprendo fiato.
-Lo capisci questo?-
Lui non mi guarda nemmeno, punta gli occhi in basso e fissa il pavimento.
-Vuoi dirmi che tu invece la conosci davvero profondamente? Dubito che sia così, ti conosco bene Amanda, hai sempre messo il lavoro al primo posto.-Cerca di ferirmi andando a colpire i miei punti deboli, sa quali sono e sa come farlo bene, è vero, mi conosce, troppo forse.
-Come osi paragonarti a me?-Dico in balia di una furia quasi disumana. -Come osi parlare di me in questo modo? Tu dov'eri quando lei aveva bisogno di te? Dov'eri quando io avevo bisogno di una mano, di un supporto? Forse hai ragione, non conosco Callie nel profondo ma io non l'ho lasciata sola, non sono scappata alla prima difficoltà, mi sono presa cura di lei, mi sono assicurata che non le mancasse il cibo, un tetto sopra la testa e un'istruzione adeguata e continuo a proteggerla ogni giorno tenendola lontana da te.- Dico puntandogli un dito contro.
Lo guardo dritto negli occhi lanciandogli addosso tutto l'odio e il disgusto che provo nei suoi riguardi, vedo un ombra attraversare le sue iridi, non regge la pressione e abbassa la testa.
-Sei solo un vigliacco Trevor, lo sei sempre stato.-Concludo.
-Non ti biasimo Amanda, ciò che ho commesso è imperdonabile e niente di tutto ciò che farò sarà abbastanza per poter cancellare un errore simile, ma se sono qui è perché voglio rimediare.- La sua è quasi una supplica e per un attimo, una scintilla di dolore si fa strada tra i suoi occhi scuri.
-Ormai è tradi Trevor, Callie sta cercando di dimenticarti, piombare di nuovo nella sua vita sarebbe un dolore troppo grande per lei.- Il mio tono è duro e severo ma non basta per farlo battere in ritirata.
-Non glie lo hai nemmeno chiesto.-
Lo guardo stupita.
-Cosa dovrei dirle? Ah Callie sai, oggi è passato tuo padre, vorrebbe rivederti, cosa ne pensi?-
È davvero così egoista da non rendersi conto?
-Non dico questo ma... cazzo Amanda, è pur sempre mia figlia.-
-Facile ricordarsene adesso.- Le sue parole mi disgustano sempre di più.
-Non funziona così Trevor, lei non è un giocattolo che un giorno ti ricordi di avere.-
-È un mio diritto.- Dice sbattendo un pugno sul tavolo.
-Non lo è più da quando hai deciso di lasciarci in mezzo alla strada.- Vomito io alzando la voce.
Lui si avvicina a me. -Non sai un cazzo Amanda.-Grida.
-No Trevor, sei tu che non sai niente di Callie.-
-Voglio vedere mia figlia.-La sua voce possente mi sovrasta, la rabbia prende il controllo su di lui che con un gesto di stizza, afferra il vaso di gardenia sopra al tavolo e lo alza.
Il respiro mi si blocca. Prima che io possa reagire o dire qualcosa, lo schianta contro la finestra che si frantuma in mille pezzi in un frastuono assordante.
Lo guardo terrorizzata.
Il silenzio investe la stanza.
Si volta verso di me e le sue iridi consumate da una rabbia ceca mi fanno sussultare.
Respira affannosamente e a un tratto sembra rendersi conto di ciò che ha fatto, boccheggia e poggia una mano sul petto mentre si guarda attorno terrorizzato dalle sue stesse azioni.
Torna indietro, attraversa il corridoio e senza dire una parola esce chiudendosi la porta alle spalle.
Rimango immobile con la tranquillità e allo stesso tempo il sollievo di chi è consapevole di essere sopravvissuto a una tempesta in mare aperto, il silenzio aleggia nella stanza ma ogni cosa adesso è impregnata della sua presenza, come sempre il suo passaggio lascia tracce disastrose, guardo il terriccio sparso sulle piastrelle, il vetro completamente rotto e frantumato in mille pezzi sul pavimento.
Sento il rombo del motore della sua auto che si allontana eppure io lo percepisco ancora qui, incastrato tra le sue pretese e le conseguenze a cui va incontro chi non le soddisfa.
Con la paletta cerco di racimolare il terriccio, raccolgo con le mani il vetro frantumato stando ben attenta a non tagliarmi.
Il rumore della serratura della porta mi fa sobbalzare.
"Callie" penso.
Mi affretto a sistemare tutto ma ci vorrebbe troppo tempo, posso solo limitare il danno.
Raggruppo tutto il terriccio sparso in un solo punto e butto più pezzi di vetro possibili nel cestino.
-Mamma...co-cosa è successo?- Alzo la testa, lei è di fronte a me e mi fissa spaventata.
-Niente Callie, volevo spostare il vaso sulla mensola ma mi è scivolato contro la finestra. Puoi aiutarmi per favore?-
Dalla sua espressione non mi sembra convinta ma decide di non fare altre domande.
Prende la paletta e inizia a raccogliere i pezzi di vetro.
-Attenta a non tagliarti.-
-Certo mamma.-
✨Spazio autrice✨
Ed eccoci qua.
Ve lo aspettavate il pov di Amanda?
Cosa ne pensate? E... soprattutto... vi aspettavate questo colpo di scena?
Vi avevo avvertit* che non sarebbe stato facile indovinare questa volta, ma spero di aver soddisfatto le vostre aspettative.
Fatemi sapere le vostre impressioni, cosa ne pensate di Amanda e Trevor.
Nel frattempo, vi spoilero che...
Nel prossimo capitolo amerete Callie (o la odierete.)
Non dico di più... 🤭🤭🤭
Alla prossima.
Baci😘
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