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•Capitolo XXXXII•

[Imbarazzo a colazione ]

Pieni dei loro sentimenti si guardarono, le loro iridi si desideravano e le loro bocche si scontrarono in una dolce serie di baci passionali che interruppe il silenzio nella stanza.

Quando si staccarono sorrisero, i loro cuori erano leggeri, le loro menti sgombre da ciò che avrebbe potuto turbarli e piene della felicità più vera e profonda, quella che puoi provare quando c'è l'amore di mezzo e solo in quel modo tanto speciale. 

Si alzarono, camminarono lentamente e dopo aver preso le loro cose dalle loro stanze, chiaramente dopo essersi vestiti, si diressero nel bagno comune e appena entrarono, ancora prima che i vestiti scivolassero via dai loro corpi ancora segnati ebbero tutti gli sguardi, dei loro compagni di classe, addosso.

Mineta si fece avanti spavaldo, sebbene fosse risultato solamente molto divertente data la sua statura e la sua espressione da maniaco, si schiarì la voce e si mise in una posa che avrebbe dovuto, nella sua intenzione, farlo apparire forte e magari anche "figo" ma non funzionò neppure quello.

«Ragazzi, ieri eravamo tutti nella mia stanza e mio dio, Midoriya, avresti potuto contenere la voce » un sorriso, un un po' maligno si dispinse sul volto del ragazzo dalle ciocche verdi mentre il biondo, avendo intuito quello che volevo fare, pregava che chiunque li sovrastasse gli facesse tenere la bocca chiusa.

«Veramente non ero io, non avrei chiamato il mio nome da solo » disse tranquillamente mentre gli sguardi, scioccati e attoniti, si spostarono su Bakugou che intanto si era fatto rosso come i suoi occhi e che tentava di nascondersi nel modo più naturale possibile; pensò che prima o poi lo avrebbe ucciso per quella terribile situazione in cui lo aveva messo.

Egli fece finta di nulla, come se nulla fosse successo e prese le sue cose cominciando a spogliarsi dicendo che sarebbero stati ritardo per la colazione e non si spiegò, proprio non ci riuscì, non subito, perché il sorriso del suo ragazzo si fosse addirittura accennato quando si era tolto i vestiti.
 
Non aveva ancora realizzato quanto realmente possessivo e in un certo senso crudele potesse essere il caro e dolce Midoriya, così come non aveva realizzato come la sua candida pelle, morbida come la più pregiata delle sete, mostrasse segni di morsi, succhiotti e resti della notte lussuriosa che avevano speso insieme.

Non se ne rese conto almeno fino a quando non si trovò dinanzi al grande specchio che mostrò a egli stesso come la sua immagine apparisse ed ecco, tornare ancora a visitare il suo volto, quel fuoco d'imbarazzo a far trasparire ciò che pensava ma, per quello che venne detto, non potè incolpare solo l'altro poiché anche egli era rimasto marcato da quella folle nottata.

La sua schiena chiara e allenata presentava solchi profondi sulle scapole, scie lunghe e ancora vive lasciate dal suo disperato aggrapparsi a quel appiglio di salvezza mentre nella notte, scura e solitaria, il piacere era stata la fiamma che li aveva guidati, che aveva impedito loro di sprofondare fra i loro pensieri e annegare in infinite insicurezze.

Quando uscirono, tutti insieme, dirigendosi alla sala comune per attendere le ragazze e scambiare qualche parola prima della colazione era evidente che Izuku fosse soddisfatto di aver provato che, per nessuna ragione, avrebbe lasciato la presa dalla sua mano, sopratutto a Kirishima, se bene indirettamente.

Il ragazzo dalla chioma vermiglia era ingenuo, sciocco e non rifletteva poi molto sulle cose, eppure non ci aveva impiegato che qualche secondo per capire che lo sguardo superiore, pieno di se e in parte minaccioso che il ragazzo dalla chioma verde aveva messo in viso era a lui rivolto, come muto avvertimento e per chiunque altro avrebbe tentato di posare anche un solo dito su di lui.

Parlarono normalmente, evitarono di fare pressione sull'evidente disagio già pienamente esternato dal biondo che, per altro, li aveva minacciati di far esplodere le loro lingue una ad una se avessero pronunciato anche una sola parola su quello che avevano visto o anche solamente sentito.

Così si erano seduti vicini mentre scherzavano come idioti, mentre Katsuki ne diceva, sebbene fisse con tono di voce quasi inudibile, di tutti i colori al proprio partner che invece gli sorrideva angelico, come a sostenere di non aver fatto nulla che meritasse una qualsiasi punizione.

Quella pacifica atmosfera, quel dolce aleggiare del loro amore, venne spezzato dalla comparsa di una ragazza, una sconosciuta, dai lunghi capelli dello stesso colore del mare e gli occhi che rimandavano alle profondità della foresta notturna che, con fare civettuolo, iniziò a dialogare con il biondo sebbene sapesse, come ormai tutti in quella scuola della sua relazione.

L'espressione angelica, gentile e felice dipinta sul volto di Midoriya sfumò in brevi istanti in serietà assoluta, mostrava di non provare particolari impulsi o bisogni di reagire quando, dentro se stesso, bruciava del desiderio forte e dirompente di essere la causa del più orribile ed estremo dolore di costei, ma si trattenne perché era giusto cosi.

«Quindi? » disse il biondo per nulla contento di quella sua interruzione, aveva ascoltato sbuffando le inutili parole prive di motivazioni con un sopracciglio alzato e ne era stanco, dopotutto i suoi occhi non vedevano che una persona e una solamente.

«Penso che saremmo la coppia perfetta » disse lei sbattendo le palpebre mostrando le sue lunghe ciglia mentre tirava in fuori le labbra tentando di essere perlomeno appetibile, fallendo miseramente poiché il biondo la ignorò completamente continuando il discorso con il suo partner.

Poco dopo, un ragazzo alto, molto muscoloso e decisamente bello che, probabilmente, era dell'ultimo anno, li interruppe nuovamente rivolgendosi però a Midoriya che ascoltò divertito ciò che egli aveva da dire e la sua terribile dichiarazione.

Quando gli venne richiesta una risposta pose sul suo viso lentigginoso quel sorriso superiore e di scherno per poi rispondere che, se cercava un ragazzo di quelli che su facevano dominare aveva sbagliato persona data la sua terribile indole e, aveva poi aggiunto, che non era interessato a persone nettamente più deboli di lui e questo era andato via rosso per la rabbia.

Subito dopo aveva imprigionato fra le sue braccia Bakugou in modo che, quando gli ebbe sussurrato una frase all'orecchio, solo lui avrebbe potuto udirla in modo da garantire ad entrambi un minimo di privacy e riservatezza che pareva impossibile con tutti quegli occhi puntati addosso.

«Come potrebbe interessarmi lui che non è te, dopotutto a me piace il meglio e ce l'ho già, perché mai dovrei desiderare ciò che è imperfetto ? » a quelle parole romantiche e lusinghiere un rosso tenue si mostrò sulle sue gote sentendo il cuore esplodergli nel petto, poco prima che le morbide labbra del suo interlocutore catturassero le sue in un bacio che di casco non aveva nulla.

Izuku aveva con decisione afferrato le sue guance marmoree, aveva spinto le sue labbra bramose contro quelle dell'altro che, preso da quella confusione che gli aleggiava nella mente, gli lasciò subito libero l'accesso e la sua umida lingua veemente si insinuasse nella sua bocca dando più sensualità e desiderio a quel bacio.

Fu tanto travolgente, poco delicato, intenso e pieno di loro, di desiderio e lussuria che un gemito soffocato sfuggi dalla gola di Bakugou ma, fortunatamente il ragazzo dalla chioma smeraldina fu l'unico ad udirlo prima si separare le loro bocca, rimaste ancora legate da un filo di saliva quasi invisibile.

«Non mi separerei mai da ciò che mi appartiene, da ciò che di più amo ed è per questo che non ti lascerei andare neppure se fossi tu medesimo a chiedermelo » sussurrò a qualche centimetro dalla sua bocca calda, dalle sue labbra gonfie e bramose quanto le sue, prima di sedersi in modo composto lasciando un tornado di emozioni in quel ragazzo tanto complicato. 

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