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•Capitolo XXII•

[Il salto nel vuoto ]

Un suono breve ruppe il silenzio che si era creato anche quella volta nella sezione della prima A, era la notifica del cellulare di qualcuno e dato che era la pausa pranzo non fu un problema posare lo sguardo sullo schermo del cellulare.

Poco dopo tutti gli altri cellulari segnalarono l'arrivo di una notifica e quando aprirono il messaggio, tutti insieme e nello stesso momento, impallidirono, non pensarono neppure, semplicemente corsero più veloce di quanto avessero mai fatto anche sfruttando le loro abilità per arrivare nel posto segnato in tempo per cercare di salvarlo.

Lui aveva spedito a tutti i suoi compagni di classe lo stesso messaggio dove enunciava il luogo, la data e quello che stava per accadere con una foto del panorama che aveva osservato tanto a lungo da quell'edificio antiquato e rovinato che presto sarebbe stato demolito.

Quando furono lì, a pochi passi dalle fondamenta del grattacielo scelto dal ragazzo questo si lasciò cadere come se la cosa non riguardasse lui, come se la scelta che aveva preso di terminare la sua vita fosse stata presa velocemente e senza neppure bisogno di pensare più di tanto a quello che li avrebbe aspettato, al fatto che dalla morte non sarebbe potuto più tornare indietro.

Erano appena giusti sul luogo seguiti dalle pattuglie della polizia e per riuscire o almeno cercare di giungere sul posto in modo da poter evitare la catastrofe avevano esaurito quasi tutte le loro energie mossi dalla paura della perdita e da una morbosa disperazione.

Era arrivata persino una trupe televisiva che stava riprendendo la scena trasmettendo in diretta, parlava con il microfono a pochi centimetri dalla bocca dicendo che un ragazzo dall'identità non resa nota stava cadendo da ben quarantasei piani di altezza e che, se qualcuno non avesse fatto qualcosa, lui sarebbe caduto a terra e si sarebbe sfracrllato al suolo, forse non sarebbe stato neppure più riconoscibile.

Parlava letame e con sguardo fisso nell'obiettivo nero con calma quai non ci fosse stata una giovane vita tormentata da un terribile dolore in gioco, quasi come se la cosa non fosse una tragedia e lui non meritasse un minimo di rispetto e questo mandò su tutte le furie coloro che erano arrivati per primi.

Lì, a pochi passi dal grattacielo vi erano Bakugou, Lida e Todoroki, erano stati senza dubbio i più velici la non riuscivano a fare molto poiché non avevano il supporto dato dai loro costumi e avevano usato tutte le loro energie per cercare di prevenire la catastrofe che però sembrava imminente.

Ancora qualche breve istante e il corpo pallido del ragazzo dalla scompigliata chioma verde su sarebbe scontrato con il duro, freddo e gelido asfalto sottostante e sicuramente parti del suo corpo si sarebbero ridotte in poltiglia, i suoi arti di sarebbero staccati dal suo corpo e le immagini brutali di un composto deforme fra ossa e carne viva sarebbe stato tutto ciò che sarebbe rimasto di lui.

Il pensiero di sparire dalla cita lasciandosi alle spalle un'immagine tanto raccapricciante e scioccante non lo preoccupava ne lo infastidiva più di tanto, poteva solo sperare che gli  occhi di sua madre non si posassero mai su quello che sarebbe diventato dopo quel terribile ed inevitabile impatto che a poca distanza ci sarebbe stato.

Non provava ne tristezza ne insicurezza mentre osservava farsi sempre più vicino il momento preciso nel quale di lui non sarebbe rimasto più nulla, mentre teneva lo sguardo morto fisso su quel nero che si faceva sempre più vicino e sapeva che sarebbe svanito, tutto sarebbe accaduto velocemente, non avrebbe sofferto a causa del dolore fisico e velocemente si sarebbe lasciato alle spalle anche quello che albergava nel suo cuore.

Mentre precipitava delle lacrime scesero lungo le sue guance, non era tristezza verso la morte ne paura di questa, era solo quel dolore costante e orribile che come delle mani invisibili gli stringeva il cuore tanto forte da distruggerlo e gli stringeva il collo per evitare che questo potesse respirare, che potesse comunque vivere dopo quello che era successo.

Tutto si stava facendo più vicino, tanto che riconobbe gli sguardi terrorizzati e devastati dei suoi amici giunti sulla scena, li vedeva come erano esausti e che non sarebbero riusciti a fare nulla per lui, che sarebbe scivolato via dalla vita e loro non sarebbero stati abbastanza veloci da stringere le sue marini e salvarlo, ma anche se ci fossero riusciti era già troppo tardi.

Si voltò, mentre il suo corpo si faceva presente a causa della vicinanza con il suolo, lasciò che quelle iridi strette e scure si puntassero sul cielo piovoso e triste che con lui piangeva per il suo dolore, osservò come le gocce salate e amare rilasciate dai suoi occhi, le sue ultime, si alzavano verso il cielo a causa della caduta e fu strano.

Mentre sentiva la morte avvicinarsi con fin troppa lentezza la morte che, a braccia aperte, gli si avvicinava con quel suo aspetto scheletrico e triste per abbracciarlo nel suo tormento e permettergli di scappare da quel tormento che lui aveva causato, da quella vita che aveva tentato di soffocarlo e distruggerlo fin dal momento della sua nascita, come se prima ancora di venire al mondo si fosse lasciato alle spalle un peccato terribile commesso dalle sue stesse mani senza saperlo e che ora, in quel giorno di gennaio, si ritrovava a pagare.

Si chiese davvero doveva aveva sbagliato, perché il destino che lo aveva attorcigliato con il suo filo scarlatto avesse cercato fin dalla sua tenera infanzia di trascinarlo nella più totale oscurità, perché avesse IB ogni modo fatto sì che non potesse essere mai davvero felice, allora si chiese se magari lui non stesse pagando per i laccati commessi da qualcun altro, magari una persona che non conosceva.

E appena quella vaga idea giunse nella sua mente oscurata da ogni cosa vissuta fino a quel terribile attimo  un sorriso amaro, deluso e affranto solcò il suo viso pallido come quello di un fantasma e fu allora che realizzò che magari era tutto perché era figlio di quell'uomo terribile e che dunque stava pagando al posto suo.

Si fisse che se quella fosse stata la reale motivazione allora sarebbe andato tutto bene perché la sua inutile e mesta vita alla fine avrebbe avuto una sua utilità, allora non darebbe stato solo uno sbaglio o un peso che era venuto alla luce, nonostante dire che egli fosse passato per questa sembrava una presa in giro.

Midoriya Izuku era venuto alle tenebre e al tormento quindici anni prima di quel salto nel vuoto e con quel suo gesto sarebbe tornato alla tacita oscurità dalla quale era uscito e che lo aveva richiamato a se in tutti i modi solo che non se ne era reso conto prima, troppo affascinato dalla luce.

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