• Capitolo XXXIII•
[Vendetta e terrore ]
Quel sorriso inaspettato, strano e contorto non giunse ad altri che all'uomo che gli era davanti e fu abbastanza perché sentisse come una stretta asfissiante al collo, cosa che lo spinse ad indietreggiare di qualche passo con un nuovo sentimento nel cuore: la paura.
La ragazza non capì perché l'uomo fosse indietreggiato ne tantomeno capì come mai la sua parlantina tagliente e la sua sicurezza si fossero convertire in un silenzio teso, pesante che per tanto era denso anche un solo piccolo rumore sarebbe parso un enorme boato.
«Non dovreste sottovalutare le persone che avete davanti e poi sai, io sapevo già che questo sarebbe successo » disse lui con voce calma, che, più avanzava nel percorso delle sue parole, più risultava acuta segno che stava trattenendo le sue risate e che si stava chiaramente prendendo gioco delle persone che erano li, che parevano tenere il coltello dalla parte del manico.
Eppure non erano mai stati loro ad avere per le mani il controllo di quel perfido gioco, fra le mani avevano stretto per poco tempo la sicura impugnatura e per il resto avevano stretto fra le dita solo affilate lame che li avevano feriti irreversibilmente e non lo sapevano, non ancora.
Le corde si sciolsero velocemente lasciando liberi i polsi del ragazzo dalla chioma smeraldo e le iridi verdi che brillavano di una luce spaventosa, quasi rossastra e quel sorriso distorto rendeva la sua immagine solo più inquietante, sembrava che lì, davanti a loro, ci fosse una persona totalmente differente da quella che poco prima tremava su quella sedia arrugginita.
Il ragazzo sciolse l'articolazione del collo e poi quelle dei polsi mentre quel sorriso malato che aveva in viso diveniva più ampio, più diabolico, al solo pensiero che presto avrebbe avuto al sua vendetta e che stava per sfogare quel mostro nero e denso che sentiva dentro e che, come un bravo predatore, aveva atteso affinché la propria preda soffrisse il più possibile.
«Non perdonerò chi ha toccato Kacchan e devo ringraziarvi, mi avete risparmiato la fatica di cercarvi... » disse con voce cupa, sempre più bassa man mano che andava avanti nel parlare e mano a mano che si avvicinava al piccolo mobile in legno scuro nascosto dalle ombre di quella stanza dove trovò del cloroformio.
I due cattivi non dissero nulla, si limitavano ad osservare i movimenti sicuri e decisi del ragazzo, il suo volto solcato da una pazzia inaspettata mentre camminava come se fosse a proprio agio mentre cercavano di capire se stesse mentendo, se quella fosse una disperata recita o se quella era la realtà e lo era.
Prese la bottiglia in vetro scuro ci inzuppò il bavaglio nero che impediva al suo amato di parlare mettendolo a contatto con il naso in modo che lo respirasse regolarmente così che non si svegliasse, non prima che avesse potuto terminare quello che doveva, non prima di aver assaporato la soddisfazione di una cruda vendetta.
«Scusate per l'attesa, ma non potevo permettere che Kacchan si svegliasse, sapete... » disse lui lasciando in sospeso la frase mentre attivava la sua poderosa unicità ma al contrario del solito, di quanto i due si aspettavano, egli non venne circondato da una brillante luce verde ma bensì da una nera che assomigliava più ad un denso fluido che a dell'elettricità, come era invece solito essere il suo quirk.
«Ma che diavolo... » disse spaventata, a dir poco, la ragazza dai capelli scuri rifugiandosi dietro alla figura di Shigaraki mentre una risata tetra e orribile scivolava fuori dalla gola pallida del ragazzo «Oh, ma guarda, non sapevate vero, che la mia unicità non ne contiene una sola » disse senza andare nel dettaglio percorrendo con lentezza predatoria la distanza di qualche passo fra lui e le sue vittime.
Le sue mani si muovevano lentamente mentre le sue dita veloci come il vento facevano su e giù, come se stesse suonando la tastiera di un pianoforte sospesa nell'aria, eppure non era per quello che si muoveva in quel modo, non stava avendo nessuna strana immagine nella mente, stava perfettamente bene, era sano, eccetto quella follia omicida che aveva scoperto possedere e che era stata svegliata proprio da quella viscida ragazza.
Le muoveva, le sue dita, a causa dall'impazienza che sentiva, dal desiderio pulsante che provava di affondare le sue dita nella carne di lei e strapparle via la vita, lentamente e nel modo più doloroso possibile proprio come lei aveva fatto con lui qualche settimana prima, aveva deciso che le avrebbe gentilmente restituito il favore e certo, l'altro non faceva eccezione.
Si avventò contro di lui che era il più pericoloso, Shigaraki tentò di liberarsi da quel viscoso fluido pece che pareva dotato di una sua volontà ma, questo si strinse attorno al suo corpo immobilizzandolo, mentre Izuku si avvicinava ridendo ancora più forte, eppure la sua risata si troncò bruscamente, proprio come quella di uno squilibrato e proprio come uno di loro si fece improvvisamente serio.
«Sai, non ho dimenticato quello che hai fatto... » disse sotto voce in modo freddo ponendo sul sul volto quel sorriso spaventoso mentre appoggiava le sue dita calde sul freddo mignolo biancastro dell'uomo che ancora cercava di liberarsi da quella strana abilità e di salvarsi dalla follia racchiusa in quello sguardo, follia che proprio loro avevano liberato.
Ed iniziò, spezzo la falange del mignolo senza smettere di sorridere facendo sì che egli gemette dal dolore, non urlò, ma era solo l'inizio, si disse Midoriya piuttosto deluso da quella reazione, desidera farlo soffrire, di più, di più, molto, molto, di più fino a farlo impazzire, fino a sentirlo implorare e allora avrebbe mostrato la parte più orribile di se.
Nel mentre la ricattatrice si era rannicchiata in un angolo della stanza tremando come una foglia secca in inverno, gli occhi sbarrati pieni di paura che piangevano lacrime di terrore, le mani chiuse a coppa davanti alla sua bocca per impedire a quei singhiozzi spaventati di fuori uscire dalla sua gola sperando di essere dimenticata da quel pazzo, pregando affinché non le toccasse la stessa sorte che spettava a quell'uomo.
Ma come poteva lui dimenticare quella viscida creatura, non poteva e neppure lo aveva fatto, le stava facendo credere che poteva salvarsi mentre si concentrava nello strappare delle urla di puro dolore da quell'uomo ostinato e distorto che era Shigaraki e non ci impiegò molto, agli bastò mandare in fratumi le tre falangi del mignolo, rompere più volte ognuna di esse e strappare via l'unghia del dito con le proprie.
Appena dalle labbra sottili del criminale uscì un urlo di puro dolore lo sguardo di Izuku si riempi di quel rosso scarlatto, di quella spaventosa luce peggio della stessa pazzia, quella era la luce che proveniva dall'anima di uno dei demoni più spietati che si divertiva nel torturare e viva per distruggere.
Passò poi di dito in dito lasciando dei lunghi intervalli di tempo in modo che egli non avesse modo di abituarsi al dolore, assicurandosi che ogni volta facesse male come se fosse la prima e così facendo eliminava anche la possibilità che egli potesse svenire dal dolore perché sarebbe stato problematico perché il SUO Kacchan non avrebbe dormito per sempre.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro