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•Capitolo XXIV•

[ Un sogno asfissiante ]

Bakugou era furioso, furioso come mai la era stato prima nella su vita in quel giorno.

Midoriya lo aveva lasciato dicendo che tutto quello che c'era stato fra loro era stata una nera bugia, una crudele vendetta nei suoi confronti e il giorno successivo non si era degnati di rivolgergli neppure uno sguardo, come se non fosse mai esistito.

Era arrabbiato forse più con se stesso per aver creduto che qualcuno potesse amarlo complicato e scorbutico com'era, era stato dolo uno sciocco se aveva creduto in quella luce dorata che comparse in quelle grandi iridi smeraldo, se aveva creduto a quel rossore dolcissimo su quelle  tenere guance spruzzate di lentiggini e se aveva creduto a quei radiosi sorrisi che seguivano ai loro baci dolci e a volte carnali.

Si disse che era stata colpa sua e sua soltanto se aveva creduto all'amore perché si era sempre ripetuto che questo non esisteva, che si trattava solamente di qualcosa destinato ai deboli incapaci di combattere per un loro scopo e con le loro sole forze e sopratutto, a ripensarci, non era possibile che provasse tali emozioni per quello che si era per anni comportato come suo carnefice.

La verità però era ben diversa, la reale quantità e diversità di emozioni che si celavano dietro quella spaventosa ira che veniva fuori dai suoi occhi affilati di un rosso scarlatto era ben differente dalla pura ira, si trattava di un misto complesso di pensieri ed emozioni che però erano più simili alla disperazione che alla rabbia.

Quelle emozioni che avevano condiviso, se pur per tempo breve, gli erano parse troppo vellutate e dolci per essere il frutto di una mera finzione, quei sorrisi brillanti e il suo battito accelerato continuavano a far crescere dei taciti interrogativi nella sua mente che si aggrappava disperata alla speranza che non fosse reale, che quelle parole non fossero state pensare davvero e che magari ci fosse un motivo dietro quella scelta.

Ma più ci pensava più non trovava risposta a quello che era successo, più il suo cuore sprofondava in un mare che pareva isolarlo da ogni cosa che riguardasse il mondo esterno più si ripeteva che non cera motivo di pensare così tanto a quella loro improvvisa rottura, che era successo e diceva accettarlo e che non c'era nessun altra cosa da sapere a riguardo.

Così il gpomeriggio quando una ragazza minuta e piuttosto carina lo baciò lui non si oppose, lasciò che le sue labbra si muovessero contro quelle della ragazza chiudendo gli occhi provando ad affogare i suoi pensieri in quei baci privi di significato e sentimenti, senza accorgersi dello scatto di una fotografia.

«Bakugou-san ti amo » disse lei con gli occhi brillanti e per quanto avesse voluto usarla per dimenticare quei ciuffi smeraldo, quelle iridi infantili, quel dolce rossore e quel sorriso brillante non poteva fare questo ne a se stesso ne a lei, non era una persona tanto schifosa ne era tanto disperato, o almeno questo voleva credere.

La rifiutò senza neppure parlare, bastò che voltasse il capo dalla parte opposta mentre si morsicava il labbro con la mente annebbiata e la vista offuscata dal pensiero di lui, dal ricordo di qui momenti unici che avevano condiviso e di quei baci paradisiaci che si scambiavano in modo fugace di tanto in tanto.

Con la rabbia nello sguardo e la tristezza nel cuore, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni della sua uniforme percorse il corridoio a passo lento come se non fosse un problema arrivare in ritardo o come se e avesse avuto paura a varcare ancora una volta quella classe sapendo che lui non era lì per lui, che non avrebbe potuto baciarlo di nascosto e abbracciarlo come si era velocemente abituato a fare.

E per quanto non gli piacesse ammetterlo, per quanto avesse provato a mentire a se stesso già sentiva che una parte di se era sparita portata via da lui e da quel suo bellissimo sorriso, si sentiva come un tossico che ha disperatamente bisogno della sua droga, che sa che non potrà più farne uso ma non può accettarlo.

Appena si sedette a suo solito posto, aprendo il proprio quaderno per fare dei disegni scarabocchiati annoiato com'era della sua vita in quella prima giornata senza di lui, tutti quanti lo circondarono come se fosse stato il più terribile dei criminali e loro in favore della legge avessero deciso di interrogarlo.

Gli fecero delle domande ma lui non rispose e da quel giorno per una settimana intera gli parò solamente Kirishima, tutto durò una settimana solamente perché arrivò il messaggio di Midoriya o sarebbe continuato quel loro ignorarlo.

Appena lessero il contenuto il biondo parve avere un arresto cardiaco ma ancora prima che qualcuno oltre lui riuscisse a realizzare quello che stava accadendo ruppe una finestra buttandosi giù per poi usare la sua unicità senza controllo seguito da Todoroki e Lida in modo da raggiungere velocemente la scena.

Quando arrivarono dopo aver dato fondo a tutte le loro forze e videro il suo corpo cadere giù accarezzato dalle gocce d'acqua piovana le iridi di Katsuki si fecero più piccole e delle umide lacrime gli rigarono il volto senza che potesse nascondere quel dolore assurdo che per quel tempo lo aveva continuato a divorare e senza che potesse fingere che la cosa non lo toccasse.

Fu lui che fra la folla di agenti aveva urlato a squarciagola il suo nomignolo seguito da un Lida in lacrime e un Todoroki incredulo, ma lui, la sua voce, era quella più distrutta fra tutte, il suo cuore quasi si era fermato quando era stato lasciato, se fosse morto sentiva che la vita avrebbe perso ogni briciola di quel valore che gli rimaneva.

Era fermo, le braccia tremanti a causa del dolore dovuto all'abuso della sua unicità, gli occhi spalancati che grondavano di lacrime e un dolore esplosivo e pungente che stava abnebiando la sua vista e gli stava per far perdere conoscenza lo pervasero come a volerlo svegliare.

Vide il cadavere di quel ragazzo dalla chioma verde smeraldo steso al suolo, la sua testa si era aperta e c'era moltissimo sangue che era finito ovunque, anche sulla sua uniforme scolastica.

Metà del suo vokto si era trasformata in una purea sanguinolenta e un misto di frammenti ossei, le sue ossa si erano rotte e i suoi arti avevano una posizione innaturale ma un dettaglio parve catturare la sua attenzione fra tutto, sulle sue labbra c'era un sorriso amaro, uno di quelli che fai quando vuoi convincerti che vada tutto bene.

«No! » urlò il biondo sveglaidosi in un bagno di sudore sentendo un forte dolore al petto, avendo un mal di testa allucinante ma con un senso di leggerezza nel petto e ringraziò che quello fosse stato solo uno schifoso incubo nel quale vedeva morire la persona che amava, ma dovette ricredersi quando vide una lettera sul comodino lì affianco, quella era la sua calligrafia.

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