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Cap 2

Bea

Dopo avermi fatto ingoiare quelle orrende pasticche che mi ha prescritto il medico Sofia, euforica per la mia decisione di accettare l'invito di Sergio, è rimasta per tutto il giorno con me aiutandomi perfino a pulire casa pur di potermi dare qualche dritta sui vestiti da indossare per l'appuntamento, come se ne avessi bisogno.
Mentre passo l'aspirapolvere, attacca a volume davvero alto la radio.
Faccio una smorfia e la guardo storta arricciando il naso.

-Ci aiuta a darci la carica!- Squittisce giustificandosi.

Sbuffo scuotendo la testa e rassegnata mi arrendo all'entusiasmo della mia amica.
Dopo pochissimi minuti in cui il volume alto sembra quasi far tremare i muri, qualcuno bussa alla porta, buttandola giù letteralmente.
Sofia non se ne accorge nemmeno, impegnata a canticchiare mentre stira.
Apro e di fronte mi ritrovo il mio capo, nonché padrone di casa.

Ops.

-Ciao Massi!- Sorrido in modo esagerato, come se fossi stata colta con le mani nel sacco.
-Bambolina ma che è questo frastuono assordante!?-
-Oh...ehm....io... -
-Si sente quasi dalla strada.-
-M-mi dis-dispiace Massi, mi sono lasciata  trasportare...-
-Senti io sono felice che finalmente tu sia di buon umore, ma qui i tuoi vicini potrebbero lamentarsi giustamente, quindi per favore abbassa il volume.-
-Lo farò.- Deglutisco nervosa. -Lo faccio subito. -
-Brava bimba. A più tardi.-
Chiudo la porta e mi precipito in camera mia per abbassare il volume della musica.
-Ehi!- Brontola Sof bloccando il ferro da stiro in aria.
-Ha appena bussato Massimo.-
Lei cambia colore in faccia e continua a stirare.
- Uno di questi giorni  mi sfratterà.-  Sospirò a me stessa.

Massimo è una brava persona, un omone brizzolato, sulla cinquantina, con una voce calda e profonda che con un minimo cambiamento di tono riesce ad incutere o molta sicurezza o tanto timore. Quindi spesso all'apparenza può fare paura se non lo si conosce bene, ma in realtà è buono ed altruista. Mi ha voluto bene sin da subito prendendomi a cuore, offrendomi un lavoro e dandomi un appartamento in cui vivere. E proprio per questo non posso approfittare della sua bontà.

Finisco di spolverare, rassetto camera mia e faccio ripartire la lavatrice.
Accidenti, avevo accumulato due ceste piene di panni sporchi.

Dopo una bella e terapeutica doccia provo diversi paia di pantaloni,  rendendomi conto che  ultimamente mi stanno tutti troppo comodi, addirittura in qualche paio sono costretta a fare alla vita una piega su se stessi, se no rischio di perderli camminando.
Alla fine dopo varie prove opto per i leggins pesanti, neri, che non mi tradiscono mai, aderendo perfettamente al mio corpo, stivali di camoscio color senape e maglioncino dello stesso colore.
Pilastro i capelli, o meglio, Sofia mi piastra i capelli, io li avrei tranquillamente lasciati al naturale; mi piace avere un aria selvaggia.

Quando trucco e parrucco sono pronti è già quasi ora di andare.

-Sergio sarà qui a momenti.- Dico passando un dito sul labbro inferiore per spalmare meglio il rossetto color mattone.
Sof sta zitta, resta immobile a fissarmi con un mezzo sorriso stampato in faccia ed un'espressione compiaciuta.
-Che c'è?- chiedo guardandola il suo riflesso allo specchio.
-C'è che sei bellissima.-

Io mi sento uno zombie truccato.

-Grazie.- Rispondo semplicemente.

Il cellulare suona, deve essere lui. -Sta arrivando.-

-Allora amica, divertiti e non pensare a niente. Io vado.-
Mi abbraccia e in quel contatto posso sentire tutto l'affetto e la felicità vera che prova per me.
-Ci sentiamo più tardi.- Promette quasi con tono minaccioso, facendomi un' occhiolino.

Resto sola, aspettando l'arrivo si Sergio e trovo un'altra occasione per fissare il mio riflesso allo specchio.
Mi pare di non riconoscerla la Bea che vedo.
Sono diversa.
Non intendo fisicamente, non solo almeno.
Mi sembra sia passato un secolo da quando la mia vita procedeva tra feste, ragazzi da conquistare e scarpe nuove da comprare.
Forse ero superficiale, eppure la sofferenza era minore.  Quello stile di vita mi aiutava a distaccarmi dalle persone,  dai problemi; mi aiutava a non farmi coinvolgere da niente.

Se potessi tornare come allora...

Ma che dico? Anche volendo non potrei, né ci riuscirei mai. Sono cambiata troppo. Lui mi ha cambiata. E la nuova Bea, quella che vedo adesso di fronte a me che si morde il labbro agitata per la serata che deve affrontare con un uomo che non è lui, nonostante tutto mi piace.

Un uomo che non è lui.

Oddio, ma sono davvero pronta a questo?
Merda.
Odio questa mia insicurezza.

Il suono del campanello mi distoglie da quella eruzione di pensieri che devasta la mia mente di continuo, radendo al suolo tutte le mie certezze.

Mi concedo qualche secondo per fare un respiro profondo poi, con spalle in su e petto in fuori, prendo il mio cappotto e la mia o-bag ed esco.
Sergio è in piedi, appoggiato alla sua Mercedes grigia e appena mi vede mi dona uno di quei radiosi e rassicuranti sorrisi, che solo in lui ho mai visto. E stranamente tutte le paure e i dubbi che prima mi torturavano,  si dissolvono proprio quando incrocio i suoi occhi nocciola.

Indossa un cappotto nero stretto a tre quarti ed una sciarpa grigia. I capelli castani sono sistemati, anche se il taglio ed il modello danno più l'idea di disordine. Sembrano molto morbidi, per qualche micro secondo fantastico sulla possibilità di infilare le mie dita tra i suoi capelli, presto però il calore che sento sulle gote,  mi spinge a ricacciare indietro quel pensiero.

Sono davvero un caso patologico.

Una volta su un ragazzo facevo pensieri molto, molto più peccaminosi e non arrossivo di certo.
Adesso mi sento in imbarazzo solo per aver immaginato di accarezzare i suoi capelli?

Okay, sono da ricovero.

-Ciao cucciola.-  Spalanca le braccia e mi sorride ancora una volta in quella dannata maniera.
-Salve dottore.- Rispondo scherzando.
Questi sono gli appellativi che utilizziamo l'uno per l'altra.
-Hai portato il pannolino?-
-Eh?- Strabuzzo gli occhi perplessa.
-Perché te la farai addosso dalle risate.-
-Che cretino!-
Lo colpisco su una spalla e mi lascio andare ad una spontanea risata a cui Sergio si unisce immediatamente.

Il film è davvero divertente e per due ore mi distendo completamente, ridendo perfino con le lacrime.
Non mi sento per niente a disagio a stare al buio seduta accanto a lui, immersa in quella speciale atmosfera che si crea nella sala di un cinema, anzi Sergio riesce a mettermi a mio agio, infonde tranquillità e mi dà....sicurezza.
E poi stiamo guardando un film comico, neinte scene horror e soprattutto niente scene d'amore.
A rendere il clima ancora più disteso e divertente sono i commenti di Sergio; è sempre pronto a fare una battuta sugli attori, sulle situazioni che propone il film e sulla risata del signore che ci sta davanti che somiglia al grugnito di un maiale.

-Non ho mai riso così tanto.- Esclamo,  uscendo dalla sala mentre istintivamente, in maniera naturale e spontanea, mi metto sotto braccio con Sergio. Mi sorprendo e di certo sorprendo pure lui che sorride, notando il gesto.
-Io adoro il protagonista.- Le mie parole ancora sono inzuppate di risate.
-Ed io adoro te quando sorridi.-
La sua voce e calda, quasi quanto i suoi occhi che mi contemplano in maniera dolce.
Mi si ferma il respiro.
Mi spiazzano quelle parole, così abbasso la testa, ma lui temerario la rialza sfiorandomi il mento con due dita.
-Non nasconderlo; il tuo sorriso.  Ti prego.  Vorrei vederti sempre così.-

Non so che dire,  l'atmosfera è più pesante di quanto immaginassi.
Sergio, da sensibile e accorto osservatore quale è,  deve aver notato il mio imbarazzo e la mia agitazione, così fa quello in cui riesce sempre: sgancia una battuta divertente per alleviare la tensione.

-Ovviamente se un giorno cominciassi a ridere come quel signore pelato, ti chiederei la bocca con dello scotch, oppure ti porterei allo zoo, o magari ti venderei a qualche macellaio.-

Scoppio a ridere pensando di nuovo al suono buffo che emetteva quel tizio al cinema quando rideva.

Facciamo una passeggiata lungo il Po' continuando a commentare il film e a parlare del più e del meno;  lui mi parla del suo lavoro, io gli racconto del mio.
Una coppia di fidanzati ci passa davanti, mentre  i due si scambiano effusioni d'amore.

La sera questo posto è molto romantico,  perché diavolo  siamo venuti qui?

Altri due si abbandonano ad un bacio passionale, proprio sotto i nostri occhi.

Oddio.
Voglio sprofondare. 

Cala il silenzio per qualche secondo, sicuramente anche Sergio si è accorto che siamo nel posto sbagliato,  poi improvvisamente con un vocione impostato, afferra la mia mano attirandomi a lui e comincia a cantare.
-E lungo il Tevere...che andava lento lento,  noi ci perdemmo dentro il rosso di un tramonto...-

Ma che..?

Mi trascina in una caricatura di  valzer, mentre canta a squarciagola la canzone di Baglioni attirando l'attenzione dei passanti.
È bravo a cantare. Ha una voce meravigliosa e gli piace farlo per hobbie, infatti quando ci sono serate di karaoke al locale lui viene spesso, ma... per favore, non qui!

È pazzo?
Oddio.

E non posso fare a meno di esplodere in una grossa e fragorosa risata, lasciandomi trasportate da lui in giravolte e passi abbozzati, mentre continua la sua grottesca performance.

-Tu sei pazzo!- Grido euforica, mentre sento la testa girarmi.
Lui continua a cantare, senza vergogna.
-Ma non è il Tevere!- Lo riprendo tra una risata e l'altra.
-Che importa?- Chiede inserendo la domanda all'interno della canzone.

Non riesco  proorio a smettere di ridere e quando finalmente, non so come, lo faccio lui si ferma, accorciando la distanza tra i nostri corpi e stringendomi a sé. 
Sussulto al contatto con il suo corpo caldo e ben definito.

Merda.

-Allora...- Dice col fiato corto. -Ti sono bastate le risate per oggi?-
-Oh si,  direi proprio di si.  Mi fa pure male la mascella.-

Con disinvoltura mi sposta i capelli dal viso e fa scivolare le dita lungo la mia guancia.

Accidenti.

-Potrebbe essere sempre così, se solo tu...volessi.-
Mi sussurra vicino.  Troppo vicino.

Mi agita questa vicinanza.
Questo cambio di rotta mi inquieta più del dovuto.

-Lo so.-
-E allora? Perché non ci proviamo? Insieme, io e te.-

Non sta succedendo.
E adesso?
Vorrei lasciarmi andare, ma non ci riesco.
Non voglio ferirlo,  ma non posso nemmeno illuderlo.
Così mi prendo qualche secondo per fare una scelta accurata delle parole da utilizzare, poi con delicatezza provo a dirgli le cose come stanno.

-Non è che non voglio Sergio, è solo che non mi sento ancora... pronta.-
-È per lui, vero? Il tuo ex continua ad essere sul podio del tuo cuore.-

Anche in questo momento di tensione, riesce a farmi sorridere per quella bizzarra descrizione della mia situazione sentimentale.

-Più o meno.-
-Aspetterò Beatrice. Sono disposto ad apettare.-
-Non posso chiederti di farlo.-
-Non me lo stai chiedendo tu. Lo sto dicendo io. Te lo sto promettendo. Aspetterò che il tuo cuore sia di nuovo libero e farò di tutto per guadagnami un posto d'onore qui.-
Con molta delicatezza sfiora il mio petto,  in alto a sinistra, più o meno all'altezza del cuore.
E sono gesti come questo che mi fanno pentire maledettamente di essere così fifona e così indissolubilmente legata ancora a qualcuno che esiste solo nella mia testa, ormai.

-Posso fare solo una cosa?- Continua con una voce calorosa e decisa.
-Cosa?- Chiedo incuriosita.

Questo ragazzo è una sorpresa continua.

-Posso baciarti?-

Cosa??...

Oddio.

Panico.
Ansia.
Agitazione.
Adrenalina.

Le gambe stanno per cedere e la salivazione è andata a farsi benedire.
Non so cosa dire lo guardo con gli occhi spalancati, mentre lui continua a tenermi fra le sue braccia.

-Voglio solo capire... se emaniamo elettricità.-

Che??
Oh mamma.

Non aspetta che io risponda, anche perché credo che abbia capito che sia immobilizzata, così si avvicina,  tanto che posso sentire il suo alito caldo.

Il cuore sembra poter schizzare fuori dal mio petto da un momento all'altro.

Chiude gli occhi e sfiora dolcemente le sue labbra con le mie. Senza troppe pretese prova con cautela a far crescere il bacio, ma la mia reazione é immediata; sposto la testa indietro, interrompendo il contatto.

Lui sorride.  Forse è un po' deluso,  ma comunque sembra felice e soddisfatto della mia piccola concessione.

-Niente male.- Dice ammorbidendosi le labbra,  come se volesse sentire il sapore del nostro bacio.

-Aspetterò. Te lo prometto Bea.-

Mi cattura tra le sue braccia e mi stringe in un abbravcio affettuso, appoggiando la sua guancia sulla mia testa.
Ed io Inspiro il profumo di quell'uomo dolce e premuroso che per qualche strano motivo ci tiene a me. E penso alla fortuna che ho di averlo nella mia vita.

La sera quando mi metto a letto, ripenso alla piacevole e sorprendente serata che ho trascorso e mentre lo faccio sorrido.
È questo l'effetto che mi fa; mi fa sorridere,  mi fa stare bene.
Sfioro la mie labbra  con le dita, mentre ritorno indietro di qualche ora, a quando Sergio mi ha baciata.
Una bella sensazione  mi gonfia il petto ed è strano perché non provavo niente del genere...da tanto tempo.

Mi è davvero piaciuto?
Credo proprio di si.

Mi vergogno quasi e forse mi sento pure in colpa.
In colpa?
Ma per cosa?
Sono proprio una stupida!
Devo essere felice della mia felicità.
Sofia me lo ripete sempre: merito d'essere felice.

Si. Devo e posso ancora essere felice.

A proposito di Sof, sul cellulare prima ho visto che c'erano tre chiamate perse; tutte sue.

Che curiosa! Di sicuro mi ha telefonato per sapere della serata.

Oh. 
Non contenta mi ha pure mandato un messaggio;

Domani devo vederti. Dobbiamo parlare urgentemente!

Strano.

Non è proprio quello che mi aspettavo.
Sembra abbia scritto questo messaggio con un tono troppo  serio.
Mah.
Mi sto facendo davvero troppo problemi.  Domani le racconterò tutto e magari lei saprà darmi, come al solito, qualche saggio consiglio su cosa fare e su come comportarmi.

Abbraccio il cuscino, come faccio spesso ormai da mesi, e mi addormento sognando valzer e giravolte tra braccia calde e forti.

Il giorno dopo mi sveglio proprio di buon umore. Avevo quasi dimenticato la sensazione che si prova ad essere positivi e sereni scendendo dal letto.
Mi preparo, prendo latte e cereali, ingoio la pasticca che sa di arancia avariata e scendo giù al locale per cominciare il mio turno di lavoro.

-Buongiorno Massimo!-
Urlo al mio capo che già sta informando brioche.
-Buongiorno a te bambolina. Il buon umore persiste?-
-Eh già!-
-Bene, più che bene!-
Gli sorrido mentre allaccio il grembiule alla vita e lego i capelli.
Comincio a sistemare i tavoli, mettendo giù le sedie che stanno sopra. 
Quando apriamo le porte alla gente, le prime ore passano molto in fretta. Prendo ordinazioni, servo le colazioni, sparecchio.  In men che non si dica sono già le dodici.
Tra non molto è ora di pranzo. 
Appena escono questi ultimi clienti faccio un salto al bagno, mi scappa la pipi.
Avrei fatto volentieri un doppio turno anche oggi, non sono per niente stanca. Invece stacco alle due oggi e approfitterò del pomeriggio per andare a fare la spesa non mi è rimasto più sapone per la lavatrice e sta finendo pure il caffè, quindi devo necessariamente andare al supermercato.
Pulisco l'ultimo tavolo, che hanno appena lasciato due signori di mezza età in abito elegante e li saluto mentre escono. La porta si chiude alle loro spalle, ma dopo pochissimi secondi si riapre.

Oggi niente tregua, eh! I clienti si susseguono senza sosta, penso.

Alzo lo sguardo per dare un'occhiata e...

Mi pietrifico.

Smetto di respirare perfino, temendo e allo stesso tempo sperando di aver avuto un'allucinazione.

Strizzo gli occhi per lo stupore di ciò che vedo, consapevole che non può essere reale.

Poi, mi si ferma il cuore quando riconosco la figura alta, con i capelli neri folti e spettinati che entra nel locale.

E poi, incrocio il suo volto. I suoi occhi.

Non è possibile.

Sto sognando.

Invece no.
È qui.
Proprio di fronte a me.

Si ferma bloccandosi d'istinto, come qualcuno che accortosi del pericolo si ferma in tempo,  appena un passo prima di cadere in un precipizio.
Fissa i suoi occhi sui miei e una scossa ci attraversa entrambi.
Il suo sguardo è smarrito e confusione, rabbia e dolore echeggiano sul suo volto.

Il più bello dei sogni si materializza di fronte a me come il peggiore dei miei incubi.

E restiamo lì, per qualche eterno secondo, a fissarci occhi negli occhi.

E il tempo boia sembra riportarci a ieri, in quel periodo, non molto lontano, in cui i nostri occhi non erano così tanto estranei;
In quel periodo quando, al contrario,  erano così affini e complici da divenire il  portale magico che consentiva alle nostre anime di comunicare.

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